I bordelli di Damasco

 

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A Riccardo

 

Riccardo si gode il tepore dell’hammam. È stato tutto il giorno in giro per il mercato con il padre Federigo e lo zio Giovanni, in una giornata fredda e grigia, e adesso sta bene in questa grande sala calda, seduto su una panca.

- Questi fottuti saraceni ci sanno fare. In quel buco del culo di Aqsa non c’è un posto del genere. Ce n’era uno, dicono, ma i signori franchi lo hanno fatto chiudere: quei caproni non si lavano mai. Puzzano di sudore, piscio e merda che li senti lontano un miglio.

Riccardo sorride. È abituato alle intemperanze verbali dello zio, che nelle sue critiche non risparmia nessuno, né franchi, né saraceni, né nobili, né mercanti.

- Qui si sta proprio bene.

Zio Giovanni sorride, mentre infila una mano sotto il telo che gli cinge la vita e si gratta le palle. Riccardo si guarda intorno, ma nessuno fa caso allo zio. Riccardo sta bene con lo zio, gli piace la franchezza di quest’uomo che non ha peli sulla lingua, la sua cordialità, il suo calore umano. Ma a volte la mancanza di pudore dello zio lo mette in imbarazzo. Adesso Giovanni continua a trafficare con la mano sotto il telo e Riccardo, che ormai ha sedici anni, sa benissimo che questo non si fa.

- I saraceni hanno dei bagni magnifici. E anche dei bordelli magnifici. Qui a Damasco ce ne sono due o tre…

Riccardo deglutisce. Ora è in imbarazzo. Sa bene che quando sono a Damasco o ad Aleppo suo padre e suo zio vanno al bordello, lo ha capito da certi discorsi che gli è capitato di sentire, da mezze frasi, da un modo di fare ammiccante. Ma nessuno di loro due gliene ha mai parlato direttamente.

Zio Giovanni sorride.

- Tu non sei mai stato a un bordello, vero, Riccardo?

Riccardo è ancora più in imbarazzo. Scuote la testa. Lo zio dovrebbe saperlo. Riccardo viaggia sempre con loro e in un bordello non lo hanno portato mai.

Zio Giovanni ride.

- Hai sedici anni, è ora che ti porti. Quel coglione di tuo padre non si decide perché se tua madre viene a sapere che frequenta i bordelli gli spacca il culo. Oggi vieni con me.

Riccardo è paralizzato.

- Ma… non so se papà… non… dovrei…

Zio Giovanni ride.

- Tuo padre non dirà nulla. Dai, andiamo a rivestirci. Qui a Damasco ci sono le migliori puttane di tutta la Siria. E te lo dice uno che se ne intende.

Zio Giovanni si alza e si dirige verso lo spogliatoio. Riccardo lo segue, il cuore in tumulto. A spaventarlo non è certo l’idea che il padre possa non approvare la visita: Riccardo intuisce che il padre ha affidato al fratello il compito di portarlo al bordello, in modo che la moglie non possa rimproverarlo se Riccardo ne parlasse.

Il problema è un altro: l’idea di andare a puttane non lo attrae. Non desidera conoscere il corpo di una donna. E mentre segue lo zio, guardandone le spalle larghe, la schiena poderosa, le gambe forti e il culo muscoloso avvolto nel telo, Riccardo si dice che ciò che desidera davvero è un uomo, come quello che ha davanti agli occhi.

Nello spogliatoio lo zio si toglie il telo che gli copre i fianchi. Come sempre, non si nasconde. E Riccardo guarda il torace vigoroso, coperto da una fitta peluria, il ventre un po’ sporgente, il cazzo magnifico, non più a riposo.

Lo zio si gratta i coglioni e dice.

- Muoviti, Riccardo. Ho voglia di una fica, ora.

Riccardo si rende conto che il sangue affluisce al suo uccello. Rimane paralizzato. Lo zio si sta già rivestendo.

- Che cazzo fai ancora lì, Riccardo?

Poi lo zio lancia un’occhiata al rigonfio del telo che copre il ventre di Riccardo.

- Sei già pronto, eh, maialino? Bravo.

Lo zio si riveste rapidamente. Riccardo invece indugia, cercando di guadagnare tempo. Cerca le parole per dire allo zio che non vuole andare al bordello, ma non le trova. Lo zio è impaziente e Riccardo preferisce non contrariarlo. In qualche modo però deve fare.

Lo zio cammina in fretta e Riccardo lo segue. Anche se le stradine della città offrono un riparo al vento che soffia, fa freddo.

Riccardo si affianca allo zio.

- Zio Giovanni, senti… io…

Lo zio lo interrompe bruscamente.

- Non ti preoccupare di niente. Ci penso io.

E, fatti ancora pochi passi, si ferma e spinge una porta di legno scuro, entrando senza aver bussato. Ad accoglierlo è una giovane donna, che si inchina e, dopo un saluto di benvenuto, li accompagna in un’ampia sala dove siedono due uomini. Paiono entrambi arabi, a giudicare dall’abito e dai lineamenti. Uno è sui quaranta, piuttosto grasso, con l’aspetto pacioso del ricco mercante. L’altro, dall’aspetto virile e fiero, potrebbe essere un militare e non deve avere più di trent’anni.

Zio Giovanni fa sedere Riccardo accanto a lui, sui cuscini.

- Non ti preoccupare.

Lo zio sorride, il suo sorriso gioviale:

- Vedrai… di che leccarsi i baffi.

Un servitore porta il tè. Riccardo e Giovanni bevono.

Una donna di mezza età, sul cui viso rimangono i segni di un’antica bellezza, si avvicina, sorridendo, e si rivolge a Giovanni. Riccardo non è in grado di capire tutto ciò che dice: è la seconda volta che viene in Terrasanta, ma la prima aveva appena dodici anni e ha imparato ben poco di arabo. Ora invece conta di fermarsi con lo zio, perciò ha incominciato a studiare l’arabo, che il padre e lo zio parlano bene. Lo zio risiede da anni a Santa Maria in Aqsa, nel regno di Gerusalemme, e Riccardo lo affiancherà nel commercio nell’Oltremare. Il padre di Riccardo invece tornerà a Verona in primavera: anche se si reca spesso in Terrasanta, risiede abitualmente in Italia, da dove dirige la grande impresa commerciale dei Micheles.

Zio Giovanni e la donna lo guardano spesso mentre parlano. Non occorre conoscere l’arabo per avere un’idea di quello che si stanno dicendo.

- Rimani qui, Riccardo, vado a vedere la merce.

Zio Giovanni sorride e aggiunge:

- Sai com’è, un buon mercante deve sempre controllare.

Lo zio è appena uscito, quando entra una donna non più giovane. Ha un viso molto grazioso, che gli arabi definirebbero da luna piena, con labbra rosse e occhi scuri. Il suo abito è poco più di un velo e lascia intravedere il seno prosperoso e i fianchi larghi. Per un attimo Riccardo teme che possa venire da lui, ma la donna si avvicina all’uomo meno giovane e gli porge la mano. L’uomo la stringe, si alza, mormorando qualche parola che pare un complimento, e la segue.

Poco dopo appare un’altra donna. Porta un mantello che la copre fino ai piedi, ma camminando lo muove in modo tale che esso si apra, lasciando intravedere il corpo nudo: sotto il mantello indossa solo una collana.

Riccardo sta sudando. Gli sembra che nella stanza il caldo sia intollerabile. Guarda paralizzato la donna, che gli sorride e si avvicina. Ma l’altro uomo si alza, afferra la donna per il braccio e le dice qualche cosa: la sua voce è aspra. La donna gli risponde ridendo: poi i due si allontanano. La piccola manovra probabilmente era solo una provocazione nei confronti del soldato.

Adesso non è rimasto nessuno nella stanza. Un viso femminile si sporge dalla tenda: una giovane donna fissa Riccardo per un attimo, poi si ritrae. Oltre la tenda risuona una risata argentina.

Riccardo si alza di scatto, raggiunge la porta ed esce, senza voltarsi. Sulla porta incrocia due uomini che entrano.

Cammina in fretta per le strade di Damasco, senza badare a dove sta andando: vuole soltanto allontanarsi dal bordello.

Quando l’agitazione svanisce, Riccardo si ferma. Si guarda intorno. Non sa dove si trova. Continua a camminare, cercando qualche punto di riferimento che lo aiuti a ritrovare la strada della locanda dove alloggiano. Vaga per un po’, finché trova una moschea che riconosce. Potrebbe raggiungere la locanda, ora, ma Riccardo esita. Entra nella moschea e si siede su uno dei tappeti, in un angolo.

Riccardo cerca di riflettere. È scappato. E adesso? Lo zio si sarà arrabbiato. Lo zio va in collera facilmente, anche se non se la prende mai con Riccardo. Che cosa può dirgli? La verità, almeno una parte della verità: non se l’è sentita. Lo zio non ha diritto di imporgli di andare a puttane. Lo zio voleva solo fargli un piacere, contava che Riccardo sarebbe stato ben contento di avere l’occasione di scopare.

Riccardo lo sarebbe, davvero, ma non con una puttana. Non con una donna. Questo però non lo può dire. Vorrebbe farlo con un uomo, un uomo forte. Un uomo come lo zio o come l’arabo che si prosterna verso il mihrab. Sì, un uomo come quello, alto, vigoroso, con un viso dai lineamenti duri, la folta barba. Ma l’uomo continua a prosternarsi e a pregare, senza far caso a Riccardo.

 

È tardi quando Riccardo rientra alla locanda. Suo padre e zio Giovanni sono seduti nella stanza. L’arrivo di Riccardo interrompe una conversazione che doveva essere incentrata su di lui.

È zio Giovanni a chiedere:

- Tutto bene, Riccardo?

Non c’è segno di irritazione nella sua voce. Riccardo china il capo.

- Sì, scusa… io…

Giovanni lo interrompe:

- Lascia perdere, ne parliamo poi. Adesso andiamo a mangiare un boccone.

Durante la cena non si fa cenno all’accaduto e anche durante la serata i tre parlano soprattutto di affari. Riccardo sa che lo zio intende riprendere l’argomento, visto che gliel’ha detto, ma è contento che non sia ora.

 

Ne parlano il giorno dopo, quando sono di nuovo all’hammam. Il padre di Riccardo non è venuto neanche oggi: probabilmente preferisce che sia il fratello a discutere della faccenda con Riccardo. Suo padre è così: quando si tratta di affrontare argomenti delicati, non si sente a suo agio e delega volentieri.

Lo zio non ci gira intorno:

- Mi hai fatto fare una figura di merda, Riccardo. Ma si può sapere che cazzo ti è preso?

Giovanni lo dice ridendo: non è incazzato e questo tranquillizza Riccardo.

- Scusa, zio. Io… non me la sentivo.

- E che cazzo! Potevi dirlo subito, no? Ti stava venendo duro quando te l’ho proposto e poi ti sei cagato addosso…

Lo zio scuote la testa.

Riccardo è in imbarazzo, tanto più che un altro dei clienti dell’hammam ha alzato la testa e sta ascoltando: evidentemente capisce l’italiano. Sembrerebbe un franco, ma non lo si può dire con sicurezza. È seduto a pochi passi e all’idea che li stia a sentire, Riccardo si sente ancora più a disagio. Bofonchia:

- Mi spiace.

Non aggiunge altro. Spera solo che lo zio lasci perdere l’argomento.

Zio Giovanni però non è uno che molla facilmente. Non avrebbe tanto successo negli affari se non fosse così.

- Ci riproviamo, oggi? Le puttane di Hadassa sono le migliori di Damasco.

La voce dell’uomo seduto vicino a loro fa sussultare Riccardo.

- Non sono d’accordo, per niente. Il bordello di Amina offre molto di più.

Zio Giovanni si volta verso l’uomo e replica:

- Amina? L’ultima volta che ci sono andato mi ha deluso. Le puttane ci sapevano fare, non lo nego, però… sant’Iddio, una come Bahira doveva essere anche una bella puledra, ma è stata cavalcata un po’ troppo. Vuoi mica che offra a mio nipote, che è ancora pulzello, una vecchia baldracca?

Per un attimo Riccardo è stato contento dell’intervento dell’uomo: preferisce che lo zio discuta della qualità delle puttane di Damasco, piuttosto che insista per sapere i motivi per cui lui è scappato dal bordello. Ma sentire lo zio parlare con uno sconosciuto della sua verginità, lo mette a disagio.

- Ce ne sono di nuove. Muna è giovane e ci sa fare con la bocca. E Bathsheva, l’ebrea, è un vero gioiellino. Ha sedici anni e mi sembra la più adatta a tuo nipote. Costa cara, ma vale la pena.

- Tu dici? Non so…

Zio Giovanni si rivolge a Riccardo:

- Preferisci una puttana giovane o una esperta?

Riccardo vorrebbe scomparire sotto terra. Lo zio sta esagerando. E quel tizio che segue la conversazione e interviene pure!

- Lascia perdere, zio.

L’uomo interviene di nuovo.

- Se volete vi porto io. Mi chiamo Lorenzo e vengo da Padova. Voi siete di Verona?

- Sì.

- L’avevo capito. Allora, volete venire?

- Perché no? Riccardo, questa volta ti tengo d’occhio. Non ti lascio scappare.

Zio Giovanni e Lorenzo si alzano. Riccardo li guarda. Scuote la testa.

- Che c’è, Riccardo? Non devi avere paura. È come imparare a nuotare. Se non ti butti in acqua, non imparerai mai.

Lorenzo dice:

- Ragazzo, ti piacciono le donne?

La domanda è un pugno nello stomaco. Forse, se gliel’avesse chiesto lo zio, senza nessun altro intorno, Riccardo direbbe la verità. Si toglierebbe un peso di dosso ed è convinto che lo zio non si scandalizzerebbe: Giovanni è abituato a viaggiare e ha una mentalità molto aperta. Ma non se la sente di scoprirsi di fronte a questo sconosciuto.

- Sì, è che…

- Allora andiamo. Vi porto io.

Lo zio non ha detto niente. Lo sta guardando e Riccardo ha l’impressione che riesca a leggergli dentro.

- Vuoi che andiamo, Riccardo?

Riccardo scuote la testa.

Giovanni allora si rivolge a Lorenzo.

- Grazie per la disponibilità. Credo che andrò da Amina. E mi sa che chiederò sia di Muna, sia di Bathsheva. Si vive una volta sola, no?

Lorenzo ride.

- Sì ed è proprio per questo che faresti meglio a svegliarti, ragazzo, sempre che ti piaccia la fica…

E con questa battuta rivolta a Riccardo, Lorenzo saluta e se ne va.

Lo zio mette una mano su quella di Riccardo.

- Tranquillo, Riccardo, non devi preoccuparti. Non ti voglio forzare. Ne parleremo ancora, ma non ti obbligherò a fare nulla che tu non voglia.

Le parole di Giovanni calmano Riccardo:

- Grazie.

- Adesso vieni con me e assisti allo spettacolo. Ma non devi partecipare, se non ti va.

Riccardo non è sicuro di aver capito bene. Lo zio scoperà davanti a lui? Oppure quando parla di spettacolo, lo zio ha in mente altro? Gli piacerebbe vedere lo zio scopare. Gli piacerebbe vederlo con il cazzo duro.

Giovanni e Riccardo vanno nello spogliatoio. Giovanni si toglie il telo e rimane nudo, senza curarsi degli altri che si stanno cambiando. Riccardo osserva il corpo dello zio. È proprio un gran bel maschio.

Lo zio fruga tra i suoi abiti e Riccardo ha modo di osservarlo bene. Sente che la tensione nel ventre cresce. Poi, alzando lo sguardo, gli sembra che lo zio lo stia fissando e allora si volta e si riveste rapidamente.

 

Il bordello di Amina è piuttosto lontano. Mentre vanno, lo zio spiega la sua idea.

- Entriamo tutti e due. Io prendo le due ragazze che diceva quel Lorenzo, Muna e Bathsheva. Sempre che siano libere. Mi diverto con loro. Se ti viene voglia, ne approfitti anche tu. Altrimenti ti limiti a guardare. Va bene così?

Riccardo esita. Una parte di lui vorrebbe dire di no, tornare alla locanda e scordare tutta la faccenda. Un’altra parte invece vuole andare al bordello, non per le ragazze, ma per vedere lo zio che scopa. L’idea di vedere lo zio con il cazzo duro lo stuzzica. Riccardo annuisce.

- Va bene. Ma mi limito a guardare.

Giungono in una via secondaria, da cui si diparte un vicolo. Giovanni si infila nella viuzza e bussa a una porta. Ad aprirgli è un uomo molto alto, piuttosto corpulento, senza barba. Porta alla vita un pugnale. Chiede che cosa vogliono.

Giovanni risponde che vogliono bere un tè in compagnia. L’uomo li fa entrare e li conduce in una piccola stanza, dove si siedono su un tappeto. Riccardo è nervoso. Cerca di non pensare a quanto sta per accadere.

La donna che entra riconosce Giovanni e lo saluta cordialmente. Si tratta di Amina. Giovanni chiacchiera un po’ con lei, poi chiede delle due ragazze, dicendo che le vuole per sé e per il nipote. Muna però è occupata. Questo in qualche modo tranquillizza Riccardo: se c’è una ragazza sola, è più facile che lo lascino in pace, a lei penserà lo zio. Sa benissimo che non è così, ma cerca di illudersi.

Lo zio e Amina contrattano sul prezzo. Poi Amina scompare.

Poco dopo entra l’uomo che ha aperto la porta e accompagna Giovanni e Riccardo fin davanti alla soglia di una stanza. Fa un cenno, invitandoli a entrare, e si ritira.

Zio Giovanni spinge Riccardo in avanti e lo segue dentro il locale.

Su una stuoia, in un angolo c’è una ragazza molto giovane e molto bella, che sorride ai suoi nuovi ospiti. Lo zio borbotta:

- Quel Lorenzo non si sbagliava.

Giovanni dice qualche cosa, poi indica Riccardo e aggiunge una spiegazione. Bathsheva sorride e dice:

- Benvenuto, Riccardo.

Riccardo è sorpreso sentendosi rivolgere la parola nella sua lingua: molti arabi ed ebrei parlano un po’ la lingua dei franchi, ma quasi nessuno conosce le lingue che si parlano in Italia.

Riccardo balbetta:

- Grazie.

Lo zio lo fa sedere sui cuscini, poi si avvicina a Batsheva e le dice qualche altra parola. Le prende il mento tra le dita della destra, si sporge in avanti e la bacia. Riccardo lo guarda. Si rende conto che vorrebbe essere al posto di Batsheva, vorrebbe che lo zio lo baciasse.

Riccardo prova vergogna, vorrebbe alzarsi e andarsene, ma non può scappare di nuovo. E il desiderio di vedere lo zio che scopa è forte, lo inchioda sui cuscini.

Lo zio spinge Bathsheva a terra e si stende su di lei. La bacia sulle labbra, sul collo, le mordicchia un orecchio, fa scorrere le mani sul suo corpo, sui fianchi, sul seno. Poi incomincia a spogliarla.

Riccardo guarda il corpo della giovane donna. È bella, Bathsheva, molto bella. Ma Riccardo sa che questa bellezza non accende nessun desiderio in lui. Ora è nuda e lo zio le succhia i capezzoli, prima l’uno, poi l’altro, poi la sua lingua scende fino all’ombelico, lo accarezza, per infine scivolare tra le gambe aperte.

Riccardo osserva il viso dello zio. Non saprebbe descrivere che cosa sta provando. Vedere lo zio che lecca la fica a una donna gli dà fastidio, prova quasi repulsione, eppure nello stesso tempo lo affascina.

Lo zio continua a lungo, mentre le sue mani accarezzano il seno della ragazza, che geme, più volte.

Poi lo zio si alza e si spoglia. La protuberanza nei pantaloni non lascia dubbi, ma quando lo zio se li cala, la vista del grosso cazzo svettante lascia senza fiato Riccardo. Lo sguardo si ferma sulla cappella violacea, con la goccia che brilla sulla punta, poi scende lungo l’asta vigorosa, percorsa da una grossa vena in rilievo, fino ad arrivare ai coglioni pelosi. Riccardo non riesce a distogliere gli occhi da quella meraviglia che ha a poche spanne dal suo viso. Il suo corpo reagisce con violenza e l’erezione è tanto forte da essere quasi dolorosa. Riccardo vorrebbe accarezzarsi, ma non può. Completamente ammaliato, non si rende conto che lo zio lo sta fissando. Solo quando alza il capo, il suo sguardo incrocia quello di Giovanni. Riccardo non saprebbe definire che cosa legge negli occhi dello zio, ma l’espressione cambia, sul volto di Giovanni appare un sorriso e l’uomo si stende sulla ragazza. Giovanni riprende a baciare e ad abbracciare e la sua lingua corre ancora lungo il corpo della giovane donna, che geme. Riccardo si dice che Bathsheva non sta fingendo, sta davvero provando piacere. E chi non godrebbe sotto un magnifico maschio in calore come questo? Riccardo sente la tensione che cresce dentro di lui, sempre più forte.

E dopo aver baciato, leccato, morso, accarezzato, lo zio si solleva sulle braccia, avvicina il grosso cazzo all’apertura e lo spinge dentro, mentre Batsheva emette un grido soffocato.

Un’onda violenta travolge Riccardo, un piacere che gli fa chiudere gli occhi e gli mozza il fiato. Si rende conto di essere venuto.

Lo zio dà inizio a una cavalcata formidabile. Riccardo è tutto sudato, si vergogna per quello che è successo, spera che lo zio non se ne renda conto. La tunica non è macchiata, per fortuna. Riccardo si mette in modo che non sia in contatto con le brache bagnate.

E intanto i suoi occhi seguono il movimento dello zio, fissando il grosso culo peloso che si alza e si abbassa. Giovanni procede, senza mostrare segni di stanchezza e Riccardo si accorge, sgomento, che nuovamente il desiderio sale in lui.

Quando infine lo zio viene, con un grugnito di piacere e una serie di spinte violente che fanno gemere Bathsheva, Riccardo è di nuovo sul punto di venire.

Lo zio solleva il torace, accarezza il viso della giovane, le passa una mano sul seno, poi esce da lei e si alza. Riccardo guarda il cazzo, ancora turgido, ma non più rigido.

Di nuovo Riccardo si rende conto che lo zio lo sta guardando e solleva gli occhi.

- Allora, Riccardo, vuoi provare?

Riccardo scuote la testa. Ha la gola secca e vorrebbe prendere in bocca il succulento boccone che lo zio sembra quasi porgergli.

Lo zio non dice nulla. Incomincia a rivestirsi.

Bathsheva lo guarda. Poi dice qualche cosa in arabo. È un complimento e Riccardo sa che la ragazza ha davvero apprezzato la cavalcata.

Giovanni risponde, ridendo. Dà alla ragazza una moneta, di sicuro un extra oltre al compenso pattuito, che Giovanni ha pagato alla tenutaria.

Giovanni e Riccardo escono. Giovanni non dice niente e Riccardo preferisce rimanere anche lui in silenzio.

 

Riccardo, suo padre e suo zio partono tre giorni dopo per Santa Maria in Aqsa, da dove il padre di Riccardo si imbarcherà all’inizio della primavera per tornare a Verona. Riccardo rimarrà in Terrasanta con lo zio, per affiancarlo nella conduzione dell’impresa mercantile.

Giovanni non fa più cenno a quello che è successo e Riccardo è ben felice che lo zio non ritorni alla carica. Ripensa spesso a ciò che è successo a Damasco e, quando è solo nella sua camera, più di una volta la sua mano lo porta al piacere mentre nella mente rivede lo zio che scopa Bathsheva. Più volte però in queste fantasie, al posto della bella ebrea, c’è Riccardo stesso.

Il lavoro è intenso e i mesi trascorrono in fretta. Giovanni, Federigo e Riccardo viaggiano ancora, spingendosi per due volte in territorio saraceno e compiendo numerosi spostamenti a breve raggio. Ad aprile Federigo Micheles parte.

Riccardo sa che probabilmente passerà qualche anno prima che possa rivederlo. E forse passerà ancora più tempo prima che ritrovi sua madre e suo fratello. Riccardo non sa quando tornerà a Verona: rimarrà in Terrasanta, perché in futuro avrà la responsabilità della sede commerciale qui nell’Oltremare, quella che adesso è di zio Giovanni. Suo fratello invece, che ha nove anni più di lui, un giorno dirigerà la casa madre a Verona, prendendo il posto del padre. Le loro strade si sono separate.

Sono passati pochi giorni dalla partenza del padre, quando, dopo cena, zio Giovanni si rivolge a Riccardo.

- Io vado al bordello. Ho bisogno di svuotare i coglioni. Vieni con me?

Riccardo deglutisce.

- No zio, preferisco di no.

- Riccardo, ti piacciono i maschi?

La domanda è molto diretta e Riccardo apre la bocca perché gli manca l’aria. Gli sembra che nella stanza si soffochi. Guarda lo zio e non riesce a trovare una risposta. Si rende conto che il suo silenzio è una risposta eloquente e si dice che va bene così, che non vuole mentire, negare, fingere.

Lo zio prosegue, dando per scontata la risposta che non c’è stata.

- Hai mai provato?

Riccardo scuote la testa. Nelle domande dello zio non c’è nessun rimprovero e Riccardo è contento che lo zio abbia capito e accetti. Ma non riesce a rispondere.

- Vuoi che ti procuri un giovane schiavo, un ragazzo come Eleazar?

Eleazar è un garzone ebreo che lavora nella bottega. Ha appena quattordici anni, ma è sveglio e si dimostra in grado di svolgere i compiti che gli vengono assegnati. Lo zio dice sempre che ha una buona stoffa e che farà strada.

Riccardo pensa che non vuole un ragazzo. Vuole un uomo, un maschio vigoroso come lo zio. Non osa dirlo, anche se lo zio appare così disponibile.

Cerca di parlare e infine trova la voce:

- No, zio.

- Non hai intenzione di rimanere vergine, vero, Riccardo?

Riccardo scuote la testa.

- Questo significa che quello che desideri in questo momento è altro. È vero?

Riccardo china la testa, poi la rialza e fissa lo zio negli occhi.

- Sì, zio.

- Vuoi provare a dirmelo?

Riccardo fa un cenno di diniego. Non osa parlare. Si limita a fissare lo zio.

Lo zio sospira.

- Va bene, Riccardo. Non voglio forzarti. Vorrei darti una mano, ma se non vuoi, non posso farlo. Puoi rivolgerti a me quando avrai deciso che cosa vuoi. Vorrei solo… va bene, non importa.

Lo zio si alza, gli accarezza la testa in un gesto di tenerezza insolito in lui ed esce.

Riccardo va in camera sua. Si spoglia. Si stende. Si accarezza l’uccello mentre pensa che lo zio sta scopando una puttana. E se lo immagina nudo, il cazzo in tiro, che lo guarda. Si vede prendere in bocca la cappella dello zio, succhiare, leccare. Poi lo zio lo afferra, lo getta sui cuscini e lo infilza con un colpo secco. Riccardo si infila un dito in culo, mentre continua a masturbarsi. E con l’immagine dello zio negli occhi viene, mentre il seme schizza fin sul mento. Riccardo si passa un dito sul petto, raccogliendo qualche goccia, e se lo porta alla bocca. Immagina che sia lo sborro dello zio.

Lo zio torna tardi, ma Riccardo lo sente arrivare. Pensa che lo zio ha appena scopato, che ha rovesciato il suo seme nella fica di una puttana. E sente di nuovo il desiderio assalirlo.

Riccardo vorrebbe rivedere lo zio scopare, come quel giorno al bordello. Oppure almeno vederlo nudo. Potrebbe andare in camera sua, adesso, con qualche scusa: di sicuro lo zio è ancora sveglio ed è nudo perché dorme sempre senza abiti, ma magari si coprirebbe. E in ogni caso Riccardo non potrebbe guardarlo liberamente. Oppure potrebbe spiarlo mentre è in bagno: zio Giovanni ama bagnarsi tutti i giorni, di solito verso sera, quando ha concluso la giornata di lavoro. 

Riccardo si vergogna dei suoi pensieri. Cerca di scacciarli, ma fatica a prendere sonno.

L’indomani mattina Riccardo fa colazione, poi attraversa il cortile che divide la loro abitazione dalla bottega, affacciata sulla strada principale. Riccardo si è alzato presto, come sempre, ma zio Giovanni è già al lavoro: sta controllando le merci e le consegne da effettuare in giornata.

Giovanni lo saluta cordialmente, come sempre, e gli chiede se ha dormito bene. Riccardo risponde e poi si trova a dire, senza rendersene conto:

- E tu, come è andata la tua serata?

Appena ha finito di parlare, prova vergogna.

Zio Giovanni scoppia a ridere.

- Nipote sfacciato, che ficca il naso sotto le lenzuola dello zio.

Poi scuote la testa e dice:

- La serata è andata bene. Najla ci sa fare con la bocca. Soddisfatto, maialino?

Riccardo annuisce, cercando di mostrarsi disinvolto e nascondere l’imbarazzo in cui lo ha precipitato la sua stessa domanda.

Zio Giovanni aggiunge:

- Ti sei pentito di non essere venuto anche tu? Vieni con me, una di queste sere?

Riccardo guarda lo zio e di nuovo gli sembra che la bocca risponda senza consultare il suo cervello.

- Volentieri, ma guardo soltanto.

Lo zio scuote di nuovo il capo, dicendo:

- Ma vedi un po’, ho un nipote guardone. Meno male che mi piace essere guardato.

- Ti piace? E poi dici a me che sono un maialino!

Lo zio ride.

- Io sono un vecchio porco, lo so benissimo. Quando eravamo ragazzi, tuo padre si vergognava di me, certe volte, perché ne combinavo di tutti i colori. Forse è per questo che preferisce sapermi oltremare.

Giovanni ride ancora e conclude:

- Tu non hai preso da lui, ma da me. Si vede che nel sangue dei Micheles c’è un po’ del maiale. Se diventiamo nobili, mettiamo un maiale nello stemma.

Poi zio Giovanni apre la bocca come se volesse aggiungere altro, ma lascia perdere. Si limita a dire:

- Al lavoro, pigrone.

Riccardo prende i libri contabili e si mette a controllare tutto ciò che è stato registrato in data di ieri, come succede ogni giorno. Ma oggi fa fatica a concentrarsi sul compito da svolgere. Il pensiero va allo zio, a quello che si sono detti, alla possibilità di vederlo di nuovo scopare in un bordello. Spera che ci vada presto. La tensione cresce e Riccardo vorrebbe lasciare la bottega e rifugiarsi in un angolo, rimanendo solo con i suoi pensieri e la sua mano. Ma il lavoro è tanto: sono arrivati due carichi di merce da Bagdad e Riccardo si vergognerebbe ad allontanarsi con qualche scusa in questo momento in cui tutti lavorano come forsennati. Le mani le usa tutt’e due per altro.

Anche dopo la chiusura della bottega c’è da fare in magazzino: bisogna spostare alcune merci e Giovanni e Riccardo danno una mano per accelerare il lavoro. Quando concludono è ormai sera e sono entrambi sudati.

- Adesso ci facciamo un bel bagno, così il mio nipote maialino può guardare lo zio porco.

L’idea è bellissima. Un po’ Riccardo si vergogna, ma visto che la proposta l’ha fatta lo zio…

I servitori hanno preparato l’acqua, la temperatura è perfetta per immergersi. Giovanni ghigna e dice:

- Mi spogli tu o faccio da solo?

Riccardo spoglierebbe volentieri lo zio, ma si vergogna. Non è sicuro che lo zio dica sul serio. Forse sta solo scherzando. Non sa che cosa dire, per cui tace, cercando di nascondere l’imbarazzo con un mezzo sorriso. Lo zio riprende:

- Sai Riccardo, nei giochi del sesso non bisogna avere fretta. Bisogna gustare ogni momento. Se ti piace guardare un uomo nudo – ma sarebbe lo stesso con una donna - che cosa c’è di meglio che spogliarlo un po’ per volta, apprezzando ciò che si svela ad ogni indumento che viene tolto?

Lo zio sorride e rimane in attesa. Riccardo incomincia a dubitare che la serata si risolva in un guardare ed essere guardati. Lo zio aggiunge ancora.

- Dai, nipote maialino. Vieni a spogliare il vecchio porco.

Riccardo sorride e si avvicina allo zio. Quando tende le braccia per afferrare la cintura e aprire la fibbia, le mani gli tremano un po’, ma dentro di sé sente la tensione salire. Le sue dita slacciano la cintura e la lasciano cadere. Riccardo esita un attimo, poi afferra la tunica dello zio e la solleva. Lo zio alza le braccia, per permettergli di sfilarla completamente.

Riccardo toglie la tunica e si ferma a guardare il torace villoso dello zio. Guarda le goccioline di sudore che luccicano.

- Guardare è bello, nipote maialino. Ma toccare è ancora più bello.

Lo zio prende una mano di Riccardo e la appoggia sul petto, tra i capezzoli. Riccardo sente sotto le dita la pelle calda e il sudore. La reazione del suo corpo è immediata, violenta. Riccardo appoggia tutte e due le mani sul torace di Giovanni e preme, poi afferra, stringendo la carne. Giovanni ha una smorfia, ma il sorriso ritorna subito.

- Piano, Riccardo, piano. C’è tempo anche per un po’ di brutalità, se è quello che vuoi, ma prima va preparato il terreno.

E mentre lo dice, Giovanni posa le mani sul culo di Riccardo e lo avvicina a sé. Poi china un po’ la testa e la sua bocca cerca le labbra del nipote. Il primo bacio è appena uno sfiorarsi delle labbra, ma il secondo è tutt’altra cosa: la lingua di Giovanni si apre la strada dentro la bocca del nipote. Riccardo rimane senza fiato: ignorava che si potesse fare una cosa del genere. Non saprebbe dire se gli piace o gli ispira repulsione.

Lo zio spinge a fondo, poi ritrae la lingua, avanza di nuovo e quando si ritira, si stacca e gli dice:

- Allora, nipote maialino? Che ne dici di questo? È troppo per te?

Riccardo scuote la testa, ancora frastornato. Poi avvicina il viso a quello dello zio e dice:

- No, zio porco, no.

E questa volta è lui a baciare lo zio, a infilargli la lingua in bocca, a passarla tra i denti. Vuole riprovare quella sensazione strana, un po’ disturbante, ma che merita di essere  nuovamente assaporata.

E mentre la sua lingua esplora la bocca di Giovanni, le sue mani scorrono sul corpo dello zio. Si fermano alla vita, non osano scendere sotto, non ancora, ma Riccardo è sicuro che andrà oltre. E dopo un terzo bacio profondo, le sue dita trovano il coraggio di posarsi sulle brache dello zio e di farle scivolare lentamente. Le mani indugiano sui fianchi forti, calano lungo le cosce e lasciano l’indumento, che finisce a terra. Lo zio si toglie i sandali che indossa e rimane nudo.

- Guardami, Riccardo.

Riccardo fa un passo indietro e il suo sguardo corre subito all’uccello, già turgido, dello zio. Riccardo deglutisce. Il desiderio di inginocchiarsi e prendere in bocca quel magnifico boccone è fortissimo, ma la vergogna lo blocca.

- Puoi toccare, Riccardo.

Riccardo annuisce e avvicina la mano al corpo dello zio, ma piano, come se temesse di scottarsi. La appoggia sul ventre, poi la fa scivolare fino a sfiorare il grosso uccello, ormai teso in orizzontale. Giovanni prende la mano del nipote e la guida ad afferrargli il cazzo. Riccardo stringe e sente il cazzo reagire con vigore, diventando ancora più rigido. Giovanni prende la sinistra di Riccardo e la avvicina ai propri coglioni. Riccardo li stringe con delicatezza, li soppesa, ne sente la pelle umida e la peluria sparsa.

Riccardo ha la sensazione che le gambe non lo reggano.

- Vero che toccare è meglio che guardare?

Giovanni scoppia a ridere. Riccardo annuisce.

Giovanni bacia di nuovo Riccardo e le sue mani stringono il corpo del nipote, lo accarezzano, scivolando dalla schiena al culo, stringendo le natiche, scorrendo lungo le cosce, per poi risalire.

Riccardo ha la sensazione di essere sospeso in un vuoto assoluto. Stringe con le mani l’uccello e le palle dello zio, come se allentando la stretta temesse di perdersi. La voce dello zio lo scuote.

- Vuoi fermarti qui o proviamo ad andare avanti?

Riccardo deglutisce, guarda il sorriso sardonico dello zio e, con fatica, dice:

- Andiamo avanti.

Giovanni lo bacia di nuovo, spingendo la lingua dentro la sua bocca, poi gli dice:

- Molla la preda, Riccardo, e stenditi.

A Riccardo pare di non reggersi più in piedi. Si stende prono e allarga le gambe. Ma lo zio gli prende le caviglie e le avvicina. Poi si mette su di lui. È bellissimo sentire il peso di questo corpo forte che lo schiaccia. È bellissimo sentire il grosso cazzo duro premere contro il suo culo. Bellissimo e inquietante.

Zio Giovanni incomincia a baciarlo sul collo, a mordergli il lobo di un orecchio, a passargli la lingua dentro l’orecchio e dietro. Poi scivola un po’ più in basso e Riccardo sente l’uccello dello zio infilarsi nello spazio tra le cosce, sotto le palle. Riccardo stringe, per imprigionare quel bel cazzo caldo.

Zio Giovanni prende a muovere il culo, avanti e indietro, spingendo l’uccello in avanti, tra le cosce, e ritirandolo. A Riccardo piace sentire il peso del suo corpo, il calore, la pressione che diviene più forte e poi si riduce, il movimento. E il desiderio cresce dentro di lui, sempre più forte, finché non può più essere contenuto e deborda. Riccardo geme, preda di un piacere violento. E poco dopo anche lo zio emette un suono inarticolato e Riccardo sente il seme schizzare tra le cosce e spargersi.

Zio Giovanni lo abbraccia e rimangono un buon momento così.

- Ti è piaciuto?

- Sì.

Riccardo vorrebbe aggiungere altro, vorrebbe chiedere allo zio perché non l’ha preso, ma prova vergogna.

- Adesso ci laviamo, nipote maialino.

Lo zio lo lascia ed entra in acqua. Riccardo lo imita. Lo zio incomincia a lavarlo, come se fosse un bambino piccolo. Le sue mani indugiano a lungo sul culo, sul solco, sul buco, sulle palle, sull’uccello. Riccardo sente che la tensione sale nuovamente.

Poi lo zio si lava. Riccardo vorrebbe fare come lo zio ha fatto con lui, ma di nuovo si vergogna. È lo zio a dirgli:

- Però potresti aiutarmi a lavarmi…

Riccardo ride e si dà da fare. Quando si sono lavati sono di nuovo tutti e due con il cazzo duro.

- Nipote maialino, sei un ingordo.

- Senti chi parla, zio porco!

Lo zio si stende supino.

- Si sta bene qui dentro.

Riccardo guarda il magnifico uccello teso. Per un momento esita, poi si abbassa sullo zio e lo prende in bocca. Giovanni lo guarda e gli sorride.

- Con delicatezza, Riccardo.

Riccardo si stacca. Passa la lingua, dai coglioni alla cappella, due volte. Poi avvolge la cappella con le labbra e si mette a succhiare.

Giovanni chiude gli occhi.

Riccardo continua a succhiare, intensamente. Gli piace il gusto di questo cazzo caldo, gli piace la consistenza, gli piace il calore, gli piace l’odore.

- Riccardo, sto per venire.

Riccardo esita un attimo, ma non toglie la bocca. Vuole assaggiare il seme dello zio, come una volta ha assaggiato il proprio.

Lo zio viene. Non c’è molto seme, è venuto da poco, ma Riccardo lo gusta.

- Siediti su di me, nipote maialino.

Riccardo si siede sul ventre dello zio, che lo sposta, in modo che il culo sia proprio sopra il suo cazzo, ancora duro.

Giovanni prende in mano l’uccello di Riccardo e incomincia ad accarezzarlo con dolcezza, poi via via stringe più forte e imprime un’accelerazione al movimento, finché Riccardo non geme e il suo seme schizza in alto e ricade sul torace dello zio.

Giovanni allora lo fa stendere su di lui e rimangono abbracciati.

Dopo un buon momento Giovanni gli sussurra:

- Alzati, Riccardo.

Riccardo esegue, di malavoglia: gli piace stare disteso sullo zio, a contatto con quel corpo caldo e forte.

Lo zio si lava ancora una volta. Poi si rivestono.

 

Cenano più tardi del solito, in silenzio. Riccardo nota che lo zio lo guarda ogni tanto, sorridente, un po’ sornione.

Quando hanno finito di cenare, lo zio chiede:

- Sei soddisfatto del tuo bagno, Riccardo?

Riccardo sorride e annuisce.

- Sì.

- Pensi che sia davvero quello che vuoi?

- Lo è, sì. Ma…

Riccardo si blocca. Di nuovo si vergogna.

- Che cosa c’è, Riccardo.

- Pensavo… credevo che… No, non…

Lo zio attende, ma Riccardo non sa come proseguire. Allora lo zio dice:

- Pensavi che te l’avrei messo in culo? È questo?

Riccardo annuisce, un po’ in imbarazzo.

- Riccardo, prima di arrivare a questo, preferisco che tu sia ben sicuro di quello che vuoi. Ci sarà tempo, se lo vorrai. Adesso andiamo a dormire. Abbiamo fatto tardi e domani ci aspetta molto lavoro.

Riccardo vorrebbe dormire accanto allo zio, stringerlo. Sarebbe così bello. Ma lo zio non lo propone e Riccardo non vuole apparire invadente.

Nella sua camera pensa a quanto è avvenuto, alle sensazioni intense che ha provato. Sì, è quello che vuole. E vuole anche che lo zio glielo metta in culo, l’idea lo spaventa, ma lo desidera.

 

I giorni successivi trascorrono tra le mille cose da fare. Lo zio non fa riferimento a ciò che è avvenuto, non allude alla possibilità di provare di nuovo. Riccardo incomincia a chiedersi, spaventato, se lo zio non abbia cambiato idea. Niente di strano: allo zio piacciono le donne, non i maschi. Ha accettato di farlo una volta perché gli vuole bene, magari perché voleva provare, ma non ha certo cambiato gusti.

Una sera non regge più e chiede:

- Zio…

- Dimmi, Riccardo.

- Non abbiamo più… fatto il bagno insieme.

- Intendi dire che non abbiamo più scopato?

Riccardo annuisce. Lo zio prosegue:

- È vero. E allora?

Riccardo abbassa la testa. Poi dice, arrossendo:

- Non ne hai voglia?

- Io sì. Mi piace molto il mio nipote maialino. Ma se lui non mi dice niente…

Riccardo solleva il capo:

- Ma… tu… io… aspettavo che me lo dicessi tu.

Giovanni scuote la testa.

- Riccardo, io lo faccio molto volentieri, ma non voglio in nessun modo importelo. Se tu davvero vuoi che facciamo di nuovo quello che abbiamo fatto… o che andiamo avanti, per me va molto bene. Ma solo se lo vuoi davvero.

Riccardo fissa negli occhi lo zio.

- Lo voglio, zio. Se a te va bene.

Giovanni sorride:

- Sai benissimo che al tuo vecchio zio porco scopare con il nipote maialino va benissimo. Diciamo che scopare gli va bene sempre. Non si farebbe inculare volentieri, non gli è mai piaciuto granché, anche se da ragazzo ha provato pure quello. Ma per il resto, è difficile che si tiri indietro.

- Potevi dirlo prima, però! Tutti questi giorni mi hai lasciato a bocca asciutta.

- Se vuoi avere qualche cosa devi darti da fare. Monete d’oro, merci e cazzi non piovono dal cielo su chi aspetta.

Lo zio ride. Si alza, si avvicina a Riccardo e lo bacia sulla bocca.

- Andiamo in camera mia, Riccardo.

 

Lo zio spoglia Riccardo, con lentezza. Lo bacia e lo abbraccia mentre toglie i pochi indumenti. Poi lascia che sia Riccardo a sfilargli la tunica e le brache. Si guardano a vicenda, sorridenti.

- Fa’ quello che vuoi, Riccardo. Solo quello che vuoi.

Riccardo abbraccia lo zio. Lo tiene stretto contro di sé. Gli piace sentire la guancia ruvida di Giovanni contro la sua, il calore del corpo robusto che le sue braccia avvolgono, il vigore dell’uccello che sta drizzandosi.

Poi Riccardo si stacca, si inginocchia davanti allo zio, guarda il boccone appetitoso e lo prende in bocca. Lavora un po’, con la lingua e le labbra, sentendo l’uccello crescere ed irrigidirisi. Poi si stacca e lo contempla, svettante, inumidito dalla saliva, grande e duro.

Deglutisce e si stende sul letto dello zio, allargando le gambe. Ha paura, anche se lo vuole, anche se è lui a chiederlo. Ha paura, ma è quello che desidera.

Lo zio sale sul letto, si china tra le sue ginocchia e incomincia a passare la lingua tra le natiche di Riccardo, lungo il solco, indugiando sull’apertura. È una sensazione del tutto nuova per Riccardo e piacevole, maledettamente piacevole. L’uccello di Riccardo reagisce in fretta, acquistando volume e rigidità. Lo zio lavora ancora un po’ con la lingua, poi le sue mani stringono le natiche di Riccardo, forte.

- Hai un bel culo, nipote maialino.

Riccardo ride, un riso un po’ nervoso. Cerca di rispondere a tono:

- E tu hai un bel cazzo, zio porco.

Giovanni ride di cuore, poi si stende su Riccardo. È bello sentire su di sé il peso, il calore e la forza di questo corpo, essere avvolto dalle braccia che stringono decise, avvertire la lingua che gioca sul collo, sulla nuca, dietro le orecchie. E intanto, più in basso, contro l’apertura, una pressione crescente. Riccardo ora ha paura. Lo zio gli morde il lobo di un orecchio, poi assesta un morso deciso alla spalla, tanto deciso da strappare un gemito, e mentre morde una seconda volta, spinge. Distratto dal morso, Riccardo non fa in tempo a tendersi: l’uccello dello zio entra dentro di lui, prende possesso del suo culo. È una sensazione piacevole, appena leggermente dolorosa. Lo zio non avanza subito. Si limita ad accarezzare il corpo di Riccardo, a stringergli forte il culo, a far scivolare la mano sulla schiena, sul viso, a baciare Riccardo su un occhio. E poi, lentamente, il cazzo avanza, prendendo possesso del territorio, senza incontrare resistenza.

Riccardo geme, un gemito di puro piacere, perché se c’è dolore in questa avanzata, è troppo lontano, troppo debole, per opporsi all’ondata di voluttà, che dal culo si estende a tutto il corpo di Riccardo, travolgendolo. Riccardo urla:

- Sì! Sì!

Lo zio ride, gli mette una mano davanti alla bocca, spinge ancora, fino in fondo. Poi si ritrae, piano e, altrettanto piano, avanza. Gli lascia il tempo di abituarsi a questa presenza ingombrante, di assaporare questa invasione della sua carne. Poi incomincia a muovere il culo avanti e indietro, spingendo il cazzo dentro Riccardo fino alle palle e poi ritirandolo. Procede a lungo e Riccardo è scosso da marosi di piacere che lo squassano tutto.

Riccardo sente che anche il proprio uccello si tende allo spasimo. Non saprebbe più distinguere il godimento violento che gli trasmette l’arma dello zio nel suo culo e quello che tende il proprio cazzo e infine si proietta fuori, accompagnato da un urlo.

Lo zio imprime al movimento una brusca accelerazione. Le spinte ora provocano sofferenza, ma ancora mista a piacere, finché lo zio non viene. Il seme inonda le viscere di Riccardo, mentre Giovanni si lascia andare su di lui, abbracciandolo.

Rimangono stretti un buon momento, finché Giovanni dice:

- Era questo che volevi, Riccardo?

- Sì.

- È stato bello?

- La cosa più bella che esista.

Lo zio lo stringe più forte, poi gli dice:

- Dormi con me, questa notte?

Riccardo si sente felice, di una felicità senza limiti.

- Sì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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