Ken lo Sciacallo

XV – L’ultimo conto

 

 

Louis si volta a guardare il fiume che hanno appena guadato. Attraversandolo hanno lasciato gli Stati Uniti e sono entrati in Messico. Ken ha intenzione di dirigersi a sud, per stabilirsi sugli altopiani centrali, dove nessuno lo conosce. Conta di acquistare un ranch e godersi i soldi della taglia dei Dodici Apostoli.

Louis ha seguito Ken, ma la sua scelta non lo convince, anche se capisce le motivazioni dell’amico: lo Sciacallo è ricercato in tutti gli Stati Uniti e solo oltre confine può vivere in pace, senza essere braccato da sceriffi e cacciatori di taglie. Louis però non ha taglie sulla sua testa e non è ricercato. Ha deciso di unirsi a Ken perché gli piaceva la vita avventurosa dello Sciacallo ed era stufo di sorvegliare le vacche. Adesso non ha voglia di ritornare a fare il mandriano e men che mai in Messico, dove non conosce neppure la lingua.

Ha riflettuto a lungo nelle settimane che hanno impiegato a raggiungere il confine e ha preso una decisione. Non sa come la prenderà Ken e si sente a disagio, ma è ora che gli parli chiaramente. Lo farà questa sera.

Si accampano in un vallone, ben nascosti tra le rocce: nell’area di confine ci sono molti banditi ed è meglio essere prudenti.

Mangiano un boccone, mentre cala la sera. Quando hanno finito, Louis affronta l’argomento:

- Senti, Ken, ho pensato un po’ alla faccenda del ranch.

- E allora?

- Non ho voglia di stabilirmi in Messico. Non conosco una parola di spagnolo, a parte gringo e hijo de puta. E se devo fare il proprietario di terre, preferisco farlo negli Stati Uniti.

Ken non sembra irritato e nemmeno stupito. Annuisce.

- Capisco. Pensi di tornare indietro, allora?

- Sì, mi sembra la soluzione più sensata. Dividiamo la taglia e tu ti dirigi a sud, io a nord. Mi spiace, sono stato bene con te in quest’anno, ma davvero… un ranch in Messico… no, non fa per me.

- Va bene, Louis. Naturalmente sei libero di fare quello che vuoi.

Louis è contento che l’amico l’abbia presa bene. Si sente sollevato.

C’è un momento di silenzio, poi Ken dice:

- Che ne diresti di un’ultima scopata questa sera, prima di separarci domani mattina?

- Certo, Ken! Non chiedo di meglio.

Louis si spoglia, poi si mette a quattro zampe sulla coperta. Volta la testa a guardare Ken, che si sta calando i pantaloni. Il grosso cazzo è già in tiro. Louis pensa che gli mancherà, molto: non è facile trovare uno che fotta come Ken. Ma non ha proprio voglia di vivere in Messico.

Ken sputa sull’apertura, sparge la saliva, poi si bagna la cappella e lentamente infila il cazzo in culo a Louis, spingendo fino a introdurlo tutto. Poi dà inizio alla cavalcata, ritraendosi e avanzando, senza dare tregua. Louis geme. Come sempre essere fottuto da Ken gli procura sensazioni fortissime, in cui il piacere, violento, si mescola al dolore. Lo Sciacallo è davvero un magnifico stallone, come hanno avuto modo di verificare anche diversi degli sceriffi che ha ucciso. Va avanti a lungo a fottere e Louis sente il piacere crescere.

Quando ormai è sul punto di venire, nel buio non ancora completo Louis intravede qualche cosa passargli davanti agli occhi. Solo quando sente la stretta al collo capisce che si tratta di una corda. Fa in tempo a dire:

- Che cazzo fai, Ken?

Non riesce ad aggiungere nulla, perché Ken stringe energicamente la corda mentre gli risponde:

- Mi sei stato molto utile, Louis. Adesso non mi servi più e non vedo perché dovrei dividere i dollari della taglia con te.

Louis ha portato le mani al collo, cercando disperatamente di allentare la stretta. Mancando il sostegno delle braccia, entrambi finiscono a terra. Ormai però è troppo tardi: il giovane non riesce più a respirare. Non è possibile, non è possibile, Ken non può ucciderlo così. Ma la corda gli blocca il respiro e il mondo sprofonda nel nulla.

Ken stringe ancora un buon momento, finché non è sicuro che Louis sia morto. Poi riprende a muovere il culo, spingendo il cazzo bene a fondo nel cadavere e ritraendolo, fino a che viene. Non è la prima volta che uccide un uomo mentre lo fotte. Gli piace iniziare a fottere un uomo vivo e poi venirgli in culo dopo averlo ammazzato.

Ken solleva il cadavere di Louis e lo carica sul cavallo. Poi conduce l’animale fino al fiume e getta il corpo in acqua. Nel buio non può vedere la corrente trascinarlo via, ma sorride. Il ragazzo era un coglione, ma gli è stato utile.

 

Il giorno dopo Ken si dirige verso San Paulo de la Frontera, una cittadina non lontana dal confine. Raggiungerla richiede una deviazione rispetto al percorso più breve, ma è l’unica via che Ken può percorrere: più a est ci sono ancora tribù indiane che non vedono di buon occhio gli intrusi; a ovest c’è l’area di Boca Caliente, dove parecchia gente pagherebbe per vedere lo Sciacallo appeso per il collo e Ken non vuole dargli questa soddisfazione.

San Paulo è un centro poco popoloso, dove sono numerosi i banditi in fuga dagli Stati Uniti. A differenza di Boca Caliente tutti mantengono un basso profilo, perché ci sono truppe messicane di stanza nel forte della cittadina e chi alza troppo la cresta finisce al muro senza perdere tanto tempo con giudici e processi: in questi territori di frontiera la giustizia è molto spiccia.

Ken non è ricercato dalle autorità messicane e non gli spiace poter girare nella cittadina senza rischiare di essere arrestato. Non intende fermarsi a lungo: viaggia con molto denaro e vuole metterlo al sicuro in banca, ma certo non a San Paulo. Prende una camera sopra una taverna e si fa un bel bagno, poi scende e beve un bicchiere di tequila, mentre raccoglie qualche informazione su come dirigersi verso sud senza correre troppi rischi. Poiché le strade non sono sicure, la soluzione migliore sembra essere quella di unirsi a un gruppo abbastanza numeroso. Ken spera che ce ne sia uno di partenza entro pochi giorni: per lui è meglio non rimanere a lungo a San Paulo, dove è facile che qualcuno lo riconosca.

Dopo un giro in città, Ken rientra e prende un altro bicchiere di tequila nella taverna. Lo beve e si avvia per salire in camera, ma sulle scale sente che la testa gli gira. Cerca di non cadere, ma non riesce a stare in piedi. Rotola per i gradini e si ferma al fondo della scala. Due uomini lo raccolgono e lo portano in camera.

 

Nella notte un carro parte da San Paulo de la Frontera in direzione di Boca Caliente. È carico di casse, su cui è stata gettata una coperta. Di solito nessuno si mette in viaggio su un carro nel cuore della notte, ma di certo chi vede il carro lasciare la città non si mette a fare domande: i curiosi non vivono a lungo in queste terre di confine.

 

Quando Ken si sveglia, gli ci vuole un buon momento per capire dove si trova. È disteso prono su una superficie dura, legno, certamente. Ha le mani e i piedi saldamente legati: la corda stringe i polsi, dietro la schiena e poi le caviglie, così che le gambe sono piegate all’indietro e non può distenderle. Merda! Può vedere poco, perché intorno a lui è piuttosto buio e può girare appena la testa o sollevarla un po’, ma gli sembra che ci siano delle casse.

Le scosse gli dicono che dev’essere su un carro, che sta procedendo lungo una pista.

Che cazzo è successo? Nella tequila c’era qualche cosa che lo ha addormentato. Qualcuno lo ha visto e ha deciso di catturarlo. Dove lo portano? Negli Stati Uniti, per intascare la taglia, o a Boca Caliente, dove sicuramente riceveranno una ricompensa dalla banda del Diablo Loco? In ogni caso la sua vita è arrivata alla fine. Merda! Merda! Questi bastardi che lo hanno legato devono essersi intascati i suoi dollari e ora, consegnandolo, ne avranno altri. Merda!

Ogni tanto sente qualcuno parlare. Il conducente del carro non dev’essere solo. È giorno, perché un po’ di luce filtra tra le casse.

Le ore passano. Il movimento del carro gli dà la nausea. A un certo punto Ken vomita e l’odore acre del vomito gli mozza il respiro, ma non può cambiare posizione. Il bisogno di pisciare diventa sempre più forte, finché Ken decide che tanto vale svuotare la vescica. Il sollievo che prova è più forte del fastidio dei pantaloni bagnati. L’odore non lo sente neppure: quello del vomito è molto più forte.

La sete lo tormenta: sono almeno ventiquattro ore che non beve e il caldo è intenso.

Infine il carro si ferma. Sono arrivati?

Qualcuno sposta le casse. Una voce chiede:

- È ancora vivo?

Un’altra voce, più vicina, risponde:

- Ci conto. Adesso controllo e te lo dico.

Un’altra cassa viene spostata e Ken può finalmente vedere la luce. È ormai sera: si devono essere fermati per la notte

- Ecco qua lo Sciacallo, nel suo vomito e dalla puzza direi anche nel suo piscio.

L’uomo ride. Ken gira un po’ la testa, ma non riesce a vederlo. La voce però gli è familiare. Sì, merda! È Pedro, uno degli uomini della banda del Diablo Loco. Evidentemente era a San Paulo de la Frontera, lo ha visto e ha organizzato tutto. Avrebbe preferito finire nelle mani di qualche sceriffo negli USA. Lo avrebbero menato di sicuro, ma almeno lo avrebbero impiccato e la sua fine sarebbe stata rapida.

Un altro uomo sale sul carro.

- Merda! Glielo farei pulire con la lingua, il suo vomito.

Ken non dice nulla. Che cosa potrebbe dire?

Pedro ride.

- Non te la prendere, Sancho. Avrai una ricompensa per il trasporto.

Poi si rivolge a Ken:

- Sono contento di vederti, amico. Molto contento. Tu forse non lo sei tanto. Ma faremo una grande festa in tuo onore. Puoi esserne sicuro. Hai venduto il Diablo, ma adesso tocca a te.

Ken potrebbe negare, dire che non ha tradito il Diablo, ma sa benissimo che non gli crederebbero. Sanno com’è andata, almeno a grandi linee lo sanno tutti: Douglas ha raccontato la verità allo sceriffo e la voce è circolata. Douglas l’ha fatto perché così gli uomini del Diablo avrebbero cercato di ammazzare Ken e lui avrebbe corso meno rischi. Non gli è servito a niente, se non a una vendetta tardiva, di cui non godrà.

Pedro lo solleva, prendendolo per i capelli e per il collo. Il dolore è violento.

Ken si ritrova in ginocchio, perché non può distendere le gambe.

Pedro prende la borraccia e gliela avvicina alle labbra: non vogliono che muoia, vogliono farlo arrivare vivo a destinazione. Ken sa che farebbe meglio a non bere e a lasciarsi davvero morire di sete, ma l’arsura in gola è troppo forte.

Con un calcio lo fanno cadere in avanti sul carro e lo lasciano lì, per tutta la notte.

La temperatura scende e Ken rabbrividisce, ma non è così freddo da rischiare l’assideramento.

Il giorno dopo gli danno da mangiare e da bere prima della partenza e poi quando si fermano per la sera, ma non lo slegano mai. Ken è costretto a pisciare di nuovo nei pantaloni. Il terzo giorno non si fermano quando scende l’oscurità: arrivano a Boca Caliente a notte fonda.

Pedro bussa alla porta dell’edificio dove dorme la banda, la vecchia caserma, inutilizzata da decenni. Ad aprire è Ignacio. È nudo, perché evidentemente dormiva, come tutti, ma prima di aprire si è messo il cinturone con le pistole.

- Pedro! Che cazzo rompi i coglioni, arrivando a quest’ora? Porcoddio! Non potevi aspettare domani mattina a entrare in città? Merda!

- Non ti lamentare, Ignacio, che ho portato un regalo che metterà tutti di buon umore?

- Di buon umore, dopo questa sveglia a quest’ora? Porcoddio! Mi pigli per il culo? Ti spacco la faccia, figlio di puttana.

Pedro ride.

- Togli la coperta sulle casse e avvicina la torcia. Poi dimmi se non è un bel regalo!

Pedro sale sul carro, tira la tovaglia e scopre il corpo di Ken.

- E chi è questo stronzo che puzza di vomito, piscio e merda?

- Guardalo in faccia!

Ignacio afferra la testa di Ken per i capelli e la gira.

- Cazzo di Dio! Lo Sciacallo. Vivo! Davvero un bel regalo, cazzo di Dio!

Pedro prende la pistola dal cinturone e spara tre colpi in aria. Gli altri si svegliano e accorrono. Sono tutti nudi, qualcuno con la pistola in mano.

- Che cazzo succede?

- È arrivato l’esercito?

- Cazzo di Dio, amici, venite a vedere che bel regalo ci ha portato Pedro.

Ignacio solleva Ken e lo mostra. Lo spettacolo è accolto dalla banda con un’esplosione di gioia.

- Daccelo qua, che ci divertiamo!

Ignacio spinge Ken giù dal carro. Lo Sciacallo rischierebbe di rompersi le gambe, che non può muovere, ma la sua caduta è frenata da Maldito, che gli molla due pugni nello stomaco e quando è a terra gli molla un calcio ai coglioni, che strappa un urlo a Ken.

Gli uomini della banda lo circondano e Ken è sicuro che lo ammazzeranno a calci e pugni, ma interviene José, detto Cuchillo: è uno dei bastardi del Diablo, come Maldito, Ignacio e Ken stesso, e ha preso il comando della banda. Lo affianca di solito Maldito.

- Ragazzi, fermi. Non lo ammazziamo subito. Lo facciamo con calma domani. Non si merita di morire in fretta. Lo sistemiamo per le feste in mattinata. José, Ignacio, prendetelo e portatelo in una cella.

I due uomini si avvicinano a Ken. Non sanno bene come prenderlo, perché le corde lo tengono in una posizione che rende scomodo il trasporto. Decidono infine di afferrarlo per le ascelle e lo trascinano fino a una delle celle della vecchia caserma. Controllano che le corde siano ben strette e poi lo mollano. Chiudono la porta. Gli uomini scambiano ancora alcune parole, poi tornano a dormire.

Nella cella Ken rimane a lungo sveglio. Il dolore al ventre si attenua, ma quello ai coglioni è violento e per diverse ore gli impedisce di prendere sonno.

 

Si sveglia in mattinata. Tutto tace, ma a un certo punto sente dei rumori nel corridoio, stanno arrivando: è giunto il momento. La porta si apre. Entrano due uomini massicci, a torso nudo. Uno dei due si chiama José, lo ha sentito mentre lo portavano in cella ieri sera. L’altro non lo conosce.

I due gli tagliano i legacci che gli stringono i polsi e le caviglie, poi lo spogliano completamente.

- Merda! Questo stronzo si è pisciato e cagato addosso.

- Puliamogli il culo.

José prende la camicia di Ken e gliela passa due volte tra le natiche. Ken si chiede perché lo puliscono. Intuisce la risposta, ma la sua mente si rifiuta di accettarla.

Cercano di farlo camminare, ma Ken non riesce a muoversi: le gambe, rimaste per tre giorni piegate, non lo reggono. Allora lo afferrano per le braccia e lo trascinano fino alla grande cucina,

Lo stanza è illuminato dal fuoco che arde nel camino e proietta grandi ombre alle pareti.

Appena entra, Ken sente il calore delle fiamme e l'odore dei corpi sudati: la cucina è piena di uomini che ridono e parlano a voce alta. In un angolo, vicino al fuoco, i due colossi della banda, Maldito e Ignacio, figli bastardi del Diablo Loco, si fronteggiano nudi, attorniati da un gruppetto che li incoraggia: Maldito sta premendo con le mani sulle spalle di Ignacio, che comincia a cedere. Tutti assistono alla lotta tra i due uomini, entrambi molto più alti della media, muscolosi, con braccia possenti: non sembrano certo messicani, ma il Diablo Loco era altissimo. Sudano abbondantemente per lo sforzo e le gocce scintillano tra la peluria, molto fitta sul corpo di Ignacio, meno su quello di Maldito. Ken guarda Ignacio che, non riuscendo a resistere alla pressione di Maldito, viene forzato a poggiare il ginocchio a terra: ha perso. Maldito alza le braccia, in segno di vittoria. Ken ne osserva il fisico possente. Quell’uomo è un vero Ercole. Ha un grosso cazzo, a cui il sangue è affluito per la tensione della lotta: non è duro, ma un po’ gonfio, minaccioso. 

Adesso che la lotta è finita, gli uomini si voltano verso Ken e scoppiano in nuove risate.

La voce di Cuchillo sovrasta le altre:

- Avanti, legatelo al tavolo.

Lo prendono e lo spingono fino ad uno stretto tavolo, lo distendono prono e gli legano braccia e gambe alle quattro gambe, con corde che stringono polsi e caviglie.  Che cazzo intendono fare? Frustarlo? O…         

La voce di Cuchillo risuona di nuovo forte:

- Avanti, Maldito, visto che hai vinto, comincia tu, che prepari bene la strada.

A queste parole c’è un boato di risa. Per un momento non suc­cede nulla, poi Ken sente il corpo di Maldito sopra il suo e contro il suo buco del culo la pressione crescente di una massa calda e dura.

Ken capisce e tutto il suo corpo si ribella: due volte è stato violato, da quel bastardo del Diablo e da uno degli sceriffi che ha ucciso. Lui è un maschio, non un finocchio. Non possono violentarlo, non lo vuole, anche se in fondo sapeva che sarebbe successo.

Cerca di opporre resistenza, di chiudersi, ma il cazzo taurino di Maldito forza l’ingresso, strappandogli un urlo strozzato, poi la formidabile arma continua la sua strada. Ken ha l’impressione che uno spiedo gli scavi le viscere, mentre la pressione che schiaccia contro il legno i coglioni indolenziti aggiunge altra sofferenza. 

Man mano che Maldito lo penetra, il dolore cresce, lancinante, intollerabile. Una sofferenza cieca, che gli mozza il fiato, come se un palo lo dilaniasse. I movimenti di Maldito diventano più violenti, in una successione di spinte incal­zanti che lacerano la carne di Ken, mentre un getto caldo gli riempie le viscere.

Con un movimento brusco, Maldito ritrae il suo grande cazzo, poi si alza e la sua voce tranquilla annuncia, beffarda:

- Niente male, il culo era bello sodo. Adesso deve esserlo un po' di meno!

Ridono tutti. Maldito gli dice:

- Grazie, Sciacallo! Hai fatto bene a conservarti vergine per un vero maschio.

Di nuovo le risate, gli uomini ridono e fanno battute:

- Scopa bene Maldito? Ti è piaciuto? Vuoi riprovare?

- Come stai, Sciacallo?

- Cazzo di Dio, hai goduto anche tu, Sciacallo?

- Il cazzo ti è venuto duro?

Ken non dice nulla. Non c’è nulla da dire. Spera solo che adesso che lo hanno umilia­to, la facciano finita. Ma Cuchillo fa un gesto a qualcuno dietro di lui e Ken capisce che lo spettacolo non è ancora concluso. Sente un’ondata di terrore stringergli le viscere. Il dolore al culo è atroce, non è in grado di tollerare un’altra violenza. Ma non può fare nulla per impedirlo.

Gli uomini incitano Ignacio, che gli posa le mani sui fianchi per aprir­glieli meglio, senza appoggiare il suo corpo su quello di Ken. Poi lo penetra con un colpo secco che per un attimo gli annichilisce la coscienza in uno spasimo di dolore. La sua mente fluttua, sprofonda nel vuoto, per poi riemergere, piena soltanto del dolore selvaggio che dal culo e dai coglioni pulsa in tutto il suo corpo.

Ignacio incomincia a muoversi avanti e indietro con una serie di spinte che lo squassano. Gli pare che Ignacio lo trapassi completamente, che il grande cazzo dell’uomo sia un coltello che affonda tagliando. Ken apre la bocca per urlare ed allora Cuchillo lo afferra per i capelli e gli solleva la testa:

- Godi, eh, Sciacallo?

Gli sputa in faccia e gli lascia andare la testa.

Le spinte continuano ed il dolore è intollerabile, ma le corde impediscono ogni movimento. A stento trattiene il grido che gli sale dal ventre alla bocca. Tra i loro corpi non c'è altro contatto che quello del cazzo che va avanti e indietro vigorosamente, fino a che, con due colpi ben assestati, Ignacio non lo penetra del tutto, facendogli aderire il ventre ai fianchi. Ken sente il lacerarsi dell'intestino e nuovamente gli si annebbia la vista.

Ignacio riprende a spingere, straziando il corpo di Ken. Prosegue a lungo, ben più a lungo di Maldito, mentre lo Sciacallo sprofonda in vortici di dolore puro, riemergendo a tratti per poi nuovamente inabissarsi.

Ad un certo punto le spinte diventano ancora più violente e nuovamente le viscere di Ken si riempiono di sborro, mentre ad ogni movimento Ken urla un dolore incontenibile.  

Ignacio conclude l'opera con un urlo di soddisfazione e si ritira, mostrando a tutti il cazzo insanguinato, in un coro di risate ed apprezzamenti:

- Era ancora vergine! Ma che, Maldito, sei impotente?

- Viva Ignacio cazzodifuoco!

- Maldito, sei un cazzomoscio!

- Viva Ignacio, l'uccello più duro del Messico!

- Ed il nostro Sciacallo, allora? Il culo più rotto di tutto il Messico!

Ridono e urlano per farsi sentire nel rumore generale.

Ken non riesce a frenare le lacrime più di quanto non riesca a fermare il sangue che gli cola dal culo. Annichilito, aspetta solo di essere slegato, ora che l'esibizione è conclusa. Non gli sembra possibile che ci sia ancora altro ad attenderlo, se non la morte. Non è più in grado di reggere altro.

Le parole di Cuchillo lo schiacciano come un macigno:

- Sotto al prossimo. A te, Antonio. Ce n'è per tutti, lo Sciacallo vuole farsi fottere da veri maschi. Adesso che ne ha provati due, ne vuole altri

Antonio gli è subito sopra e, mentre la tortura si ripete, Cuchillo gli si avvicina, si sbottona i pantaloni, ne estrae il grosso cazzo ed i coglioni ricoperti da una peluria scura e fa ancora un passo in avanti, fino a che il suo cazzo non sfiora la faccia di Ken. Lo Sciacallo può sentire il forte odore di piscio e sudore. Cuchillo parla:

- E ora succhiami il cazzo o ti faccio spaccare i coglioni.

Appena Cuchillo ha finito la frase, Antonio gli afferra con la destra i coglioni. Il solo contatto è intollerabile e la stretta si trasforma subito in una morsa: Antonio incomincia a stritolargli le palle prima ancora che Ken abbia tempo di comprendere. Apre la bocca per urlare, preda di un dolore atroce, tanto violento da impedirgli di capire.

- Avanti, comincia a succhiare.

La stretta ai coglioni pare allentarsi per un attimo, poi riprende ad un cenno di Cuchillo. Allora Ken prende in bocca il cazzo di Cuchillo e comincia a succhiarlo affannosamente.

- Ehi, piano, me lo consumi!

Le risate esplodono fragorose. Ken si interrompe un attimo, poi riprende a succhiare più lentamente, senza smettere, mentre il cazzo si irrigidisce nella sua bocca.

- Bravo, vedo che ci sai fare a succhiare cazzi. Dovevi fare questo, non il bandito.

Ken si arresta un attimo, ma sente la mano di Antonio nuovamente tra le cosce e in preda ad un terrore cieco riprende la sua opera. Cuchillo osserva soddisfatto. La sua voce leggermente tesa tradisce appena l'orgasmo vicino:

- Bravo, succhiacazzi, ora bevimi lo sborro.

Ken sente che la bocca gli si riempie di sborro. Cerca di bere. È preso da un attacco di tosse, tanto violento che il viso gli si arrossa.

- Puliscimi bene.

Ken esegue, leccando con cura il cazzo del brigante. Cuchillo indietreggia, ma invece di richiudere i pantaloni se li toglie; beve un boccale di vino e rimane a guardare mentre altri uomini prendono il posto di Antonio su Ken. Ogni nuovo corpo allarga le ferite e moltiplica il dolore al culo, gli schiaccia sul tavolo i coglioni gonfi e gli urli che gli premono in bocca a tratti escono, brevi e strozzati, simili a rantoli, tra le risate di tutti.

Poi Cuchillo gli si avvicina di nuovo.

- Ed ora bevimi il piscio.

Ken apre la bocca, ormai privo di ogni volontà di resistere.

- Di più, apri di più.

Ken solleva la testa, per riuscire a spalancare completamente la bocca.

- Bravo, così va bene.

Cuchillo piscia. Ken beve. Poi comincia a tossire. Il piscio gli cola dalla bocca sul mento e poi per terra. Cuchillo arresta il getto. Ken tossisce ancora, poi lo guarda. Cuchillo riprende a pisciare. Ken beve tutto.

Lo prendono tutti, nessuno escluso. Estraggono il cazzo sporco di sangue ed allora passano davanti e se lo fanno pulire da Ken. Diego si fa anche succhiare il cazzo, come Cuchillo, e viene nella bocca di Ken.

Hanno finito ora. È rimasto solo Francisco, lo scemo, a cui la natura ha dato un cazzo voluminoso, ma troncato a metà, incapace di un'erezione. Anch'egli si avvicina a Ken e tutti si mettono a ridere.

- Dai, Sciacallo, tu che sei tanto bravo, insegna a fottere a Francisco.

- Dai, che cosa ti costa, Sciacallo? Tanto, un cazzo in più in culo...

Francisco si guarda intorno con un'aria astuta, poi alza il braccio con la mano distesa, stringe le dita e la abbassa, cominciando ad infilarla in culo ad Ken. Ken sente il nuovo, più violento, squarcio e si contorce gemendo. Nuove risate e lazzi si incrociano nell'aria, greve di odori:

- Ah, l'unico che ti fa godere è l'impotente?

- Scopa bene, Francisco, vero?

Quando ha introdotto la mano fino al polso, Francisco la chiude a pugno, si guarda nuovamente intorno sogghignando e con un colpo secco l'estrae. Ken sente le viscere esplodere, solleva la testa lanciando un urlo strozzato e si affloscia privo di sensi. Francisco alza il braccio insanguinato, mentre altro sangue scorre dai fianchi di Ken fino a terra. Devono gettargli un secchio d'acqua in faccia per farlo rinvenire.

Il dolore al culo è tanto violento da coprire ogni altra sensazione.

Lo slegano e lo tirano su, mettendolo in piedi, sostenendolo. Ken tiene la testa bassa, lo sguardo annebbiato gli scende sui coglioni, ormai bluastri e tanto gonfi che gli sollevano il cazzo.

Lo prendono per le braccia e lo sostengono mentre lo spingono nel corridoio, perché è incapace di muoversi: ogni passo è un nuovo colpo nella carne. Devono trascinarlo, sollevandolo perché rimanga in piedi. Al fondo del corridoio la porta è aperta e nel chiarore del giorno si vede un angolo del cortile. Lo spingono fino alla soglia. L'aria lo scuote dal suo torpore. Ad un ramo del vecchio faggio pende un cappio. Sanno che lui ha impiccato il Diablo Loco e vogliono ripagarlo con la stessa moneta.         

Cerca di resistere, di liberarsi delle mani che lo afferrano e lo trascinano verso la corda.

Maldito, alla sua destra, scoppia a ridere. Una risata fragorosa.

- Dai, tra poco ti diventa duro. Non sei contento? Anche tu col cazzo duro. Vieni anche tu.

I suoi tentativi di liberarsi sono inutili, le mani che lo stringono sono di ferro e Ken non ha più forze. Si dice che è meglio così: dopo quello che gli hanno fatto, è meglio così. Non è più un uomo.

 

Lo spingono sotto il ramo. Gli uomini si dispongono in cerchio davanti a lui, le braccia sulle spalle gli uni degli altri, come per una danza, mentre lo fissano nudi e beffardi. Diversi hanno ancora il cazzo turgido.

Maldito gli fa passare il cappio intorno alla testa, facendolo scendere fino al collo. Al contatto con la corda Ken sente una stretta al ventre, ma cerca di dominarsi. Non è più un uomo, ma vuole crepare da uomo.

Maldito stringe il cappio intorno al collo, fino a raggiungere la misura giusta, poi ghigna.

- Pronto, Sciacallo? Una bella danza per noi.

Ken lo guarda senza replicare. Maldito gli sputa in faccia. Lo sputo cola dalla guancia fino alla barba. Maldito gli benda gli occhi con una striscia di tessuto nero, poi lo solleva, passandogli le braccia sotto i fianchi, mentre Ignacio fissa la corda al tronco. Ken sente una fitta ai coglioni, premuti contro il corpo di Maldito. Eppure quel corpo che lo stringe è l’ultimo filo che ancora lo tiene in vita. Maldito sposta la mano destra e con un movimento brusco gli infila due dita nel buco del culo. Ken sussulta, mentre il suo dolore si rinnova. Maldito ride, ma non toglie la mano.

Improvvisamente Maldito lo lascia, senza però togliergli le dita dal culo. Ken non cade nel vuoto. Qualcuno ha messo un ceppo sotto i suoi piedi. Gli uomini sono intorno a lui e lo guardano, beffardi. Cuchillo chiede:

- Pronti?

Poi solleva la gamba, lanciando un peto sonoro, a cui rispondono altri peti, e con un calcio fa rotolare lontano il ceppo su cui poggia Ken, mentre Maldito si sposta e toglie le dita.

Il salto è brevissimo e la sensazione di soffocamento non è immediata. Ken rimane per un momento sospeso, immobile a poche dita dal suolo. Poi sente che qualcosa gli blocca il respiro e che il collo è chiuso in una morsa sempre più forte.

Gli uomini intorno a lui hanno cominciato a pisciare e nel mezzo del cerchio si forma una pozza giallastra.

Con un movimento convulso, Ken si porta le braccia al collo, cercando disperatamente di togliere la corda che gli penetra nella carne.

Sente le risate dei briganti, che gli danno consigli ironici.

- Sì, dai che ce la fai. Ancora più su, su, forza, bravo!

Ken cerca di afferrare la corda sopra la testa e di appendersi. Allora Maldito gli si avvicina, gli afferra il braccio destro, lo abbassa, e lo torce, fino a che il dolore è tanto violento che Ken non è più in grado di muovere l’arto.

Maldito fa lo stesso anche con il braccio sinistro, slogandolo o spezzandolo. Ora le due braccia pendono inerti.

Ken vorrebbe urlare il nuovo dolore, ma non può. La saliva gli cola sul mento, perdendosi tra la barba corta, il muco scende dal naso sulle labbra.

Comincia a scalciare, suscitando nuovi scoppi di risa tra gli uomini. Alcuni si sono accovacciati e defecano, mentre guardano lo spettacolo. Ken si muove in modo frenetico, benché sia conscio dell’inutilità di tutti i suoi sforzi. È ancora lucido e sente vampate di calore salirgli al viso, mentre gli uomini lo deridono per il colore rosso intenso della sua faccia.

Il suo corpo si agita ancora, ma il movimento rallenta. I suoi piedi ormai toccano terra con le dita, ma non sono in grado di sostenerlo. A tratti gli sembra di non sentire più nulla, in altri momenti invece sente nitidamente le voci e le risate degli uomini intorno a lui e dal nulla in cui sprofonda affiorano sensazioni diverse: il dolore ai coglioni, al culo, al collo, alle braccia; il fuoco nei polmoni; l'odore acre del piscio e il fetore di merda. Poi le voci che ancora sente non arrivano più a formare parole sensate.

- Un po’ di merda per te?

Maldito è davanti a lui, incurante dei calci che Ken tira. Ha le mani piene di merda, una merda chiara e molle, che comincia ad allargargli sulla parte sinistra del viso, poi del to­race, del ventre, fino a pulirsi sul cazzo che comincia ad irri­gidirsi. Poi si avvicina Ignacio, anche lui con la propria merda in mano, una merda più scura e compatta. Gliela passa sull'altro lato del viso e poi sul corpo, fino ai coglioni. Quando la sua mano tocca lo scroto, Ken sussulta. La merda più chiara di Maldito e quella più scura di Ignacio si mescolano sul torace, sul ventre e sul cazzo.

- Non ci hai detto quale cazzo era più duro, dicci almeno quale merda è più buona.

Ken sprofonda in un nulla in cui le sensazioni si fanno sempre più lontane e rare. Si rende conto che il cazzo gli è diventato duro. Avverte, confusamente, nel dolore che gli attanaglia tutto il corpo, una tensione nuova e dal cazzo un getto di sborro schizza verso l’alto, ricadendogli sul ventre. Ma il piacere è soffocato dal dolore.

Ora anche la sofferenza si sta attenuando: Ken sprofonda in un nulla in cui le sensazioni si fanno sempre più lontane e rare. Non si accorge di aver incominciato a pisciare. Infine ogni sensazione svanisce.

Ken lo Sciacallo è un cadavere, che pende immobile dalla corda che lo ha ucciso. Ha il cazzo duro, i coglioni bluastri e grottescamente gonfi, il viso congestionato, con la lingua sporgente tra i denti serrati.

Gli uomini si rialzano ridendo.

- Sei stato fortunato a crepare con il cazzo duro.

- Ma il cazzo duro non è roba per i culirotti come te.

Maldito prende il coltello e taglia il cazzo e i coglioni di Ken. Dalla ferita scendono poche gocce di sangue.

Maldito ride:

- Così va bene, Sciacallo, i gringos non sono mica maschi. Loro godono a prenderselo in culo. E noi ti abbiamo soddisfatto.

Maldito getta il cazzo ed i coglioni di Ken nella pozza di piscio. Taglia la corda ed il corpo cade. Lo fa passare sulle merde degli uomini, poi lo volta e gli fa fare un nuovo giro, per lordargli anche la schiena.

Il Negro prende la corda e trascina il cadavere fino allo spiazzo dietro la caserma, mentre gli uomini rientrano, scherzando e ridendo.

Lo lasciano sullo spiazzo tre giorni. Alcuni vanno a cagare e pisciare sul cadavere. Il quarto giorno il fetore del corpo in decomposizione è ormai troppo forte. Allora il Negro e Diego lo gettano in una delle vecchie latrine della caserma.

 

Anche per la banda del Diablo il tempo è contato. Un anno dopo la morte di Ken, Maldito e altri tre uomini vengono uccisi in uno scontro con una banda di fuorilegge statunitensi e nella primavera successiva l’esercito arriva a Boca Caliente. Erano anni che si diceva che il governo avrebbe inviato truppe, ma nessuno si aspettava che lo facesse davvero. Sono trecento uomini, che prendono possesso della caserma nella notte, massacrando gli uomini della banda. Nei giorni seguenti riportano l’ordine in città, senza andare per il sottile e senza preoccuparsi di distinguere tra messicani e statunitensi: i cadaveri si accumulano nelle strade. A raccoglierli e portarli fuori città per lasciarli agli avvoltoi, sono i prigionieri, i cinque superstiti della banda del Diablo: Cuchillo e altri quattro. I cinque uomini vengono stuprati dai soldati tutte le notti. All’alba del sesto giorno, conclusa la mattanza, vengono trascinati nel cortile della caserma. Non si reggono in piedi e devono appoggiarsi al muro. Dal culo colano sangue e sborro. Vengono fucilati, poi le loro teste vengono infilzate su pali all’ingresso di Boca Caliente, con il cazzo e i coglioni in bocca: un monito per tutti, perché sia ben chiaro che con l’esercito messicano non si scherza. I corpi decapitati e castrati vengono trascinati per le vie della città, in modo che tutti possano vederli, e poi lasciati sulla collina: se ne ciberanno gli avvoltoi.

 

 

 

 

 

 

 

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