L‘orticaria

 

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Orlando Lucio Betancur del Socorro. Nando copia il nome scritto sul modulo, con una certa insofferenza. È tanto lungo che deve utilizzare un carattere particolarmente minuto. Una volta finito, guarda in faccia il suo cliente.

– Tutto qui? Sicuro che poi non saltano fuori altri nomi e cognomi?

Il tono tra il sarcastico e l’ironico non viene colto.

– È quello sul documento, no? Ma in effetti al mio paese avevo altri due nomi.

Nando strabuzza gli occhi.

– Sul serio?

– Sì, là ero registrato come Orlando Lucio Alejandro Pedro, ma qui in Italia pare che i campi predisposti nei programmi non siano sufficienti a contenere tutti questi caratteri, quindi me l’hanno tagliato.

– Spero abbiano tagliato solo quello – mormora Nando, tra sé e sé.

La battuta è maliziosa, ma Nando pensa che tanto il cliente non può sentirla, o, mal che vada, neppure la capisce.

– Il resto è tutto integro. C’è bisogno di una verifica? – risponde invece, facendo cenno di slacciare il cinturone borchiato alla Elvis Presley.

– Ok, ok, scherzavo.

Non solo l’ha sentita, ma l’ha pure capita. Nando si ritrova spiazzato.

– Da quanto tempo sei in Italia?

– Da quarant’anni.

Nando guarda sul modulo la data di nascita e fa due conti. Betancur è in Italia da quando aveva un anno. Si dice che è meglio rientrare nei ranghi e dargli pure del lei.

Continua a riportare sul computer i dati del modulo, fino alla sezione titolo di studio, che è rimasta in bianco. Non sarebbe obbligatorio, ma serve per le statistiche.

– Mi scusi, ha dimenticato d’indicare il titolo di studio.

– Lo spazio è troppo poco anche per quello.

Nando lo guarda bene in faccia.

– È sufficiente restare sul generico. Diploma? Laurea?

– Tre lauree, un dottorato e due master.

– Ho capito.

Nando ci fa stare tutto, riportando il carattere a 8. Adesso sarebbe anche propenso a dargli del voi.

Stampa il contratto e gli porge la penna.

– Una firma qui sotto e abbiamo finito.

– Grazie.

– Grazie a lei per averci preferito come suo gestore telefonico.

Orlando fa due passi verso la porta, poi torna indietro.

– Ha dimenticato di restituirmi i documenti.

Nando si dà una manata sulla fronte, si avvicina alla fotocopiatrice e solleva il coperchio.

– Mi scusi tanto, dottore. Ecco a lei. Arrivederci.

Orlando fissa per un attimo il badge che Nando tiene appeso al taschino.

– Arrivederci, Fernando.

Betancur rispecchia molto da vicino il suo tipo d’uomo: spalle larghe, bel culo. Con quei jeans attillati non ha potuto fare a meno di notarlo. L’ha visto bene, perché teneva la giacca appesa a un dito, dietro la spalla. Appena uscito Betancur, esce dal negozio anche lui, appoggiandosi alla vetrina. Con lo sguardo lo segue mentre si allontana. Appena arrivato all’angolo qualcuno lo chiama. Betancur si volta e sorride, prima di essere travolto dall’abbraccio di una bella donna. Nando rientra in negozio. Ne ha visti passare tanti di bei tipi davanti al suo bancone. I tipi che lo attraggono sono sempre inavvicinabili, però. D’altra parte non è colpa loro. È lui che non cerca nei posti giusti. Anzi, non cerca e basta. Vuole una vita semplice, senza complicazioni. Vuole essere ignorato, passare inosservato, crogiolarsi, se e quando vuole, in una confortante autocommiserazione. Vuole essere l’ultimo dei mohicani, il guardiano del faro, il cavaliere solitario. Può ottenerlo facilmente. Per riuscire attraente per qualcuno dovrebbe nutrirsi di calamite tutto il giorno.

 

Se c’è una cosa che Nando odia è innamorarsi di qualcuno che non lo degna nemmeno di un'occhiata, oppure innamorarsi di un etero. Come abbia fatto a innamorarsi di Anacleto, resterà per sempre un mistero. Abitano nello stesso palazzo da due anni. Quando s’incontrano si fermano a chiacchierare del più e del meno, scherzando e ridendo. Anacleto è sempre allegro. Ma ultimamente ha qualcosa che non va. Vuole lasciare la sua ragazza. Glielo ripete da due mesi. E da due mesi è triste. E la sua tristezza l’ha conquistato. Forse soffre della sindrome della crocerossina. Amare le persona sbagliate è nella sua natura. Nando si è convinto di farlo appositamente, per non dover affrontare un vero rapporto con qualcuno. Come sarebbe amare ed essere riamati? Un tonfo in fondo al cuore gli dice che non è esattamente quello che vuole. La morsa che lo stringe non è desiderio, no, è paura. Una fottuta paura di trovarsi davanti alla persona giusta, quella che lo potrebbe comprendere, anche solo con uno sguardo. Il solo pensiero lo terrorizza. Perché? Vallo a capire. Anelare l’amore vero e fare di tutto e di più per evitarlo. Roba da andarsi a curare da uno psichiatra. Uno davvero bravo, però.

 

La sala d’attesa è al completo. Non c’è neppure una sedia libera. Nando si rassegna a restare in piedi, appoggiato al muro. Dalla sala visite 42 esce l’infermiera a raccogliere le impegnative degli ultimi arrivati. Nando le porge la sua.

– C’è da aspettare qualche minuto in più. Oggi mancano due medici. Per fortuna ci hanno mandato un rinforzo dal reparto.

– Non c’è problema. Mi sono tenuto il pomeriggio libero.

– Bene. Se vuole può sedersi sulla panca del corridoio davanti alla sala 46.

Nando guarda più avanti. La panca in effetti è vuota.

– Grazie.

Va a sedersi e guarda l’orologio. Il suo appuntamento era per le 15,00. Sono le 15,00 adesso.

Nel corridoio c’è un bel via vai. Oltre ai pazienti che entrano ed escono dalle sale visita, ci sono dottori e infermieri che camminano velocemente, da destra a sinistra e da sinistra a destra. Sembrano tutti molto indaffarati.

Finalmente sente il suo nome provenire dall’altoparlante, sala 46. Proprio davanti a lui. In effetti un paziente ne è appena uscito.

Nando bussa leggermente, poi entra.

Il medico lo invita a sedersi, senza neanche sollevare la testa.

– Mi scusi solo un attimo. Devo finire una registrazione.

Nando è rimasto senza parole. Il medico è Orlando Vattelapesca Betancur e qualcos’altro.

– Bene. Mi dica – lo invita il dottore, guardandolo finalmente in faccia, senza dare segno di riconoscerlo.

– Ho delle macchie rosse sulla schiena.

– Si spogli.

Nando pensa che dopotutto, a uno di loro due è toccato spogliarsi davanti all’altro. Però avrebbe preferito che fosse Orlando.

– Direi che si tratta di una banale orticaria. Le prude?

– Non sempre.

– Da quanto va avanti?

– Una settimana.

– Per essere sicuri farei un esame del sangue. A volte anche le allergie alimentari provocano gli stessi effetti.

– Capisco.

– Hai motivi per essere stressato?

– Può darsi, un poco – risponde Nando, sorpreso che il medico gli dia del tu.

Orlando chiama l’infermiera.

– Deve farmi un prelievo.

– Subito, dottore.

Intanto il medico inizia a scrivere qualcosa sul suo terminale. Quando ha finito, lancia una stampa.

Nando odia farsi prelevare il sangue. Per fortuna l’infermiera è molto brava: trova subito la vena. La stampa e il prelievo terminano contemporaneamente. L’infermiera chiude la fiala, prende la stampa, infila tutto in una busta di plastica e se ne va.

– Ha tempo per ripassare tra un’ora?

Ma come? È tornato a dargli del lei?

– Sì, ho il pomeriggio libero.

– Allora venga alle 17,00. Avrò finito con l’ultima visita e potremo valutare con calma, senza che nessuno ci disturbi.

– D’accordo, arrivederci dottor Betancur.

– Arrivederci, signor Pastorello.

 

Nando si perde tra gli ascensori dell’ospedale. Faceva prima a scendere per le scale. Mentre sta per uscire vede il bar. Un caffè può prenderselo anche qui. Ci sono cinque persone in coda alla cassa, ma la fila si muove rapidamente. Anche al bancone sono veloci. All’improvviso si domanda che fretta abbia. Deve aspettare le cinque e non sa cosa fare. Si rilassa.

Dopo il caffè, esce dall’ospedale e accende una sigaretta. Di fronte c’è un’edicola. Ecco cosa può fare: leggersi una rivista su una panchina del parco di fianco al parcheggio. Calcola il tempo che ci vuole per raggiungerlo. Cinque minuti, più i cinque per salire in ascensore, aggiungiamone cinque di sicurezza. Gli basterà ritornare un quarto d’ora prima dell’appuntamento. Si siede all’ombra. Per essere una giornata di giugno fa già troppo caldo.

Apre la rivista e subito gli cade sotto gli occhi un servizio fotografico sulla Land Rover Defender D1. Che esagerazione! Subito dopo c’è un camper superlusso: eleMMent Palazzo. Con stizza, richiude la rivista. Questa roba dovrebbero mostrarla solo su riviste da gente ricca. Lui si è dovuto mettere in collo 36 rate per una Punto. Mica è un dirigente d’azienda, lui. E nemmeno uno di quei professoroni che prendono 250 euro di onorario a visita. Certo che se avesse studiato... Magari poteva diventare un medico come Betancur Vattelapesca. Che tipo, quello. Prima passa dal lei al tu e poi ritorna al lei, come se niente fosse. Nando si ricorda all’improvviso che lui ha fatto lo stesso. Allora non è stato un caso. Forse il dottore se n’è ricordato. Ha solo fatto finta di non riconoscerlo, mentre invece...

Alle cinque spaccate è davanti alla sala 46. Non sa se bussare o aspettare che sia Betancur ad aprire la porta. Dopo un minuto, l’infermiera si affaccia, cercandolo con lo sguardo.

– Sì, è arrivato. Allora io vado. A domani, Orlando.

Quindi, uscendo, gli sorride.

– Può entrare. Il dottore la sta aspettando.

Il corridoio è deserto. In giro non c’è più nessuno. Nando ha una strana sensazione. Entra, richiudendo la porta.

– Allora, signor Pastorello, dall’esito degli esami non risultano allergie, quindi possiamo escluderle. È molto probabile che la sua orticaria sia originata da stress. Ci sono altre possibili cause, ma sono più rare. Per esempio in alcuni casi è dovuta al contatto con l’acqua o con elementi di vario genere. Si è disteso nudo su tavole di legno verniciate da poco?

– No – risponde Nando.

– Magari si è messo a prendere il sole su una panchina. Può essere?

– No.

– Ha cambiato casa di recente?

– No.

– Ha ristrutturato il bagno?

– No. Nella mia vita, negli ultimi sei o sette anni non è cambiato niente.

– Sicuro?

– Ho cambiato l’auto, ma è passato un anno e poi non guido a torso nudo.

– Allora è stress. Anche una vita sempre uguale, monotona, di cui a volte ci si può annoiare, potrebbe causare uno stress. Lei è sposato?

– No.

– Vive da solo?

– Sì.

– Anch’io. A volte è stressante.

– Quindi per guarire da questa orticaria che cosa mi consiglia? Devo cambiare vita?

– Questa è una decisione che può prendere solo lei. Io intanto le prescrivo una pomata e un gel per la doccia. È sicuro che non abbiano fatto lavori idraulici nel suo condominio, ultimamente?

– Sì.

– D’accordo. Proviamo con questi.

– Proviamo?

– Per quanto la ricerca sia molto avanzata, la dermatologia rimane una scienza poco precisa. Questo è dovuto al fatto che ciascuno di noi ha una pelle diversa, che reagisce in modo diverso.

Nando guarda il dorso della mano di Betancur, mentre scrive velocemente la ricetta. Ha un colore più scuro del suo, ma la grana è uguale.

– Non è solo un problema di colore – commenta il medico, che ha seguito il suo sguardo e forse anche i suoi pensieri.

– Capisco.

– La prossima settimana può tornare per un controllo?

– Sì, va bene.

– La vedrà un mio collega. Io sono qui in sostituzione.

– Peccato.

Orlando solleva lo sguardo, fissandolo profondamente negli occhi per un nanosecondo. L’effetto è più o meno quello di un fulmine in un cielo terso. Nando aspetta il rombo del tuono, che però non arriva.

– Le consiglio di acquistare pomata e gel nella farmacia subito fuori l’ospedale. So che alcuni pazienti hanno fatto fatica a procurarsele, altrove.

– La ringrazio, dottore.

Nando si alza. Nel frattempo Orlando ha spento il computer, infilato un’agenda in una borsa e si è alzato. Mentre lo raggiunge alla porta, Nando nota gli zoccoli sanitari di plastica viola.

Percorrono il corridoio insieme. Poi Orlando si ferma.

– Se mi aspetta un attimo prendiamo l’ascensore insieme.

Nando annuisce, quasi con rassegnazione, mentre Orlando entra in una saletta vuota. Poco dopo ne esce senza camice. Porta i jeans, una t-shirt nera e la cintura borchiata che ha già notato l’altra volta.

– Andiamo. L’accompagno alla farmacia. Devo ritirare anch’io un medicinale.

Si avviano in silenzio. Nando non trova niente di vagamente intelligente da dire. Betancur non pare interessato a fare conversazione con lui. Sono due perfetti estranei che per caso camminano insieme nella stessa direzione. A Nando non dispiacerebbe conoscere meglio il medico, ma ha la netta sensazione che a Betancur non interessi minimamente conoscerlo. In fondo il loro è un incontro casuale, due volte casuale.

– Eccoci arrivati. La saluto.

– Grazie, dottore. Arrivederla.

Nando si mette in coda, mentre Bentacur fa un gesto a una delle farmaciste, che gli sorride in maniera esagerata, prende qualcosa sotto il banco e glielo porge. Betancur scompare in un attimo oltre la porta automatica.

 

Per Nando è giunto il momento di chiedere aiuto. Non lo fa volentieri, anzi, odia non essere autosufficiente, ma questa volta si deve proprio arrendere. Anche riuscisse a fare il contorsionista, difficilmente potrebbe arrivare a spalmarsi la pomata dov’è necessario. Quelle macchie vigliacche gli sono spuntate proprio nella zona della schiena per lui più inaccessibile. Prende l’ascensore, ma invece di premere il tasto del terzo piano, dove abita, va al quinto. Fa un respiro profondo e poi bussa alla porta di Anacleto.

– Non c’è problema – gli risponde, dopo aver ascoltato la richiesta di Nando.

– A buon rendere.

– Se non ci aiutiamo tra noi...

Anacleto ha la mano leggera. Nando prova brividi che vanno oltre la zona trattata. Anacleto s’informa su quanto durerà la cura. Nando gli assicura che si tratta solo di una settimana, mattina e sera, e si scusa per il disturbo.

– Non mi disturbi affatto. Almeno faccio qualcosa di utile per l’umanità.

– Non mi sento di rappresentare degnamente l’umanità, ma insomma, per me è un grande aiuto. Non so come ringraziarti. Però non mi sembri il solito. Che hai?

– Non farci caso. Sono abbastanza depresso.

– Perché? Che ti è successo?

– Adriana mi ha lasciato.

– Ma non dicevi che era peggio di una zecca e che volevi lasciarla?

– E invece mi ha lasciato lei.

– Dovresti essere contento. Ti ha risparmiato una fatica.

– E no. Dovevo essere io a lasciarla.

– Ma il risultato non cambia.

– Certo che cambia. Così faccio la figura dello sfigato.

– Ma dai!

– Ho bisogno di riprendermi. È stato un duro colpo.

Nando non riesce a capirlo. Ha ottenuto quello che voleva e, invece di esserne contento, è depresso.

– Ah, prima che me ne dimentichi. Il mio amico Lorenzo Poggi finalmente espone ai Navigli. So che ti piacevano i suoi lavori. Sabato c’è l’inaugurazione della mostra. Aspetta che ti do un invito. È per due persone, così ci puoi andare in compagnia.

– Tu ci sarai?

– Certo. Ci vediamo là. Ah, già. E per la pomata?

– Ci mettiamo d’accordo sabato sera.

 

Nando è felicissimo della routine che due volte al giorno lo porta a farsi spalmare la pomata da Anacleto. Lui non si lamenta, anzi dice di esserne contento. Una sera l’ha pure invitato a cena, ma lui aveva già mangiato.

È sabato sera. Solo quando bussa alla sua porta, senza ricevere risposta, si ricorda della mostra. Non gli resta che andarci.

Nell’intenso passeggio dei Navigli, incrocio di varia umanità dedita alla movida milanese, c’è un tizio fermo davanti alla vetrina dell’Arca Esposizioni, il salone dove si tiene la mostra. Nando lo riconosce subito: è Orlando Betancur. Gli sembra che Milano sia all’improvviso diventata troppo piccola per non incontrarlo continuamente.  Con l’invito in mano, lo va a salutare.

– Se le interessa, può entrare con me. Ho un invito per due.

Betancur sorride. Poi tira fuori di tasca un identico cartoncino.

– Pare che abbiamo un interesse in comune.

Nando annuisce. Entrano insieme, ma si perdono subito, Betancur afferrato per un braccio da una donna di rosso svestita, che dimostra essere molto in confidenza con lui; Nando reclamato da Anacleto che gli vuole presentare subito l’artista che tanto stima.

Nando trascorre una serata molto interessante. Prima di andarsene, Anacleto gli chiede come si può fare per la pomata.

– Lascia perdere, non ti preoccupare. Se la salto una volta non succede niente. Buona serata.

Betancur obietta: – Invece è importante la costanza.

Nando si volta a guardarlo. Era proprio dietro di lui.

– Dottore, non posso costringere il mio vicino a tornare a casa per farmi da infermiere, le pare? Questi sono i piccoli inconvenienti del vivere da soli.

– Sì, lo capisco. Ma ci sono anche innumerevoli vantaggi.

– Innumerevoli, addirittura.

– Usciamo. Qui si soffoca.

Nando acconsente. Non che in strada si stia molto meglio. La temperatura si è mantenuta alta per tutto il giorno. E poi la zona è infestata di zanzare, che i gestori dei locali tentano di debellare con i soliti metodi empirici, che fanno atmosfera, ma producono pochi risultati apprezzabili.

Betancur si schiaffeggia con una certa decisione.

– Sono sicuro che siano attirate dal mio dopobarba.

– Provi a sostituirlo con l’Autan.

– Temo che apprezzerebbero anche quello – commenta Betancur.

D’improvviso Nando si rende conto che il suo bel dermatologo lo attira come i fari dell’auto attirano una falena. Però se ne resta a distanza di sicurezza. Ci manca solo che si prenda una cotta per lui. La sua vita è già abbastanza incasinata.

Alla prima traversa, Betancur svolta.

– Ho la macchina proprio qui a due passi. Posso offrirle un passaggio fino a casa? Dove abita?

– A un paio di chilometri a sud.

– È proprio sulla mia strada.

Nando accetta il passaggio. Non va mai ai Navigli con l’auto, perché trovare parcheggio è una follia.

Quando sono quasi arrivati a casa sua, Betancur gli fa una proposta indecente.

– Potrei farle io da infermiere, questa sera.

Nando ha la pomata in tasca. Ce l’aveva quando è andato da Anacleto, prima di ricordarsi della mostra. Non sa che fare. Farlo salire in casa, rischiando che da cosa nasca cosa, o estrarre il tubetto, così da farsi impiastricciare in macchina. Sì, da cosa nasce cosa solo nei telefilm americani. Nella sua vita non succede mai. Inutile perdere tempo, farlo perdere a lui, e illudersi sull’impossibile leggerezza delle favole.

Tira fuori il tubetto e glielo mette sotto il naso.

– Ah, gira armato.

– Può mettermela senza neanche scendere dalla macchina.

Nando avvisa che il palazzo più avanti è quello dove abita. Betancur si ferma a una decina di metri dal cancello. Certo che il dottore è uno fortunato con i posteggi. A lui non capita mai di trovare un posto così vicino a casa sua.

– Forse è meglio che io venga su da lei. Questa pomata unge molto. Poi avrò bisogno di lavarmi le mani.

– Ma certo, non ci avevo pensato. Però mi dispiace che si disturbi tanto.

– Non faccia storie. Ne approfitterò per controllare i risultati della cura.

Nando pensa divertito a che cosa potrebbe accadere se entrassero in camera da letto, dove ha rivestito le ante dell’armadio con la sua gigantografia preferita: un magnifico nudo di Rafa Martin in bianco e nero, geniale esempio di porn-art applicata all’arredamento.

Betancur fa irruzione nel soggiorno con il passo sicuro di chi è avvezzo a entrare in casa d’altri senza fare tanti complimenti, come un elettricista, un idraulico o un imbianchino, interessato solo a trovare il posto più comodo dove appoggiare gli attrezzi. Betancur prende una sedia e la sposta in mezzo alla stanza, controllando da dove arrivi la luce.

– Si spogli e si sieda.

Nando non si fa pregare. Toglie la polo, gettandola sul divano e si siede con la schiena un po’ chinata in avanti, per facilitargli la vista delle sue magnifiche macchie.

Un brontolio fa seguito alle sue azioni.

– Che c’è?

– Si sono estese.

– Ma se stamattina erano quasi scomparse!

– E cosa diavolo è successo da stamattina a ora?

Ho incontrato te, vorrebbe dirgli Nando. Ma è costretto a reprimersi.

– Niente.

– Oggi ha lavorato?

– Certo. Siamo aperti anche il sabato.

– Senta, si guardi allo specchio e mi dica se vede una differenza dall’ultima volta che si è visto.

Nando indugia. Per guardarsi allo specchio deve entrare in camera da letto.

– Non importa, dottore. Mi metta la pomata. Ho il controllo lunedì, c’è ancora tempo. Può darsi che mi abbia dato fastidio il caldo.

– Voglio essere sicuro che ci sia stato davvero un peggioramento. In tal caso cambierei la cura. Avanti, non faccia il bambino.

Ah, questa non me la dovevi dire, dottore.

Nando si alza, raddrizza la schiena e un po’ anche l’orgoglio ferito, e si dirige con passo sicuro verso la camera. Betancur lo segue.

Vieni, vieni, dottore, guarda che spettacolo!

Betancur resta del tutto indifferente di fronte all’arredamento artistico di Nando. È interessato, pare, esclusivamente alla sua schiena.

– Allora, come le sembra?

– Le macchie sono più scure. E accidenti, ce ne sono di più.

– Come temevo. Facciamo un tentativo. Modifichiamo il trattamento con il gel. Potrebbe funzionare e non avrebbe bisogno di nessuno che l’aiuti ad applicare il medicinale.

– Va bene, dottore.

– E alla visita di controllo voglio esserci anch’io.

Sembra ormai una questione di principio tra il Betancur e l’orticaria di Nando.

– Come vuole, dottore.

– Ha una fascia da doccia?

– Ma certo.

– La bagni e metta il gel sulla fascia. Poi strofini bene in ogni direzione. Lasci che asciughi e la tenga in loco per tutta la notte. Al mattino potrà lavarla via, e poi mettere la pomata.

– Mi sta complicando la vita, lo sa? Se tengo il gel sulla pelle, non devo mettere la pomata, giusto?

– Esatto, deve metterla solo al mattino.

– Ho capito.

– Bene, adesso la lascio. Buonanotte, Fernando.

Giunto alla porta, prima di varcarla, si volta.

– Bell’arredamento.

– Grazie.

Nando ripassa nella mente quest’ultima scena, per una decina di volte. Betancur era ironico? Sinceramente colpito? L’intonazione com’era? A parte sentire un vago brivido al ricordo della sua voce bassa e graffiante, non riesce proprio a decidersi. Ma in fondo che gliene importa? Dell’apprezzamento o meno di Betancur non gli frega niente. Gli importa che gli curi l’orticaria.

 

Nando non ha mai ritenuto che dormire sia uno spreco di tempo. La domenica vi si dedica con impegno, svegliandosi solo a mezzogiorno. Ma Anacleto, a quanto pare, è ancora più impegnato di lui, perché quando gli va a bussare alla porta, all’una, ci mette un bel po’ ad aprire, e anche se si trova in posizione eretta, la faccia è quella di uno che abbia la testa ancora appoggiata al cuscino.

– Scusa, ti ho svegliato?

– Perché, ti sembro sveglio?

– No.

– Appunto.

– Torno più tardi.

– Inutile. Ho bisogno di altre sei ore. Mettiamo sta pomata e poi torno a letto.

– Scusami.

– No, guarda, se cominci così, ti mando a cagare.

– Come vuoi. Datti una mossa. Prima lo fai e prima torni a dormire.

– Sdraiati.

– Seduto non va più bene?

– Se vieni a letto è meglio.

Nando comincia a farsi strane idee. È un invito sorprendente, da parte di Anacleto. Nando si schiarisce la gola.

– Lo sai chi sono, vero? Non è che mi stai scambiando con qualcuno?

Intanto Anacleto, strascicando i piedi scalzi sul pavimento si dirige nella sua camera e si butta a peso morto sul letto.

Nando gli consegna il tubetto della pomata e si corica accanto a lui, dopo essersi tolto la maglietta.

– Sì, un attimo, devo solo trovare la forza.

– Anacleto, lascia stare. Torno più tardi.

– No, ormai sono sveglio.

Anacleto si gira su un fianco e gli spreme un po’ di pomata sulla schiena. Quindi comincia a spalmarla con ampi gesti circolari. Una sensazione fantastica. Nando gli zomperebbe volentieri addosso, per fargli ben altri massaggi. Perdonalo, perché non sa quello che fa. Nando soggiace al fascino della conturbante situazione. Anacleto meno. Dopo poco s’addormenta, ipnotizzato dal suo stesso movimento.

Nando sospira, si alza sottraendosi delicatamente all’inconsapevole abbraccio di Anacleto, raccoglie il suo tubetto e se ne va.

Dimentica. Dimentica tutto. Non è successo niente. Soprattutto, è evidente che Anacleto non era in sé. Abbandona ogni speranza, o tu che vaghi di pomata in gel. Una forza superiore ti sta mettendo alla prova. Ti provoca, ma tu non devi reagire. Resisti alle tentazioni. Ma perché ogni volta che mi piace qualcuno, è etero o è impegnato?

Il resto della domenica è un ampio spazio utile per le meditazioni esistenziali. Nando di solito non vi si sottrae. E alla fine, verso l’ora di cena, decide che ha sprecato l’intera giornata a sognare un Anacleto diverso da quello che è. Tanto diverso da somigliare sempre di più al suo primo amore mai dimenticato, Mattia. Nei suoi vaneggiamenti tutti finiscono per somigliare a Mattia, da sempre e per sempre. Forse è per questo che vive di contraddizioni, di false illusioni su di sé e sugli altri. Quello che vorrebbe e che non troverà mai è un clone di Mattia. Sa che non gli basterebbe neppure una semplice somiglianza fisica. Dovrebbe anche avere lo stesso carattere, gli stessi gusti, la stessa voce, lo stesso tutto. Impossibile. Nando lo sa. Saluta con un gesto d’addio il pensiero di Anacleto e finalmente ritorna in sé. Meglio andare a dormire presto. Domani ho la visita di controllo alle otto. Devo essere fresco e riposato.

 

– Che te ne pare?

– Nessun miglioramento – decreta il dottor Betancur, senza pietà.

Nando si deprime.

– Cambiamo cura? – propone il collega.

– Insisterei con il gel, due volte al giorno.

– E se fosse una somatizzazione?

– Bisognerebbe che lo vedesse la Degirolamo.

– Chi è la Degirolamo? – domanda Nando, intromettendosi in una conversazione che sembra escluderlo, anche se sta avvenendo al di sopra della sua schiena.

– Non si preoccupi. Le farà solo alcune domande.

– Niente psichiatri, psicologi o psicoqualunquecosa – afferma Nando.

– Potrebbe aiutarla.

– Mi piace aiutarmi da me.

– Ho capito – conclude il dermatologo – continui con il gel.

– Niente più pomata?

– No, basta solo il gel, due volte al giorno, lasciandolo agire in loco non meno di sei ore.

– Si può rivestire – dice la voce un po’ roca di Betancur.

– Aspetti un attimo. Voglio fare una foto, così al prossimo controllo abbiamo un termine di paragone. Per lei va bene?

– Va bene.

Nando si lascia fotografare. Se non fosse deturpata da quelle macchie rosse, la sua sarebbe una signora schiena, molto fotogenica. Ma quei due che cosa ne possono capire? Per loro è soltanto un casuale supporto per l’intrigante sfogo di orticaria.

– Fatto.

– Posso andare?

– Per oggi è tutto. Prossimo controllo, vediamo...

Il collega di Betancur sfoglia in fretta la sua agenda.

– Tra due settimane. Lunedì alla stessa ora.

– D’accordo.

Nando saluta e esce dalla sala 46 richiudendosi la porta alle spalle, con un sospiro trattenuto.

 

Per tutta la settimana trascorsa ha perso di vista i suoi amici. Ma loro non si sentono trascurati. Lo accolgono al bar del Corsaro come se non si fosse mai assentato. Begli amici. Non si sono nemmeno accorti che è sparito per qualche giorno. Nessuno gli chiede niente.

Potevo anche essere finito sotto un tram. Forse tra un anno o due qualcuno avrebbe detto:

– Ehi, vi ricordate di quel tizio, come si chiamava? Quello che non reggeva l’alcol, che beveva solo succhi di frutta? Ma sì, quello che veniva a piedi perché era sfigato coi parcheggi. Ah, sì, Nando. Che fine ha fatto?

– È finito sotto un tram. L’ho letto sul giornale. Pare che avesse una malattia inguaribile, contagiosissima, che gli aveva deturpato tutto il corpo. Probabile che si sia ammazzato. Ha fatto bene.

Il barista gli chiede se vuole il solito. È l’unico che abbia la delicatezza di ricordare qualcosa di lui, il suo cocktail preferito, Acapulco senza tequila. La prima volta ha storto il naso, ma poi gli ha detto: – Contento tu!

L’argomento della serata è il calciomercato: uno dei più interessanti per qualcuno che odia il calcio e tutto ciò che gli gira intorno. Nando saluta presto e torna a casa.

Poco dopo si presenta Anacleto.

– E la pomata?

– Stamattina ho fatto il controllo. Mi hanno cambiato la cura. Con la pomata ho chiuso.

– Non hai più bisogno di me, allora?

– No. Ho finito di romperti le scatole. Sei contento?

– Guarda, mica tanto. Mi ci stavo abituando. Soprattutto alla nostra chiacchierata serale.

– Quella possiamo farla lo stesso. Ti va un succo di frutta?

– Qualcosa di meno salutare ce l’hai?

– No.

– Nemmeno una coca?

– Spiacente.

– Allora vada per la frutta. In fondo non ha mai ammazzato nessuno.

Anacleto si siede sul divano accanto a lui.

– Mi fai vedere almeno come vanno le macchie che ho curato con tanta dedizione?

Nando lo guarda un attimo di sottecchi. Ma possibile che Anacleto ci stia provando con lui? Possibile che all’improvviso abbia cambiato parrocchia? No, non può essere. Nando si toglie la maglietta e si gira di schiena.

– Beh, non vedo grossi miglioramenti. Anzi, se posso osare, secondo me la situazione è nettamente peggiorata.

– Potresti fare il dermatologo. È la stessa cosa che ha detto Betancur – commenta Nando rivestendosi.

– Ma non sarà il caldo? Perché non provi a restare a torso nudo, almeno quando sei in casa?

– Ci proverò.

– Non farti scrupoli, puoi anche cominciare subito.

Nando lo guarda bene in faccia, stavolta.

– Anacleto, scusa, ma non è che per caso hai cambiato tendenza?

– Ma che ti viene in mente? Pensi solo a quello, pure tu! Allora non sei tanto diverso da me. Solo che pensiamo a due cose differenti.

Così dicendo, Anacleto fa il gesto di seguire con le mani una sagoma tutta curve, davanti a sé.

– Ah, volevo ben dire.

– Ma tu, a proposito, non hai un amico particolare, un compagno, un partner, un come accidenti lo vuoi chiamare? Non me ne hai mai parlato.

– No, al momento sono single.

– Eh, anch’io. Ti piace giocare a ramino?

– Preferisco la play-station.

– E al cinema ci vai?

– Vado a vedere solo film di fantascienza.

– Io non li sopporto. Che cosa leggi?

– Fumetti, e tu?

– Preferisco la letteratura russa dell’Ottocento.

– Bene, cose in comune zero.

– Ti sbagli, c’è la pittura.

– Giusto.

– Che mostra possiamo andare a vedere sabato?

– Domenica. Io il sabato lavoro.

– È vero. E la domenica dormi fino a mezzogiorno. Come me.

– Beh, tu certe volte di più.

– Parli di ieri? È stato un caso. Sono tornato a casa alle sette. Notte brava con quella saggia donna di Olivia.

– Olivia?

– Quella con quel vestito rosso che si sono scordati di cucire.

– Ah, sì, quella che conosce pure Betancur.

– Sì, ma lui non era interessato. Olivia c’è rimasta anche un po’ male. Ho dovuto consolarla, capisci?

– Certo, non ti tiri mai indietro davanti alla possibilità di fare una buona azione. L’ho provato sulla mia pelle. Ne sono testimone.

Anacleto ride.

 

Modigliani a Palazzo Reale è una bella occasione per uscire di domenica, giornata che di solito Nando consacra totalmente alla pigrizia, non diversamente da Anacleto, da quando è ritornato single.

Piazza del Duomo è come sempre affollata di stranieri, di piccioni e di palloncini colorati. Una spruzzata di nuvole bianche fa giocare il sole a nascondino.

Davanti al ritratto di Margherita Modigliani, Anacleto gli assesta una gomitata.

– Guarda! Questa non somiglia a Olivia?

Nando non fa in tempo a rispondere, che una voce alle loro spalle commenta:

– Olivia ha gli occhi verdi, lei li aveva marroni.

– Bella donna, Olivia. Piena di fuoco – commenta Anacleto.

– Dipende dai gusti – replica Orlando.

– Dottor Betancur! Ci incontriamo dappertutto.

– Così pare. È davvero una strana coincidenza.

– Forse è un messaggio dal cosmo che dovreste decidervi a decifrare – commenta Anacleto, passando a un altro quadro.

Nando sorride per l'imbarazzante battuta dell'amico. A Betancur sboccia un sorriso molto più aperto.

– Non ha torto, il suo amico. Certe coincidenze non sono coincidenze, sono un segno del destino.

Ah, no, eh? Non mi diventare new-age, che mi vengono i conati di vomito.

– Lasciamo stare il destino, le dispiace?

– Forse potremmo darci del tu, Fernando.

– Allora chiamami Nando, come fanno tutti.

– Io sono Orlando.

Non lo sapessi.

 

Il pomeriggio vola in un attimo, per Nando. Una volta tornati all'aperto, Orlando e Anacleto s'imbarcano in una discussione sulle differenze tra la  medicina convenzionale e quella allopatica, poi passano all'omeopatia e all'erboristeria. Non sono d'accordo su niente, ma Nando tifa istintivamente per Anacleto, forse perché non è un medico.

– E tu perché ce l'hai con la psichiatria? – gli chiede Orlando.

– Niente di personale, ma mi piace tenermi i miei pensieri per me.

– Niente di personale? Ah, questa è bella!

Orlando ride.

– Signori, io vi saluto. Ho un appuntamento cui non posso mancare. Buona serata.

Così, all'improvviso, Anacleto li lascia soli.

Bastardo. L'ha fatto apposta. E adesso che ci faccio con questo?

– Beh, si è fatto tardi...

– Che ne diresti se ce ne andassimo a mangiare qualcosa? – lo interrompe Orlando.

– Beh, io di solito evito di mangiare fuori. Sai, sono vegetariano. E poi ho mangiato tanto a pranzo. Stasera mi bevo solo un succo di frutta. Magari un'altra volta.

– Ecco come fai a mantenerti in forma. Quindi non è solo la palestra.

– Non ho tempo per la palestra, però cammino molto.

– Capisco.

– Beh, io vado a prendere la metro. Ci si vede.

– Non vuoi un passaggio?

– No, ti ringrazio. Mi faccio due passi.

Insomma, quando ci si mette, Orlando diventa appiccicoso come un vecchio barattolo di miele.

Nando non è contento. Perché è tornato a casa, tra quelle quattro mura solitarie, invece di accettare l'invito di Orlando? Insomma, il dottore gli piace. Oppure no? Ecco, urge fare chiarezza. Posto che non hanno nulla in comune, tranne l'amore per l'arte, come sarebbe una relazione con lui? Nando sente che non è l'uomo giusto, però gli piace. Per qualche notte gli potrebbe anche andare bene. Tanto con Anacleto non ha nessuna speranza.

 

L'effetto del gel è pari a zero. Dopo due settimane la schiena di Nando non ha fatto che peggiorare. Il dottore per fortuna gli anticipa il controllo di due giorni, perché un altro paziente ha rinunciato alla visita. Al controllo il dottore confronta la foto scattata l'ultima volta con la deludente realtà della sua pelle chiazzata.

– Strano. Davvero strano.

– Magari serve ancora un po' di tempo.

– Cambiamo la cura. E il prossimo controllo tra una settimana.

– Il dottor Betancur non c'è?

– Non l'ho avvertito di aver spostato la sua visita, ma non si preoccupi. Anche lui le avrebbe cambiato la cura, visti i pessimi risultati.

Due giorni dopo, usando il nuovo gel, Nando si sente già meglio. Per curiosità, fa una ricerca su internet per confrontare i due gel che ha usato. Con suo grande stupore, scopre che il primo non cura affatto l'orticaria.

Che diavolo succede? Nando non si capacita. Va a prendere la scatola del primo gel e s'immerge nell'accurata lettura del bugiardino. Poi ripensa alla prima visita di controllo, quella cui ha partecipato anche Betancur. Per quanto ricordi, il nome del gel non è mai stato pronunciato da nessuno di loro. È ormai sera. Troppo tardi per chiamare il dermatologo e chiedergli spiegazioni. Che Betancur gli abbia prescritto un rinfrescante anziché un medicinale adatto alla cura, però, è un fatto innegabile. 

Bussano alla porta.

– Orlando. Pensavo proprio a te.

– Davvero? Mi fa piacere.

– Se sapessi quello che stavo pensando, cambieresti idea.

– Ho saputo che hai anticipato il controllo. Come va l'orticaria?

– Molto meglio, ma non certo grazie a te. Volevi curarmi con un rinfrescante per la pelle arrossata dei neonati?

– Devo spiegarti.

– Che hai preso la laurea con i punti dell'Esselunga? Me ne sono già accorto.

– La pomata era quella giusta.

– Però hai pensato bene di farmela interrompere.

– L'ho fatto perché volevo vederti più spesso.

Nando ammutolisce per un lungo momento.

– Ma sei pazzo? Fatti curare dalla tua dottoressa Digirolamo.

– Degirolamo.

– Comunque si chiami. Chiedile un consulto e poi fatti internare.

– Mi dispiace. Sono pentito. Volevo solo vederti più spesso. Ti chiedo scusa.

Lo sguardo e l'espressione di Orlando mostrano vero dispiacere. Nando si lascia commuovere.

– E va bene. Eviterò di denunciarti.

– Io una cura migliore per l'orticaria ce l'avrei.

– È un altro scherzo?

– No. Ma la medicina ufficiale non approva.

– E sarebbe?

– Meglio farlo che dirlo. Fidati di me.

 

Nando si fida. Perché lo fa? Come gli viene in mente? Eppure, quando Orlando gli dice che ha bisogno di bendarlo, lui non si oppone. Non dovrebbe fidarsi, dopo il tiro mancino che gli ha giocato, eppure quella voce calma, pacata, profonda, lo ipnotizza. Restano lontane, alla periferia dei pensieri e delle emozioni, tutte le sue ansie, le sue paure, le sue preoccupazioni. Si vive una volta sola, continua a dirgli una vocina impertinente, che aggiunge, non richiesta, cos'hai da perdere? Qualche ora appena in mezzo a un'infinita vita di merda. Ben venga qualunque sorpresa, qualunque deviazione da un sentiero monotono e banale. Ben venga l'intrusione di Orlando nella sua vita.

Nando è come una marionetta nelle mani del suo dottore, che lo conduce in camera da letto, spostandolo e dirigendolo per le spalle.

– Lasciati andare, – gli mormora dolcemente – fidati di me.

Nando si fida, mentre Orlando lo spoglia con calma, raccontandogli quello che sta facendo, e intanto lo accarezza.

Nando non fa caso alle parole. È concentrato sul tono, sulle sensazioni che prova sulla pelle. Gli sfugge il significato dei termini. Non gl'importa niente. Le parole sono banali, insignificanti. Conta molto, invece, quella specie di ritmo sommesso, sillabe come accordi di basso e colpi di batteria, una musica diversa, che viaggia a 432 Hz, prendendolo al plesso solare. Più in basso, intanto, arriva ben altro. Le mani di Orlando lo stanno suonando come uno strumento che pian piano trova l'accordatura giusta.

Orlando lo fa sedere sul letto, poi gli spinge le spalle indietro, fino a farlo sdraiare. Per qualche momento non sente più niente. Quell'abbandono improvviso lo fa subito sentire come un orfano. Un triste, piccolo bambino abbandonato nel buio della vita. Gli viene quasi da piangere. Si sente sull'orlo di un precipizio. Sta quasi per caderci dentro. Giusto in tempo lo riprendono le mani di Orlando, salvatrici, buone, generose, attente. Sulle ginocchia sente lo sfiorare delle ginocchia di Orlando. Poi le dita che salgono al suo volto. Non saprebbe di avere una fronte, se quelle dita non la toccassero. Sono le dita di Orlando a creare il suo naso, le sue guance, le labbra. Soprattutto le labbra. E tra le labbra le dita e poi, oltre le dita, qualcos'altro. Qualcosa che riconosce dall'odore, dalla forma, dalla consistenza. Nando l'accoglie con gioia. Ma quella gioia lui sa anche come trasmetterla e al primo gemito di Orlando si sfila la benda. Vuole guardarlo in faccia, ma non è facile. Il suo sguardo si spinge sul paesaggio dei pettorali, come dune coperte di vegetazione, e poi attraverso la vallata che le separa, sul collo che conduce al mento. Solo quando Orlando abbassa la testa per guardarlo, lo vede in viso, vede la sua espressione, come trasfigurata, che velocemente passa dalla beatitudine a una specie di sofferenza impaziente. Nello stesso tempo diventa impaziente anche il ritmo con cui spinge e ritira il suo fallo, fino a venire nella sua bocca.

– Bevi, Nando. Bevilo tutto. È questa la mia cura.

Nando non sa se parte della cura è anche il bacio che subito dopo Orlando gl'impone, con un'impazienza da padrone assoluto, possessivo, implacabile. Più che un bacio gli sembra un marchio a fuoco. Poi le labbra scendono al mento, al collo, ai capezzoli, e poi più giù, tracciando un sentiero di baci e morsi, mentre il cuore gli rimbalza nel petto come volesse uscirne. Infine la bocca di Orlando trova quello che cercava, probabilmente sin dall'inizio, e Nando esplode quasi immediatamente, in un paradiso di piacere assoluto, elettrizzando ogni singola cellula del suo corpo.

 

Per l'ennesima volta, Nando si spoglia nella sala visita 46.

– Che gliene pare, dottore?

– Il risultato è quasi miracoloso. Bene, come vede, è sufficiente trovare il medicinale che risponde meglio alle esigenze della sua epidermide. Ancora qualche giorno e sarà del tutto sparita.

Nando non gli dice che in realtà ha interrotto quella cura dopo due giorni. Dovrebbe parlargli di quell'altra, quella davvero miracolosa del dottor Betancur.

– La ringrazio.

– Facciamo un ultimo controllo il...

– No, dottore, non ce n'è bisogno. Mi vedrà Betancur, se non le dispiace.

– Come preferisce.

 

Succhiare, leccare, mordere delicatamente, mentre qualcun altro fa lo stesso con te... Quando il sacro nettare gli esplode nella bocca, lo ingoia fino all'ultima goccia. Nando non aveva mai sentito parlare di quella cura. Sa solo che funziona. Ancora pochi istanti e anche lui si svuota tra spasmi di piacere e prolungati brividi. Orlando fa una capriola per far atterrare le sue labbra sulla bocca di Nando. Un bacio profondo, infinito, che gli provoca la pelle d'oca. Orlando bacia bene come nessun altro.

– Sei guarito, Nando. Hai visto che la mia cura ha avuto effetto?

– Sì, è quasi un miracolo.

– Beh, adesso non hai più bisogno di me.

– Stai scherzando? Hai già un altro paziente bisognoso di cure?

– Ho diversi appuntamenti, in effetti.

Nando si siede sul letto. Non sa se disperarsi o incazzarsi. La sua espressione è indecisa tra una cosa e l'altra.

Orlando scoppia a ridere.

– Mi ci vedi davvero a elargire questa manna a tutti i miei pazienti? Dai, non fare quella faccia. Vorrei che tu ti vedessi.

– Credo di avere un improvviso peggioramento. Mi prude la schiena. Guarda.

– Ah, sì, in effetti credo proprio che sia il caso di prolungare la cura. Sei recidivo. Forse ci vorrà più del previsto.

Nando sorride. Ci vorrà qualche anno. Magari anche di più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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