Seppuku

di Mishima Yukio

da: Patriottismo

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" É il momento di andare, " disse infine il tenente.

Reiko si inchinò profondamente sulla stuoia. Non riuscì a risollevare il viso. Non voleva rovinare il trucco con le lacrime, ma non le riusciva di trattenerle.

Quando finalmente fu in grado di sollevare nuovamente lo sguardo vide confusamente, tra le lacrime, che il marito aveva avvolto una benda bianca sulla lama della spada sguainata, lasciando scoperti solo una ventina di centimetri di lama, verso la punta.

Il tenente posò la spada sulla guaina di tessuto davanti a lui, si rialzò, sedette a ginocchia incrociate e slacciò il colletto dell'uniforme. I suoi occhi non vedevano più la moglie. Lentamente, uno a uno, slacciò i piatti bottoni dorati. Apparve il torace abbronzato, poi lo stomaco. Slacciò la cintura e i bottoni dei calzoni. Apparve la fascia bianca strettamente avvolta. Il tenente la spinse in basso con ambedue le mani, per liberare ancor più lo stomaco, poi afferrò la lama della spada, avvolta dalla benda bianca. Con la mano sinistra si massaggiò l'addome, guardando verso il basso.

          Per controllare che la lama fosse tagliente, il tenente aprì leggermente i calzoni a sinistra, esponendo una piccola parte di coscia e passò leggermente la spada sulla pelle. Il sangue scaturì immediatamente dalla ferita scendendo in rivoletti brillanti lungo la coscia.

Era la prima volta che Reiko vedeva il sangue del marito. Il tenente stava guardando il sangue, come se lo valutasse. Per un attimo - pur pensando che si trattava di una falsa sensazione di conforto - Reiko provò un senso di sollievo.

Il tenente fissò la moglie con uno sguardo intenso. Mosse la spada davanti a sé e si sollevò leggermente, appoggiando la parte superiore del corpo sulla punta della spada. La tensione rabbiosa dell'uniforme all'altezza delle spalle mostrava chiaramente che il tenente stava raccogliendo tutte le sue energie. Infilò profondamente la spada nello stomaco, a sinistra. Il suo grido strozzato ruppe il silenzio della stanza.

Nonostante la forza che aveva messo nel colpirsi, il tenente ebbe l'impressione che qualcun altro gli avesse inferto un colpo tremendo allo stomaco con una grossa barra di ferro. Per un secondo circa la testa gli vacillò e perse il senso di ciò che era successo. Tutta la parte scoperta della lama era scomparsa nella carne, e la benda bianca tenuta saldamente in pugno premeva direttamente contro lo stomaco.

Riprese coscienza. Pensò che la lama certamente aveva perforato la parete dello stomaco. Respirava con difficoltà, il cuore gli batteva violentemente e in qualche regione profonda, che difficilmente gli sembrava potesse far parte di se stesso, sgorgava un dolore pauroso e lacerante, come se la terra si fosse aperta per far uscire un flusso bollente di roccia fusa. Il dolore si avvicinò con velocità terribile. Il tenente si morse il labbro inferiore e represse un gemito istintivo.

         Questo dunque era il seppuku?, pensava. Era una sensazione di caos totale, come se il cielo gli fosse caduto in testa e la terra girasse vorticosamente, come nell'ebbrezza. Il coraggio e la forza di volontà che prima di colpirsi erano parsi inattaccabili, si erano ridotti alle dimensioni di un sottile filo di acciaio. Fu assalito dalla sensazione sgradevole di dover avanzare lungo questo filo, aggrappandosi ad esso disperatamente. Sentì di avere il pugno bagnato. Guardò in basso e vide che tanto la mano quanto la benda erano coperte di sangue. Anche la fascia aveva preso un colore rosso vivo. Lo colpì per la sua incredibilità il fatto che, in questo terribile dolore, si potesse vedere ancora le cose che potevano essere viste, che le cose esistenti esistessero ancora.

Nel momento in cui il tenente aveva piantato la spada nel fianco sinistro, quando vide il pallore mortale attraversargli il viso, Reiko dovette lottare con se stessa per impedirsi di correre al suo fianco. Qualunque cosa dovesse succedere, avrebbe dovuto osservare. Doveva essere la testimone. Era il compito che suo marito le aveva assegnato. Di fronte a lei, dalla parte opposta della stuoia vedeva chiaramente il marito che si mordeva il labbro per soffocare il dolore. Davanti ai suoi occhi con certezza assoluta, vedeva il dolore. E Reiko non aveva nessuna possibilità di liberare il marito da questo dolore.

Sulla fronte del marito apparvero delle goccioline di sudore. Il tenente chiuse gli occhi poi li riaprì come se stesse facendo un esperimento. Gli occhi avevano perduto la loro luminosità, e sembravano innocenti e vacui come gli occhi di un piccolo animale.

Davanti agli occhi di Reiko il dolore ardeva come il sole estivo, lontanissimo da quello che, dentro si sé, pareva lacerarla. Il dolore aumentò nettamente, come se si fosse rizzato in piedi. Reiko comprese che ormai il marito abitava in un mondo separato, era un uomo la cui intera essenza era fatta di dolore, un prigioniero di una gabbia di dolore dove nessuna mano poteva raggiungerlo. Mentre pensava queste cose, Reiko cominciò a sentire come se fra lei e il marito si fosse crudelmente interposta un'alta parete di vetro.

Fin dal matrimonio l'esistenza del marito era stata la sua esistenza, ogni respiro di lui era come se fosse stato un suo respiro. Ma ora, mentre il marito esisteva in una vivida realtà di dolore, non le riuscì di trovare nel dolore che sentiva dentro di sé una prova certa della sua esistenza.
         Tenendo la spada con la sola mano destra il tenente cominciò ad allargare lateralmente il taglio attraverso lo stomaco. Ma quando la lama giunse a contatto con i visceri, venne spinta verso l'esterno dalla loro morbida resistenza. Il tenente si rese conto che era necessario usare ambedue le mani per mantenere la punta della spada in profondità. Spinse la lama verso destra. Non tagliava facilmente come si aspettava. Concentrò tutta la sua forza nella mano e spinse nuovamente. Il taglio aveva una lunghezza di una decina di centimetri circa.

Il dolore salì lentamente dal profondo fino a concentrarsi interamente nella regione dello stomaco, come il suono selvaggio di una campana. Oppure come mille campane che suonassero contemporaneamente a ogni suo respiro a ogni suo battito, avvolgendo tutto il suo essere. Il tenente non riuscì più a trattenere i gemiti. Ma a questo punto la spada si era aperta il cammino fino sotto l'ombelico. Quando se ne accorse provò un senso di soddisfazione e sentì che il coraggio gli ritornava.

Il sangue aumentava continuamente; ora sgorgava dalla ferita come fosse spinto dal battito del cuore. La stuoia davanti a lui era intrisa di sangue, e altro sangue la bagnava, cadendo dalle pozze che si erano formate nelle pieghe dei calzoni kaki. Una goccia giunse in volo come un uccello addosso a Reiko e cadde sul grembo del kimono bianco. Quando finalmente il tenente riuscì a portare la spada sulla destra dello stomaco, la lama ormai tagliava in superficie e mostrava la punta scoperta, sporca di sangue e di grasso. Il tenente, scosso da un improvviso urto di vomito, lanciò un grido strozzato. Il conato rese l'insopportabile dolore ancor più insopportabile, e lo stomaco che fino a quel momento era rimasto fermo e compatto si aprì improvvisamente, allargando la ferita. Ne uscirono i visceri, come se anche la ferita stesse vomitando. I visceri, come inconsapevoli della sofferenza del loro padrone, davano una impressione di perfetta salute e di sgradevole vitalità mentre scivolavano dolcemente fuori dalla ferita raccogliendosi nel grembo. Il capo del tenente ricadde, le spalle si curvarono, gli occhi si aprirono leggermente divenendo due sottili fessure, dalle labbra scivolò un sottile rivoletto di saliva. Le insegne d'oro sulle spalline brillarono, riflettendo la luce.

Il sangue era dappertutto. Il tenente, che ora sedeva curvo e come indifferente, appoggiandosi con una mano al pavimento, vi immergeva le ginocchia. Un forte odore riempiva la stanza. Il tenente, sempre a testa china, fu scosso ripetutamente da conati di vomito. Il movimento delle spalle lo mostrava chiaramente. La lama della spada spinta via dalle viscere e scoperta fino alla punta, era ancora nella sua destra.

Sarebbe difficile figurarsi un'immagine più eroica di quella del tenente in questo momento, mentre raccoglieva tutte le sue forze e rialzava il capo. Il movimento, compiuto con improvvisa violenza, lo portò ad urtare la colonna dell'alcova. Reiko che fino a quel momento era rimasta seduta a testa china, fissando affascinata il sangue che avanzava verso le sue ginocchia, fu sorpresa dall'improvviso rumore e sollevò lo sguardo.

Il volto del tenente non era più quello di un vivo. Gli occhi erano vuoti, la pelle tesa, le guance e le labbra un tempo così luminose avevano il colore del fango dissecato. Solo la mano destra si muoveva. Tenendo laboriosamente la spada nella mano tremante, sollevò il braccio in aria con un movimento da marionetta e diresse la punta alla base della gola. Reiko guardò il marito mentre faceva questo ultimo atroce tentativo. Il tenente cercò di colpire la gola con la spada, lucida di grasso e di sangue. Ma ad ogni tentativo falliva il bersaglio. La punta deviava e colpiva il colletto e le mostrine. Sebbene lo avesse slacciato, il rigido colletto militare si era richiuso e proteggeva la gola. Reiko non riuscì a sopportare oltre questa vista. Cercò di andare in aiuto del marito, ma non riuscì a mettersi in piedi. Si spostò sulle ginocchia, nel sangue. La sottana bianca si tinse di rosso cupo. Si spostò dietro il marito e riuscì solamente ad allargargli un po' il colletto. La lama tremante finalmente incontrò la gola scoperta. In quel momento, Reiko ebbe l'impressione di essere stata lei stessa a spingere in avanti il marito; ma non era vero. Era un movimento che il tenente aveva già previsto, la sua ultima manifestazione di forza. Gettò improvvisamente il corpo contro la lama, e la lama penetrò nella gola uscendo dalla nuca. Un tremendo schizzo di sangue e il tenente giacque immobile, mentre la lama d'acciaio azzurrino usciva dalla parte posteriore del collo.

 

Immagini dal film Yûkoku

 

 

 

 

 

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