| Un problema da risolvere di Artume 
 Sono le sette, mi alzo per
  chiudere la porta. Per questo pomeriggio ho finito. Ho già la mano sulla
  maniglia, quando sento una voce. - Aspetta, dottore,
  aspetta. Parla nel dialetto del
  posto, che per fortuna non è molto diverso da quello che parlano al mio
  paese, ottanta chilometri più a nord. Il tipo che ha parlato è
  un uomo robusto, giovane. Avrà più o meno la mia età. Però è largo il doppio. - Minchia, dottore, già
  per chiudere stavi? Alle sette spaccate! Ma che, sei mica di Milano, tu? Il suo darmi del tu mi dà
  fastidio. Rispondo secco: - Alle sette chiudo. C’è
  un orario. Ma intanto mi sono
  spostato per lasciarlo entrare. Appena è dentro, chiudo la porta. - Minchia, che puntualità!
  Sembra di stare in Giappone! E che ne sa una bestia
  come questo qui del Giappone? Questo non si deve mai essere mosso dal suo
  paese. Entro nello studio e lui
  mi segue. - Si accomodi. Ho parlato in italiano e
  gli ho dato del lei. Ma non serve a nulla. Risponde in dialetto e non so
  neanche se ha capito quello che gli ho detto. - Ho un problema, dottore.
  Tu mi devi aiutare. Mentre parla lo guardo. Ha
  una faccia larga, coperta da una fittissima barba nera, che tiene corta.
  Sopracciglia folte sopra due occhi scuri. Due braccia coperte di una peluria
  fitta ed anche dal camiciotto sbottonato spuntano peli neri. Dev’essere un gorilla. I gorilla mi piacciono,
  molto. Ma mi piace che abbiano un minimo di cervello. Questo non appartiene
  alla categoria.  Intanto comincia a
  spogliarsi e in un attimo è completamente nudo, davanti a me. Questo
  spogliarello a fine giornata mi ha sorpreso. Devo avere un'espressione
  stranita, perché il tipo mi guarda e si mette a ridere. Ha una bella risata,
  profonda.           - Dottore, mi devi
  aiutare- Si ripete,  come un disco incantato. Mi appoggio alla
  scrivania, e incrocio le braccia. Mi verrebbe da sospirare, ma non sta bene. - Se mi racconta il suo
  problema, vedo cosa posso fare per lei- Il mio tono è ancora sostenuto,
  poco confidenziale, ma il bestione non si risente. Non ha colto, o comunque
  non gliene frega niente. Si avvicina, mi guarda negli occhi e indica il
  proprio corpo. - Li vedi, dottore, 'sti peli. Questo è il mio problema. Ne ho troppi.- Li ho visti i peli,
  cribbio se li ho visti. Ha un fisico massiccio, e ora che è nudo posso
  constatare che è tutto ricoperto da una fitta peluria. Chissà se è morbida.
  Divago e non devo. Il gorilla si è pure
  girato per farsi vedere completamente. Ha una schiena larga, potente e due
  natiche sode e forti. Lancio un'occhiata veloce alle gambe e poi distolgo lo
  sguardo perché tutto 'sto ben di Dio stimola le mie parti basse. Odora di
  uomo, un odore forte e sano, che sa di maschio pulito. Chissà perché questo
  mi sorprende.  Scopro di avere dei
  meschini pregiudizi. Cerco di togliere lo sguardo, ma quando si rigira verso
  di me, il mio occhio casca sull'uccello. Minchia! Deve avermi contagiato con
  il suo linguaggio. Ha un attrezzo di tutto rispetto. Il mio  uccello sta per prendere il volo. Non è da
  me, non mi succede mai, sul lavoro. Mi devo dare una calmata. Intanto il tipo aspetta,
  continuando a sogghignare. Ho il sospetto che abbia capito che il mio sguardo
  non è del tutto professionale. Altra sorpresa..mi sa che un po' di cervello
  ce l'ha. Squilla il cellulare delle
  emergenze, mi scuso e mi allontano per rispondere. Qualche minuto di
  conversazione e sento la porta chiudersi. Se ne è andato. Si è rivestito e se
  ne è andato. Non capisco. Di gente strana ne vedo tutti i giorni, ma stavolta
  qualcosa non torna. Questa è la serata delle sorprese. Più tardi telefono a
  Marco. E' single come me e se è libero stasera si va in caccia. Se vedere un
  uomo nudo nel mio studio, anche se a dire il vero un gran bel gorilla nudo,
  mi fa eccitare è segno che è ora di fare un po' di sano sesso. Dopo aver rimandato per
  una serie di contrattempi, finalmente stasera esco con Marco. L'obiettivo è
  chiaro.  Dopo la pizza,  si va al Molly's.
  Conosco bene il locale, ci vado volentieri perché mi piace  il tipo di gente che ci trovo,  anche se da qualche tempo esco meno
  frequentemente. Marco dice che ci sono un paio di nuovi arrivati. Il bar  è come sempre affollato, la clientela è
  fissa, ci si conosce, e poi ci sono gli avventori occasionali. Entrando mi sembra
  di vedere di spalle il mio gorilla. Non so neppure come si chiama e questo mi
  fa un po' incazzare. Per uno che ha preso possesso del mio cervello (va bene,
  non solo del mio cervello) senza essere invitato, poteva pure presentarsi...
  Vero è che era  uno zoticone
  ignorante.... Mi avvicino al banco.
  Ordino una birra e poi vado verso il tavolo in fondo al locale. Di solito ci
  sediamo lì. C'è già qualcuno dei soliti amici. Per le serate di caccia, è
  l'ideale; da lì si vede tutto il locale. Guardo meglio chi  c'è e....Oh minchia! (si, l'infezione al
  linguaggio non è passata) E' lui! Che cosa ci fa qui, insieme ai miei amici?
  Si accorge che sono arrivato;  è
  decisamente imbarazzato. Strano, l'ultima volta che l'ho visto non sembrava
  capace di imbarazzo.   - Ehi, dottore Non apro bocca. Devo
  riprendermi dalla sorpresa di vederlo qui. E' una settimana che me lo sogno.
  Trovarmelo davanti mi scombussola un po'. Marco, da buon amico, capisce la
  situazione al volo. Si inventa una scusa e convince gli altri a seguirlo al
  bancone del bar. Guardo il tipo. Sorride. - Vorrei scusarmi per
  l'altra sera.. Il suo italiano è ad un
  tratto diventato perfetto. Non capisco. Di nuovo. Mi siedo al tavolo. Lui si
  siede di fianco a me. - Possiamo ricominciare da
  capo? - Ok. - Ciao, io sono Antonio. La mano che mi allunga è
  larga come un badile, la mia sparisce nella sua stretta. Mi piace la sua
  stretta, calda e ferma, senza esagerare. - Piacere, Stefano.  Il mio tono è ancora un po' sostenuto, Marco
  dice che quando faccio così sembro proprio un finocchio.  - Vedi.....Scusa, possiamo darci del tu? E nel dirlo il suo sorriso
  sghembo gli illumina quella faccia pelosa e mi rimbambisce ancora un po' di
  più. Ovviamente annuisco. Ma non si ricorda che non mi ha mai dato del lei?  - A proposito della settimana scorsa...il
  fatto è... che ho perso una scommessa... Sto zitto. Non lo aiuto.
  Non ho intenzione di aiutarlo. - Dovevo pagare pegno
  facendo una cosa molto imbarazzante... La curiosità, mista ad un
  po' di tenerezza che mi scatena la sua espressione leggermente mortificata,
  mi porta a sciogliermi. - Cioè? Cosa dovevi fare? - Dovevo farmi vedere nudo
  da un uomo che mi piace molto.. Questa spiegazione
  comincia a piacermi. Molto. Strana, ma gratificante... - Ma Stefano, noi non ci siamo mai presentati! Come se fosse necessario
  essersi presentati per piacersi! ….Stasera sono io che non do prova di grande
  intelligenza... - Non è la prima volta che
  ti vedo qui, ma tu non ti sei mai accorto di me. Prima  uscivo con un'altra compagnia, gente che tu
  non hai mai apprezzato. L'altra     sera
  ho perso la scommessa con Paolo e Matteo. So che li conosci anche tu, sai
  come sono fatti. - Certo che li conosco. Lo
  sanno tutti che non mollano finché chi perde non paga. - Infatti, proprio così - Ma su cos'era la scommessa? - Non te lo dico, è ancora
  più imbarazzante. - Quindi, se ho ben
  capito, è stata tutta una sceneggiata...la visita all'ultimo momento, il
  presunto problema di peli... - Beh, in effetti i peli
  non me li sono inventati, ma non sono un problema, almeno non per tutti...
  Per fortuna il telefono è squillato, non avrei davvero saputo come uscirne. Colgo il corretto utilizzo
  dei tempi dei verbi. Mi piace. Lo so lo so , sono un po' snob... - Cosa posso dire,
  Antonio? Complimenti per le tue doti di attore. Avvicina le labbra al mio
  orecchio. Questo movimento non mi lascia indifferente. Il suo respiro caldo
  sul collo ha un effetto immediato sulle mie gambe, che si fanno subito molli,
  mentre un'altra parte decisamente si irrigidisce. - In effetti aspiro.. - Aspiri a cosa?- rispondo
  a caso, sperando di non dire cazzate. - Confesso di essere un
  aspirante attore. -  Quindi sei un attore professionista? - Ancora no, mi devo pur
  mantenere. Faccio un lavoro molto banale, lavoro in banca.- - Beh, complimenti! Sei
  stato davvero convincente...Anche il dialetto... - Il dialetto me lo ha
  insegnato il nonno; ci teneva moltissimo, non amava molto parlare in
  italiano. Io ero il nipote preferito ed era felice di parlare con me in
  dialetto. - Bella prova d'attore
  davvero, ci sono cascato! - Ti confesso, Stefano,
  che ero molto imbarazzato. Mi sono addirittura fatto una canna per trovare il
  coraggio; forse non ero del tutto cosciente, altrimenti, aspirante attore o
  no, non ci sarei mai riuscito.... A questo punto è tutto
  chiaro. Lo sguardo che mi lancia è inequivocabile. Comprendo, anche con il
  minimo sindacale che aziona il mio cervello stasera. Non sono in vena di
  parole. Avvicino la mia bocca alla sua e lui reagisce infilandomi la lingua
  fino alle tonsille. Buon uomo! Così mi piace! Alla fine scopro che gorilla
  zoticone è bello! - Dottore, mi devi
  aiutare, ho un problema. - Dimmi.. - Preferisco fartelo
  sentire. Sono conquistato dalla sua
  logica. La caccia al gorilla è
  finita, ora si comincia a giocare al dottore.. Mentre usciamo dal locale
  incrociamo Paolo e Matteo, i due grandi scommettitori. Paolo è il solito
  provocatore. - Ehi ragazzi, dove state
  andando? Stiamo giusto lanciando una nuova 
  scommessa! Con la sua calda voce
  baritonale, Matteo lo riprende: - Lasciali stare Paolo,
  quei due non hanno mai scommesso una sola volta in vita loro! |