Ken lo sciacallo

III - Partita per due

 

Episodio3c

 

      Nel saloon di Santa Teresa, Ken sta giocando a carte. Gli piace il poker, gli è sempre piaciuto, ed adesso che ha un sacco di soldi, non perde occasione per divertirsi. Con il denaro che gli ha dato il vecchio Morrison ha di che campare a lungo. Non lo butterà certo via al tavolo da gioco, dove comunque è bravo e vince più spesso di quanto non perda: si diverte e sa benissimo quando è ora di smettere.

      È arrivato nella cittadina il giorno prima. Sono due mesi che gira: per sicurezza ha lasciato la California e si muove spesso, in modo che per i McCain sia impossibile seguire le sue tracce. Devono averle perse da un pezzo ed ora di certo schiumano di rabbia.

      È un’oretta che gioca e la fortuna non è dalla sua parte. Ken è sospettoso di natura e, senza darlo a vedere, segue con attenzione i movimenti del suo avversario, quello che sta vincendo e facendo man bassa dei soldi degli altri, in particolare di quelli di Ken. E di colpo si accorge che quel figlio di puttana sta facendo scivolare una carta nella manica.

         - Ehi, che cazzo stai facendo?

     Una smorfia di rabbia appare sulla faccia dell’uomo, che con un movimento brusco porta la mano alla pistola. Ma Ken è molto più rapido: prima che il suo avversario sia riuscito ad estrarre l’arma, Ken spara, sotto il tavolo. L’uomo porta le mani al ventre e crolla al suolo con un grugnito.

      Per un attimo nella sala si crea un silenzio irreale, rotto solo dai lamenti e dalle bestemmie dell’uomo che agonizza, poi scoppia un putiferio. Ken non perde il sangue freddo, ma sa benissimo di essere nella merda: è in una città in cui nessuno lo conosce ed ha ammazzato uno del posto. È stato l’altro a tirare fuori la pistola, ma comunque butta male. Cercare di scappare è inutile: il saloon è pieno, ci sono troppi uomini armati, che già gli sono intorno, e lui è da solo. Non gli hanno ancora messo le mani addosso solo perché lui ha la pistola ed hanno visto che spara veloce, ma prima o poi qualcuno lo colpirà alla schiena. Meglio non fare cazzate.

      Ken rimette la pistola nella fondina e dice, con calma:

      - Chiamate lo sceriffo. Avete visto tutti che è stato a lui a cercare di tirar fuori la pistola.

      Lo sceriffo ed il suo vice arrivano subito, qualcuno doveva già essere corso a cercarli. Intanto quello stronzo del baro ha smesso di lamentarsi e probabilmente pure di vivere: è immobile in una pozza di sangue, gli occhi spalancati fissi nel vuoto. Questo non migliora la situazione di Ken.

      Tutti parlano ad alta voce. Ken rimane impassibile.

      - Sceriffo, quest’uomo barava e quando gli ho chiesto spiegazioni, ha preso la pistola per uccidermi. Ho sparato per difendermi.

      Parecchi intervengono, ma le voci che Ken può sentire nel bailamme non sono a suo favore:

      - Joe non voleva mica prendere la pistola, guardi sceriffo, è ancora nella fondina.

      - Questo figlio di puttana perdeva, ha protestato ed ha sparato al povero Joe.

      Lo sceriffo è un uomo sui quaranta, abbastanza alto, anche se meno di Ken, e robusto.

      - Dammi il cinturone con le armi.

      Ken potrebbe cercare di uccidere lo sceriffo ed il suo vice: forse ce la farebbe, anche se dicono che lo sceriffo Squire sia uno dei migliori tiratori del West. Ma sa che non gli servirebbe a nulla: non uscirebbe vivo dal saloon. Si slaccia il cinturone e lo porge allo sceriffo, ripetendo:

      - Voleva ammazzarmi.

      Lo sceriffo non dice nulla. Lo accompagna in cella e lo chiude dentro. Ken ripete che il tizio ha tirato fuori la pistola quando lui ha scoperto che stava barando, ma Squire si limita a dirgli che ci penserà il giudice a stabilire che cosa è successo.

 

      Il processo si svolge nel pomeriggio stesso ed è brevissimo: nel West la giustizia è rapida. Joe Forrest, il morto, era uno del posto e per i suoi amici è ovvio che la responsabilità ricade per intero su Ken. Sanno tutti che Joe barava con i forestieri, ma i testimoni, tra cui i complici di Forrest, sostengono che Joe non aveva fatto niente di irregolare e che è stato il forestiero a tirare fuori la pistola. E chi direbbe altro, visto che il giudice si chiama Paul Forrest ed è il fratello del morto?

      La sentenza è emessa subito: Ken sarà impiccato il giorno dopo. Ken cerca di far valere le sue ragioni, ma ci rinuncia presto.

 

      Ken è di nuovo nella cella, dove trascorrerà la sua ultima notte. L’intera faccenda sarebbe ridicola, se non fosse che domani mattina lo impiccheranno. È sfuggito ai McCain ed adesso verrà ammazzato per essersi difeso da un baro.

      C’è ancora un colpo di scena, che aggraverebbe ulteriormente la situazione di Ken, se ci fosse ancora spazio per un peggioramento. Lo sceriffo cerca tra le sue carte ed infine trova quello che aveva in mente: il manifesto con la taglia su Ken. Gli pareva di aver già visto quella faccia! Ken non sapeva che avessero stampato pure i manifesti, ma non si stupisce che i McCain gli abbiano fatto mettere una taglia sulla testa. Ricercato vivo o morto: nei suoi confronti è stata emessa una condanna a morte. A questo punto ce ne sono due. Non che faccia molta differenza.      

      La sera Squire se ne va a casa. Nell’ufficio rimane di guardia il vicesceriffo, Tony Eslin, che è giovane: non deve avere più di vent’anni. Ken si dice che l’unica, remota, possibilità di uscirne vivo, è quella di sorprendere il vice e di costringerlo ad aprire la cella. Ma come? Ken non ha un’arma ed il vice non si lascerà ingannare tanto facilmente.

      Deve farsi venire qualche idea, in fretta.

 

      Tony si annoia e chiede a Ken come mai ha quella taglia sulla testa. Ken racconta una storia, mezza vera e mezza falsa: dice che ha ammazzato un tizio che aveva violentato sua sorella. Non dice che cosa ha fatto a Philip McCain.

      Tony propone una partita a poker, ma non apre la cella: mette uno sgabello davanti alle sbarre, così Ken può giocare senza uscire.

      Mentre giocano, chiacchierano un po’. Ken cerca di distrarre Tony, ma questi si tiene ad una certa distanza. Certo, con un movimento brusco Ken potrebbe afferrarlo per il collo quando Tony è chino sul tavolo, ma prima che Ken riesca a strozzarlo, il vicesceriffo avrà estratto la pistola e gli avrà riempito la pancia di piombo. Meglio forse crepare così che sulla forca.

      Giocano un’oretta, poi sono tutti e due stufi. Non possono giocare a soldi, il denaro di Ken gli è stato sequestrato, nonostante le sue proteste. Servirà come indennizzo per la famiglia del morto.

      È tardi, Tony è seduto sulla sedia e tra un po’ si appisolerà. Ma Ken non può raggiungerlo in nessun modo. C’è un’ultima carta da giocare. Una possibilità su cento, ma non ha altro in mano. In queste cittadine di frontiera le donne sono poche…

      Ken si toglie la camicia.

      - Fa un caldo becco, in questo posto di merda.

      Tony risponde, ridacchiando:

      - Domani non avrai più caldo, sta’ tranquillo. Ti mettiamo in un bel posto fresco, tre piedi sotto terra.

      Ken scuote la testa.

      - Stronzo!   

      Intanto si siede e si toglie pure gli stivali.

      - Ehi, che stai facendo? Pensi mica che ti porti la tinozza per fare il bagno?

      - Troppo caldo per rimanere con tutta ‘sta roba addosso.

 

      Tony Eslin guarda il prigioniero. Il tizio non è niente male. Tony Eslin ha un’idea in testa.

      Lui scopa spesso lo sceriffo Squire, che è una vera troia. Non gli dispiacerebbe farlo con qualcun altro. E da tempo ha voglia di provare qualcuna delle cose che allo sceriffo piacciono. Il prigioniero sarà impiccato domani, non andrà a raccontarlo in giro. Ed anche se ne parlasse con lo sceriffo, chi se ne fotte? Allo sceriffo piace farsi fottere. Non è una cattiva idea.

      Il prigioniero si cala le mutande. Ha un cazzo da cavallo, quello.

      - Così va meglio.

      Il tizio si è messo seduto sulla panca, rivolto verso di lui. Lentamente si passa una mano sul ventre e poi scende fino al cazzo. Tony ha la gola secca. Guarda la mano che accarezza l’uccello e lo vede gonfiarsi di sangue ed incominciare a sollevarsi.

      - Un’ultima volta, prima della sborrata finale di domani.

      Tony si è avvicinato alla cella, come se il prigioniero lo avesse chiamato. Sta lì a fissarlo. Non riesce a distogliere lo sguardo.

      Il prigioniero ridacchia e dice:

      - Non è male, vero?

      Tony si riscuote, alza le spalle, ma sa che non è molto convincente. Non gliene importa granché. Adesso quel cazzo glorioso gli sta facendo venire l’acquolina in bocca. Ma del prigioniero è meglio non fidarsi.

      - Vuoi assaggiare?

      Tony alza gli occhi. Vorrebbe spaccare la faccia a quel figlio di puttana che gli legge in testa, ma prima ha davvero voglia di sperimentare quel pezzo di carne succulento. Non ha mai visto un cazzo così.

      Però il prigioniero è pericoloso, non c’è da fidarsi di questo figlio di puttana. Tony lo fissa e gli dice:

      - Di te non mi fido.

      Ken ride.

      - Hai paura che ti strozzi? Puoi ammanettarmi.

      Ken tende le mani. Per mettergli le manette Tony dovrebbe entrare nella cella, ma tanto è quello che intende fare. A meno che…

      - Avvicinati.

      Il prigioniero obbedisce.

      - Tendi le braccia in avanti.

      Il tizio esegue di nuovo, silenzioso, chiudendo le mani intorno alle sbarre. Tony passa le manette oltre le sbarre e le mette ai polsi di Ken, che gli dice:

      - Sei più tranquillo, ora?

      Torna a sedersi sulla panca e con le mani riprende ad accarezzarsi, senza dire più nulla. Il cazzo è quasi verticale ora ed a Tony pare che la testa gli giri.

      Apre la cella ed entra. Guarda l’uomo seduto a pochi passi da lui, che sorride con la sua aria strafottente. Gli spaccherebbe la faccia volentieri. Magari dopo lo farà: vuole fargli saltare qualche dente. Poi, per giustificare i lividi, dirà che il prigioniero ha cercato di scappare.

      L’uomo toglie le mani, si alza in piedi e con un cenno del capo lo invita alla degustazione. Tony si inginocchia davanti a lui. Apre la bocca e si passa la lingua sulle labbra. Non ha mai gustato un cazzo e questo sembra così appetitoso.     

      Tony avvicina la bocca ed appoggia le labbra sulla cappella, poi la prende in bocca. Gli piace questo boccone di carne calda e soda. Mordicchia.

      - Ehi, stronzo, se mordi si ammoscia.

      Tony ridacchia. Può fare quello che vuole, tanto questo è ammanettato, ma adesso vuole gustare. Succhia un po’, ma il tizio ce l’ha troppo grosso, non è mica comodo. Allora lo lascia andare e si mette a percorrerlo con la lingua, dalla cappella alla base. E si trova davanti i coglioni, grossi, pelosi. Chissà…

      - Anche i coglioni, dai!    

      Tony esita un attimo, ma vuole provare. Passa la lingua. Hanno un gusto diverso, salato. Li percorre tutti, ne prende uno in bocca e sente che Ken si tende. Ha paura che glielo morda? Potrebbe essere un’idea, ma non ora, prima vuole gustarsi tutto, poi si divertirà un po’ con questo figlio di puttana.

      Tony si infila tra le gambe di Ken, continuando a leccare. Passa dietro. Le sue mani accarezzano il culo di Ken. Gli piace. Gli piace quel culo peloso. Strane idee gli frullano in testa…

      - Dai, leccami anche il culo. Mordi, datti da fare!

      Questo è pazzo! Per chi l’ha preso ‘sto stronzo? Leccarglielo? Non è mica scemo. Ma morderlo, perché no? Affonda i denti nella carne. Bello! Morde di nuovo, con forza. Sente Ken gemere. Morde ancora. Più e più volte. Gli piace, gli piace un casino. Gli è pure venuto duro. Potrebbe metterlo in culo al prigioniero, come fa sempre con lo sceriffo Squire, magari lo farà, ma dopo, adesso vuole provare cose nuove. Ed i denti continuano ad affondare nella carne finché, senza rendersi nemmeno conto di come ci sia arrivato, Tony realizza che la sua lingua sta scorrendo lungo il solco, fino al buco del culo. 

      È una sensazione strana, nuova, non spiacevole. A questo stronzo che ora geme Tony spaccherà i coglioni, sì, di sicuro. Ma la sua lingua percorre nuovamente il solco ed indugia contro il buco.

      Tony si rende conto che si sta sporcando i pantaloni di sborro. Meglio spogliarsi, mettersi nudo anche lui, come ‘sto stronzo. Tony si alza, si spoglia rapidamente e mette gli abiti su uno sgabello, fuori dalla cella. Si volta e vede Ken che lo guarda, il grande cazzo teso, la cappella che sembra incandescente. A Tony pare che due mani lo forzino a mettersi in ginocchio davanti al prigioniero, mentre apre la bocca ed accoglie nuovamente quel magnifico boccone. Odore di sborro sulla cappella. Tony passa la lingua ed assaggia la goccia. È la prima volta che ne prova il gusto.

      Le sue mani stringono il culo dell’uomo e la bocca lavora, veloce, quasi frenetica, la cappella.

      - Se vuoi gustarlo da tutt’e due le parti, è meglio che ti volti: se continui, tra un po’ ti sborro in bocca.

      Tony ha l’impressione che gli manchi l’aria. Cerca di dirsi che questo pezzo di merda è pazzo, ma il buco del culo gli si contrae. Vorrebbe spaccargli la faccia, a questo figlio di puttana, che sa benissimo che cosa lui vuole. Magari lo fa ora, gli fa saltare qualche dente e gli spacca i coglioni a calci. Poi glielo mette in culo, tanto il tizio non è in grado di difendersi. Potrebbe farlo, ma Tony sa benissimo che adesso altro chiede il suo corpo. Dopo, gli darà una bella lezione dopo. Domani questo stronzo salirà zoppicando sulla forca.

      Tony si volta e si mette in posizione, a quattro zampe, come fa lo sceriffo Squire quando lui lo monta.

      - Forza, porco!

      Così gli dice lo sceriffo e Tony ha ripetuto la frase senza pensarci.

      Tony sussulta quando il cazzo gli sfiora il buco. Di nuovo l’impressione che gli manchi l’aria. Sente qualche goccia sul culo. Il prigioniero deve avergli sputato sul buco ed ora passa le dita per lubrificare.

      Tony chiude gli occhi ed aspetta, come un condannato a morte. La sua testa vorrebbe ritardare il momento in cui quest’uomo lo inculerà, ma il suo corpo spasima nell’attesa, impaziente.

      Tony sente il cazzo formidabile che preme contro il buco del suo culo e poi lentamente affonda dentro di lui. Geme, mentre Ken grugnisce.

      - Porco!

      Tony ha chiuso gli occhi, travolto da sensazioni troppo forti per poter guardare davanti a sé: solo esiste il cazzo che, immenso e terribile, lo sta infilzando. Il dolore è intenso, ma il piacere è ancora più forte. Il cazzo si fa strada, aggiungendo dolore a dolore, piacere a piacere, fino a che a Tony pare di non riuscire più a tollerare le sensazioni che lo travolgono. Vorrebbe gridare “basta!”, ma la sua bocca emette soltanto un suono inarticolato. Apre gli occhi e guarda le sbarre della cella davanti a lui, poi una spinta più forte lo forza a chiudere di nuovo gli occhi.

      Anche se li avesse aperti, non potrebbe vedere Ken che, dietro di lui, sta inserendo la cinghia nella fibbia, senza bloccarla, mentre ritrae il cazzo e poi di nuovo lo affonda nel culo di Tony. Ken ha formato con la cinghia un anello di cuoio che in un lampo fa scivolare intorno al collo di Tony, poi spicca un salto all’indietro, tenendo bene stretta nella mano l’estremità della cinghia. Lo strattone è violento e la cinghia si stringe intorno al collo di Tony, bloccandogli completamente il respiro e comprimendo le vene del collo.

      Tony fa appena in tempo a sentire il dolore violento, ma prima che abbia il tempo di capire o di reagire, un piede di Ken gli blocca il torace, mentre le mani tirano la cinghia fino a strozzarlo. Tutto si conclude in un attimo.

      Tony è morto, un cadavere con la bocca spalancata, il collo stretto nella cinghia ed il cazzo duro da scoppiare, da cui ora esce un po’ di sborro.

      Ken lo guarda e ride. Deve fare in fretta, molto in fretta, ma ora ha il cazzo duro e prima di andarsene vuole godere.

      Senza neanche togliersi le manette, volta il cadavere, mettendolo sulla pancia, poi infila nuovamente il cazzo dentro il culo del morto e, con poche spinte vigorose, viene, riempiendo il culo di Tony del suo sborro. Sorride. Aveva proprio bisogno di svuotare i coglioni, erano settimane che non scopava.

     Ken estrae il cazzo dal culo del morto. Esce dalla cella, cerca nelle tasche della giacca di Tony la chiave delle manette e libera le mani. Poi si pulisce il cazzo con la camicia di Tony, tanto a lui non serve più.

      Si riveste in fretta. Dall’armadio recupera la sacca con i suoi soldi e le pistole, poi cerca ciò che può servirgli nella fuga. Non c’è molto nell’ufficio.

      Guarda il cadavere di Tony, disteso a gambe larghe nella cella. Ride. Si avvicina, tira fuori il cazzo e gli piscia addosso. Ride ancora.

      Pistola alla mano, esce. È notte fonda. La scuderia dove hanno portato il suo cavallo è vicino all’ufficio. Tony mette via la pistola e prende il coltello. Forza una finestra ed entra nella scuderia. C’è un uomo che dorme sulla paglia e si sveglia. Prima che faccia in tempo a dare l’allarme, Ken gli ha tagliato la gola.

      Prende il suo cavallo, lo sella, sistema le sue cose ed apre la porta della scuderia. Porta fuori l’animale e richiude la porta.

      Poi sale in sella e scompare in silenzio nella notte.

 

 

 

 

 

 

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