Fluitazione

 

 

La nostra squadra era formata da boscaioli esperti ed era considerata la migliore della compagnia per cui lavoravamo, l’Oregon Forest Management. Io ero molto orgoglioso di farne parte. Ci ero entrato due anni prima, a soli ventidue anni: ero il più giovane del gruppo, ma non mi mancava l’esperienza, perché avevo incominciato a lavorare a sedici anni, quando me n’ero andata da casa.

Eravamo molto affiatati e per me la squadra era diventata la mia famiglia. I buoni rapporti tra di noi dipendevano dal felice assortimento di caratteri, ma anche molto dal caposquadra, Alex, che sapeva gestire le situazioni difficili, e dalla grande umanità di alcuni degli uomini, in particolare Bart.

L’essere la squadra migliore significava avere un buon salario, ma presentava anche alcuni aspetti meno piacevoli. Il principale era che ci toccavano i lavori peggiori. E infatti assegnarono a noi il taglio alla Great Elk Valley.

Ce lo disse il caposquadra, Alex, una delle ultime sere che lavoravamo a est di Pendleton. Avevamo finito di cenare e Alex ci diede la notizia:

- Ragazzi, quando abbiamo finito qui, ci spostiamo alla Great Elk Valley.

Bob osservò, perplesso:

- Ma… non è mai stata un’area di taglio, quella, la strada non è adatta al passaggio di grossi camion. Come fai a trasportare i tronchi?

- No, infatti, non viaggeranno su strada. Li faremo scendere a valle per fluitazione.

La fluitazione è la pratica di far scivolare i tronchi degli alberi abbattuti in acqua e lasciare che la corrente li trasporti a valle, dove sono poi raccolti. Già in quegli anni si ricorreva di rado a questo sistema, che presenta diversi inconvenienti, tra cui quello di provocare danni all’ambiente e rischi notevoli per chi si occupa della manovra dei tronchi in acqua. 

Rimanemmo tutti sorpresi. Bob osservò:

- Ma nessuno di noi ha esperienza. E, cazzo! non puoi improvvisarti. Ci lasci le penne.

Il caposquadra annuì.

- Verranno due nuovi, che sanno come fare. Della parte in acqua si occuperanno loro due e Paul… Che cazzo c’è, Paul?

Guardammo tutti Paul: sembrava aver ricevuto un pugno nello stomaco. Scuoteva la testa, boccheggiando. Non riusciva a parlare.

Ci stupimmo della sua reazione e attendemmo spiegazioni. Infine Paul riuscì a dire:

- No, Alex, non è possibile. Non me la sento.

Alex lo guardò, perplesso.

- Da quanto mi hanno comunicato dalla direzione, tu hai esperienza, è nel tuo curriculum. Sovrintenderai a tutta la parte in acqua.

Paul scosse di nuovo il capo. Era chiaramente sconvolto. Noi non capivamo. Guardò Alex smarrito.

- No, Alex, non posso, non posso.

Alex era disorientato. Anche lui non riusciva a capire. Paul era un tipo tranquillo, che lavorava molto e bene e non dava mai problemi.

- Che c’è, Paul? Sarete in tre, esperti, e avrete tutti un supplemento di paga.

Il lavoro di chi si occupa della gestione del legname in acqua è pagato di più perché presenta molti rischi. In certe fasi ci vuole pochissimo a scivolare in acqua, rischiando di essere schiacciati tra due tronchi o di affogare perché non si riesce a riemergere. Gli incidenti mortali sono uno dei motivi per cui nel corso del tempo la pratica è stata quasi completamente abbandonata.

Guardavamo tutti Paul, che chinò la testa e non rispose.

Alex si alzò e disse:

- Paul, non so quale sia il problema, ma la compagnia ha deciso così e non credo che ci sia niente da fare. Se vuoi ne possiamo parlare da me.

Paul sapeva di non potersi rifiutare: sarebbe stato licenziato, perché evidentemente nel contratto che aveva firmato era indicata anche la sua disponibilità a svolgere questa mansione. Su questo Alex non aveva nessun potere.

Paul chinò il capo e non disse più nulla. Sembrava respirare a fatica. Bart gli mise un braccio intorno alle spalle e lo attirò a sé, facendogli appoggiare la testa contro il suo petto. Paul incominciò a piangere: gli vedevo le spalle scosse dai singhiozzi. Eravamo tutti allibiti e non riuscivamo a capire che cosa lo sconvolgesse tanto. Non lo avevamo mai visto piangere.

Dopo un po’ tra le braccia di Bart si calmò. Bart lo accompagnò a coricarsi e rimase accanto a lui, come si fa con un bambino piccolo.

Io ero turbato e tardai ad addormentarmi, contrariamente al solito. Ero ancora sveglio quando Bart tornò nella baracca dove dormivamo io, lui e altri quattro. Lo guardai spogliarsi alla luce della lampada.

Bart mi piaceva. Aveva trentacinque anni, ma ne dimostrava di più. Mi piaceva vedere quel corpo forte, che gli anni avevano appesantito. Quando ci facevamo la doccia, lo guardavo, cercando di non farmene accorgere. Aveva una pancia prominente, dovuta all’amore per la buona tavola e la birra, sotto cui sporgeva un cazzo voluminoso e un bel paio di coglioni. Non era bello, ma mi attraeva più degli altri, non so perché. Un amico mi disse una volta che cercavo una figura paterna, perché non avevo conosciuto mio padre e il mio patrigno non si era mai interessato a me. Non so se sia vero, di certo mi sono sempre piaciuti gli uomini più vecchi di me. Comunque Bart ritornava spesso nelle fantasie che accompagnavano le seghe, la mia unica attività sessuale. Da tempo avevo capito di essere gay, anche se non avevo mai combinato niente: le donne non mi interessavano, ma con gli uomini non sapevo come muovermi e avevo paura che si venisse a sapere.

A colpirmi in Bart non era solo l’aspetto: mi piaceva moltissimo la sua umanità. Eravamo una bella squadra, ma Bart era più sensibile degli altri e se uno di noi aveva bisogno di qualcuno con cui confidarsi o di una spalla su cui piangere, lui era sempre disponibile.

 

Dopo aver concluso il lavoro vicino a Pendleton, raggiungemmo la Great Elk Valley.

Insieme a noi arrivarono i nostri due nuovi compagni, Tom e Andy. Ci sistemammo in un edificio del corpo forestale, che la compagnia aveva affittato, a trenta minuti in auto dall’area in cui tagliavamo gli alberi. Avevamo camerate da sei e servizi in comune. Al termine della giornata di lavoro ci facevamo la doccia e poi cenavamo.

Io cercavo di essere tra i primi a lavarmi e poi indugiavo a guardare i miei compagni sotto la doccia, ormai mezzo vestito: in questo modo mi era più facile nascondere eventuali erezioni. Badando a non farmi scoprire, osservavo gli altri. Prima dell’arrivo di Tom e Andy, guardavo soprattutto Bart, poi la mia attenzione si concentrò sui nuovi arrivati. Erano davvero due gran bei maschi. Entrambi sulla trentina, si assomigliavano molto, sia nel viso, largo, sia soprattutto nel corpo. Erano alti e alquanto robusti, com’è normale per chi fa un lavoro fisico pesante come quello del boscaiolo: spalle ampie, braccia e gambe possenti; una fitta peluria sul petto, il ventre, gli arti; barba e baffi. Questa rassomiglianza però era resa meno evidente dal colore del pelo, nerissimo per Tom, biondo per Andy, e degli occhi, scuri per Tom, verdi per Andy: la fitta peluria nera di Tom sembrava renderlo più massiccio e conferiva al suo viso un aspetto truce, che in realtà non corrispondeva al suo carattere, aperto e cordiale. La peluria bionda di Andy, non meno fitta, sembrava invece schiarire la sua pelle e dare al suo viso un’aureola di luce.

Nelle mie fantasie notturne alternavo Bart, Tom e Andy o magari li usavo insieme, in combinazioni diverse.

 

Nei primi giorni non ci furono problemi di nessun tipo: abbattevamo gli alberi selezionati, segavamo i rami e ci preparavamo a farli scendere al fiume, il Great Elk River. Paul era preoccupato, ma per il momento non si lavorava ancora sull’acqua.

Tom e Andy si dimostrarono subito due grandi lavoratori, amichevoli e sempre pronti a dare una mano. Notammo che tra loro c’era una grande intimità. Stavano sempre vicini e non era raro che avessero gesti affettuosi: una mano posata sul braccio, un sorriso, una carezza leggera. Niente di troppo esplicito, ma qualcuno cominciò a fare qualche mezza battuta.

Nonostante questo, probabilmente non ci sarebbero stati problemi, se non avessero chiarito loro stessi la natura del loro legame.

Fu una sera. Eravamo alla fine di giugno e le giornate erano molto lunghe. Dopo cena Andy e Tom si allontanarono.

La loro assenza si prolungava e Daniel disse:

- Ma che fanno quei due? Scopano?

Fu Bart a rispondere:

- Cazzi loro.

Quando ritornarono, dopo un’ora, Daniel disse:

- Dove cazzo eravate finiti? Stavate scopando?

Era una mezza battuta, ma Tom rispose, senza sorridere:

- Sì.

Era chiaro che Tom non scherzava e ci fu un momento di disorientamento: nessuno si aspettava una risposta così diretta.

Daniel fu preso alla sprovvista e replicò:

- Siete due finocchi?

Tom rispose, seccamente:

- Sì, ma preferirei se usassi un altro termine, magari gay, se lo conosci.

Ci fu un momento di silenzio. Eravamo tutti in imbarazzo.

La faccenda ci aveva disorientato: gli anni ’70 stavano finendo e sulla costa occidentale c’erano alcune comunità gay, tra cui quella di San Francisco, che conoscevamo tutti di fama, ma tra i boscaioli dell’Oregon era difficile trovare qualcuno che si dichiarasse gay. Non capivo perché Tom avesse deciso di rispondere così francamente: mi sembrava assurdo. Mi resi conto soltanto in seguito che per Tom quella di non nascondersi era una scelta precisa.

Le risposte di Tom sembrarono alzare un muro tra loro due e il gruppo: dopo quella sera tutti tendevano a tenersi alla larga e li guardavano con una certa diffidenza. E ogni tanto qualcuno faceva una battutina sul loro legame. L’unico che invece stabilì un buon rapporto con loro fu Bart. Anch’io in realtà avrei voluto fare amicizia, perché mi attraevano. Mi sarebbe piaciuto chiedere loro tante cose, ma evitavo di avvicinarmi, perché non volevo che gli altri mi prendessero per il culo.

 

Arrivò infine il momento di far scendere i tronchi in acqua e radunarli per il trasporto. Paul era angosciato. Al momento di incominciare, disse:

- E mi tocca pure lavorare con quei due…

Notai però che dopo quella prima battuta non disse più nulla contro Tom e Andy. Quando si parlava del lavoro, diceva che erano esperti e davvero in gamba, per cui con loro si sentiva più sicuro.

- Meno male che ci sono loro. Sanno quello che fanno.

Il lavoro però gli pesava moltissimo e ogni mattina quando scendeva al fiume lo vedevamo cupo.

Tom e Andy invece non si lamentavano: eseguivano il loro lavoro con grande concentrazione ed era evidente che conoscevano i rischi che correvano, ma non sembravano avere paura.

Stavano molto per conto loro. Un po’ chiacchieravano con Bart, che si avvicinava volentieri. Con gli altri scambiavano poche parole.

Qualche volta la sera si allontanavano dal campo e allora gli altri facevano battute: eravamo sicuri che si isolassero per scopare.

A me sarebbe piaciuto vederli e più volte ebbi la tentazione di seguirli. A lungo evitai di farlo: avevo paura che mi scoprissero o che gli altri capissero le mie intenzioni. Man mano che passavano i giorni e il lavoro si avviava alla conclusione, mi dissi che non avrei avuto un’altra occasione.

Mi vergognavo, avevo ventiquattro anni e non ero più un ragazzino. Eppure non riuscivo a controllare il desiderio.

Incominciai ad assentarmi all’ora in cui a volte lasciavano il campo, poi, quando ormai ero sicuro che non sarebbero arrivati, ritornavo con gli altri.

Qualcuno mi chiese come mai avevo preso l’abitudine di queste passeggiate serali: scherzavano sul fatto che dovevo aver trovato qualche bella ragazza o magari una femmina d’orso disponibile.

Infine, al terzo giorno di appostamenti, li vidi arrivare. Superarono il punto in cui mi trovavo e mi dissi che non li avrei seguiti: a ventiquattro anni mettermi a spiare due che scopavano era davvero ignobile.

Rimasi fermo un momento, ma non appena scomparvero alla vista, li seguii. Temevo di essere sorpreso: mi sarei vergognato terribilmente.

Si fermarono, uno di fronte all’altro. Andy mise le mani sulle guance di Tom, lo attirò a sé e lo baciò sulla bocca. Poi si staccarono e Tom accarezzò la testa di Andy, gli mise una mano sotto il mento e lo baciò. Poi le mani di Tom scesero lungo il corpo di Andy, delicate, e risalirono fino al viso. Continuarono a lungo ad accarezzarsi e baciarsi, con molta dolcezza.

Io li guardavo e la tenerezza dei loro gesti mi sconvolgeva. Nelle mie fantasie erotiche immaginavo amplessi brutali, che erano quasi stupri, non questa estrema dolcezza. Avrei voluto unirmi a loro, lasciarmi accarezzare e baciare. Mi sembra di desiderare il tocco leggero delle loro dita o delle loro labbra più di tutto quello che sarebbe seguito.

Poi Tom si mise a spogliare Andy. Lo faceva lentamente, senza nessuna fretta. Gli sbottonò la camicia e poi gliela allargò, gli succhiò i capezzoli, gli accarezzò il petto e lo baciò di nuovo. Gli sciolse la cintura e gli calò pantaloni e mutande. Poi s’inginocchiò davanti a lui, gli baciò la cappella, mentre con le mani percorreva il suo corpo. Andy gli accarezzava la testa, gli scompigliava i capelli, si chinava per passargli le mani sulla schiena. Poi, ridendo, lo allontanò e lo spinse a terra. Si tolse le scarpe e si sfilò pantaloni e mutande che aveva arrotolati alle caviglie, mentre Tom sorrideva e lo guardava, steso sulla schiena. Andy spogliò Tom in modo del tutto diverso, con movimenti decisi, che non lasciavano spazio a carezze e baci, ma quando Tom fu nudo, si stese su di lui e ripresero a baciarsi e ad accarezzarsi. Vedevo le mani scure di peli di Tom stringere il culo di Andy con forza. Ora i loro baci erano più appassionati e la tenerezza lasciava il posto al desiderio.

A un certo punto Andy si sollevò, afferrò i piedi di Tom e li allontanò uno dall’altro, poi si mise in ginocchio e gli sollevò le gambe, mettendosi le caviglie sulle spalle. Si sputò sulla mano e sparse la saliva sul buco del culo di Tom e sulla propria cappella. Io avevo il cazzo duro e quando Andy infilzò Tom, mi infilai la mano nelle mutande. Andy spinse piano il cazzo in culo a Tom e poi incominciò a muovere avanti e indietro il culo.

Io venni.

D’improvviso mi vergognai. Mi allontanai rapidamente, mi pulii e raggiunsi i compagni alla base.

 

Il giorno seguente Paul si rivolse ad Alex e gli chiese di essere esonerato dal lavoro. Lo scoprimmo perché uscimmo dal locale che serviva da mensa mentre Alex gli rispondeva.

- Paul, te l’ho già detto più volte. Non posso esonerarti.

- Allora mi licenzio.

- Non fare una cazzata del genere. Sei un ottimo boscaiolo. Non avrebbe senso.

- Non sto facendo niente. Fanno tutto loro due.

E con un cenno del capo indicò Andy e Tom che stavano uscendo. Anche loro lo guardarono, perplessi, senza dire nulla.

Ci sedemmo in gruppo fuori: era ancora chiaro ed era piacevole starsene nello spiazzo davanti all’edificio dove eravamo alloggiati, ma quella sera Paul stava malissimo e tutti noi eravamo a disagio. Allora Bart parlò:

- Paul, non hai voglia di raccontarci perché questo lavoro ti angoscia? Forse ti aiuterà a stare meglio.

Paul lo guardò. Scosse la testa, poi l’abbassò, come se volesse guardarsi i piedi. Pensammo che non avrebbe detto nulla, invece incominciò a raccontare:

- Lavoravamo nella contea di Malheur. Eravamo io, George e Matthew a occuparci di manovrare i tronchi in acqua. Eravamo un gruppo affiatato, tutti e tre giovani, ma ci conoscevamo da qualche anno e stavamo bene insieme, eravamo amici. Facevamo un bel lavoro. Eravamo in gamba.

Rabbrividì e continuò:

- Un giorno… stavamo sistemando i tronchi… George… non so come… non so… scivolò in acqua e i tronchi si spostarono, impedendogli di riemergere. Matthew riuscì ad allontanarli e a creare un varco, si mise a cavalcioni per aiutare George a riemergere… una cosa che non dovevamo fare, lo sapevamo, ma George rischiava di affogare… I tronchi… gli schiacciarono la gamba, ne fecero una poltiglia… George rimase sotto… quando infine riuscimmo a tirarlo fuori, era troppo tardi, aveva ventiquattro anni, l’età di Nick. A Matthew dovettero amputare la gamba.

Mi accorsi che mentre raccontava gli tremavano le mani che stringevano la tazza con il caffè. Guardai Andy e Tom. Nei loro occhi lessi comprensione e mi vergognai di tutti noi, che li tenevamo a distanza perché erano gay.

Paul rimase in silenzio, a capo chino. Bart gli mise una mano sul braccio, stringendo.

Più tardi Andy e Tom gli si avvicinarono. Fu Andy a parlare:

- Paul, avevamo capito che c’era qualche problema. Non devi preoccuparti.

Io mi vergognai di nuovo e mi dissi che d’ora in poi avrei cercato di parlare con loro, fregandomene degli altri. E nei giorni successivi lo feci. Non li spiai più, anche se avevo voglia di farlo.

 

Probabilmente tra il gruppo e i due nuovi arrivati sarebbe sempre rimasta una certa distanza, se non si fosse verificato l’incidente, che cambiò tutto.

Il lavoro procedeva e ormai eravamo quasi al termine. Paul era contento all’idea che presto ci saremmo spostati altrove, tornando alle pratiche abituali: con il passare dei giorni era diventato sempre più insofferente e faceva sempre meno. Finiva che il lavoro ricadeva quasi tutto su Tom e Andy, ma loro due non se ne lamentavano: avevano capito la situazione e non lo forzavano in nessun modo. Paul invece se ne vergognava, perché non era uno che battesse la fiacca, ma era più forte di lui. Ad Alex parlò chiaramente:

- Io i soldi in più per il lavoro sull’acqua non li voglio. Fanno tutto Tom e Andy. Dalli a loro.

- I rischi li corri anche tu. E non posso certo cambiare le condizioni, io. Al massimo posso dire che ho affidato la direzione a Tom, invece che a te, ma non cambia molto.

- Fallo, che di certo Tom e Andy si meritano quei soldi più di me.

 

Gli ultimi giorni incominciò a piovere e questo rallentò i lavori. Era una pioggia violenta, che sembrava non volesse smettere mai.

Il fiume si gonfiò e la corrente divenne più impetuosa. Paul era sempre più angosciato

Infine la pioggia cessò e tornò il sereno, ma a monte ci fu una frana, che portò a valle detriti e rese l’acqua torbida: le condizioni di lavoro per chi si occupava di radunare in acqua i tronchi peggiorarono di colpo.

 

Il giorno prima della conclusione dei lavori Paul, Tom e Andy lavoravano al carico che sarebbe partito il giorno dopo. Noi ci occupavamo di far scendere fino al fiume gli ultimi tronchi abbattuti e loro tre li sistemavano in acqua, riunendoli: non era un lavoro facile, perché la pioggia e la frana avevano reso violenta la corrente. Nel tardo pomeriggio, quando ormai eravamo quasi alla fine della giornata di lavoro, Paul mise male un piede e scivolò in acqua. Si rese conto di stare cadendo e lanciò un grido disperato:

- No!

C’era un tale orrore in quell’urlo, che ci raggelò.

In un attimo Paul scomparve, mentre i tronchi si chiudevano sopra di lui. La corrente spostava rapidamente i tronchi anche nell’area in cui venivano raccolti e l’acqua torbida impediva di vedere ciò che c’era sotto.

Chi aveva assistito alla scena urlò e tutti corremmo verso la riva, angosciati. Qualcuno gridava agli altri:

- Paul è caduto, è finito sotto i tronchi!

Tom e Andy si mossero rapidissimi. Raggiunsero il punto in cui Paul era caduto, spostarono i tronchi, creando un varco in mezzo, e mentre Andy impediva ai tronchi di unirsi nuovamente, Tom si gettò in acqua. Andy sembrava un equilibrista, sempre sul punto di cadere nel fiume e noi lo guardavamo trattenendo il respiro: se fosse davvero caduto e i tronchi si fossero riuniti sopra di loro, rischiavano di morire tutti e tre. La corrente spostava i tronchi, quello su cui stava Andy come quelli che lui cercava di tenere a distanza e ci sembrava impossibile che riuscisse non dico a tenere sgombra l’area in cui si era immerso Tom, ma anche solo a rimanere in piedi. Noi tacevamo, timorosi di disturbare in qualche modo le manovre, ma ogni tanto qualcuno diceva, a bassa voce, “Ora cade”, “Sono fottuti”, “Non possono morire così!”, “Non ce la fa, non ce la può fare”. Ricordo ancora quei pochi minuti come il momento più angoscioso della mia vita. Eravamo tutti lì, sulla riva, senza poter fare nulla, mentre Andy si sporgeva per tenere lontani i tronchi e a ogni momento temevamo che perdesse l’equilibrio. Era chiaro che tenere i tronchi separati gli costava uno sforzo tremendo, ma non mollava.

Quando Tom riemerse, tenendo tra le braccia Paul, il sollievo ci strappò un urlo, ma sapevamo che i rischi rimanevano altissimi. Un minimo errore di Andy poteva significare la morte.

Tom riuscì ad aiutare Paul a issarsi su un tronco e poi salì anche lui, mentre Andy manovrava i tronchi, in modo da permettere ai due di arrivare a terra.

Poi anche lui passò di tronco in tronco, fino a riva. Era tutto sudato ed esausto: quei pochi minuti gli erano costati una fatica enorme. Bart lo abbracciò.

- Li hai salvati, grazie!

E d’istinto lo stringemmo anche noi, in un grande abbraccio collettivo, che ci fece bene.

Paul aveva una ferita alla testa: quando aveva cercato di emergere, aveva sbattuto la testa contro un tronco. Per fortuna non era niente di grave, solo un taglio superficiale. Aveva bevuto ed era intontito, ma dopo che la ferita fu medicata, si alzò, abbracciò Tom e gli disse:

- Grazie, fratello.

Poi si volse ad Andy e lo invitò ad avvicinarsi con un gesto. Abbracciò anche lui, dicendo:

- E grazie anche a te, fratello.

Rimasero abbracciati tutti e tre un momento, poi Paul si staccò e, rivolgendosi a tutti noi, disse:

- Se non era per questi due, oggi finivo come il povero George.

E guardò Tom e Andy sorridendo.

Alex osservò:

- Non so perché ti lamenti: di fatto hai lavorato tutto il tempo con la squadra di salvataggio.

 

Quel giorno finirono le battute su Andy e Tom. Magari qualcuno scherzava ancora, come prendevamo in giro Bart per il suo amore per la birra o Lou perché raccontava sempre delle sue conquiste femminili, ma non c’era più nessuna ostilità. Erano diventati due di noi e in qualche modo cercavano tutti di rimediare al periodo in cui li avevano tenuti a distanza.

 

Concluso quel lavoro ci spostammo sulle Salmon Mountains, dove fortunatamente il trasporto del legname non avveniva più per fluitazione.

Avevamo baracche a quattro posti. Bart mi chiese se mi andava di dividere la baracca con lui, Tom e Andy. L’idea mi piaceva molto: erano i tre maschi che più mi attraevano e avrei avuto più occasioni di contemplarli.

Al termine della prima settimana, il sabato sera, Bart mi disse:

- Nick, questa sera tu ed io andiamo a puttane e lasciamo la baracca ai nostri amici, che possano scopare liberamente.

Tom rise e disse:

- Un pensiero davvero gentile, Bart. Mi stupisco.

Bart replicò:

- Non credevi che potessi avere pensieri gentili?

- No, non credevo che tu potessi avere pensieri, di qualunque tipo.

Bart rise e si limitò a dire:

- Stronzo!

Lui e Tom si prendevano in giro spietatamente, ma era chiaro che erano molto affezionati l’uno all’altro. Bart aveva un buon carattere e andava d’accordo con tutti, ma con Tom era nata una vera amicizia.

- Allora, andiamo, Nick.

Non mi aveva consultato, dando per scontato che io fossi d’accordo. Non sapevo se avesse davvero intenzione di andare a puttane o se la sua fosse solo una battuta.

Io non intendevo certo scopare con una prostituta. Sarei rimasto molto volentieri a guardare Andy e Tom che scopavano, sarebbe stato molto più interessante, ma ovviamente non potevo. Dire che non avevo voglia di muovermi mi sembrava brutto nei confronti di loro due, che erano chiaramente ben felici di avere la baracca tutta per loro e poter scopare in libertà.

Uscii con Bart, che si mise alla guida dell’auto e osservò:

- Quei due hanno diritto a starsene un po’ da soli.

- Hai ragione.

Bart guidò fino a Redcreek, trenta miglia più a valle: era la cittadina (se si poteva chiamare così) più vicina. Dubitavo che ci fossero puttane in quel paesone con un unico pub e in effetti non se ne vedevano e Bart non si preoccupò di cercarle. Entrammo invece nel pub, ordinammo da bere e chiacchierammo con alcuni operai che stavano costruendo un albergo: c’erano piani per uno sviluppo turistico dell’area. Parlammo dei nostri rispettivi lavori.

Mi scolai due birre (Bart quattro). Non ero abituato a bere molto ed ero un po’ euforico, ma non ubriaco. Bart invece sembrava deprimersi e partecipava sempre meno alla conversazione. Finì per non parlare più. Vedendolo così, gli dissi:

- Torniamo a casa?

Le baracche erano le nostre case: anche chi possedeva un’abitazione, finiva per passarci più tempo che a casa propria.

Lui annuì.

- Va bene.

Salimmo in auto. Bart mi sembrava triste, di una tristezza sconfinata. Gli chiesi:

- Che ti succede, Bart?

Scosse la testa e mise in moto, ma vedevo che soffriva e non capivo il perché. Ripetei la domanda.

- Qual è il problema, Bart? Che cosa ti è successo?

Lui mi guardò e mi sembrò che ci fossero le lacrime nei suoi occhi. Mi dissi che m’ingannavo, al buio non potevo vedere.

Bart guidava in silenzio e io non sapevo che cosa dire. Gli ero affezionato e mi spiaceva molto vederlo soffrire, proprio lui che era sempre pronto ad aiutare e consolare gli altri. Non capivo i motivi della sua tristezza.

- Bart, che cos’hai?

- Niente, Nick. Lascia perdere. Passerà.

A metà strada, Bart disse:

- Cazzo, devo pisciare.

C’era una strada sterrata che conduceva a uno spiazzo dove erano accatastati alcuni tronchi. Bart la seguì fino alla piazzola. Io non capivo perché non si fosse fermato all’inizio della sterrata o non avesse semplicemente accostato di fianco alla statale: di certo non passava nessuno a quell’ora di notte.

Scese e lo imitai, perché anch’io avevo bisogno di svuotare la vescica. Ci avvicinammo alla catasta, Bart tirò fuori l’uccello e io feci lo stesso. Pisciare fu un piacere.

 

Dopo aver finito, Bart guardò in alto. Non c’era la luna e il cielo era davvero uno spettacolo: c’erano infinite stelle, con la Via Lattea perfettamente visibile.

- Cazzo, che meraviglia!

Bart non si era chiuso i pantaloni e aveva sempre l’uccello fuori. Pensai che se ne fosse dimenticato e stavo per dirglielo, quando lui si sbottonò la camicia e se la tolse. Poi si calò i pantaloni e le mutande e si sedette nudo sull’erba, accanto alla catasta di tronchi. Era buio, perché non c’era la luna, ma alla luce delle stelle potevo vedere il suo corpo forte.

- Si sta bene senza vestiti, Nick.

Non sapevo bene che dire. Bart non era ubriaco, la voce era quella di sempre. Al massimo poteva essere leggermente su di giri, com’ero io.

- Dai, spogliati anche tu.

Non so perché lo feci. O forse lo so benissimo. Ero un po’ spaventato, ma speravo che la cosa non finisse lì, con noi due nudi nello spiazzo a guardare il firmamento.

Mentre mi spogliavo, Bart disse, con la voce roca:

- Chissà se è Andy a metterlo in culo a Tom o è Tom che fotte Andy…

Non sapevo che dire. Mi sentivo debole, avevo la sensazione che le gambe non mi reggessero. Quando fui nudo, mi sedetti di fronte a lui.

Si avvicinò a me, mi appoggiò le mani sul petto, mi strinse i capezzoli tra le dita e li strizzò. Sussultai. Poi mi spinse a terra e si sdraiò su di me, mentre mi accarezzava.

Il calore del suo corpo, il movimento delle sue mani, il suo odore, tutto mi stordiva. Avevo la sensazione di essere ubriaco.

Infine mi baciò e io lasciai che le sue labbra si unissero alle mie e poi la sua lingua si infilasse nella mia bocca.

- Mi piaci da impazzire, Nick.

- Anche tu mi piaci, Bart.

- Questo vecchio grassone davvero ti piace?

Scossi la testa.

- Mi piaci Bart, così come sei.

Lui mi accarezzò delicatamente, poi mi chiese:

- Che cosa vuoi fare?

Sorrisi e dissi:

- Tutto.

Bart rise:

- Ingordo!

Poi aggiunse, piano:

- Non hai mai fatto niente?

Scossi la testa.

- Allora forse è meglio se incominci a mettermelo in culo tu. Poi… vediamo.

Si mise in ginocchio. Le sue mani percorrevano il mio corpo, in carezze, ora leggere, ora più decise, dal viso al cazzo ormai teso, poi la sua bocca seguì lo stesso percorso. Mi mordicchiò i capezzoli, strappandomi un gemito. Poi le sue labbra avvolsero il cazzo. Succhiò un momento, poi lo lasciò andare. Sorrise e si mise a quattro zampe.

- Va bene così?

- Va benissimo.

Si sputò sulla mano e s’inumidì bene il buco del culo. Io lo guardai un po’ incerto. Non sapevo bene come muovermi.

- Non ti preoccupare Nick. Fa’ quello che ti senti.

Mi stesi su di lui e, sentendomi goffo, spinsi il cazzo a forzare l’apertura. Quando entrai, il piacere fu così intenso, che ogni altro pensiero scomparve. Mi lasciai guidare dal desiderio e incominciai a fottere quel culo caldo che mi accoglieva. Non andai avanti molto a lungo: ero impaziente e non avevo nessuna esperienza. Venni con un gemito che era quasi un grido e mi abbandonai sul corpo che avevo posseduto.

Bart si lasciò scivolare a terra e rimanemmo a lungo così, lui sotto e io sopra, il cazzo non più rigido, ma ancora nel suo culo. Gli accarezzavo piano la testa.

Più tardi sentii il desiderio ridestarsi. Bart avvertì il tendersi del mio cazzo e disse:

- Ora togliti. Facciamo il cambio, se te la senti.

- Sì, va bene.

Per quanto intimorito, volevo che anche Bart potesse godere e soprattutto ero curioso di scoprire che cosa si provava a prenderselo in culo.

Mi lasciai scivolare di fianco a lui, sulla schiena. Lui si sollevò e mi voltò a pancia in giù.

Sapevo che ora mi avrebbe inculato e provavo un po’ di paura. S’inumidì le dita e percorse più volte il solco tra le natiche. Era piacevole. Quando le sue dita indugiarono sull’apertura, mi tesi un po’, ma poi mi rilassai. Un dito si spinse all’interno, inumidendo. Mi sfuggì un gemito.

Con l’altra mano Bart mi accarezzava. Ogni tanto mi mordicchiava il culo. Poi si stese su di me, mi morse con forza la spalla e così quasi non mi resi conto che stava entrando in me.

Le sue mani mi accarezzavano la nuca e i capelli, la sua bocca mi baciava sul collo. Prese a muoversi avanti e indietro, con lentezza. Era un po’ doloroso, ma era anche bello. Mi piaceva sentirlo dentro di me, mi piaceva il movimento con cui avanzava e poi si ritraeva. Proseguì a lungo e infine accelerò il ritmo e venne con un suono sordo.

Poi si girò sulla schiena e rimanemmo distesi, lui sotto di me, io appoggiato su di lui, il suo cazzo ancora in culo. Mi accarezzò i coglioni, poi mi afferrò l’uccello e lentamente mi portò al piacere. Venni per la seconda volta.

 

Quando tornammo alla baracca, era molto tardi. Ci muovemmo in silenzio, per non disturbare Andy e Tom, di cui sentivamo il respiro pesante.

Andy era steso su un fianco e Tom dietro di lui, nella stessa posizione, lo stringeva tra le braccia. C’era una tale tenerezza in quell’abbraccio che sarei rimasto a contemplarli per tutta la notte, per quanto fossi stanco. Ma quando alzai gli occhi su Bart, vidi che mi guardava e nei suoi occhi lessi una domanda, che era quasi una supplica.

Annuii e dissi:

- Va bene.

Ci spogliammo. Mi stesi sul letto, su un fianco, e Bart si mise dietro di me. Mi abbracciò stretto.

L’indomani mattina Tom e Andy ci avrebbero visto e avrebbero capito. Andava bene così. Era meraviglioso sentire Bart che mi stringeva, stavo benissimo, tanto bene che continuo ancora oggi a dormire tra le sue braccia.

 

2022

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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