Ken lo Sciacallo

XII – I Dodici Apostoli

 

 

Ken e Hugh sono ai piedi dei Monti dell’Aquila, un vasto massiccio roccioso. Tutta l’area è un susseguirsi di colline e montagne scoscese, valloni e gole strette tra pareti verticali: un buon posto per nascondersi o per tendere agguati.

Secondo i loro informatori l’uomo che cercano e che devono uccidere per conto del Diablo Loco, Ernest Malone, si nasconde qui.  Il casino è che non è solo: si è unito a un gruppo di banditi a cui stanno dando la caccia in molti. Li chiamano i Dodici Apostoli, perché sono più o meno una dozzina. Stanare e ammazzare un uomo solo non è un’impresa impossibile per due pistoleri esperti come Ken e Hugh, anche se in questo labirinto di rocce non è facile muoversi e il cacciatore rischia sempre di ritrovarsi preda. Ma quando si ha a che fare con una dozzina di banditi esperti, che conoscono bene il posto, sono cazzi amari. 

Hugh guarda le montagne e scuote la testa.

- Allora, Ken, che cazzo facciamo? Non possiamo pensare di riuscire a fotterli tutti.

Ken scuote la testa.

- Non dobbiamo mica farli secchi tutti. Quello che ci interessa è Malone.

- Sì, ma Malone è con i Dodici Apostoli. Non è che possiamo arrivare lì, posto che troviamo dove cazzo stanno, e dire: “Noi dobbiamo fare secco Malone, levatevi dai coglioni.”

Ken fa un cenno affermativo con la testa.

- No, certo. L’unica è unirsi a loro.

- Vuoi dire… entrare nella banda?

- Esatto. Una volta che siamo entrati, troveremo l’occasione di far fuori Malone. O la creeremo.

- E come entriamo nella banda?

- Diciamo la verità: siamo due fuorilegge e se ci beccano, ci appendono per il collo.

- Non credo che ci permetteranno di unirci a loro così facilmente, ma possiamo provare. Al massimo ci becchiamo qualche pallottola: da questa parte ci sono un sacco di avvoltoi, avranno diritto anche loro di mangiare.

Ken ride.

- Stronzo!

- Rimane un piccolo dettaglio: come trovare gli Apostoli, magari evitando di farci impallinare.

- Ci troveranno loro, non c’è dubbio. Se hanno la loro tana qui, sorvegliano le piste e i sentieri.

- Speriamo che non siano di quelli che prima ti sparano e poi ti chiedono che cosa vuoi.

Ken sa benissimo che il rischio c’è, ma se Ernest Malone è con i Dodici Apostoli, devono cercare di contattarli: non esistono alternative.

- Staremo a vedere.

 

Le previsioni di Ken si rivelano esatte. Dopo due giorni nel massiccio, mentre fanno colazione compaiono quattro uomini con le armi spianate.

- Alzate le mani.

Ken obbedisce. Potrebbe cercare di prendere la pistola e sparare, ma il suo obiettivo è prendere contatto con gli Apostoli, non ammazzarli. Hugh ha già sollevato le braccia.

L’uomo che ha parlato si rivolge a uno degli altri:

- Nicolas, togligli le pistole.

Nicolas prende le armi di Ken e Hugh. Ora che loro due sono disarmati, i quattro banditi abbassano le pistole, ma le tengono sempre in mano.

Quello che sembra avere il comando chiede:

- Chi siete e che cosa fate qui?

- Io sono Ken. Mi chiamano lo Sciacallo. Lui è Hugh.

- Ken lo Sciacallo! Cazzo! La tua testa vale parecchio.

Ken ride.

- Anche le vostre, se, come penso, fate parte dei Dodici Apostoli.

 L’uomo sorride e annuisce. Poi dice:

- Ce la caviamo anche noi, ma non come te. Che cosa fate da queste parti?

- Diciamo che cerchiamo un posto tranquillo, perché non abbiamo buoni rapporti con gli sceriffi.

Questa volta il tizio ride.

- E ci credo. Quanti ne hai fatti fuori? Cinque, sei?

- Non tengo il conto. Loro però lo tengono e noi abbiamo bisogno di un posto dove non ci rompano i coglioni. Per quello siamo venuti qui. Sappiamo che gli sceriffi non amano girare da queste parti e che saremmo in buona compagnia.

- Vorreste unirvi a noi? È questo che intendi?

- Sì, abbiamo pensato che per un po’ è meglio che stiamo alla larga dai centri abitati, dove ci sono un sacco di fottuti curiosi che guardano chi passa e poi non tengono a freno la lingua.

Il tizio si gratta il collo con l’indice della sinistra, mentre con la destra tiene sempre la pistola.

- Queste è una cosa che dobbiamo discutere con gli altri. Nessuno di noi può decidere per tutti.

- Mi sembra logico.

L’uomo riflette un momento, poi dice:

- Rimanete in zona. Vi cercheremo domani.

Poi aggiunge:

- Il mio nome è Silas.

- Va bene, Silas. Rimarremo in questo valloncello, a meno che non vediamo avvicinarsi qualcuno con una stella gialla.

- Se fosse quel figlio di puttana dello sceriffo Mike O’Neill, fatelo secco: per noi sarebbe una grande soddisfazione.

- Va bene. Ma non gli dite dove siamo solo perché sperate che noi lo facciamo fuori.

Silas ride. Fa cenno agli altri e si allontanano. Lasciano a terra le pistole di Ken e Hugh, che le raccolgono.

Hugh commenta;

- È andata bene. Non ci hanno sparato prima di chiederci chi eravamo.

Trascorrono la giornata nella zona. Nel pomeriggio si bagnano in una delle pozze d’acqua che sono numerose nei valloni, poi la sera Ken fotte Hugh e infine si mettono a dormire.

 

Il giorno dopo Silas ritorna con Nicolas e un altro uomo. A parlare è quest’ultimo.

- Buongiorno, Ken. Io sono Zeke. Quando Silas mi ha raccontato che eri qui, non ci volevo credere. Pensavo fossi un impostore, ma ora che ti vedo, ti riconosco: ho visto i manifesti con la taglia sulla tua testa. Sei famoso, Ken.

- Farei volentieri a meno di questa fama. Fossi un po’ meno famoso, potrei muovermi più tranquillamente.

- Lo immagino. Sarebbero più tranquilli anche gli sceriffi.

Zeke ride e anche Ken sorride. Zeke prosegue:

- Silas dice che vorreste fermarvi con noi.

- Sì, in questo periodo c’è un sacco di gente che ci cerca e preferiremmo che non ci trovassero.

- Be’, hai fottuto due sceriffi venendo da queste parti. Diciamo che non è il modo migliore per passare inosservati.

- Sono venuti loro a cercarmi.

- E ti hanno trovato!

Ken annuisce. Zeke riprende:

- Tornando alla vostra richiesta, noi possiamo ospitarvi, ma c’è un prezzo da pagare.

- Cascate male. Abbiamo ben poco. In queste ultime settimana siamo stati troppo indaffarati a cercare di salvare la pelle per riuscire a rapinare una banca.

Zeke ghigna.

- No, no. Non vogliamo soldi.

- E allora?

- Ci portate lo sceriffo Mike O’Neill.

- Uno sceriffo! E che cazzo! La cosa più semplice di questo mondo.

- Tu sei un esperto in materia. Uno in più, che cosa ti costa? Ce lo porti vivo o morto. Ci piacerebbe di più vivo, ma se non ci riesci, va bene anche il cadavere. Quello ci sta sul culo, sono anni che cerca di trovare la nostra tana. Ogni tanto raduna una posse e si mette a setacciare il massiccio, quel figlio di puttana.

- Ma come cazzo facciamo a catturarlo? Appena mi vede mi riconosce. E anche sulla testa di Hugh c’è una bella taglia.

Hugh sorride e dice:

- Poca roba. Non sono così famoso, io.

Zeke scuote la testa.

- Io vi posso raccontare un po’ di cose di lui, ma poi ve la dovete cavare voi.

- Hai qualche informazione utile per riuscire a beccarlo?

Zeke annuisce.

- Sì, sono informazioni che voi potete usare, noi no, perché qui tutti ci conoscono.

Si siedono e Zeke incomincia a raccontare.

 

*

 

Martedì mattina Mike O’Neill si alza tardi. In serata ha scopato con Belle, la sua puttana preferita, che sta nel bordello di Madame Rose. Belle ci sa fare e Mike ha passato diverse ore con lei: è un bravo stallone ed è alquanto dotato. Belle apprezza il suo grosso cazzo e i suoi coglioni da toro e allo sceriffo la ragazza piace parecchio: da quando è arrivata al bordello, Mike ci va almeno due volte a settimana e rimane molto a lungo. Anche prima ci andava spesso, ma non si fermava mai più del tempo necessario a svuotare i coglioni. Adesso ci passa qualche ora, tanto Madame non gli fa pagare le prestazioni: è sempre utile poter contare sullo sceriffo. La maîtresse gli ha solo chiesto di arrivare in tarda serata, così Belle può lavorare anche con altri clienti.

Mike va alla finestra, mentre si gratta i coglioni. Guarda i Monti dell’Aquila, ben visibili in lontananza. Aggrotta la fronte. Prima o poi riuscirà a stanare quei fottuti bastardi dei Dodici Apostoli. Li vuole vedere tutti appesi per il collo. Lascerà marcire i cadaveri sulle forche per un po’ di giorni, in modo che tutti possano vederli e capire come finiscono i banditi. Vuole divertirsi a guardare i corvi che gli mangiano gli occhi e la carne che incomincia a putrefarsi. Il pensiero gli fa affluire il sangue al cazzo, che si tende. Gli piace impiccare un bandito, vedere le sue contorsioni, la macchia di piscio che si allarga sui pantaloni. Gli piace sentire l’odore di merda che emana dal cadavere. Mike si accarezza il cazzo. È venuto due volte ieri sera, ma immaginare i Dodici Apostoli con il cappio al collo lo eccita.

Si allontana dalla finestra, si lava sommariamente e si veste. La giornata trascorre tranquilla. I Dodici Apostoli in questo periodo se ne stanno rintanati. Dopo l’attacco alla fattoria degli O’Hara non si sono più fatti vivi. Ma prima o poi agiranno di nuovo.

 

Il giovedì sera Mike torna al bordello. Questa volta Belle lo fa aspettare: di solito è libera quando lo sceriffo arriva, perché Madame sa che a Mike non piace attendere. Questa volta però le cose vanno diversamente. Madame si scusa e offre da bere allo sceriffo. Il whisky è di qualità, dev’essere quello tenuto da parte per i clienti importanti. A Mike non spiace bere qualche bicchiere, senza esagerare: non vuole certo ubriacarsi, ma il liquore è davvero buono e Belle tarda. Quando infine la ragazza viene a prenderlo, lo sceriffo non è ebbro, ma alquanto euforico. Ormai il bordello è quasi vuoto, d’altronde il giovedì non è serata di grande affollamento.

Mike entra nella camera e Belle lo riceve in vestaglia, sorridendo. Forse se non avesse bevuto lo sceriffo si accorgerebbe che la donna è tesa, ma adesso non ci bada. Si spoglia in fretta. Il grosso cazzo è già duro: il whisky non gli impedisce di rizzarsi.

Mike sfila la vestaglia di Belle, stringe con le mani le tette, poi le natiche.

- Mettiti a quattro zampe, che oggi ti voglio fottere così.

La risata di Belle è nervosa, ma Mike non se ne preoccupa: non è di certo la prima volta che qualcuno la prende a pecorella. La ragazza si mette come le ha chiesto lo sceriffo, che si stende su di lei e incomincia a fotterla con gran gusto. Quando infine viene, si stende sul letto: poi faranno un bis, come al solito, ma adesso ha bisogno di dormicchiare un momento. Quando si sveglia, guarda Belle, stesa accanto a lui, e dice:

- Succhiamelo un po’.

Belle si mette al lavoro. Mike chiude gli occhi, soddisfatto. Il cazzo acquista in fretta volume e consistenza. Mike è del tutto concentrato sulle sensazioni piacevoli che gli trasmette la bocca di Belle, quando una voce risuona nella stanza, forte:

- Alzati e non fare scherzi.

Mike apre gli occhi, esterrefatto. Non conosce l’uomo che gli sta puntando la pistola. O forse… forse sì. Merda! Dev’essere Ken lo Sciacallo. Belle interrompe il suo lavoro e si allontana dal letto.

- Ti ho detto di alzarti. Se non ti muovi, ti sparo.

Mike non ha nessuna scelta. Si mette a sedere e poi si alza.

- Che cazzo vuoi?

- Voglio che tu mi tenga compagnia.

Ken apre la porta, sempre tenendo Mike sotto tiro.

- Esci.

Mike guarda i suoi vestiti. Ken ride.

- Nudo come sei, con il cazzo in tiro. Niente scherzi. Hai capito chi sono e ti garantisco che so sparare.

Mike non ha nessuna scelta. Scendendo le scale si guarda intorno. Non c’è nessuno, neppure Madame Rose. Di certo la troia sapeva dell’agguato, per quello gli ha offerto da bere e l’ha tenuto occupato, per essere sicura che gli altri clienti si togliessero dai coglioni. A quest’ora non c’è più nessuno.

Quando sono fuori, Ken dice:

- Metti le mani dietro la schiena.

Mike obbedisce. Pensa che scatterà non appena questo bastardo cercherà di legargli le mani. Ma mentre lo pensa, si accorge che qualcuno gli sta passando una corda intorno ai polsi. Merda! Ken ha un complice! Merda! È fottuto.

Poi Ken lo aiuta a salire sul suo cavallo e sale dietro di lui. Si allontanano, portando con sé anche il cavallo dello sceriffo.

- Dove mi portate?

- Da amici.

- Cazzo! Ken, finirai con una corda al collo.

- È possibile.

Mike non dice più nulla. Che cosa potrebbe dire? Non può certo convincere Ken a lasciarlo andare, promettendogli che sarà graziato per i delitti commessi: uno che ha ucciso almeno quattro sceriffi è destinato a essere impiccato. Non può minacciarlo, perché la situazione di Ken non può peggiorare.

La notte è fresca e ora che stanno salendo lungo la pista che attraversa i Monti dell’Aquila Mike rabbrividisce. Non è solo il leggero vento a dargli la pelle d’oca: è la certezza di andare incontro alla morte. E non sarà una morte rapida.

Un pensiero gli attraversa la testa: quei bastardi lo stupreranno! Sono un branco di finocchi, hanno stuprato diversi uomini nel dintorni, prima di ammazzarli. Merda! Mike si chiede se non cercare di saltare dal cavallo, ma non riuscirebbe certo a scappare e Ken lo riprenderebbe subito. Merda! Avrebbe dovuto reagire al bordello e farsi ammazzare là. Merda!

Cavalcano tutta la notte. Quando il cielo incomincia a schiarirsi raggiungono il passo del Condor.

Lì si fermano e attendono, fino a che Silas sbuca dal bosco e fa un cenno di saluto. Senza parlare si avvicina a Mike e lo guarda. Ghigna.

Poi si rivolge a Ken e dice:

- Avete fatto bene a portarcelo vivo, che ci divertiamo un po’. Seguitemi.

Ken e Hugh seguono, senza dire nulla, cercando di imprimersi bene nella memoria la strada da seguire: quando se ne andranno dopo aver ucciso Malone, non avranno una guida. Imboccano una valle laterale che non sembra portare da nessuna parte. A un certo punto arrivano davanti a una parete. Silas scende da cavallo e Ken e Hugh lo imitano. Poi Ken fa scendere anche Mike. Silas guarda in faccia lo sceriffo e ride.

- Tu cammini dietro di me, stronzo. Voi conducete i cavalli.

Silas si infila tra la fitta vegetazione alla base della parete, seguito da Mike. Ken si accoda, alquanto perplesso. Deve scostare le fronde con le braccia e fare attenzione che i rami mossi dal passaggio di Mike davanti a lui non gli arrivino in faccia. Giunti davanti alla parete vede una spaccatura nella roccia, che la vegetazione nascondeva completamente. La fenditura non è molto larga, ma è sufficiente per il passaggio di un cavallo.

Ken si dice che l’ingresso è davvero introvabile: ecco perché nessuno è mai riuscito a scovare questi bastardi.

La spaccatura diventa una galleria, che da un lato sembra scavata dall’uomo: qualcuno ha allargato un passaggio naturale. Il tratto non è lungo e presto escono allo scoperto, in una valletta tra pareti scoscese. Qui si trovano alcune baracche: il rifugio dei Dodici Apostoli.

L’arrivo del prigioniero suscita un grande entusiasmo: tutti sono ben felici di avere in mano lo sceriffo che voleva catturarli e di potersi vendicare di lui.

Will, un bell’uomo biondo, sui trentacinque-quaranta, che sembra essere il capo, dice:

- Prima di impiccarlo, lo fottiamo, fino a togliergli la voglia.

Mike rabbrividisce. Temeva che sarebbe successo e ora non ha modo di sottrarsi.

Tutti esprimono la loro approvazione con grida di giubilo e una serie di battute rivolte allo sceriffo.

Ken non si stupisce: ha sentito dire più volte che gli Apostoli fottono spesso gli uomini che intendono uccidere. Non gli spiace vedere questi bastardi metterlo in culo allo sceriffo. Tutt’altro: l’idea lo stuzzica, non poco, e conta di partecipare. Fottere uno sceriffo è sempre una bella soddisfazione.

Trascinano Mike in una baracca che è una specie di magazzino. Non hanno neanche bisogno di togliergli gli abiti, perché è già nudo. Lo forzano ad appoggiarsi su alcuni sacchi, poi gli uomini si spogliano in fretta. Ken osserva questa dozzina di bei maschi in calore che si preparano a svuotare i coglioni in culo allo sceriffo.

Mike sa che non ha modo di evitare di essere inculato, può solo maledire i suoi assassini:

- Schifosi bastardi. Finirete tutti impiccati! Figli di puttana!

Un calcio in faccia gli spacca due denti e un labbro, da cui cola sangue. Mike non dice più nulla.

Il primo a infilzarlo è Will, che gli ficca il cazzo in culo con un unico colpo deciso. Mike sussulta: non è mai stato inculato e il dolore è violentissimo.

Un altro, Steve, si mette davanti e avvicina il cazzo alla bocca di Mike, che però la tiene chiusa. Un pugno deciso di Steve non convince Mike ad aprire la bocca e allora Steve gli stringe il naso con forza e un altro degli Apostoli gli mette una mano intorno al collo e preme. Per respirare Mike è costretto a spalancare la bocca e si ritrova un signor cazzo spinto ben dentro.

Will sembra accarezzare i coglioni di Mike, ma Ken si rende conto che glieli sta stringendo. Deve fargli un male bestiale, perché Mike emette un suono inarticolato, che il cazzo di Steve in parte soffoca.

Dopo Will è il turno di Leroy, un nero che ha un cazzo gigantesco. Anche lui infilza Mike come un pollo allo spiedo e Mike sgrana gli occhi. Leroy fotte Mike a lungo e quando infine si ritira, sulla cappella ha un po’ di sborro e di sangue.

Intanto Steve ha finito. Mike è costretto a inghiottire il suo sborro e ad accogliere altri cazzi.

Ken sceglie di incominciare dal culo e, quando Bart ha finito, infilza Mike. Dal buco del culo dello sceriffo lo sborro cola in abbondanza. Nonostante Mike sia stato già fottuto da diversi maschi, l’ingresso del cazzo di Ken gli strappa un gemito: nessuno è dotato come lo Sciacallo.

Ken fotte con grande gusto. Tutti questi bei maschi intorno accendono il suo desiderio. Quando Ken ha finito, è il turno di Hugh. Mentre fotte lo sceriffo, sente due mani che si posano sul suo culo e poi un dito che gli accarezza il solco. Lascia fare, mentre con una rapida occhiata in giro, si rende conto che sono in parecchi a stringersi a vicenda, mentre Mike viene stuprato. Quando viene dentro Mike, Hugh sente una cappella che gli preme contro il buco del culo. Annuisce e lascia che questo maschio, che non sa nemmeno chi sia, lo prenda, mentre il suo cazzo è ancora dentro lo sceriffo.

Ken guarda, senza dire niente. Hugh è la solita troia e gli altri lo hanno capito subito. Quello che adesso lo fotte dev’essere Malone, perché gli altri lo chiamano Ernest. Non sa che presto sarà il suo turno di essere fottuto. È alto quasi come Ken, forte, spalle larghe e una peluria densa sul torace e sul ventre.

Gli Apostoli sono giovani e forti: ognuno di loro prende Mike almeno due volte, spesso tre, in bocca e in culo. Mike è esausto, non oppone più nessuna resistenza. Quando gli uomini hanno finito, lo lasciano sui sacchi, sporco di sangue e sborro. In volto ha i segni delle botte e i coglioni sono gonfi.

Tutti si danno una lavata e poi si preparano a mangiare.

 

Nel pomeriggio alcuni fottono ancora lo sceriffo. A cena discutono su come ammazzarlo. L’orientamento prevalente è quello di impiccarlo nudo, come hanno fatto di recente con un cacciatore di taglie.

- È uno spettacolo, Ken. Vedere un figlio di puttana nudo con il cappio al collo, che danza, mentre il cazzo gli si tende, fino a che sborra…

- Non se lo merita di sborrare, quel bastardo.

- In ogni caso io gli sparo alle palle, come ho fatto con Big Joe.

Un coro di risate accompagna la frase di Ernest. Ken sorride: l’idea gli sembra molto divertente.

Il mattino dopo fanno colazione, poi si preparano per l’impiccagione. Tutti indossano solo il cinturone. Ken si guarda intorno e vede che più d’uno ha il cazzo mezzo duro.

Quando lo costringono ad alzarsi per essere impiccato, Mike fa fatica a mettersi in piedi. Con le mani legate dietro la schiena, lo forzano a camminare fino a un albero.

Ogni passo rinnova il dolore al culo, ma Mike cerca di controllarsi. Guarda la corda già passata su un grosso ramo, con il cappio a un’estremità: sa che è destinata a lui, che gli stringerà il collo fino a bloccargli il respiro, dandogli la morte. Ma ormai Mike non vuole più vivere. Desidera solo finire.

Abraham gli mette il cappio al collo. Lo hanno già stretto piuttosto, passa appena intorno alla testa. Mike può sentire la corda sul viso, mentre viene tirata in basso, fin sotto il mento. Quando è in posizione, Abraham lo stringe ancora un po'. Poi Abraham solleva Mike e lo mette su uno sgabello. Gli uomini fissano la corda al tronco dell'albero. Abraham ghigna e con un movimento brusco dà un calcio allo sgabello.

La caduta è cortissima, non più di un palmo. Il cappio si stringe per il peso del corpo di Mike, che cerca di respirare. Probabilmente riesce a immettere ancora un po’ d’aria: per un momento il torace si dilata. Poi il fiato incomincia a mancare e Mike agita le gambe, dando inizio a una danza frenetica.

Gli uomini ridono. Gli Apostoli sono eccitati e qualcuno si accarezza il cazzo con gusto.

Mike continua a scalciare nel vuoto. Chiude le mani a pugno e le apre spasmodicamente, mentre dalla bocca comincia a colare un po’ di saliva.

Lo sceriffo scalcia a lungo, mentre la corda gli si stringe intorno al collo, bloccandogli completamente il respiro. Il cazzo gli diventa duro in fretta ed è davvero uno spettacolo vedere quest’uomo vigoroso che balla appeso per il collo, il grosso cazzo duro e i coglioni da toro bene in vista. Ken si dice che hanno avuto una buona idea a impiccarlo nudo.

A un certo punto il movimento delle gambe rallenta, poi una scossa violenta percorre tutto il corpo e il cazzo si tende ancora di più, quasi fosse sul punto di spaccarsi. Un getto di sborro schizza in aria, ricadendo a terra. Gli uomini lanciano un urrà fragoroso.

- La tua ultima volta, sceriffo dei miei coglioni.

Mike ha la lingua che sporge dalla bocca insanguinata, dal naso cola un po’ di muco e dal culo sborro, sangue e merda. Lo stronzo si è cagato addosso. Sta morendo. Dal cazzo ora esce il piscio, che cola a terra in un’ampia pozza.

Il movimento rallenta. Lo sceriffo ha il viso paonazzo, la saliva che gli cola sul mento, il muco che scende dal naso. Gli occhi paiono voler uscire dalle orbite. Cazzo! Che spettacolo. Quel coglione voleva fotterli e invece lo hanno fottuto loro.

La danza dello sceriffo si ferma. Ernest imbraccia il fucile, appoggia le due canne ai coglioni dello sceriffo, i cui movimenti ormai sono impercettibili. Ken si chiede se è ancora cosciente: quasi sicuramente no. Buon per lui. Ernest invece spera che lo veda ancora, che sappia che cosa sta per succedere.

Ernest ghigna e preme il grilletto. I coglioni dello sceriffo esplodono. Il corpo ha un guizzo, poi il movimento rallenta fino a cessare. Ma le dita ancora si contraggono.

- Togliti, Ernest, che facciamo un po’ di tiro al bersaglio.

Ernest annuisce e si tira indietro. Gli uomini hanno tutti estratto la pistola. Incominciano a sparare al corpo esanime: al torace, al ventre, al cazzo teso. Il corpo sussulta a ogni proiettile, ma quando infine gli uomini smettono di sparare, rimane del tutto immobile. Ha una settantina di fori.

Gli Apostoli lanciano grida di gioia, qualcuno si rivolge beffardo al cadavere.

- Volevi impiccarci, stronzo, ma abbiamo impiccato noi te!

- Sei crepato con il cazzo duro, ma prima di cazzi ne hai gustati tanti.

- Hai fatto la fine che meritavi, pezzo di merda!

Un gruppetto entra in una capanna per una scopata. Sono tutti contenti.

Qualche ora dopo Abraham taglia la corda e il cadavere di Mike cade a terra. Abraham lo trascina per la corda fino a una fossa che qualcuno ha scavato. Durante la giornata la fossa viene usata come latrina. A Ken l’idea piace e dà il suo contributo. Solo il mattino dopo, quando il cadavere è ormai ricoperto di merda e piscio, colmano la fossa.

Hugh ride guardando la terra che scende sul cadavere. Si rivolge a Ken:

- Abbiamo fatto un buon lavoro.

Ken annuisce. Devono ancora completare il loro lavoro, ma c’è tempo. Nel rifugio sono al sicuro.

 

Nei giorni seguenti Ken e Hugh imparano a conoscere gli altri componenti della banda. Hugh si fa fottere da diversi di loro, soprattutto da Ernest, che ha un signor cazzo e molta energia. Ken fotte Silas. I Dodici Apostoli non si tirano mai indietro quando c’è da scopare, ma alcuni, come Ernest e Zeke non accettano di farsi inculare. Altri invece sono sempre disponibili.

Ken cerca di fare amicizia con Ernest Malone: vuole conquistare la sua fiducia per poterlo fottere.

Per una settimana i banditi rimangono nel rifugio e solo uno di loro va periodicamente a controllare la situazione: gli aiutanti dello sceriffo percorrono i Monti dell’Aquila alla ricerca di Mike O’Neill, perché sono sicuri che i responsabili della sparizione siano i Dodici Apostoli. Madame Rose ha detto che lo sceriffo ha lasciato il bordello a notte fonda. Lei e Belle sono le uniche a sapere la verità, ma si guarderanno bene dal raccontarla in giro.

Quando la situazione sembra essersi calmata, gli Apostoli tengono una riunione.

- Bisogna che alcuni di noi vadano in perlustrazione, spingendosi fino ai margini del massiccio, per capire se c’è ancora qualcuno di quei bastardi in giro.

Ken si è seduto di fianco a Ernest. Gli sorride e dice:

- Andiamo noi?

- Perché no?

Ken si propone:

- Andiamo Ernest, Hugh e io.

Ken è soddisfatto: quando saranno lontano dal rifugio, ucciderà Ernest e lui e Hugh lasceranno il Colorado per ritornare in Messico.

 

Prendono i cavalli, si infilano nel passaggio segreto e sbucano fuori. Ernest Malone è un uomo morto, anche se non lo sa ancora. Ken non intende ucciderlo subito: prima vuole allontanarsi dal rifugio della banda, perché nessuno possa sentire gli spari. E dev’essere sicuro che non ci sia nessuno intorno.

Perlustrano l’area circostante, senza incontrare gli aiutanti dello sceriffo o altri uomini. Ormai devono aver rinunciato alle ricerche, sapendo bene che al massimo potrebbero trovare un cadavere.

Hanno fatto un lungo giro e ora sono lontano dal rifugio. Ken potrebbe tirar fuori la pistola e ammazzare Ernest, ma preferisce aspettare: da quel che ha sentito dire dagli altri, Ernest è molto rapido ed è meglio non correre rischi.

È Ernest stesso a lanciare una proposta che sembra fare il gioco di Ken.

- Che ne diresti di bagnarci? C’è una pozza non lontano, con una cascatella.

- Mi sembra un’ottima idea.

Si bagneranno e quando Ernest Malone sarà senz’armi, Ken lo ucciderà.

Ernest li guida fino alla pozza, incassata al fondo di una gola, tra pareti di roccia rossa. Lasciano i cavalli pascolare nelle vicinanze.

Ken mette a pisciare contro un masso, mentre Ernest e Hugh si spogliano. Quando anche lui incomincia a spogliarsi, tre uomini compaiono all’improvviso. Tengono le pistole puntate su di loro. Uno dice:

- Abbiamo fatto bene ad appostarci qui. Abraham, ammazza quello lì, che è lo Sciacallo, gli altri due li portiamo con noi in città. Ci racconteranno quello che ci serve.

Ken si dice che è finita: Hugh ed Ernest sono nudi e lui ha i pantaloni calati. Nessuno di loro può prendere un’arma.

Abraham ghigna mentre tende il braccio con la pistola verso Ken. In quel momento si sente uno sparo e sulla camicia di Abraham appare un foro. Ancora due spari e anche gli altri due uomini cadono. Uno fa in tempo a sparare un colpo, che passa sopra la testa di Ernest.

È stato lui a sparare: si è buttato a terra, ha preso la pistola e ha fatto fuoco. Ken è rapidissimo nell’estrarre la pistola e non sbaglia mai un colpo, ma la velocità e la precisione con cui Ernest ha agito lo lasciano stupefatto.

- Come cazzo hai fatto?

- Togliendomi il cinturone ho tirato fuori una pistola. Sempre meglio essere pronti.

Ken sorride.

- Cazzo! Ti dobbiamo la pelle.

Controllano che non arrivi nessuno, poi si bagnano tutti e tre.

Quando escono dall’acqua Hugh sorride ad Ernest.

- Ci divertiamo un po’?

- Mi sembra una bella idea.

Hugh si mette a quattro zampe. Ernest lo infilza, poi incomincia a fotterlo con grande energia. È davvero un bravo stallone. Ken sorride guardando l’ultima scopata di Ernest Malone. Che se la goda, se l’è meritata.

Quando ha finito, Ernest si alza. Si accorge che Ken gli sta puntando la pistola addosso.

- Che cazzo fai, Ken?

Ken sorride, mentre il cazzo gli si tende.

- Siamo venuti qui per te, Ernest. Il Diablo Loco ci darà duemila dollari per la tua testa.

Al sentire nominare il Diablo Loco Ernest impallidisce.

- Merda! Io ti ho salvato la pelle.

- Sai com’è, Ernest, gli affari sono affari.

- Sei un figlio di puttana.

Ken ghigna.

- Sì, è vero. E tu sei un uomo morto.

Ken spara. Un unico colpo, al cuore: Ernest gli ha davvero salvato la pelle, perciò Ken è generoso con lui.

Hugh commenta:

- Peccato, era bravo a fottere.

Ken ghigna e risponde:

- Sei la solita troia.

Ken si china e con il coltello incomincia a recidere la testa di Ernest. Non è un lavoro facile, anche se la lama è lunga e affilata.

- Perché cazzo lo decapiti?

- Devo dimostrare al Diablo che l’abbiamo ucciso. Altrimenti non ci paga.

- Non penserai di portare la testa fino in Messico?

- No, di certo. La consegniamo agli informatori del Diablo qui in Colorado, quelli che ci hanno detto che stava con i Dodici Apostoli. Ci penseranno loro a dirgli che abbiamo fatto quanto dovevamo.

Hugh annuisce. Quando ha concluso, Ken avvolge la testa nella camicia di Ernest e la infila nella bisaccia. Poi ritorna in acqua e si lava.

Quando esce, si riveste e dice:

- Adesso consegniamo la testa, poi possiamo tornare in Messico.

- Sperando di non incontrare altri sceriffi.

- Preferirei di no.

- Ne hai fatti fuori cinque.

- L’ultimo non l’ho mica fatto fuori io.

- No, però l’hai catturato tu.

- Anche tu.

- Io sono rimasto fuori ad assicurarmi che non arrivasse nessuno.

- Più che sufficiente per farti condannare da qualunque giuria.

Ridono, salgono a cavallo e si allontanano.

Il cadavere di Ernest Malone, nudo e senza testa, rimane vicino alla pozza, insieme a quelli dei tre uomini che ha ucciso. Quando Ken e Hugh si sono allontanati, i primi avvoltoi scendono a divorare i corpi.

 

 

 

 

 

 

 

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