In fuga

 

 

Brian si sveglia. È infreddolito: ha passato la notte passata steso a terra, senza neppure una coperta. Si mette a sedere e si guarda intorno. Il punto in cui si sono stesi a dormire è riparato da alberi e cespugli. Tutt’intorno c’è una leggera foschia, che il sole presto dissolverà: la mattinata è fresca, ma con il passare delle ore la giornata diventerà afosa, come sempre. Brian si alza, si avvicina a un albero, si sbottona i pantaloni, tira fuori il cazzo e incomincia a pisciare contro un albero. Mentre avverte la sensazione piacevole della vescica che si svuota, si chiede se sarà ancora vivo in serata. Probabilmente no.

Hanno perso la battaglia tre giorni fa, i suoi compagni sono stati quasi tutti uccisi. Alcuni sono riusciti a sfuggire alla morte, ma gli Yankees gli stanno dando la caccia tra i boschi e le paludi e li ammazzano. Non fanno prigionieri: sanno di aver vinto la guerra, sono stanchi e assetati di vendetta per i loro compagni uccisi, per anni di privazioni, fatiche e rischi. A Brian non importa di morire: il suo mondo ormai è andato in pezzi e non ha voglia di vivere sotto il nemico contro cui ha combattuto quattro anni.

Brian ha finito di pisciare. Fa uscire le ultime gocce, rimette il cazzo nelle mutande e si rassetta. Vorrebbe lavarsi e fare una buona colazione, ma non potrà fare nessuna delle due cose. Non hanno più cibo e quando incrociano un ruscello, non perdono tempo a lavarsi, anche se sono alquanto sporchi: si limitano a bere per dissetarsi.

Brian si volta e guarda Dan, che ancora dorme, russando, steso a terra. Lo conosce poco, anche se servivano nello stesso reggimento: prima Dan faceva parte di un altro reggimento, che è stato annientato in battaglia, così come il loro è stato distrutto tre giorni fa. Sono scampati in quattro, ma Bob e Louis sono stati uccisi quando hanno incrociato una pattuglia di Yankees. Ora sono rimasti solo lui e Dan. Per quanto, non sa. Certamente non per molto.

Dan dorme ancora. Hanno camminato buona parte della notte, per allontanarsi il più possibile. Poi la nebbia notturna e le nuvole che hanno coperto la luna hanno reso impossibile proseguire. Brian si è svegliato presto ugualmente, Dan dorme ancora.

Brian lo guarda. Dan è massiccio, con braccia robuste e grosse mani pelose. Ha un ventre sporgente e dev’essere sulla cinquantina. Ci sono fili grigi nella sua barba nera ed è calvo. Brian ha trentadue anni e combatte da quattro, è forte e muscoloso, ma accanto a quest’orso si sente un ragazzo. Dan lo intimorisce.

Il russare di Dan è l’unico rumore che si sente. A Brian sembra di essere fuori dal mondo, ma gli Yankees e la morte non sono lontani.

Dan smette di russare. Si sveglia, si stiracchia e si mette a sedere.

- Siamo ancora vivi.

Ride e aggiunge:

- E io ho bisogno di pisciare.

Si alza, si sbottona i pantaloni, tira fuori dalle mutande lerce un cazzo di dimensioni impressionanti e si mette a pisciare contro un albero, senza nemmeno voltarsi. Brian guarda affascinato quel magnifico pezzo di carne. Non ha mai visto niente di simile. Non riesce a distogliere lo sguardo, anche se Dan lo sta osservando e ora ghigna. Brian è turbato.

Dan finisce di pisciare e scuote il cazzo, poi si rassetta. Guarda Brian, perplesso, e dice:

- Tutto OK, Brian? Mi sembri un po’ scosso.

Brian si sente arrossire.

- Sì, certo, sì.

Dan si accende un sigaro. Gliene sono rimasti tre, ma è inutile conservarli per il futuro: potrebbero essere uccisi oggi stesso e crepare senza nemmeno essersi fumato gli ultimi sigari sarebbe davvero un peccato. Guarda Brian, che tiene gli occhi bassi. Ghigna ancora.

- Sembra che tu non abbia mai visto il cazzo di un altro uomo.

Brian fa un passo indietro. È confuso, non sa bene che cosa dire.

- Sì, certo. Mi è capitato... Oh, merda!

Dan sorride e fa un passo avanti. Mette una mano sulla spalla di Brian e chiede:

- Ho un gran bel cazzo, non trovi?”

Brian annuisce. Cerca di reagire, di nascondere il turbamento che prova.

- Certo. Un signor cazzo, devo dire. Davvero enorme.

- Aspetta solo che riesca a uccidere uno Yankee e te lo faccio vedere in azione.

Brian alza lo sguardo e fissa Dan senza capire:

- Che cosa intendi dire?

- Dimmi, ragazzo, quanti uomini hai ucciso?

Brian sorride. Ricorda volentieri i momenti in cui ha ucciso.

- Una dozzina, probabilmente qualcuno di più sparando a distanza, ma è difficile sapere se hai fatto centro tu o se è stato un tuo compagno.

- Ti piace uccidere?

- Sì, molto. È bello uccidere quei bastardi.

Dan sorride. L’imbarazzo di Brian è svanito. Parlando di uccidere sembra essersi trasformato.

- Ne hai ucciso qualcuno in un corpo a corpo, con la baionetta o il coltello o sparandogli a pochi passi?

Il sorriso di Brian si allarga.

- Sì, certo. È bellissimo. È una sensazione fantastica. È…

Brian si interrompe. Si rende conto di essersi lasciato trascinare dall’entusiasmo e ora è nuovamente in imbarazzo.

Dan fa un passo avanti e gli poggia una mano sul cazzo, che si è irrigidito.

- Ti piace davvero, vedo.

Brian non trova parole. Balbetta:

- Mi spiace… io…

Dan ride e toglie la mano.

- Non vergognarti. Anch’io ho ucciso molti uomini prima di questa guerra e poi in battaglia. Uccidere me lo fa diventare duro e ho voglia di scopare. Quando ho potuto farlo ho fottuto gli uomini che avevo colpito, moribondi o morti.

Brian lo guarda, allibito:

- Fottere… un morto?

- Fottere il nemico che hai ucciso. Gli hai fottuto la vita e puoi fottergli il culo.

Brian scuote la testa.

- Non avrei mai pensato…

- Di inculare un uomo che hai appena ammazzato? È favoloso. Se uccidiamo uno yankee provi anche tu.

- Ma… ma in battaglia… come fai?

- In battaglia non è possibile, ma alla fine o subito dopo, quando si cacciano gli ultimi superstiti… E poi naturalmente quando non c’è la guerra.

- Hai ucciso… molti uomini? Prima della guerra, voglio dire.

- Certo. Ho fatto il cacciatore di taglie per un po’ e i cadaveri che portavo agli sceriffi avevano sempre il mio sborro in culo.

Brian sorride. Scuote la testa.

- Fantastico. Non avrei mai pensato…

Brian si ripete, ma le parole di Dan gli fanno intravedere un mondo.

- Hai appena ucciso un uomo, non ce ne sono altri vicino, hai il cazzo duro come la pietra… gli cali i pantaloni e lo fotti. Uccidere te lo fa diventare duro, no?

- Sì, ce l’ho sempre duro quando lotto corpo a corpo e quando uccido diventa ancora più duro.

Dan ride e chiede:

- Ma almeno, dopo la battaglia, non ti facevi mai una sega pensando agli uomini che avevi ucciso?

Brian è un po’ in imbarazzo, ma il sorriso complice di Dan lo rassicura.

- Sì, devo dire di sì. Oppure…

Brian si ferma.

- Dillo, Brian. A me puoi dire tutto.

- A volte, quando mi faccio una sega, penso che un nemico, un uomo forte, mi sta fottendo. E che mi uccide mentre mi viene in culo.

Dan annuisce.

- Una fantasia di morte. Mi piace, molto. Combattere e uccidere è il compito di tutti i soldati, ma non tutti lo fanno volentieri: molti uccidono solo per non essere uccisi, perché devono farlo. Invece per noi è un piacere. Sappiamo che potremmo essere uccisi, che prima o poi saremo uccisi. E ci auguriamo di crepare bene.

Brian sorride. Si chiede spesso come morirà, se un nemico lo ucciderà. Il pensiero non lo spaventa, ma lo eccita. E Dan, che cosa pensa della morte quest’uomo massiccio?

- Crepare bene… Sì, è giusto. Vivere la propria morte, vederla arrivare. Senti…

Brian esita un attimo, ma a Dan può parlare liberamente, l’ha detto lui

- Senti, noi siamo spacciati, lo so benissimo. Probabilmente ci ammazzeranno oggi, domani al massimo. Ma a te, a te come piacerebbe morire?

Brian ridacchia e conclude:

- Mi piacerebbe che tu me lo dicessi. Me lo fa venire duro.

Dan gli prende di nuovo il cazzo attraverso la stoffa dei pantaloni.

- Mi sa che non ne hai bisogno. Ce l’hai già duro.

Ride e prosegue:

- Come vorrei crepare? Uhm, direi senz’altro combattendo, corpo a corpo, vedere la faccia del mio assassino, che mi spara un colpo al cuore o ci infila una lama, il tempo di pensare “Merda! Sono fottuto!” E poi, naturalmente, mi piacerebbe che il mio assassino mi fottesse, dopo che sono morto, come ho fatto io tante volte con gli uomini che ho ucciso. Magari…

Dan ride e conclude:

- Magari essere ucciso mentre fotto un nemico che ho appena ammazzato… perché no?

Brian annuisce. Il cazzo è sempre più duro e non è solo per la mano di Dan, che ancora lo stringe. L’imbarazzo di prima è svanito, ormai ha capito che loro due sono simili per diversi aspetti, anche se davanti a lui si sente ancora un ragazzo.

- Ti auguro che succeda così, Dan. E ti dirò… mi piacerebbe vederti ammazzare. Mi piacerebbe un casino. Ma…

Brian si ferma. Una nuova idea gli è apparsa.

Dan lo guarda, ghignando.

- Dimmi. Che cos’hai in quella fottuta testa?

Brian scuote la testa.

- Idee assurde. Ma credo che mi piacerebbe che il mio assassino fosse un maschio… come te.

Brian avrebbe voluto dire: “fossi tu”. Dan ha capito benissimo.

- Un maschio come me. O io stesso, perché no? È questo che volevi dire.

Non è una domanda.

- Sì, è vero.

- Morire per mano di un vero maschio, che gode a uccidere, che fotterà il tuo cadavere.

- Sì, è così.

- Piacerebbe anche a me. Mi piace uccidere un uomo forte, che non ha paura. Ti ucciderei volentieri. Ma ci penseranno gli yankee. E direi che ormai è ora che ci muoviamo, per capire qual è la situazione.

La mano di Dan lascia il cazzo di Brian, che sarebbe rimasto volentieri a parlare ancora della loro morte. Ma sa che Dan ha ragione.

- Saliamo sull’altura e vediamo qual è la situazione.

C’è una collina boscosa che sovrasta la piana dove si trovano. Si avviano, cercando di mantenersi dove la vegetazione è più fitta. Salendo avvertono il calore della giornata. Sudano entrambi. Brian guarda la schiena di Dan, la camicia dove una macchia umida si allarga.

Giungono infine a un punto da cui possono osservare la pianura sottostante. Guardano, sporgendosi tra i cespugli.

- Merda!

C’è un accampamento delle truppe dell’Unione in lontananza e ci sono parecchi soldati in giro, alcuni ai piedi della collina.

- Stanno cercando i superstiti.

Brian annuisce.

- Siamo fottuti, Dan. Ma questo lo sapevamo. Vedremo se morremo come desideriamo.

- Magari prima di morire, riusciremo ad ammazzarne ancora qualcuno. E a divertirci con lui.

Brian e Dan si allontanano dal punto di osservazione, continuando a salire. Procedono con cautela, in silenzio, evitando i tratti scoperti.

C’è un rumore. Si acquattano tra i cespugli. Un sergente nordista sta avanzando. Anche lui si guarda intorno, ma non li ha visti. È un uomo forte, sui trent’anni, barbuto, come corporatura e stazza non molto diverso da Brian, ma biondo. È da solo.

Dan guarda Brian. Sorride e gli fa un cenno con il capo, indicando il sergente. Brian sorride, mentre il cazzo gli si tende. Appena il sergente ha superato il punto in cui si trovano, Brian si alza e gli si avvicina alle spalle. Gli mette una mano sulla bocca e gli infila il pugnale nella schiena. L’uomo ha un grugnito di dolore. Brian estrae il pugnale, allunga il braccio e immerge due volte l’arma nel ventre del sergente, poi la estrae e lascia che il corpo cada a terra.

Dan è subito accanto a lui. Prende le armi del sergente, poi prende un sigaro, il penultimo, e se lo accende, sorridendo. Brian guarda Dan.

- Voglio vederti, Dan. Fallo.

- Cazzo! Certo, puoi contarci!

Dan si spoglia in fretta. Brian lo guarda: il corpo massiccio e irsuto, umido di sudore; il cazzo teso, enorme, che batte contro il ventre; i grossi coglioni pelosi. Annuisce, la gola secca, il cazzo tanto teso da fargli male.

Dan si china sul sergente e gli slaccia la cintura, poi gli abbassa i pantaloni. L’uomo lo guarda, senza capire o forse rifiutandosi di capire.

- Che cazzo fai?

- Sto per gustarmi il tuo culo, yankee.

- Cosa?! Merda! Non puoi! Merda!

- E chi me lo impedirebbe? Tu?

Dan ride.

- Se non te la senti, ti finisco ora e poi ti fotto da morto.

L’uomo digrigna i denti.

- Non ho paura, bastardo. Fai quello che vuoi

Dan annuisce. È contento della scelta del sergente, che non è un codardo. Gli apre la camicia, lacerandola. Il petto è coperto da una fitta peluria bionda. Poi gli toglie anche le mutande, fradicie di sangue. Gli afferra il cazzo e i coglioni con una mano e ci giocherella un po’. Poi gli solleva le gambe, se le appoggia sulle spalle e avvicina il cazzo al buco del culo.

Brian guarda Dan. Ha il cazzo talmente duro che gli sembra che potrebbe venire da un momento all’altro, senza toccarsi. Non riesce a distogliere lo sguardo dal magnifico cazzo dell’amico. Dan spinge, forzando l’apertura. Il sergente grida.

- No! No! Oh, merda!

Poi rinuncia a ogni resistenza. Dan spinge ancora e il suo cazzo si fa strada nelle viscere dell’uomo, lacerando, mentre una mano giocherella con il cazzo del sergente, che sembra crescere di volume.

Brian guarda ammaliato il grosso cazzo dell’amico che affonda nel culo del sergente, le goccioline di sudore sul viso di Dan, la smorfia di dolore su quello dell’uomo inculato. Si sposta un po’ indietro per osservare il culo di Dan, anch’esso grosso e peloso, che si muove ritmicamente.

Dan guarda il sergente. Senza smettere di fotterlo e di giocherellare con il suo cazzo, chiede:

- Fumi, yankee?

L’uomo lo guarda e annuisce. Dan aspira a fondo, poi mette il sigaro tra le labbra dell’uomo, che aspira. Non si dibatte più. Ormai ha accettato la sua morte e lo stupro. Il suo cazzo si sta tendendo, nonostante il dolore delle ferite e del cazzo che gli scava in culo.

Brian respira a fatica. Dan prende il coltello. Affonda il suo pugnale nel petto del sergente, spaccandogli il cuore. Il sergente emette un grido strozzato, spalanca gli occhi e poi rimane inerte. Il sigaro gli scivola dalle labbra. Dan lo riprende e se lo infila in bocca.

Brian scivola in ginocchio di fianco a Dan. Ansima.

- Hai detto che ti piacerebbe essere ucciso mentre fottevi. Avrei potuto farlo. Avevo voglia di farlo, di prendere la pistola e spararti un colpo alla schiena. Di vederti morire dentro di lui. Cazzo! Ma era troppo bello vederti fottere e uccidere. Sei un assassino perfetto, Dan, il migliore che possa immaginare. E anche il migliore stallone. Avrei voluto essere al posto dello yankee. L’ho invidiato. E ucciderti sarebbe stato bellissimo.

Dan volta la testa verso Brian, sorride, poi si toglie le gambe del morto dalle spalle e si mette a sedere. Brian gli guarda il cazzo rigido, sporco di sangue e merda, il ventre su cui scorrono goccioline di sudore, il viso.

Dan si toglie il sigaro dalla bocca.

- Poteva essere un buon modo di finire, ma tu vuoi altro.

Brian annuisce. Non sa che cosa Dan intenda esattamente, ma sa che è vero che desidera altro. Osserva:

- Ce l’hai ancora duro. Non sei venuto?

- No, io l’ho finito, ma sei stato tu ad abbatterlo. Gli sborri tu in culo. Io lo farò con il prossimo che ammazzo.

Dan fissa Brian, che ha l’impressione di sentirsi mancare. Non riesce a replicare. Dan prosegue:

- Adesso ce l’hai duro da scoppiare.

Brian annuisce. Dan si alza, fa un passo in avanti, fino a che il suo cazzo non è esattamente di fronte al viso di Brian.

- Vuoi sentirlo dentro di te. E lo sentirai, fino in fondo. Ma adesso puliscilo.

Brian rabbrividisce. Non sa perché obbedisce, nonostante la repulsione che prova. Preferisce non sapere, non ascoltare la voce che gli dice che anche lui lo vuole. Apre la bocca e accoglie il grosso cazzo. Con le labbra e la lingua lo pulisce con cura, mentre Dan, in piedi, fuma tranquillo il suo sigaro.

- Ora basta, Brian. Ti verrò in culo, non in bocca.

Brian lo guarda. Annuisce. Poi dice:

- Hai detto che saresti venuto in culo al prossimo che ammazzavi.

Dan sorride, annuendo. Non dice nulla.

Brian chiude gli occhi. Sta sprofondando e sa che è quello che vuole.

- Spogliati, Brian. Voglio vederti.

Brian si alza. Si toglie la camicia, le scarpe, i pantaloni. Esita un attimo prima di calarsi le mutande. Dan gli guarda il cazzo, la peluria sul ventre e sul petto. Poi si avvicina, fino a che i loro cazzi si toccano. Avanza ancora. Ora i loro corpi aderiscono. Stringe Brian tra le braccia, si toglie il sigaro dalla bocca e lo bacia. Gli infila la lingua in bocca. Le sue mani si posano sul culo di Brian, lo stringono con forza. Un dito scivola sul solco tra le natiche, indugia sul buco del culo, poi si infila dentro. Brian sussulta.

Dan gli accarezza il capo con la sinistra, tenendo il sigaro tra due dita, mentre la destra rimane sul culo di Brian, il dito ben piantato dentro. Dan guarda Brian negli occhi.

- Sei pronto, Brian? Non abbiamo molto tempo. Tempo di fottere il cadavere dell’uomo che hai abbattuto. Tempo di sentire in culo il mio cazzo.

Brian non abbassa lo sguardo.

- Il cazzo del mio assassino.

- È quello che vuoi, sei tu che lo chiedi.

Brian sa che è vero: anche se non ha detto niente, Dan ha capito. Cerca di sorridere. Dan prosegue:

- Ora di fottere l’ultimo uomo che hai colpito.

- Ora di essere fottuto e ucciso da un vero maschio. Ora di crepare. Sì, ho sempre desiderato che fosse un maschio come te a farlo.

Dan sorride. Fa un cenno in direzione del cadavere, poi toglie il dito.

Brian si stende sul corpo, appoggia le mani sul culo, divarica le natiche. Spinge in avanti il cazzo, forzando l’apertura dilatata da Dan.

- Come lo vuoi, Brian? La pistola, il coltello, le mie mani?

Brian spinge fino in fondo il cazzo nel culo del morto, poi risponde.

- Le tue mani, le tue grosse mani pelose. Hai mai ucciso qualcuno strangolandolo?

- Più volte. Mi piace molto. Non è una morte rapida. Vuoi che faccia in fretta?

Brian ha la sensazione di essere ubriaco. Sta parlando della propria morte con l’uomo che tra poco lo fotterà e poi lo strangolerà.

- No, fallo piano, lentamente. Voglio sentire la mia morte.

- Un’ultima cosa, Brian, poi non ci sarà più bisogno di parole. Tu vuoi sentire il mio cazzo in culo, questo lo so. Vuoi che ti strangoli non appena sono dentro o preferisci che io ti fotta fino a che vengo? Nel secondo caso, sarà lungo e doloroso.

- Finiscimi quando vieni.

- Va bene.

Dan sputa sul solco e sparge la saliva intorno all’anello di carne che tra poco forzerà.

Brian sente la pressione del cazzo di Dan contro il suo culo e poi dentro.

L’ingresso gli strappa un gemito e poi un:

- Merda!

Dan spinge ancora.

- Merda! Merda!

Il dolore è un’onda che sovrasta il piacere che Brian prova. L’eccitazione svanisce.

- Merda, Dan! È troppo grosso. Non ce la faccio.

Dan gli accarezza la testa e si ferma un attimo.

- È il tuo assassino che ti fotte, Brian.

Brian annuisce. Sì, non c’è più spazio per le parole: sono inutili, come ha detto Dan.

Dan passa le braccia intorno al petto di Brian e lo stringe. Poi riprende a spingere con forza. Brian sente il dolore crescere nuovamente, ma insieme al dolore c’è anche un piacere. Il cazzo gli si tende nuovamente.

- È terribile, Dan. Ed è splendido.

Dan non risponde. Brian vorrebbe dirgli che lo ama, perché quello che prova per lui gli sembra davvero amore, ma poi si dice che è assurdo dirlo. Dan gli passa le braccia intorno al petto. Brian pensa che è bello essere stretto da un maschio forte, da un maschio che ti fotte e che ti ucciderà. Il dolore al culo è forte, anche se Dan si muove con cautela, ma va bene così.

Brian muove il culo, spingendo il cazzo ben dentro il soldato morto, poi ritraendosi e quando si ritrae, il cazzo di Dan penetra più a fondo nel suo culo. Dolore e piacere si mescolano.

- Com’è fottere un uomo che hai ucciso, Brian?

- È bellissimo.

- E com’è essere fottuto dall’uomo che ti ucciderà, Brian?

- È bellissimo. Fa un male cane, ma è bellissimo. È bello stare tra le braccia del mio assassino, il suo cazzo in culo.

Le mani di Dan accarezzano il petto di Brian, si perdono tra la sua peluria, stuzzicano i capezzoli, li pizzicano con forza.

Il piacere cresce in Brian, insieme al dolore.

- Dimmi quando stai per venire, Brian.

- Sì, non manca più molto.

Una mano di Dan gli accarezza il collo e Brian sente un brivido corrergli lungo la schiena.

Brian sente infine il piacere esplodere, più forte di tutto. Per un attimo il dolore al culo scompare e rimane solo l’orgasmo che lo squassa.

- Sono venuto, Dan. L’uomo che ho ucciso ha il mio sborro in culo. Attendo di ricevere quello del mio assassino.

- L’avrai, Brian. Sarà l’ultima cosa che sentirai, prima di morire.

- Grazie, Dan. Grazie per il piacere e per il dolore, per la scopata e per la morte.

Dan lo stringe tra le braccia, poi gli accarezza il capo e infine le sue mani si stringono intorno al collo di Brian. Incominciano a stringere, una pressione leggera, mentre le spinte si fanno più decise. Il dolore nel culo di Brian diventa sempre più forte e ora anche la respirazione diventa più difficile.

La stretta diventa più forte, l’aria entra con fatica, nella gola di Brian c’è un grande incendio, nel suo culo un altro incendio non meno violento. La morte sta arrivando e gliela dona un vero maschio. Il suo cazzo si tende nuovamente.

Riesce ancora a dire:

- Dan!

Le grosse mani di Dan stringono ancora di più. Il dolore intollerabile. Dan gli squarcia le viscere con il suo cazzo e le sue mani gli impediscono di respirare. L’ultima sensazione di Brian è proprio quella del seme di Dan che si rovescia nelle sue viscere dilaniate. Poi il mondo scompare.

Dan rimane disteso sul corpo senza vita. È stata una grande scopata. Gli è sempre piaciuto uccidere un uomo mentre lo fotte.

Dan si alza. Si pulisce il cazzo con la camicia di Brian. Guarda il cadavere e sorride. Gli Yankees troveranno i due corpi, il loro compagno con in culo il cazzo di un sudista. L’idea lo diverte.

Si riveste e si allontana. Forse la morte verrà anche per lui, oggi. In ogni caso, spera di riuscire a uccidere qualche yankee.

 

 

 

 

 

 

 

 

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