Un porco da scannare

 

Macello4

 

Il tenente delle SS Kurt Heidrich incomincia a spogliarsi. Appende con cura la giacca ad uno dei ganci, poi la camicia. Si toglie le scarpe e le mette in un angolo, perché l’acqua della doccia non le bagni. Appoggia le calze sulle scarpe. Poi si abbassa i pantaloni, che attacca ad un altro gancio. Ora ha indosso solo le mutande, di un bianco immacolato. Il tenente Kurt Heidrich è sempre pulitissimo e la sua divisa perfettamente stirata ed in ordine.

Il tenente respira a fondo e si sfila le mutande, da cui emerge un robusto uccello, gonfio di sangue e teso. Heidrich sembra quasi vergognarsi, ma non c’è nessuno in quel piccolo locale dei sotterranei della caserma. Heidrich è solo. In tutto il corridoio c’è soltanto il prigioniero nella cella di fianco, quello stronzo di camionista che aiutava i banditi: come sempre in queste occasioni, Heidrich ha dato ordine ai suoi uomini di tenersi alla larga dai sotterranei.

Heidrich è teso. Pregusta ciò che sta per avvenire ed il desiderio preme. Non ha rapporti da un mese e l’astinenza infiamma il corpo di quest’uomo di neppure trent’anni, che la natura ha dotato di forti appetiti. Ma Heidrich ha domato la sua natura, l’ha costretta nei limiti rigorosi di un’uniforme impeccabile. Solo di rado le permette di risvegliarsi e ne asseconda i desideri segreti. Solo quando è sicuro di poterselo permettere, quando sa che nessuno potrà raccontare ciò che davvero è avvenuto. Il prigioniero nella cella a fianco lo scoprirà tra poco. Ma non potrà andarlo a raccontare in giro. Gli piacerebbe che quell’uomo fosse il comandante Marcus, il capo dei banditi che tutti loro cercano da anni, ma è solo un camionista, neppure un partigiano. Non ha importanza. Quell’uomo gli darà quello che Heidrich desidera, quell’uomo è il porco che questa notte Kurt Heidrich scannerà.

Il pensiero lo eccita ulteriormente. Il tenente Heidrich fa un passo avanti, apre il rubinetto dell’acqua fredda e si mette sotto il getto. Dopo il caldo soffocante, che la notte non è ancora riuscita a disperdere, la sensazione dell’acqua gelida sulla pelle è piacevole. Rinfresca e calma il desiderio, anche se non è sufficiente a far svanire completamente la sua erezione.

Il tenente si lava con cura, insaponandosi bene e poi facendo scorrere a lungo l’acqua. Il tenente Heidrich ama la pulizia.

 

*

 

      Hans sente il rumore dell’acqua e rabbrividisce. Non è un vile, ha resistito ai colpi, non ha rivelato nulla di quanto sapeva. Ma da quando lo hanno portato nei sotterranei della caserma di K. sa che cosa lo aspetta e per quattro giorni ha atteso questo momento.

      Fino ad ora sono venuti solo due volte al giorno, a portargli da mangiare e da bere. Due scodelle poggiate a terra, una piena di acqua, l’altra di minestra o fagioli. Per mangiare e bere, Hans deve sdraiarsi a terra: le mani sono saldamente legate dietro la schiena e non c’è altro modo per poter saziare la fame e la sete. Ha avuto più da mangiare e da bere ora di quando lo interrogavano: il tenente vuole che il prigioniero sia in forma.

      Hans non ha più visto la luce del sole, è sempre rimasto in questa stanza illuminata giorno e notte da una debole lampada. E la cella, priva di finestre, si è riempita dei suoi odori. Con le mani legate dietro la schiena, non può abbassarsi i pantaloni, l’unico capo che indossa: sono legati con una cinghia. Per quattro giorni ha dovuto pisciarsi e cagarsi addosso. Un’ultima umiliazione, ma quello che lo aspetta è peggio.

      Di nuovo Hans rabbrividisce, mentre l’acqua continua a scorrere nel locale a fianco. Conosce le voci che circolano, che i tedeschi lasciano volentieri circolare, per creare terrore. I prigionieri portati nel sotterraneo della caserma vengono uccisi personalmente dal tenente Heidrich. Nessuno sa esattamente che cosa succede, ma i cadaveri scempiati raccontano torture e mutilazioni tali, che ognuno preferirebbe darsi la morte, piuttosto che fare quella fine.

Ora tocca a Hans. Non ha paura della morte, è un uomo coraggioso. Ma la morte che lo aspetta è un orrore senza pari.

Hans respira a fondo, cerca di calmare il battito del suo cuore. Camminerebbe un po’, se potesse muoversi liberamente, ma una corda gli lega i piedi, limitando la sua possibilità di spostarsi. Da quando è scoppiata la guerra, Hans ha sempre saputo che prima o poi avrebbe incontrato la morte. Il momento è giunto. È riuscito a far credere ai tedeschi che non fa parte della resistenza, che ha solo trasportato armi per i partigiani. Hanno creduto che non sapesse nulla, lo hanno pestato, ma non torturato.

Poi lo hanno portato nei sotterranei. Ed il baratro si è aperto sotto di lui, più buio e profondo di quanto avesse mai immaginato. Ma Hans non tornerebbe indietro.

 

*

 

      Il tenente Heidrich chiude il getto di acqua gelida e prende il telo appeso alla parete. Si asciuga con cura.

      Quando infine è asciutto, si avvicina alla parete e prende le calze e le scarpe. Si mette le calze e poggia i piedi sulle scarpe, senza infilarle, per evitare di sporcare le calze sul pavimento. Indossa la camicia, le mutande, i pantaloni, le scarpe. Si mette sulla spalla, sopra la camicia, la cinghia con il coltello, in modo che l’arma rimanga contro il fianco, e poi indossa la giacca. È pronto. È ora di scannare il porco. Bisogna scannarli tutti, i porci, l’ha detto ieri al suo amico Wilhelm. Lui sta per scannarne uno. E l’uccello recupera immediatamente la consistenza che aveva prima della doccia fredda.

      Il tenente mette una mano in tasca e sente la chiave. Sorride. Toglie la mano.

      Esce dalla stanzino che serve da doccia ed è subito davanti alla porta della cella.

Mette la mano in tasca, prende la chiave, la infila nella serratura. Sa che il prigioniero può sentire il rumore, non fa fatica ad immaginare l’angoscia che l’uomo deve provare. L’uccello diventa ancora più teso e gonfio.

Il tenente spinge la porta. L’odore lo assale. Merda, piscio, sudore. Il tenente ha un ghigno.

Lentamente entra ed avanza fino al prigioniero, che è seduto a terra contro la parete opposta.

Kurt Heidrich guarda l’uomo. Lo ha già visto, anche se non ha condotto personalmente gli interrogatori. Il camionista è un uomo forte, più massiccio del tenente ed alto quanto lui: non è poco, perché Heidrich raggiunge il metro e 85. Heidrich guarda la faccia, non bella, ma maschia, i capelli biondi. Un biondo più scuro dei capelli di Heidrich. Guarda il collo robusto e l’abbondante peluria chiara che gli copre il torace.

Heidrich annuisce, una smorfia di disprezzo sulla faccia.

- Alzati, maiale.

L’uomo lo guarda e, con una certa fatica, si alza. Non è facile, con le mani ed i piedi legati, Heidrich lo sa benissimo e si diverte a vedere lo sforzo che l’uomo deve fare, appoggiandosi alla parete per non cadere.

Ora l’uomo è in piedi, davanti a lui. Heidrich studia i suoi lineamenti forti. Non vi legge la paura. Verrà, anche quella. La paura e l’orrore.

- Puzzi come un porco. Tutti i banditi puzzano come porci.

 L’uomo non è un bandito, è solo un camionista coglione che trasportava armi per i banditi, perché lo pagavano, ma adesso non ha importanza.

L’uomo lo guarda e risponde, con disprezzo:

- Ci tenete come bestie e poi ci accusate di essere bestie!

L’uomo non implora, non chiede pietà, ha risposto con vigore, senza dare segno di paura, anche se non può non sapere che cosa lo aspetta. Al tenente questo piace. È contento di avere davanti a sé un maschio. Anche se alla fine di questa notte non sarà più tale.

 

*

 

Il pugno è vibrato con tutte le forze. Hans si piega in due per il dolore. Un secondo colpo gli toglie il fiato. Hans cade in ginocchio. Il tenente gli assesta un calcio deciso ai coglioni. Hans è a terra e si contorce, ma non cede.

Quando riesce a ritrovare la voce, risponde:

- Creperete presto, bastardi. La guerra è alla fine, gli alleati sono vicini.

Si aspetta un nuovo colpo, ma il tenente non si muove. Hans lo guarda. Il tenente sorride. Poi un nuovo calcio lo prende in faccia. Hans cerca di schivare il colpo, che lo prende solo di striscio. Un po’ di sangue gli cola dal naso.

Hans non ha paura. Sa che morirà, sa che prima di morire invocherà molte volte la morte, ma in questo momento prova solo odio per quest’uomo che lo umilia e che lo colpisce.

- Siete solo capaci di colpire chi non può difendersi. Siete dei vigliacchi. Dei bastardi vigliacchi.

Si aspetta un nuovo colpo, ma il tenente non si muove. Lo guarda, sorridendo. Un sorriso feroce.

Il tenente gli appoggia un piede sulla patta e preme. Dalla sua posizione, disteso al suolo, Hans può vedere il rigonfio dei pantaloni dell’uomo. Quel porco è eccitato, gli piace infierire su un prigioniero inerme.

- Il porco qui dentro sei tu, sei davvero solo un porco, crucco.

Il sorriso del tenente si allarga.

- Sì, credo che tu abbia ragione. Sono anch’io un porco. Ma nessuno lo sa. Quelli che l’hanno scoperto non hanno mai avuto la possibilità di raccontarlo. Neanche tu lo andrai a raccontare.

Hans guarda il tenente senza capire. L’ammissione lo ha sconcertato.

Il tenente prosegue:

- Sono un porco e ti userò per il mio piacere. Poi però lo pagherai.

Hans si chiede che cosa intenda dire l’uomo. Non chiede, lo scoprirà presto, prima di quanto vorrebbe.

Il tenente si sta togliendo la giacca. Ci sono due ganci alla parete. La giacca viene appesa su uno dei due. Sulla spalla dell’uomo passa una cinghia a cui è attaccato il fodero di un coltello. Hans rabbrividisce. Sa a che cosa servirà quel coltello. Il tenente attacca la cinghia alla parete e si sfila la camicia. È un uomo snello, ma muscoloso. Hans guarda la leggera peluria bionda che copre l’area intorno ai capezzoli. Il tenente è giovane, senza abiti sembra un ragazzo. È un bel maschio. Per un attimo Hans pensa a Marteen, il suo uomo, che non rivedrà mai più.

Il tenente appende la camicia sopra la giacca, poi si toglie le scarpe e le calze, infine si sfila i pantaloni e le mutande. Per un attimo Hans vede il cazzo, turgido, ma l’uomo si volta subito per appendere gli abiti al secondo gancio. Ha un bel culo, coperto da un leggero pelame biondo diffuso, che gli arriva fin sopra la vita. È davvero un bel maschio, quel figlio di puttana.

Il tenente è di nuovo davanti a lui. Lo guarda e sorride. Si inginocchia, mettendo le gambe ai lati del corpo di Hans. Gli lacera la camicia con un gesto deciso, poi gli apre la cinghia dei pantaloni, quella cinghia che Hans non è mai riuscito a togliersi. Gli abbassa i pantaloni.

- Piscio e merda. Sei un porco, nient’altro che un porco.

Il tenente gli sputa in faccia, poi si solleva. È in piedi, di fianco ad Hans.

- Alzati, ora.

Hans esita, poi cerca di obbedire. La camicia lacerata pende dalle spalle. I pantaloni alle caviglie lo ostacolano, Hans non può toglierseli, ha i piedi legati. Alzarsi è ancora più faticoso di prima. Infine Hans è in piedi, si appoggia contro la parete per non cadere.

Il tenente si inginocchia davanti a lui. Poi abbassa la testa fino a che la sua bocca è ad una spanna dal cazzo di Hans.

Hans lo guarda. Per un attimo la sua testa rifiuta di capire, poi realizza.

 

*

 

Piscio e merda. Gli odori sono violenti. Come sempre Kurt Heidrich prova quel misto di repulsione e di attrazione che lo eccita all’inverosimile. Quando avvicina la bocca al cazzo dell’uomo, sente che il proprio cazzo è teso alla spasimo.

Kurt apre la bocca ad accoglie la cappella. È sporca, l’odore di piscio gli riempie le narici. Kurt incomincia a passare la lingua, pulendo. Nella sua bocca sente che il cazzo sta acquisendo volume e consistenza.

Kurt appoggia le mani sul culo dell’uomo. Lo fa con cautela, timoroso di sporcarsi: i primi passi sono sempre fatti esitando. Non si è ancora completamente abbandonato. Stringe con forza e la sua bocca inghiotte un po’ di più il cazzo dell’uomo, che sta alzando la testa, vigoroso.

- Forse non sei un porco, sei una troia!

La voce del camionista lo riscuote. Kurt lascia il boccone che sta inghiottendo e guarda l’uomo in faccia. Sorride.

- La carne di maiale è buona. Voglio assaggiarla, prima di scannare il porco. I porci vanno scannati, tutti.

- Sì? E chi scannerà te? Perché tu sei un porco e quindi devi essere scannato. L’hai detto tu.

Kurt scuote la testa, sorridendo. Sì, l’ha detto lui. L’ha detto a Wilhelm e l’ha detto al prigioniero. I porci vanno scannati. Nel suo cervello la frase sembra echeggiare. Kurt sa di essere un porco, sta succhiando il cazzo di un prigioniero, un cazzo sporco di piscio. E ce l’ha duro per questo. Per un attimo immagina di essere scannato. Wilhelm che stringe il coltello… no, non è la persona giusta. Il prigioniero, lui sì. Con il coltello in quella grossa mano pelosa, che si appresta a castrarlo e poi a scannarlo. Ride. Il sangue gli gonfia il cazzo.

- Sarà un piacere scannarti, porco. Ti spaccherò i coglioni, te li taglierò, insieme al cazzo, e poi ti aprirò come un maiale.

Kurt si alza e ride di nuovo. La sua mano passa dalla base del cazzo dell’uomo, proteso in avanti ed ancora gonfio di sangue, fino allo sterno.

- Da qui a qui.

Kurt ride ed il ceffone colpisce in pieno la faccia di Hans. Dal labbro il sangue scende sul mento. A Kurt piace vedere quel sangue. Un secondo ceffone, più violento ancora, ed altro sangue cola.

- Il sangue del porco.

Ride.

È di nuovo in ginocchio, le sue labbra avvolgono il cazzo e Kurt riprende a leccare e succhiare. Gli piace sentire l’odore, forte, di piscio, che gli riempie le narici. Gli piace anche l’odore di merda.

Il cazzo del camionista sta crescendo e raggiunge dimensioni sempre maggiori. Kurt non riesce più a tenerlo tutto in bocca. L’uomo ha un cazzo grosso, molto grosso. Kurt ne è contento.

 

*

 

Hans guarda il tenente che gli succhia il cazzo. Il suo corpo reagisce con violenza, ma questo non è strano: è stato catturato dieci giorni fa e non ha certo avuto modo di scopare o di farsi una sega. Prima di crepare verrà ancora una volta. Quel maiale lo sta usando per il proprio piacere, poi lo ucciderà.

- Sei davvero un porco, crucco. Bisognerebbe scannarti. Me ne occuperei volentieri.

  Il tenente interrompe la sua attività e lo guarda. C’è un lampo singolare in quegli occhi. L’uomo lascia la presa.

- Ti piacerebbe, eh? Ti piacerebbe scannarmi? Spaccarmi i coglioni, castrarmi come un animale e poi aprirmi tutto. Ti piacerebbe?

Mentre parla, l’uomo ha uno sguardo strano ed il cazzo gli si tende ancora di più.

Hans esita un attimo. Non ha nulla da perdere. Può provare. È solo un’idea.

- Piacerebbe anche a te. Non è quello che vuoi? L’hai detto tu: tutti i porci vanno scannati. E tu sei un porco, un vero porco. E vuoi essere scannato.

Il tenente scuote la testa.

- Tu sei pazzo. Credi davvero che voglia farmi scannare?

Hans lo fissa e poi risponde, lentamente, scandendo le parole:

- Sì, credo davvero di sì. È quello che davvero vuoi. Prima che questa guerra finisca. E non hai più molto tempo. La guerra sta per finire. Non vuoi finire al muro, vero? Vuoi morire come un porco, perché sei un porco.

Il tenente si alza. Ha un gesto fulmineo. La destra stringe il collo di Hans in una morsa di ferro.

- Posso strangolarti con una mano sola.

Hans non può parlare. Respira a fatica.

Il tedesco sorride, poi lascia il collo di Hans, che respira rumorosamente.

- Credi davvero che voglia morire?

Hans lo guarda fisso, prima di rispondere:

- Tu vuoi farti scannare, come i porci che hai scannato. Ma forse ti mancano i coglioni per farlo.

Il sorriso del tenente è una maschera rigida. Le sue mani afferrano i coglioni di Hans ed iniziano a stringere.

- Ripetilo, se hai il coraggio.

Hans sa che non ha molto da perdere: i coglioni glieli spaccherà comunque:

- Tu vuoi farti scannare, perché sai di essere un porco.

Il tenente stringe ancora. Il dolore è violento, ma Hans gioca la sua carta.

- Sai di volerlo.

Il tedesco molla la presa.

- E tu saresti l’uomo adatto?

Hans ha un tuffo al cuore. Forse esiste davvero una possibilità.

- E chi altri? C’è qualcun altro che può farlo, farlo come tu vuoi?

Il tenente lo colpisce al ventre con un pugno, due, tre volte. Hans è di nuovo a terra ed i calci lo raggiungono al ventre, ai coglioni, alla faccia. Se l’uomo avesse ancora le scarpe, gli spaccherebbe i denti, il naso, i coglioni.

Il tedesco sibila, con una voce in cui trema la rabbia.

- Tu, sporco di merda e di piscio, tu, porco, tu...

Gli mancano le parole.

Hans gioca il tutto per tutto:

- Sì, io. Nessun altro. Non c’è nessun altro. Solo io posso darti ciò che vuoi.

 

*

 

Il tenente Kurt Heidrich guarda l’uomo steso a terra, le mani legate dietro la schiena, il culo sporco di merda, la faccia insanguinata. Lo guarda ma non lo vede. Vede quelle mani coperte da una peluria bionda che gli stringono i coglioni. Vede il cazzo dell’uomo mentre questi gli piscia addosso, vede una mano che brandisce il coltello, l’altra che gli afferra il cazzo e di coglioni.

Il tenente Kurt Heidrich ha la sensazione di vacillare, di cadere.

È davvero a terra, a fianco del camionista, si è inginocchiato e lo fissa. L’uomo ricambia il suo sguardo. Ed il tenente Kurt Heidrich sente che sta per morire. Ha la gola secca, ma il cazzo gli si tende.

Si alza di scatto, va alla divisa, toglie dal fodero il coltello e lo prende. Si avvicina al prigioniero, ancora disteso a terra. Gli appoggia la punta del coltello alla gola, dove pulsa la carotide.

- Tu vorresti scannarmi? Tu?

- Tu vuoi essere scannato.

La punta della lama ora preme alla base del cazzo del prigioniero.

- Tu vorresti castrarmi?

- Tu vuoi essere castrato.

- Potrei tagliarti il cazzo ora.

- Sì, puoi farlo. Ma chi lo farà a te?

Heidrich si alza. Quasi barcolla. Che cosa vuole?

- Tagliami le corde.

Il tenente ride, una risata stridula, che gli sembra fasulla.

- Credi che sia pazzo?

L’ha appena detto. Ora è in ginocchio davanti al prigioniero. Gli sta tagliando la corda che lega i piedi. C’è un odore di merda, forte, che sale dai pantaloni dell’uomo.

Heidrich è dietro al prigioniero, appoggia la lama alla corda che lega le mani.

Esita. L’uomo non dice nulla.

Kurt lascia cadere il coltello. Passa la mano sulla schiena dell’uomo, sul suo culo lurido. Guarda il solco sporco di merda.

Si alza. Fa fatica a respirare. Guarda il coltello ai suoi piedi. Molla un calcio all’uomo, facendolo finire sulla schiena. Si china di nuovo. Gli prende con la bocca il cazzo ed incomincia a succhiare. Il cazzo dell’uomo si gonfia, gli riempie tutta la bocca.

- Succhia, porco, succhia. Succhia il cazzo del tuo macellaio.

Kurt continua a succhiare. Il cazzo è duro come roccia, ora, e teso. Kurt lo lascia e lo guarda. Poi si mette a cavalcioni sull’uomo, gli solleva il cazzo ed abbassa il culo, fino a che non sente la cappella premergli contro il buco. Geme e si lascia andare su quel palo di carne che gli lacera le viscere.

Il dolore è intenso, ma il cazzo di Kurt è teso al massimo.

Kurt si alza e si abbassa, anche se il dolore si ingigantisce ad ogni movimento.

Guarda il prigioniero, che sembra impassibile.

Ha il cazzo del suo macellaio in culo. Vuole far godere il suo macellaio.

      Continua a muoversi, finché non sente che nelle viscere esplode il getto del seme. Allora si ferma. Non vuole godere, non gli interessa.

 

*

 

      Il piacere è violento e per un attimo Hans si lascia trascinare, ma sa che non deve abbandonarsi.

      Il tedesco si alza. Ha lo sguardo spento. Hans si solleva a sedere, fa scivolare i pantaloni a terra e poi si alza. Ora che ha i piedi liberi, è più facile.

      Ha il cazzo sporco. Sangue e sborro. Il tedesco glielo sta fissando.

      - In ginocchio, porco.

      Il tedesco ubbidisce.

      - Puliscimi, porco.

      Il tedesco lo guarda, sembra quasi smarrito, poi prende in bocca il cazzo di Hans ed incomincia a pulirlo.

      È una sensazione piacevole, quella di una bocca calda ed umida intorno al cazzo. Ma Hans sa che deve concentrarsi su altro, non sul suo cazzo che nuovamente alza la testa. C’è la mossa decisiva da fare.

      Il tenente continua a succhiare. Ormai ha pulito tutto, ma non smette.

      - Ora basta, porco. È ora di chiudere.

      Il tenente si alza. Lo fissa intensamente. Si china, prende il coltello e lo impugna. Lo punta alla base del cazzo di Hans.

          - Sì, è ora di chiudere.

      Preme leggermente. Un po’ di sangue cola dalla piccola ferita. Hans sa che la sua vita è appesa ad un filo.

      - Mi piscerai in bocca?

      - Sì.

      - Mi spaccherai i coglioni?

      - Sì.

      - Mi taglierai il cazzo ed i coglioni?

      - Sì.

      - Mi macellerai come si macella un porco, aprendomi dal cazzo allo sterno?

      - Sì.

      Hans ha svolto la sua parte. Ha giocato le sue carte. Ora la partita è nelle mani del suo avversario.

      Il tenente si inginocchia e prende nuovamente il cazzo di Hans in bocca. Hans incomincia a pisciare. Il tenente beve, finché può, poi il piscio incomincia a colargli dalla bocca. Hans non smette di pisciare. Il piscio scende sul mento e sul torace dell’uomo.

      Le mani del tenente passano dietro la schiena di Hans, il coltello recide la corda.

      La mano di Heidrich stringe ancora il coltello. Hans ha vinto la sua prima battaglia, ma la guerra non è ancora conclusa. Il crucco ha ancora il coltello.

      Le mani del tenente sono sul suo culo, scivolano verso l’interno, passano sul solco, sporcandosi, mentre il coltello graffia la pelle di Hans.

         Hans sorride. Si gira.

         - Puliscimi il culo con la lingua, porco!

      C’è un attimo di esitazione. Ma è solo un attimo. Il tenente obbedisce.

 

*

 

      Kurt Heidrich ha finito. Ora aspetta la morte, in ginocchio davanti al suo macellaio. L’uomo lo afferra per i capelli, tira con forza e lo costringe a sollevarsi. Sono uno di fronte all’altro. L’uomo lo spinge contro la parete, gli allarga le chiappe e lo incula con un’unica spinta violenta. Kurt geme: gli sembra che ad entrargli in culo sia il coltello che ancora stringe in mano. L’uomo si ritrae e spinge, due volte. Kurt si morde un labbro per non urlare. La sua mano stringe il coltello.

      L’uomo gli afferra la mano, cerca di costringerlo ad aprirla per prendergli il coltello, ma Kurt resiste. Non sa perché, ma resiste. L’uomo gli tira la mano indietro, poi la sbatte due volte con forza contro il muro.

      Il dolore è intenso, ma Kurt cerca ancora di tenere il coltello. Tutto ciò che in lui ancora vuole vivere, si aggrappa a quel coltello. L’uomo sbatte la mano una terza volta e c’è un rumore di ossa che si rompono, mentre il dolore acceca Kurt.

      Kurt non ha più il coltello. Così deve essere. Il coltello serve al suo macellaio.

      L’uomo gli passa le mani intorno ai coglioni, tutt’e due: ha gettato il coltello o forse lo tiene tra i denti. Incomincia a stringere. Kurt sente il dolore salire, fino a diventare insostenibile. Urla, un urlo selvaggio, che cresce, si interrompe e riprende, mentre la stretta prosegue implacabile. Infine i coglioni cedono. Kurt si sente svenire, solo la parete lo sorregge.

      L’uomo gli ha afferrato cazzo e coglioni ed ora Kurt sente la lama che taglia. Vorrebbe urlare, ma non ha la forza. Suda. Il dolore lo investe, vorrebbe vomitare.

      Non è più un maschio. La bocca è aperta in un urlo che è solo un gemito, ma qualche cosa preme contro i denti. L’uomo gli sta infilando tra i denti il trofeo che ha appena conquistato, il cazzo gli si infila in gola. Kurt è scosso da conati di vomito.

      L’uomo si stacca dalla parete, trascinando con sé Kurt. Il coltello affonda nel ventre e sale, squarciando. Il dolore ha superato ogni limite. Non esiste altro che il dolore.

      A Kurt sembra che sia scesa una nebbia, non riesce più a vedere. Ha la vaga percezione di un dolore che lo sommerge completamente, ma tutto è confuso.

      Quando le mani dell’uomo non lo sorreggono più, Kurt scivola a terra.

 

*

 

      Hans guarda il cadavere dell’uomo. Aveva pensato di tagliargli la gola non appena avesse avuto in mano il coltello, ma poi ha deciso di andare avanti, fino in fondo. Non saprebbe dire perché. È entrato nel gioco. Ha mantenuto la sua promessa. E nel momento in cui il cadavere cadeva a terra, Hans è nuovamente venuto.

      Hans guarda il corpo ai suoi piedi. È confuso. Vorrebbe capire, ma ora c’è altro da fare. In fretta, molto in fretta.

      Hans esce dalla cella, raggiunge lo stanzino vicino e si lava. Poi ritorna in cella ed indossa gli abiti del tedesco. Sono troppo stretti, per un uomo robusto come Hans. La cinghia sosterrà i pantaloni, anche se non sono chiusi. Hans terrà anche la giacca aperta. Di giorno sarebbe subito evidente che la divisa non è la sua, ma è ancora notte.

Mentre si veste, guarda il cadavere rannicchiato al suolo. Sta indossando l’uniforme dell’uomo che ha appena ucciso. Inculato, castrato ed ucciso. Nuovamente una sensazione confusa, che lo prende alla gola, mentre il cazzo si gonfia di sangue.

Hans si mette il coltello in tasca. Non ha altre armi. Non sarà facile uscire dalla caserma. Ma una pistola non gli servirebbe a nulla. Non può certo sparare: accorrerebbero tutti i soldati. Forse il coltello è più utile per fare quello che ha in mente. Hans, il comandante Marcus, non se ne andrà prima di aver inferto un nuovo colpo ai tedeschi. Ora che è nella loro tana, porterà la morte. Il comandante Marcus non è uomo da scappare, quando può colpire il nemico, anche se rischia la vita.

Guarda ancora una volta il cadavere, senza avvicinarsi. Poi esce e chiude la porta.

 

*

 

      È passata forse mezz’ora.

      Nella caserma di K. ci sono tre cadaveri: un ufficiale, orrendamente sconciato, in una cella nei sotterranei; la sentinella di guardia al deposito munizioni, nel deposito, vicino ad una miccia accesa; la sentinella all’ingresso della caserma, nella garitta.

      Quando l’esplosione accende la notte, uccidendo gran parte della guarnigione, Hans è già lontano, ma può vederne il bagliore e sentirne il boato. Gli ci vogliono ancora tre ore per raggiungere la base del comando, in una cascina isolata.

      Ai compagni racconterà di essere riuscito ad avere la meglio sull’ufficiale che voleva ucciderlo e di aver fatto saltare la caserma in aria, accendendo una miccia nel deposito di munizioni. Non scenderà in dettagli.

      Ma questa notte, nella cameretta che divide con Marteen, lo prenderà più volte ed ogni volta nella sua mente tornerà l’immagine dell’uomo che ha scannato.

 

 

 

 

 

 

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