In missione

 

 

 È notte. A Santa Maria in Aqsa regna il silenzio, rotto soltanto dal suono delle campane. Un tempo, quando Aqsa era una città musulmana, la sera e le prime ore della notte erano spesso animate da musiche: nei vicoli, tra le case bianche della città, qualche giovane cantava una serenata alla sua bella, suonando l’oud; dai giardini interni giungeva nella strada la musica che accompagnava feste e banchetti e il suono ritmico dei tamburi si sentiva fino al porto.

Quando la città è passata sotto il controllo dei templari i musulmani sono stati scacciati e ogni forma di musica profana proibita. Ora le ronde notturne percorrono le vie della città, entrano nelle poche taverne aperte a tarda sera, fermano le persone che incontrano chiedendo loro perché sono in strada a un’ora in cui i bravi cristiani recitano le loro preghiere serali prima di addormentarsi. La notte è divenuta silenziosa e i passanti rari.

Due uomini scendono lungo un vicolo che conduce al porto. Uno è il comandante militare di Santa Maria in Aqsa, il cavaliere Guillaume di Hautlieu, che cammina un po’ avanti. L’altro, Jorge da Toledo, lo segue a un passo di distanza, in segno di rispetto. Giunti a un magazzino, Guillaume bussa. Quando dall’interno rispondono, Guillaume estrae una chiave e apre la porta. Nella stanza, seduto a un tavolo, c’è un uomo che non si alza al loro ingresso. Guillaume fa un cenno di saluto. L’uomo indica due sedie.

- Sedetevi.

Guillaume e Jorge si siedono. L’uomo scruta con attenzione Jorge. Poi gli parla in arabo.

- Da dove vieni e chi furono i tuoi genitori?

Jorge esita un attimo. Perché questo sconosciuto da cui lo ha portato Guillaume gli parla nella lingua dei nemici? Come deve rispondergli?

Jorge sceglie di parlare la lingua dei franchi:

- Vengo da Toledo. Mio padre…

L’uomo lo interrompe, brusco, dicendogli, in arabo:

- Rispondimi nella lingua in cui ti parlo.

Jorge lancia un’occhiata a Guillaume, che appare impassibile, e risponde, in arabo:

- Mio padre era il conte di Burgos. Mia madre era una saracena, una giovane di una famiglia importante di Cordova, che era stata catturata e mio padre aveva acquistato. Vissi a Toledo in uno dei palazzi di mio padre, finché egli decise di farmi studiare. Otto anni fa mi fu permesso di entrare nell’Ordine dei Poveri compagni d'armi di Cristo e del tempio di Salomone. Ho combattuto…

Di nuovo l’uomo lo interrompe.

- So dove hai combattuto. Perché sei entrato nell’Ordine? Perché combatti contro gli infedeli, se sei figlio di una donna infedele?

- Mia madre si convertì…

L’uomo interrompe Jorge. Il suo tono di voce è imperioso:

- Rispondi alla mia domanda.

- Detesto gli infedeli. Vorrei vederli tutti sterminati. L’Ordine combatte contro di loro. Per questo ho chiesto di entrarvi.

L’uomo annuisce. In qualche modo si aspettava una risposta di questo genere.

C’è un lungo momento di silenzio. Jorge si chiede il significato di questo colloquio. Lo sospettano di tradimento perché conosce l’arabo ed è figlio di una schiava araba? Ci sono state accuse? Ma perché questo colloquio si svolge qui, in un magazzino al porto e non nella fortezza che domina la città, sede dei Templari? Chi è quest’uomo da cui il comandante militare lo ha accompagnato? Guillaume non dice nulla. È evidente che il suo compito era solo quello di condurre Jorge da quest’uomo che ora tace.

L’uomo lo scruta, poi si decide a parlare.

- Fratello Jorge, ti ho chiamato perché i tuoi superiori mi hanno detto che tu parli bene l’arabo dell’emirato di Cordova, che sei un uomo forte e deciso e che sei animato da un grande zelo contro i nemici di Cristo.

Jorge aspetta una spiegazione. Si limita a dire:

- È vero.

- Noi abbiamo bisogno di gente come te, uomini che non temano di rischiare la propria vita e di affrontare il martirio, se necessario. Uomini coraggiosi, che sappiano essere spietati quando la giustizia divina lo richiede.

Jorge vorrebbe sapere a chi si riferisce questo “noi”.  In un’altra situazione non celerebbe la sua irritazione per il comportamento dell’uomo, che sembra volersi avvolgere in un’aura di mistero, ma se il comandante militare lo ha portato da lui, devono esserci buoni motivi.

- Fratello Jorge, non si combatte solo in battaglia o pregando. Quando il nemico ci minaccia, dobbiamo essere capaci di infilarci tra le sue fila, per carpire i suoi segreti, scoprire i suoi piani, eliminare le minacce. Per fare questo bisogna conoscere bene la lingua e sotto questo aspetto tu sei perfetto: parli un arabo diverso da quello diffuso qui, ma lo parli benissimo e chiunque conosca la lingua dell’emirato di Cordova riconoscerebbe la parlata.

C’è una breve pausa, poi l’uomo riprende:

- Ma questo non basta. Bisogna avere coraggio e non arretrare di fronte a nulla. Nel nome di Cristo dobbiamo essere pronti a fare tutto ciò che è necessario per difendere la vera fede.

Jorge ha capito. Si tratta di compiere azioni in territorio nemico, di fare la spia, forse di uccidere. L’idea gli sembra allettante. Jorge è a proprio agio quando si combatte. Non lo è a Santa Maria in Aqsa. Non gli interessa spendere il suo tempo a controllare che i cristiani non si ubriachino, non giochino d’azzardo, non si divertano, non scopino se non con la moglie nei giorni in cui è concesso.

L’uomo prosegue:

- Noi abbiamo alcuni uomini che si recano spesso nei territori saraceni, fingendosi mercanti o banditi in fuga, ma non possono passare per saraceni perché non conoscono abbastanza la lingua. Ci sono alcuni maomettani che hanno accettato di collaborare con noi per denaro, ma la loro fedeltà è sempre dubbia. Abbiamo pochi uomini che possano spacciarsi per saraceni.

C’è ancora un momento di silenzio, prima che il discorso venga ripreso:

- I rischi sono grandi, è inutile negarlo. Chi viene scoperto va incontro ai peggiori supplizi. 

- I rischi non mi spaventano.

- Come cavaliere del Tempio sei abituato all’obbedienza. Anche nelle missioni che ti verranno affidate dovrai obbedire ciecamente e fare ciò che ti verrà ordinato. Capiterà che ti venga detto di compiere un’azione, ad esempio di uccidere un uomo, senza che ti venga spiegato il motivo, perché è meglio che tu non lo sappia, se venissi scoperto e torturato prima di essere ucciso.

Jorge annuisce.

- Obbedirò ciecamente, come ho sempre fatto.

- Un’ultima cosa, fratello Jorge: all’interno dell’Ordine tu rimarrai sempre nella posizione che occupi ora. Non puoi pensare di ottenere compiti di comando, che ti renderebbero più visibile. Quando non sei in azione, rimarrai qui, dove non ci sono musulmani o in qualche forte isolato, a seconda delle esigenze.

- Capisco.

- Va bene. Presto verrai chiamato. Chi si rivolgerà a te, ti mostrerà questo monile. Guardalo bene.

L’uomo porge a Jorge un cordoncino di cuoio a cui è appeso un ciondolo d’oro che raffigura un falco: un lavoro di oreficeria molto raffinato. Jorge lo osserva con attenzione, poi lo restituisce.

- Quando lo vedrai, dovrai ubbidire. Senza esitare, senza chiedere.

- Sarà così.

- Devi conoscere bene gli usi dei saraceni. Tu sai leggere la scrittura araba?

È così, ma a Jorge pesa ammetterlo: sua madre volle insegnargli a leggere e scrivere i caratteri arabi.

- Sì, io…

- Benissimo. Devi esercitarti in questo. Abituarti a scrivere e leggere, per farlo speditamente. E non solo.

L’uomo gli porge una sacca. All’interno Jorge scorge alcuni manoscritti.

- Sono testi musulmani. Leggi e studia con cura. Devi conoscere le formule della preghiera e i precetti del Corano. Il comandante militare avviserà il comandante civile, ma nessun altro deve vederti studiare questi testi. Dovrai anche recarti in incognito a Rougegarde, dove i musulmani sono numerosi, e imparare a pregare come loro. Non puoi permetterti errori.

Jorge è perplesso all’idea di studiare la religione di coloro che odia, pur sapendo che è necessario per poter passare per uno di loro. Della religione musulmana conosce qualcosa, ma non abbastanza per passare per maomettano.

L’uomo conclude:

- Ora puoi andare.

Guillaume si alza e Jorge lo imita. Si dirigono alla fortezza. Incontrano i soldati di ronda, che li fermano, ma non appena riconoscono il comandante militare, si scusano.

- Non dovete scusarvi, state svolgendo il vostro compito.

Guillaume e Jorge procedono in silenzio. Non hanno nulla da dirsi e non provano simpatia l’uno per l’altro. Ognuno dei due è immerso nei propri pensieri. Guillaume pensa che domani lascerà Santa Maria in Aqsa per il castello San Michele. Non gli spiace lasciare questa città, che sembra soffocare sotto il fanatismo del comandante civile, Godefroi, e di ritrovarsi non lontano da Rougegarde, dove vive il suo amico Denis.

Anche Jorge è contento di sapere che presto lascerà Santa Maria e avrà modo di agire contro gli infedeli.

Solo quando giungono alla porta della fortezza, Guillaume si rivolge a Jorge e dice:

- Nei confronti di chi ti contatterà, dovrai mostrare la stessa obbedienza assoluta che è richiesta nell’ordine.

Jorge annuisce. Vorrebbe chiedere a Guillaume che cosa sa dell’uomo con cui hanno parlato, ma si rende conto che non otterrebbe una risposta.

 

Il giorno seguente Jorge incomincia a studiare i testi e a memorizzare le formule della preghiera e i riti. Si esercita a scrivere con i caratteri arabi, prima copiando i testi che ha, poi cercando di riprodurli a memoria. Quando è abbastanza sicuro di sé, incomincia a scrivere testi autonomamente.

Una settimana dopo la visita viene annunciata la morte di re Amalrico. Jorge si reca a Gerusalemme per una riunione convocata dal patriarca. Non ritorna a Santa Maria, ma si reca a San Giacomo d’Afrin per svolgere la sua parte in una manovra tesa a provocare la rovina del conte Ferdinando, poi, su ordine di Guillaume, si trasferisce a Rougegarde per una settimana. Si veste come un arabo, si reca ogni giorno in una delle moschee e vi rimane a lungo. Quando lascia la città per tornare a Santa Maria in Aqsa, è sicuro di poter passare per musulmano.

 

*

 

Passano oltre due mesi. Jorge non viene convocato. Non ha più avuto nessuna notizia. Non sa se sia una conseguenza della morte inattesa di re Amalrico, che di sicuro ha provocato un certo scompiglio, o se ci siano altri motivi. L’uomo che lo ha contattato aveva detto che l’avrebbero chiamato presto.

Jorge ha studiato con cura, ma ora si chiede se non ha sprecato il suo tempo.

È di cattivo umore. Il clima a Santa Maria di Aqsa è soffocante e per un uomo d’azione come lui l’inattività è esasperante. L’unico diversivo rispetto alla quotidianità è stata la partecipazione a un piano che mirava a far arrestare il conte Ferdinando come sodomita, ma la manovra è fallita: a finire sul rogo è stato solo un soldato del conte.

Proprio il giorno successivo al rogo, arriva un ordine: Jorge deve trasferirsi a Château-Rouge, una fortezza sulla strada che da Gerico conduce a Gerusalemme.

Jorge raccoglie le sue cose e parte. È normale che i cavalieri templari siano spostati tra le diverse città dove operano e soprattutto tra le fortezze che presidiano. Ma l’uomo che l’aveva contattato gli aveva detto che sarebbe rimasto a Santa Maria: se lo trasferiscono, significa che non intendono più servirsi di lui.

Subito prima di partire Jorge riceve istruzioni precise su tutte le tappe: deve spostarsi verso sud, per consegnare alcune lettere alla guarnigione di Ascalona, poi si dirigerà verso Château-Rouge, fermandosi di solito nelle case e nelle fortezze dell’Ordine; tre notti dormirà in locande, di cui gli vengono forniti nome e posizione. Jorge è alquanto stupito, perché di solito chi deve trasferirsi si muove autonomamente e non gli viene fornito un itinerario così dettagliato. Si chiede se non possa esserci qualche motivo particolare per cui deve fermarsi nei luoghi indicati: forse verrà contattato lungo la strada?

Jorge segue rigorosamente l’itinerario fissato. Dorme nelle case dell’Ordine, senza che nessuno si faccia avanti per parlargli.

Il secondo giorno mangia un boccone in un’osteria lungo la strada, dove gli è stato ordinato di fermarsi. La cameriera gli gira intorno e lo stuzzica. È alta e bella, con lunghi capelli neri e ricci, che le scendono fin quasi alla vita. Gli dice che se vuole riposarsi un momento prima di riprendere il viaggio, c’è una cameretta libera. Jorge ha colto l’invito, ma si limita a dire che ha fretta: le donne non gli interessano.

Tre sere dopo si ferma a una piccola locanda, che ha solo quattro camere. A Jorge ne viene assegnata una sul cortile, che deve dividere con un mercante di Genova: è normale che la camera di una locanda venga divisa tra persone che non si conoscono. Non è un problema per Jorge.

Il mercante deve avere una trentina d’anni.

- Tu sei un cavaliere templare?

Jorge non ha voglia di fare conversazione con quest’uomo che parla poco la lingua dei franchi.

- Sì. 

- Da dove vieni?

- Dalla Castiglia.

Il mercante passa al castigliano, che conosce bene.

- Faccio spesso affari con mercanti castigliani e aragonesi. Io mi chiamo Andrea. E tu?

- Jorge.

Jorge è infastidito dall’insistenza di Andrea, che intanto ha incominciato a spogliarsi. Il mercante ha un bel corpo, snello ed elegante, assai diverso da quello massiccio del templare. Jorge lo guarda e sente il desiderio accendersi in lui: è parecchio che non scopa e non è abituato all’astinenza. Ha appetiti forti, ma a Santa Maria deve muoversi con estrema attenzione. A Rougegarde gli si sono presentate diverse occasioni, che in qualche caso ha colto, ma a Santa Maria in Aqsa il clima è pesante e Jorge deve muoversi con estrema prudenza. Non ha rapporti da settimane e il desiderio lo tormenta. Anche in viaggio non può certo farsi avanti con uno sconosciuto. Se però questo mercante desse segno di essere interessato, a Jorge non spiacerebbe.

Andrea ora è nudo e sorride. Nel suo sorriso c’è un invito, ma Jorge non è disponibile a correre rischi: si muoverà solo quando sarà sicuro delle intenzioni del mercante.

- Tu non ti spogli? Fa troppo caldo per dormire vestiti.

- Certo.

Jorge si spoglia con movimenti rapidi. Quando si cala i pantaloni, Andrea gli guarda il cazzo e ride:

- Cavaliere, certo che Domeniddio ti ha ben dotato. Non ti puoi lamentare della tua attrezzatura.

Jorge alza le spalle, senza dire niente. Andrea si volta e si china, come se volesse prendere la camicia che è scivolata a terra. Jorge osserva il culo che gli si offre. Andrea ha un bel culo e Jorge pensa che lo gusterebbe volentieri Ormai è sicuro delle intenzioni del mercante, ma preferisce non prendere l’iniziativa. Si limita a rispondere:

- Non mi lamento, infatti, né dell’attrezzatura, né del suo funzionamento.

Il mercante volta la testa, rimanendo sempre piegato in avanti, le dita che stringono la camicia, ma non la sollevano. Ride e dice:

- Il funzionamento bisogna provarlo per sapere com’è.

Jorge ghigna. Ormai non è più necessario usare cautele.

- Vuoi provare? Appoggiati sul letto.

Andrea si solleva. Sorride e annuisce. Si appoggia con il torace sul letto.

- Mi sa che domani avrò male al culo.

- Lo penso anch’io.

Jorge poggia le mani sul culo che gli si offre. Lo stringe con forza, poi allarga le natiche e osserva l’apertura. Il cazzo gli si irrigidisce in fretta. Jorge lascia colare un po’ di saliva sul buco e la sparge con un dito. Poi si sputa sulle dita e inumidisce la cappella.

Quando ha finito, avvicina il cazzo all’apertura e lo spinge lentamente dentro. Andrea geme.

- Vacci piano, amico. Sei un toro.

Jorge ride.

- E tu sei una vacca.

Jorge spinge ancora il cazzo in avanti, facendolo affondare nel culo. La sensazione è grandiosa. Jorge si ferma un attimo, gustando il calore della carne che avvolge il cazzo, poi incomincia a muovere il culo avanti e indietro, affondando l’arma e ritraendola. Andrea geme, più volte. La cavalcata dura molto a lungo. Quando sente che il piacere sta per travolgerlo, Jorge imprime un ritmo più deciso ai suoi movimenti e viene con un grugnito sordo.

Fa per ritrarsi, ma Andrea dice:

- Alzati, ma rimani dentro di me.

Jorge si alza e Andrea si solleva insieme a lui. Si afferra il cazzo e se lo accarezza, mentre dentro il suo culo il cazzo di Jorge lentamente si riduce di volume. Andrea viene in fretta, con un gemito. Allora Jorge esce da lui, si pulisce e si stende.

- Sei davvero un toro. Domani non so se riuscirò a cavalcare.

Jorge ghigna e risponde:

- Buona notte.

 

L’ultima sera raggiunge la locanda, a una ventina di miglia da Château-Rouge. Arriva tardi: la tappa è stata piuttosto lunga e Jorge si chiede perché non lo abbiano fatto fermare prima.

- Buonasera. Ho bisogno di una camera per la notte.

Il locandiere squadra Jorge.

- Non ho camere libere, ormai sono tutte occupate. Dormirete con il mercante Aguilair. Anche lui è arrivato da poco e gli ho dato l’ultima camera.

Aguilair rientra in quel momento. È un uomo alto e magro, deve avere più di quarant’anni. Ha un viso affilato, incorniciato da una barba scura, con parecchi fili grigi.

Il locandiere gli comunica che dividerà la camera con il cavaliere. L’uomo lancia un’occhiata indifferente a Jorge.

- Va bene.

- Volete mangiare qualche cosa?

- Volentieri.

Anche Jorge si siede e mangia. Non parla con il suo compagno di camera, che non sembra interessato a lui.

Poco dopo cena, il mercante sale a coricarsi e Jorge lo segue: ormai è tardi.

In camera l’uomo si spoglia dando la schiena a Jorge, poi si volta e lo fissa. Il templare fa scorrere lo sguardo lungo il corpo affusolato, dal cazzo, grosso e vigoroso, al viso. Ma gli occhi scendono di nuovo a fissare qualche cosa che ha colpito l’attenzione di Jorge: al collo l’uomo porta un laccio di cuoio da cui pende un monile a forma di falco.

Aguilair sorride, un sorriso ironico.

Jorge fa due passi avanti, fino a che non è vicinissimo. Prende il gioiello tra le mani. Non c’è nessun dubbio: è il monile che gli è stato mostrato a Santa Maria.

- Mettiamoci a letto, Jorge. Ho molte cose da dirti.

Jorge annuisce. Finisce di spogliarsi e si stende accanto all’uomo, che spegne la lanterna. La stanza piomba nel buio.

L’uomo parla sottovoce.

- Il mio nome è Martin. Per il momento sono il tuo punto di riferimento per qualsiasi cosa. Se io dovessi essere ucciso durante la missione, tu tornerai a Santa Maria in Aqsa, passando da questa locanda. Qualcun altro prenderà contatto con te.

- Allora non devo andare a Château-Rouge.

- No, Jorge, nessuno ti aspetta là. Domani partirai prima di me. Ti dirigerai verso la fortezza, ma al lago lascerai la pista e ti nasconderai tra le rocce. Io ti raggiungerò. Ti cambierai e diventai un saraceno in viaggio verso Amman. Puoi passare per saraceno senza problemi, finché sei vestito. Naturalmente, se ti vedono nudo, scopriranno subito che non sei maomettano: qui gli infedeli sono tutti circoncisi. Perciò non puoi bagnarti e non puoi fottere.

Martin ride e aggiunge:

- Sarai un caprone in calore.

L’accenno al fottere fa sorridere Jorge. Quest’uomo non è certo come Godefroi: anche per lui, come per Jorge, ciò che conta è combattere gli infedeli, non attenersi alle regole dell’ordine. Un dubbio sfiora Jorge. Chiede:

- Fai parte dell’Ordine?

- No, non ho particolare simpatia per la gente di Chiesa. So che posso dirtelo, perché non te n’importa.

Ora Jorge è un po’ a disagio. Come fa a saperlo?

Martin prosegue:

- Non viaggeremo insieme: è meglio che non ti vedano con me. Io ho compiuto diverse azioni nei territori saraceni e qualcuno potrebbe riconoscermi, nel qual caso per me è la morte. Ad Amman rischio di meno che a Damasco o soprattutto ad Aleppo, ma non è detto che non incontri qualcuno che mi ha visto in passato. Perciò ci muoveremo indipendentemente, ma rimarremo in contatto, per cui faremo in modo che le nostre tappe in locande e caravanserragli siano le stesse. Ad Amman arriveremo in giorni diversi, ma anche lì ci fermeremo nella stessa locanda.

Jorge vorrebbe chiedere molte cose, ma sa che non è il momento. Martin prosegue:

- Amman non è un grande centro, ma attualmente vi si trova l’uomo che devi uccidere.

- Il mio compito è quello di uccidere un uomo, quindi.

- Sì. Un compito che ti piace. So che uccidi volentieri.

Jorge è stupito. Non dice nulla. Ma Martin ha capito.

- Ti chiedi come faccio a saperlo. So molte cose di te, più di quante tu pensi.

Martin ride, una risata appena udibile. Continua:

- Non scegliamo a caso i nostri uomini, Jorge. Comunque anche a me piace uccidere. Ho ammazzato parecchi di quei bastardi e spero di poterne fottere ancora qualcuno, prima che siano loro a fottere me.

Jorge sorride.

- Spero anch’io.

Martin parla ancora, a lungo. Prima stabiliscono il ruolo di Jorge: si chiamerà Musa ibn Radi, come lo zio materno, e dirà di viaggiare per il proprio piacere, con l’intenzione di conoscere nuovi paesi e poi di recarsi alla Mecca per il pellegrinaggio. Jorge potrà attingere a tutto ciò che gli raccontava la madre per rendere credibile il suo personaggio.

Poi Martin passa a parlare della missione:

- L’uomo che devi uccidere è Binyamin ibn Efrayim, un mercante di tappeti che lavorava per noi e che ci ha traditi. Ha svelato l’identità dell’uomo con cui aveva contatti, provocandone la morte. Non una bella morte, Jorge, anzi: Musa. Questo ti dev’essere chiaro. Se ci prendono avremo ampiamente modo di pentirci dei nostri errori e dei nostri peccati. Ci risparmieranno un po’ di anni di purgatorio.

Martin ride di nuovo.

- Io di certo ne avrei bisogno, ma tutto sommato preferirei non cadere vivo nelle loro mani.

- Sì, non dev’essere una bella morte.

- Puoi dirlo.

Dopo un momento di silenzio, Martin riprende:

- Questa missione serve per metterti alla prova: vogliamo vedere come ti muovi e come riesci a portare a termine il tuo compito. Non è un’impresa difficile di per sé: il mercante starà in guardia, perché ha tradito e sa che noi lo sospettiamo, ma non è come uccidere un uomo potente. Se riuscirai, c’è un altro compito da svolgere, molto più importante e difficile, ma su questo preferisco non anticipare nulla.

- Va bene.

- Adesso possiamo metterci a dormire. O a fare altro.

Jorge rimane un attimo in silenzio.

- Che cosa intendi?

- Visto che ti piacciono i maschi e anche a me piacciono, possiamo…

Jorge lo interrompe:

- Perché dici che mi piacciono i maschi?

Martin ride:

- La cameriera non l’hai degnata di uno sguardo, il mercante l’hai inculato volentieri.

- Merda! Vuoi dire che…

- Diciamo che ti abbiamo messo alla prova. Jorge, noi dobbiamo sapere tutto di quelli che lavorano con noi.

- Ma… che cosa…

Martin non gli lascia il tempo di formulare il pensiero:

- Anche queste cose, Musa. Bisogna che sappiamo tutto di chi lavoro con noi.

- Noi… chi siete?

- L’hai capito. Se vuoi sapere come siamo organizzati, chi ci dirige e così via, ti posso rispondere che meno ne sai, meglio è. Anch’io, che lavoro da quindici anni, so ben poco. Il nostro obiettivo lo conosci: lottare contro i maomettani, impedire loro di distruggere il regno di Gerusalemme e magari favorire la conquista di altre città, come Damasco e Aleppo.

- L’obiettivo di tutti i cristiani oltremare, se non sono traditori.

- Più o meno. Questo è tutto ciò che ti deve interessare.

È sensato che sia così, Jorge se ne rende conto. Frena la sua curiosità.

Martin non dice più nulla. Jorge sa che tocca a lui accettare la proposta, se gli interessa.

- Va bene. Allora, se dovete sapere tutto di me, puoi raccogliere informazioni di prima mano su come fotto un maschio.

Nel buio Jorge sente la risata di Martin, poi la sua risposta:

- Con un po’ di cautela. Sei alquanto dotato.

Jorge scivola accanto a Martin, lo guida a stendersi sulla pancia. Si bagna due dita e cerca l’apertura. La inumidisce e la sente cedere: Martin deve essere abituato a prenderselo in culo.

Jorge si inumidisce la cappella, poi si stende su Martin e preme contro il buco. Lentamente affonda il cazzo nel culo che gli si offre. Martin geme. Jorge comincia a muovere il culo avanti e indietro, affondando e ritirandosi.

- Cazzo! Mi sembra di avere un palo in culo.

- I Turchi impalano i condannati.

- Mica solo loro. Quando Baldovino incaricò Denis d’Aguilard di sterminare i briganti, gli ordinò di impalare i capi.

- E tu come lo sai?

- Ero agli ordini di Denis d’Aguilard. A Ferdinando piaceva impalare i capi dei banditi, gli veniva duro. E poi…

- E poi?

- E poi fotteva qualcuno di noi.

La cavalcata va avanti a lungo, finché Jorge non viene.

- Girati di lato, ma rimani dentro.

Jorge esegue. Martin si afferra il cazzo e muove la mano fino a venire.

 

L’indomani Jorge raggiunge il lago e si ferma fuori dalla pista, nascosto tra le rocce. Martin lo raggiunge e lo accompagna a una casa tra i campi. Entra senza bussare. Una donna seduta vicino a un tavolo, intenta a tagliare la verdura, alza la testa e fa appena un cenno di saluto, senza dire niente. Martin e Jorge salgono al primo piano ed entrano in una stanza, dove Martin prende da una cassa una tunica e un paio di pantaloni come quelli che indossano abitualmente gli arabi.

- Spogliati e mettiti questi.

Jorge obbedisce. Intanto Martin ha preso dalla cassa alcuni altri indumenti di ricambio e glieli mostra. Poi mette tutto in una sacca, che porge a Jorge. Infine gli dà un pugnale, che Jorge si mette addosso. Adesso Jorge sembra un arabo in viaggio, non ricco, ma nemmeno povero: un uomo che può permettersi di viaggiare e dormire in locande e caravanserragli, ma non ha servitori o beni di valore

- Riprendi la via per Amman. Io verrò più tardi. Ah, un’ultima cosa. Ad Amman fatti radere la barba. È sempre meglio cambiare aspetto.

- Va bene.

Jorge chiede ancora alcuni chiarimenti sulla strada da seguire, poi si avvia. Davanti alla casa incrocia un contadino, probabilmente il proprietario, che si limita a un breve cenno di saluto.

Il viaggio fino ad Amman si svolge senza problemi. Si ritrovano nelle locande o nei caravanserragli dove hanno stabilito di fermarsi, ma non si parlano quasi mai: l’accordo è che si contatteranno solo se c’è qualche problema.

Jorge si ferma per la strada, in modo che Martin arrivi un giorno prima di lui alla locanda di Amman.

Martin arriva nel primo pomeriggio. La sera contatta un informatore, per sapere se ci sono novità. Non ce ne sono: il mercante prosegue con la sua attività ed è molto cauto, per cui il mattino e la sera evita di muoversi da solo.

Quando Jorge arriva, lascia il cavallo e va a fare un giro al mercato coperto, come gli ha detto Martin. Non sa quale sia il mercante che deve uccidere, ma passeggia tra le botteghe, cercando di farsi un’idea precisa del posto. Il mercato copre un’area piuttosto vasta, con numerosi passaggi coperti, che a tratti si allargano in spiazzi. Le volte offrono una protezione dal sole e dalle aperture sul soffitto filtra la luce: il mercato è immerso in una penombra gradevole anche nelle ore più calde del giorno.

Jorge si fa radere la barba, come gli ha detto Martin. Il barbiere gli chiede da dove viene e chiacchiera con lui a lungo.

Con Martin si ritrovano alla locanda. Pranzando allo stesso tavolo scambiano due parole, come due estranei. Poi, quando gli altri commensali si sono alzati, Martin fornisce le indicazioni necessarie per individuare la bottega di Binyamin. Jorge ha osservato con cura dove si trovavano le varie botteghe che vendevano tappeti e non ha difficoltà a capire di quale si tratta. La descrizione del mercante che gli fornisce Martin corrisponde a quella dell’uomo che ha visto.

Il giorno seguente Jorge ritorna al mercato. In un passaggio si ferma davanti a una bottega, dove vendono dolci. Il mercante lo saluta. Jorge risponde. L’accento di Jorge suscita la curiosità dell’uomo.

- Da dove vieni?

- Da Cordova.

- Hai fatto una lunga strada. Conti di recarti alla Mecca?

- Sì, quando sarà il periodo del pellegrinaggio. Prima voglio conoscere un po’ queste terre.

Il mercante gli offre da bere. Jorge compra alcuni pasticcini al miele. Chiacchierano ancora un momento, poi Jorge si allontana, mangiando i pasticcini e osservando curioso i negozi.

Davanti a un venditore di granaglie osserva le ceste piene di semi di diverso colore. La bottega del tintore a fianco di quella del mercante di tappeti sembra attirarlo. Si rivolge al venditore e gli chiede informazioni sulle polveri colorate messe in vendita.

Poi si ferma davanti alla bottega del mercante di tappeti. Saluta l’uomo e si mette a osservare i tappeti appesi.

- Vuoi un tappeto, fratello?

Binyamin gli mostra un bellissimo tappeto con disegni intricati, in cui domina il blu.

- Questo è una meraviglia, viene da Aksaray.

- È bello davvero, ma un tappeto così non lo posso prendere, no. Come potrei portarmelo dietro? Però mi servirebbe un tappeto da preghiera. Quello che avevo si è rovinato e dovrò buttarlo.

L’uomo lo fa entrare nella bottega, che è piuttosto ampia. C’è un ragazzo, che dev’essere sui diciott’anni, anche meno. Magro, con capelli scurissimi e il labbro superiore spaccato che lascia vedere i denti. Binyamin gli ordina di prendere alcuni tappetini. Li mostra a Jorge uno a uno e dice il prezzo.

Jorge annuisce, pensieroso, mentre si guarda intorno, come se cercasse altri tappeti da vedere. Intanto senza darlo a vedere osserva anche il ragazzo, che lo sta fissando.

La bottega è uno stanzone di grandi dimensioni, con tappeti appesi alla parete ed altri arrotolati al suolo. Uno stretto corridoio porta all’ingresso sulla via: lo spazio che affaccia sul passaggio è occupato da diverse botteghe, ma questa ha una stanza interna che le altre evidentemente non hanno. Sul retro, seminascosta da una tenda, c’è una porta. Dà su un’altra stanza o all’esterno?

- Questo con i disegni rossi e verdi mi piace. Ma ci voglio pensare un po’.

Il ragazzo non distoglie gli occhi da lui. Non ha nient’altro da fare o Jorge lo ha colpito? Jorge sa benissimo di non essere un bell’uomo, ma è forte. Se il ragazzo fosse interessato a lui, Jorge potrebbe servirsene. Jorge si dà una grattata ai coglioni, come se fosse sovrappensiero. La sua mano fa muovere il cazzo, che preme contro la stoffa. Il ragazzo continua a fissarlo.

Intanto il mercante insiste:

- Se ti piace, fa’ che prenderlo, prima che arrivi qualcun altro che potrebbe comprarlo.

- Non ho fretta, tanto mi fermo ad Amman qualche giorno. Ripasserò domani.

Binyamin offre una riduzione del prezzo. Jorge appare tentato, ma non decide.

- No, preferisco pensarci un momento. Non sono ricco, devo fare attenzione a come spendo i miei soldi.

- Ti ho fatto un’ottima offerta, amico. Non troverai un tappeto così a questo prezzo. Davvero, ci rimetto. Te lo vendo a così poco solo perché vieni da lontano.

- Grazie, amico. Ci vedremo domani, te lo prometto. Ti trovo tutto il giorno?

- Domani è venerdì, non ci sono quando vado alla moschea, in tarda mattinata.

- Va bene.

Jorge passeggia ancora per il mercato. Finge di camminare senza meta, ma fa in modo di raggiungere l’area dietro la bottega. Lì non ci sono negozi, ma solo alcuni vicoli. Al fondo di alcuni di questi c’è una porta, da cui si entra nelle botteghe che affacciano sui passaggi coperti, ma Jorge non saprebbe qual è la porta della bottega del mercante di tappeti.

 

Il giorno dopo Jorge torna al mercato, all’ora in cui c’è la preghiera alla moschea. Va direttamente alla bottega del mercante di tappeti. Sulla porta è seduto il ragazzo.

- Il tuo padrone non c’è?

- No, è alla moschea.

- Già, me l’aveva detto.

Jorge lo dice senza fingere di ricordarsene solo ora.

- Fammi vedere i tappeti di preghiera.

Passano nella sala interna. Il ragazzo tira fuori i tappeti. Jorge li guarda appena, si gratta i coglioni, poi chiede:

- Come ti chiami, ragazzo?

- Ahmed.

- Io sono Musa. Quando il padrone non c’è, tu rimani da solo qui in bottega?

Il ragazzo annuisce e sorride. Jorge prosegue:

- Non la chiudi mai?

Il ragazzo ride:

- Non posso, il padrone mi pelerebbe vivo, se venisse a saperlo.

- Ma magari non verrebbe a saperlo…

Ahmed scuote la testa.

- Glielo direbbero, eccome, se chiudo la bottega di giorno.

Jorge si accarezza il cazzo, come sovrappensiero.

- A che ora finisci?

Ahmed sorride, lo sguardo fisso sulla mano di Jorge.

- Al tramonto il padrone chiude la bottega e io rimango qui.

- Rimani qui?

- Sì, devo sorvegliare la bottega.

- Qui, da solo?

Il sorriso del ragazzo si allarga.

- Il padrone ha paura dei ladri.

- E tu non hai paura? Se arrivano i ladri…

- Se arrivano i ladri mi metto a gridare. Scappano.

- Non ne sarei così sicuro. Non c’è nessuno qui al mercato la notte.

- No, qualcuno abita sopra le botteghe, c’è qualche locale che sta aperto a lungo. C’è la ronda. Non è mai deserto.

Jorge si mette di nuovo una mano sul cazzo e lo stuzzica, mentre guarda Ahmed e ghigna.

- Non hai voglia di qualcuno che ti tenga compagnia la notte?

- Se il padrone lo scopre…

- E come potrebbe scoprire che qualcuno ti ha tenuto compagnia?

Jorge ride. Ahmed lo guarda, affascinato. Jorge prosegue.

- Se uno viene quando è buio, nessuno lo vede.

Ahmed annuisce. Poi dice:

- Per non farsi vedere sarebbe meglio passare dal vicolo, dietro.

- Mi fai vedere da dove si arriva?

Ahmed lancia un’occhiata verso l’esterno, poi si avvicina alla porta sul retro della stanza. La apre. Dà sul vicolo che Jorge ha percorso il giorno prima.

- È la terza porta dopo quello slargo.

Jorge annuisce.

- Bene, questa notte non devi aver paura dei ladri…

Jorge ride. Aggiunge:

- Il padrone arriva presto?

- Alle prime luci. Lui ha la chiave di questa porta, ma dall’interno si apre anche senza chiave.

- Allora bisogna andarsene prima dell’alba.

Con un gesto rapido Jorge attira a sé il ragazzo e lo bacia. Non ama baciare, ma sa che ai ragazzi piace e questo, con il suo labbro leporino, non deve essere baciato spesso. Il ragazzo si abbandona a lui, completamente.

Jorge si stacca.

- A più tardi.

Jorge esce e riprende la sua passeggiata al mercato, mentre riflette. Potrebbe uccidere il mercante nel vicolo, ma se non arriva da solo, il piano fallirà. Sarà più sicuro ucciderlo dentro la bottega: lo sorprenderà quando entra. Nella notte ucciderà anche il ragazzo, naturalmente. Dovrà fare attenzione a non farsi vedere quando scoperanno: se il ragazzo si accorgesse che lui non è circonciso, potrebbe sospettare.

Alla locanda Jorge incrocia Martin. Sussurra:

- Domani all’alba.

Martin sembra non aver sentito, ma Jorge sa che ha capito benissimo.

Jorge mangia fuori, poi, quando le vie incominciano a svuotarsi, si dirige verso il mercato. C’è ancora qualche locale aperto e alcuni negozianti stanno chiudendo solo ora.

Jorge esce dal mercato coperto e raggiunge lo slargo da cui si diparte il vicolo. Lo prende e alla terza porta bussa.

Poco dopo la porta viene aperta. All’interno dello stanzone c’è una lampada accesa, ma Jorge può appena intravedere il viso del ragazzo nel buio.

- Vieni dentro.

Jorge scivola all’interno. Ahmed chiude la porta.

Potrebbe ucciderlo ora, ma sarebbe correre un rischio inutile. Se il padrone tornasse per qualche motivo, magari non da solo, o se qualcuno, sapendo che il ragazzo è dentro, bussasse, sarebbe un guaio e la missione rischierebbe di fallire.

Jorge abbraccia il ragazzo, poi lo spoglia rapidamente.

Ahmed ride:

- Sei impaziente.

- Hai un bel culo e voglio gustarlo.

Il ragazzo ora è nudo. Ha un bel corpo. Jorge passa le sue mani sul petto e sul ventre, poi stringe con forza il culo.

- Stenditi sulla stuoia.

In un angolo c’è il tappetino su cui dorme Ahmed. Il ragazzo si stende sulla stuoia e guarda verso Jorge, sorridendo.

Jorge si toglie la tunica, che lascia ai piedi della stuoia, poi prende la lampada e la spegne. La stanza piomba nel buio più completo.

- Perché hai spento?

- Perché stiamo per peccare ed è meglio che Allah non ci veda.

- Una formica nera su di un sasso nero in una notte nera, Dio la vede.

Jorge ride. Conosce il proverbio arabo. Dice:

- Ma qui è così buio…

Si stende sul ragazzo. È bello sentire il calore del suo corpo. Jorge non ama perdere tempo con baci e carezze, ma per il momento è meglio che il ragazzo sia soddisfatto, per cui gli passa una mano sul capo e poi sul corpo. Gli morde leggermente una spalla e intanto si inumidisce la cappella. Bagna anche l’apertura e poi preme con il suo arnese. Il ragazzo si tende.

- Non ti tendere: ti farà male.

- Hai ragione, ma ce l’hai grosso. Non mi aspettavo…

Jorge ride.

- Meglio grosso, no? Devi solo abituarti.

Jorge si ritrae, poi avanza di nuovo. Si ferma, lascia ad Ahmed il tempo di abituarsi a questo cazzo robusto che gli dilata il culo. Poi lentamente avanza ancora. Ahmed emette un mugolio di piacere.

Jorge cavalca lentamente, continuando ad accarezzare il corpo che gli si offre.

A un certo punto sente Ahmed gemere forte: il ragazzo è venuto. Jorge accelera il ritmo della cavalcata e viene anche lui.

Accarezza ancora il ragazzo, poi dice:

- Adesso dormiamo.

- Il padrone non deve sorprenderci domani mattina.

- Stai tranquillo. Non ci sorprenderà. Quando arriverà, non sarò più qui. Ma prima di andarmene, scoperemo di nuovo.

Jorge stringe il ragazzo a sé e si addormenta.

È un rumore leggero a svegliarlo.

Jorge apre gli occhi. Ahmed ha acceso la lanterna a terra e ora lo guarda. Il ragazzo era curioso di vederlo nudo.

- Ehi, ma non sei circonciso! Non sei…

Ahmed non fa in tempo a concludere la frase: Jorge è scattato e le sue mani stanno stringendo il collo del ragazzo. Il fiato gli manca. Ahmed cerca disperatamente di liberarsi, di allontanare le mani del suo assassino, ma Jorge è troppo forte. Jorge stringe energicamente, guardando il viso congestionato di Ahmed, che la luce della lanterna da terra illuminerebbe, se le ombre proiettate dalle braccia di Jorge non lo coprissero in gran parte. È bello vedere il terrore nei suoi occhi, sentire la resistenza della carne. Jorge preme con maggiore forza e Ahmed vede il mondo svanire. Ogni resistenza cessa, ma Jorge continua a stringere per un buon momento. Vuole essere sicuro di averlo ucciso. E gli piace la sensazione che gli trasmettono le sue mani intorno al collo. Si rende conto che il cazzo gli si sta tendendo. Uccidere a mani nude è bello.

Jorge lascia cadere il corpo. Ahmed crolla a terra. Jorge gli guarda il culo. Scuote la testa. Allarga un po’ le gambe del giovane e accarezza il solco, spinge un dito nell’apertura. Ride.

Poi si alza. Si guarda intorno. Srotola un grande tappeto. Vi mette il corpo di Ahmed e lo arrotola di nuovo. Lo mette dietro altri tappeti, in modo che non sia visibile. Poi sposta ancora i tappeti, in modo da poterne inserire un secondo dietro la catasta: quello dove nasconderà il cadavere del mercante.

Jorge tende l’orecchio. Nessun rumore. Si avvicina alla porta che dà sul mercato coperto. Silenzio. Dev’essere ormai molto tardi. Anche dall’altra parte non si sente nulla. Apre appena la porta con grande cautela. È ancora notte fonda. Si stende nuovamente e si addormenta.

Si sveglia quando sente alcuni rumori. Si alza. Socchiude la porta sul vicolo. Il cielo ha appena incominciato a schiarirsi verso oriente. Ci vorrà ancora un po’ prima che il mercante arrivi.

Jorge si toglie la tunica, per evitare di  macchiarsi di sangue. Si chiede se non sia meglio togliersi anche i pantaloni: se qualche cosa andasse storto e ci fosse da lottare, rischierebbe di sporcarsi. Jorge si spoglia completamente.

Si mette a lato della porta, nascosto dalla tenda, nudo Si siede e aspetta. Pensa al ragazzo che ha ucciso, allo sguardo di terrore sul suo viso. Sorride. Gli sta tornando duro. Si accarezza il cazzo, rimanendo in ascolto. Tra poco fotterà il mercante. L’idea gli piace.

Jorge incomincia a sentire alcuni rumori. Qualche negoziante arriva al mercato: tra poco apriranno le prime botteghe. Qualcuno di quelli che dormono nelle stanze sopra le botteghe si alza. Rumore di passi nel vicolo. Jorge si tende, ma i passi proseguono, senza fermarsi

Qualche minuto dopo, Jorge sente di nuovo dei passi. Poi la voce del mercante:

- Tutto a posto. Puoi andare. A più tardi.

Qualcuno risponde con un saluto: Binyamin preferisce non venire da solo, per prudenza. Jorge pensa che ha fatto bene a non aspettarlo fuori.

Jorge è pronto a scattare, il pugnale in mano. Il mercante apre la porta e vede la stanza immersa nel buio.

- Ahmed! Dormi ancora, fannullone?!

Jorge è scivolato tra il mercante e l’uscio. Con un piede chiude la porta alle sue spalle, la sinistra tappa la bocca di Binyamin e la destra gli infila nel ventre il pugnale, fino all’impugnatura. Il grido del mercante è soffocato dalla mano di Jorge, che estrae la lama e colpisce più in alto, alla base dello sterno. Jorge sente il corpo cedere. Vibra un terzo colpo al cuore, poi lascia cadere il cadavere a terra.

A tentoni cerca la lampada e l’accende. Toglie al cadavere la tunica, per potersi pulire del sangue. Rapidamente trascina il corpo fino al tappeto, che arrotola, avvolgendo il cadavere. Poi sposta il tappeto dietro agli altri. Sistema la catasta, in modo da coprire bene i due tappeti che contengono i cadaveri, nascondendoli sotto la pila. Infine si netta le mani con la tunica di Binyamin, che nasconde in un angolo, si mette la propria tunica e i pantaloni.

Ora è pronto. Adesso viene la parte più rischiosa: se qualcuno lo vedesse uscire e cercasse di fermarlo, sarebbe un problema. Se fosse un uomo solo, Jorge potrebbe ucciderlo, ma non è detto che farebbe in tempo a portare dentro il cadavere prima dell’arrivo di qualcun altro. Se fossero più persone, Jorge rischierebbe di essere fermato.

Jorge socchiude la porta. Nel vicolo non c’è nessuno. Bene. Jorge esce, chiudendo la porta dietro di sé. Percorre la viuzza e raggiunge l’incrocio senza incontrare anima viva. Perfetto. Torna alla locanda.

Martin è vicino alla porta. Jorge fa appena un cenno con il capo.

Jorge prepara le sue cose e lascia la città. Ora si sente assonnato, ma preferisce allontanarsi. In serata raggiunge un caravanserraglio, dove trascorre la notte.

Il giorno seguente prende la strada per Château-Rouge. Si ferma alla fattoria dove sono rimasti i suoi abiti e li riprende, lasciando tutti gli indumenti che ha usato nella spedizione a Amman.

In serata raggiunge la locanda dove ha incontrato Martin. Il locandiere gli assegna la stessa camera.

In base a quanto hanno convenuto, Jorge deve aspettare l’arrivo di Martin per cinque giorni. Se Martin non arriverà, significa che con ogni probabilità è stato catturato o è morto e Jorge dovrà tornare a Santa Maria, dove lo contatteranno. Jorge è sicuro che Martin giunga il giorno seguente, il mercoledì, ma la giornata passa senza che compaia, come pure il giovedì.

Martin arriva solo la sera del venerdì. Non si dicono nulla. Dopo cena salgono in camera.

Martin si accomoda sulla sedia e fa segno a Jorge di sedersi sul letto.

- Raccontami come hai fatto. Senza trascurare nulla.

Jorge descrive il primo incontro, poi la seconda visita, quando ha parlato solo con il ragazzo.

Martin intuisce prima che Jorge abbia finito:

- Gli hai fatto credere che avresti scopato con lui, vero?

- Sì.

- Buona idea. Continua.

Jorge procede. Sa che non è necessario nascondere nulla. Quando parla della serata, Martin chiede:

- Perché non l’hai ucciso subito? C’era il rischio che si accorgesse che non eri circonciso.

- Lo so. Se però fosse tornato il padrone, per qualche motivo, o avesse bussato qualcun altro, un vicino… era ancora presto, non potevo essere sicuro che non venisse nessuno. Ho deciso che avrei scopato al buio.

- Manovra arrischiata.

- Sì e infatti un problema c’è stato.

- Racconta.

Jorge prosegue il suo racconto. Quando ha concluso, Martin dice:

- Ottimo. La parte con il ragazzo la taglierò un po’. Dirò che gli hai fatto credere che volevi scopare con lui, ma quando è arrivato il momento l’hai ucciso. Tanto per essere sicuri che nessuno abbia da ridire.

- Da ridire? Ma se mi avete fatto sedurre da una cameriera e da un mercante per sapere con chi preferivo scopare.

Martin scuote la testa:

- Diciamo che c’è un livello superiore, quello di chi decide le missioni: lì di scopare non si deve parlare. E poi ci sono quelli che organizzano il lavoro e che si preoccupano solo dell’esito finale. Chiaro?

Martin ride e aggiunge:

- Ma, tornando al ragazzo, com’era il suo culo?

Anche Jorge ride:

- Bello caldo e sodo. È stato un piacere.

- Mi sa che ha finito la sua vita con un bel male al culo…

Martin ride ancora, poi racconta la sua parte:

- Sono rimasto per vedere che cosa veniva fuori. Ci hanno messo due giorni a trovare i cadaveri. Le prime volte che sono entrati nella bottega, sembrava tutto a posto, per cui pensavano che Binyamin si fosse allontanato con il ragazzo, ma non capivano perché. Il terzo giorno però l’odore li ha messi sulla strada. Hanno spostato i tappeti, srotolato quelli da cui veniva la puzza… Hai rovinato due tappeti, ma hai fatto un buon lavoro.

Jorge chiede dettagli, ma a quanto pare nessuno ha saputo fornire elementi utili per scoprire l’assassino.

- Che ipotesi fanno sull’omicidio?

- Quelli che conoscono il ruolo svolto dal mercante, senza dubbio hanno capito che siamo stati noi a ucciderlo, ma questo non è di pubblico dominio. Per cui si parla di un tentativo di furto fallito, di un debitore che non voleva pagare e altre stronzate. Finirà tutto nel nulla.

- Adesso ci sarà un’altra missione?

- Sì, molto più difficile e molto più pericolosa, ma non posso parlartene adesso. Ti spiegherò quando avrò l’ordine di farlo.

- Va bene.

- Direi che per questa sera basta. Possiamo metterci a letto.

Jorge guarda Martin, ghigna e dice:

- Ho portato a termine la missione. Mi merito una ricompensa, no?

Martin sorride.

- Come ricompensa intendi il mio culo, vero?

- Sarebbe una buona ricompensa.

- Va bene. Domani mi farà male a cavalcare, ma ne vale la pena.

Martin si alza dalla sedia e si spoglia con gesti rapidi. Anche Jorge si denuda. Martin si inginocchia davanti a lui.

- Me lo voglio gustare, oggi.

Apre la bocca e le sue labbra avvolgono la cappella di Jorge. Il templare sorride: gli capita di rado che qualcuno glielo succhi. Di solito Jorge va per le spicce, prendendo il culo che gli si offre, senza tante cerimonie: un rapporto è per lui il soddisfacimento di un bisogno, niente di più. Ma non gli spiace sentire queste labbra che succhiano avidamente, poi lasciano la presa, lasciando il posto alla lingua, che percorre l’asta dalla base fino alla cappella. Il cazzo si tende in fretta. Jorge ha un sorriso che è quasi di scherno: in fondo disprezza quest’uomo che non ha remore, che gli offre il culo e la bocca, senza vergogna.

Martin prosegue la sua opera e ora che il cazzo di Jorge è perfettamente teso, la sua lingua scivola dalla cappella fino ai coglioni, per poi risalire. Le sensazioni sono troppo forti: Jorge emette un suono strozzato, una specie di grugnito, e apre la bocca.

Le labbra di Martin riprendono a lavorare, avvolgendo e succhiando, mentre le sue dita giocherellano con i coglioni di Jorge, stuzzicandoli.

- Cazzo, Martin! Sei una vera troia!

Martin si stacca. Sogghigna.

- Hai un gran bel cazzo, ma devi imparare ancora molte cose. Comunque sì, sono una vera troia. Mi piacciono i cazzi grossi e duri e il tuo… credo che solo il conte Ferdinando ti batta.

- L’hai provato?

- Certo, è passato parecchio tempo, ma è impossibile dimenticarlo! Fai fatica a reggerlo, ma, cazzo!, vale la pena.

Jorge scuote la testa, mentre Martin riprende a lavorare. Jorge sente la tensione salire.

- Martin, se prosegui tra un po’ vengo. Mettiti a quattro zampe.

Martin lo guarda e prosegue. Jorge si rende conto che sta per venire: va bene, questa volta sarà una bocca e non un culo. Martin non avrà male a cavalcare, domani. Chiude gli occhi, mentre l’onda del piacere lo investe. Il suo seme si riversa abbondante nella bocca di Martin, che beve avidamente.

 

La luce del giorno illumina la camera, ma Jorge e Martin sono ancora a letto: ieri sera hanno fatto tardi e adesso che la missione è conclusa, a tutti e due non dispiace oziare un momento.

Jorge dice:

- Volevo dirti una cosa, Martin.

- Dimmi.

- Sarebbe opportuno che io mi facessi circoncidere.

Martin volta la testa verso di lui e lo guarda, stupito. Jorge spiega:

- Non possiamo lasciare nulla al caso. C’è mancato poco che la missione non fallisse perché il ragazzo ha acceso una lampada dopo che abbiamo scopato. Non ha senso che non possa andare al bagno turco, che per loro è un luogo d’incontro; anche al cesso corro dei rischi. Non parliamo poi se avessero dei sospetti: gli basterebbe abbassarmi i pantaloni per capire che non sono musulmano.

Martin non dice nulla. Sa benissimo che Jorge ha ragione, ma ci sono molte difficoltà. Il templare prosegue:

- Se devo mescolarmi agli infedeli e passare per uno di loro, non devo trascurare nulla.

Martin annuisce.

- Quello che dici è vero, ma non sarà facile ottenere l’approvazione necessaria. La circoncisione… è una pratica degli ebrei e dei maomettani, una pratica da infedeli. Alcuni non possono accettare l’idea… Jorge, ti parlerò chiaramente. Combattiamo contro i saraceni, usando tutti i mezzi a nostra disposizione. Ma in alcuni casi ci scontriamo con la resistenza delle autorità religiose. Hanno da dire anche sui mezzi che usiamo. Per poter uccidere il mercante, hai sedotto Ahmed: questo però non posso raccontarlo. È assurdo, ma è così.

Jorge non nasconde la sua irritazione

- Martin, che senso ha rischiare di far fallire una missione e di essere scoperti in qualsiasi momento? Non parliamo di scopare, va bene. Ma al cesso, ai bagni? Troppo rischioso.

Martin annuisce.

- In una situazione normale, non ho dubbi che la risposta sarebbe negativa, ma la missione che con ogni probabilità ti verrà affidata è troppo importante, ne va della sopravvivenza del Regno. Forse riuscirò a ottenere l’autorizzazione.

Jorge guarda Martin.

- Senti, Martin…

- Dimmi, che cosa c’è?

- Tu mi parli di una missione molto importante. Perché verrà affidata a me? Io sono appena entrato.

- In parte proprio per questo: perché nessuno ti conosce, non hai mai viaggiato tra i saraceni, hai solo preso parte ad alcune battaglie in Egitto. In questi anni sei perlopiù rimasto a Santa Maria, dove non ci sono più musulmani. I rischi che tu venga riconosciuto sono minimi.

Martin fa una pausa e prosegue:

- Ma non è solo questo: sei davvero saraceno, almeno per metà. Puoi passare per uno di loro senza fatica.

- Per questo devo essere circonciso.

- Hai ragione, Jorge, lo so.

- E giacché ci sei, fatti radere i capelli e ricrescere la barba.

- Radermi i capelli? E perché mai?

- Sempre per cambiare faccia. Senza capelli e con la barba sarai del tutto irriconoscibile: è possibile che ad Aleppo tu debba rimanere per un certo tempo. È meglio che nessuno possa riconoscerti. E potrebbero riconoscerti guardando il viso, non il cazzo.

Jorge annuisce. Si alza.

- Adesso devo pisciare.

- Aspetta.

Anche Martin si alza. Si inginocchia davanti a Jorge, che lo guarda stupito.

- Che cazzo fai?

- Ho sete.

Martin apre la bocca e avvolge il cazzo di Jorge. Questi lo guarda, poi incomincia a pisciare.

- Sei davvero una troia.

Martin beve fino all’ultima goccia. Poi sorride e dice:

- Ci sono molte cose che devi ancora scoprire, Jorge. Ma probabilmente non ti interessano. A te uccidere piace più che fottere. Scommetto che ti viene duro quando uccidi.

Jorge lo guarda, sorpreso che Martin abbia indovinato. Annuisce e risponde:

- Qualche volta.

 

*

 

Jorge è a Rougegarde. Ha l’indirizzo di un medico arabo, musulmano, uno dei tanti che operano nella città. Si presenta vestito da saraceno.

Quando il medico lo riceve, dice, in arabo:

- Chiedo di essere circonciso.

Il medico corruga la fronte. Appare stupito.

- Perché?

Jorge potrebbe non dare nessuna spiegazione, ma preferisce fornirne una:

- Ho deciso di tornare alle fede dei miei padri.

Il medico annuisce.

- Di solito per la circoncisione si organizza una cerimonia.

- Non sono più un bambino. E preferisco che non si sappia. Qui ad al-Hamra noi siamo tollerati, ma non è così ovunque. Dato che dovrò fermarmi per un po’ di tempo nel regno, per sistemare alcuni affari prima di trasferirmi a Damasco, non voglio che se ne parli. Vorrei che nessuno lo venisse a sapere. Si può fare la sera?

- Come preferisci.

L’operazione viene fissata per il giorno seguente. Il medico avverte Jorge:

- Nei giorni successivi all’operazione è bene che tu non abbia erezioni, perché potrebbero impedire alla ferita di cicatrizzarsi.

Jorge annuisce. Pensa che sarà meglio che scopi domani, qualche ora prima dell’operazione, perché è uomo di forti appetiti.

Jorge va a uno dei grandi bagni di Rougegarde. A differenza di quanto è avvenuto in altre città, gli hammam sono tutti ancora in funzione e sono frequentati da arabi, franchi, ebrei e diversi altri: Rougegarde ha una popolazione mista e vi si recano per affari uomini provenienti da terre anche lontane. Per la città passano mercanti indiani e persiani, curdi e armeni, egiziani e magrebini, veneziani e genovesi, bizantini e slavi.

Questa mescolanza non piace a Jorge, che prova un odio profondo per tutti gli infedeli, soprattutto i musulmani, ma anche gli ebrei. Li ucciderebbe tutti volentieri.

Adesso però è qui per scopare, non per uccidere. Il bagno è anche luogo d’incontro e Jorge si guarda attorno.

Sa di non essere un bell’uomo, ma il suo corpo forte attira sempre l’attenzione. Molti uomini tengono un telo attorno alla vita, a coprire i genitali, mentre altri si siedono nudi sulla stoffa. Jorge si mette il telo, ma lo apre ogni tanto, fingendo di volerlo sistemare meglio. Il suo cazzo voluminoso fa sempre effetto, suscitando in molti invidia, in alcuni desiderio.

Accanto a lui viene a sedersi un uomo sui venticinque-trent’anni, che sorride a Jorge.

Jorge si sistema un po’ l’asciugamano e si accarezza il cazzo.

 L’uomo sorride e dice:

- Mi chiamo Matteo.

- Io sono Jorge.

- Non ti ho mai visto qui.

Jorge non è interessato a fare conversazione: preferirebbe passare subito al dunque, ma deve stare al gioco. Si gratta i coglioni e risponde:

- Non vivo a Rougegarde.

- L’ho pensato. Io lavoro per un mercante.

Jorge decide che hanno parlato abbastanza.

- Che ne dici di prenderci una cameretta dove possiamo… parlare in pace, senza nessuno tra i coglioni?

Matteo annuisce.

- Va bene.

Nella stanza Jorge si toglie l’asciugamano. Matteo sorride. Allunga la mano per afferrare il cazzo di Jorge, che già si sta tendendo. Lo tiene tra le dita e fa scorrere il pollice sulla pelle, prima verso l’alto, poi verso il basso, scoprendo un po’ la cappella.

Jorge è impaziente:

- Mettiti a quattro zampe.

Matteo lascia a malincuore la preda. Si mette a terra, allargando bene le gambe. Jorge osserva il culo che gli si offre. Sputa sull’apertura e sparge un po’ la saliva. Poi si inumidisce la cappella e preme contro l’anello di carne, forzandolo.

Quando entra, Matteo mugola. Jorge stringe le natiche a piene mani e spinge ancora in avanti, fino a che i coglioni sbattono contro il culo di Matteo, che geme.

- Cazzo!

Jorge gli lascia un momento per abituarsi, poi prende a spingere avanti e indietro con forza. Le sue mani martoriano il culo di Matteo, mentre il suo cazzo affonda e si ritrae fino a che, con un verso animale, Jorge viene.

Si stacca e si pulisce, senza badare a Matteo. Questi si solleva sulle ginocchia e, guardando Jorge, si afferra il cazzo e muove la mano fino a che viene. Jorge gli fa un cenno di saluto e se ne va. Matteo scuote la testa. Guardando la porta dice:

- Ottima dotazione, scarsa tecnica.

 

La sera Jorge raggiunge lo studio del medico.

- Spogliati.

Jorge esegue.

- Se ti va bene, faremo l’operazione in piedi: è preferibile. Non mi sembri il tipo da svenire, ma se pensi di non reggere, è meglio che tu me lo dica subito.

Jorge ha una piccola smorfia di scherno.

- Sono abituato a ben altro.

Il chirurgo ha preso i suoi strumenti: la lama per incidere, una fiala con del liquido e una scodella con una sostanza biancastra. Osserva il cazzo: un uomo davvero molto dotato, come di rado gli è capitato di vederne. Scopre la cappella e vi versa sopra un liquido trasparente. Jorge avverte un leggero bruciore, che svanisce in fretta.

Il chirurgo prende la pelle del prepuzio e la tira in avanti. Infila la lama al bordo e sollevando il coltello incide il prepuzio. Poi come un movimento circolare completa l’opera. Jorge stringe i denti senza dire nulla. Il sangue sta scendendo, ma il chirurgo prende la scodella e la alza, in modo da immergervi il cazzo di Jorge. Il liquido contenuto nella scodella si tinge rapidamente di rosso.

Dopo un momento il chirurgo abbassa la scodella. L’emorragia si è fermata. La cappella è coperta da una patina biancastra. Il chirurgo immerge una benda in una scodella e poi avvolge il cazzo di Jorge, lasciando scoperta l’apertura.

- Cerca di non bagnare la benda quando pisci.

Jorge annuisce.

- Puoi rivestirti. Tornerai da me tra due giorni, se non ci sono problemi. Altrimenti torna domani stesso.

 

Tre giorni dopo, a Rougegarde arriva Martin. Come convenuto, si incontrano in una delle migliori locande, quella di proprietà del mercante Giovanni, gestita da due donne. Si ritrovano a pranzo.

- Tutto bene? L’operazione?

- Nessun problema.

Jorge ride e aggiunge:

- Il chirurgo dice che devo ancora aspettare qualche giorno prima di scopare, ma a parte quello tutto a posto.

Martin ride.

- Peccato. Già pregustavo…

Anche Jorge ride. Poi chiede:

- È ora di partire per la missione?

Martin torna serio e risponde:

- Sì. Adesso posso dirti tutto.

Martin fa una pausa, poi prosegue:

- Il tuo bersaglio si chiama Boran. È un capo curdo, nel Nord della Siria. Un uomo potente, molto autorevole. È lui ad assicurare la protezione ad al-Malik al-Salih Ismail, il figlio e successore di Nur ad-Din, Norandino come veniva chiamato da noi, ma non ti scappi mai di chiamarlo così: capirebbero subito che non sei saraceno. Il ragazzo è appena giunto ad Aleppo: a Damasco non sarebbe vissuto a lungo. È troppo giovane per poter governare. Lo farà l’Atabeg al posto suo, insieme a Boran. L’Atabeg odia i franchi e pensa di attaccare il principato di Antiochia e la contea di Tripoli. In Siria può raccogliere un esercito, che però non sarebbe sufficiente ad assicurargli la vittoria. La sua carta vincente è Boran, che ha molta influenza sulle tribù del Nord ed è in grado di unirle sotto una sola bandiera.

- L’idea è quindi quella di uccidere Boran per fermare questo attacco?

- Sì, nessun altro ha il prestigio necessario per unire le tribù del nord.

- Non c’è il rischio che qualcun altro prenda il posto di Boran? La sua morte provocherà senza dubbio una reazione.

- Boran ha tre figli, che sono forti e decisi, ma non hanno l’autorevolezza del padre. I diversi clan non si lasceranno certo indurre a una guerra da tre giovani: il maggiore, Ishan, non ha neanche trent’anni. Le rivalità tra le tribù sono molto forti e Boran è l’unico a poterle unire. Una volta conquistate Antiochia e Tripoli, Boran sarà di fatto il nuovo signore della Siria, l’Atabeg probabilmente sarà avvelenato e il giovane al-Malik morirà prima di raggiungere l’età per governare. Ma noi siamo buoni e aiuteremo l’Atabeg e al-Malik a sopravvivere.

Martin ride.

Jorge annuisce.

- Come pensi che sia possibile avvicinarlo?

- Non è facile. Da quando si è alleato con l’Atabeg è divenuto guardingo. Sa che diversi lo ucciderebbero volentieri, non solo noi, ma anche il Saladino, che si è installato a Damasco per governare in nome di al-Malik, ma vuole soltanto far fuori l’Atabeg e il ragazzo. E forse pure gli ismailiti.

- Chi sono?

- Una setta di fanatici, che i saraceni chiamano Hashishiyya. Si sono installati a Jibrin, dopo che la guarnigione dell’Ordine è stata sterminata. Adesso lo chiamano Qasr al-Hashim.

- Quello che fu conquistato per il tradimento di Tancrède d’Espinel, vero?

- Sì.

- E perché ce l’hanno con al-Malik?

- Mi verrebbe da dire che ce l’hanno con tutti, quelli. Sono dei fanatici, te l’ho detto. Ma credo che stiano giocando una partita complessa. Io però non ne so abbastanza.

Jorge annuisce: in fondo non è importante conoscere questi dettagli.

- Va bene, devo ucciderlo, sempre che qualcun altro non arrivi prima di me, nel qual caso mi risparmia il lavoro.

- Sì, quel che conta è ucciderlo.

Jorge riflette un momento.

- Il problema sarà avvicinarlo.

- Sì, è la difficoltà maggiore. Bisognerà che studiamo un piano.

- Per elaborare un piano dovrò capire qual è la situazione ad Aleppo.

- Sì, partiremo entro una settimana.

Jorge è stupito.

- Verrai anche tu? Mi hai detto che ad Aleppo molti potrebbero riconoscerti.

Martin annuisce.

- Sì. Ma è necessario che qualcuno ti accompagni per metterti in contatto con un uomo che lavora per noi e per farti vedere alcune cose.

- Non sarebbe meglio che lo facesse qualcun altro? Per te, dico?

Martin alza le spalle.

- Jorge, no: Musa, non ci sono tante persone in grado di farlo, proprio perché ad Aleppo mi sono spesso mosso io. E solo io conosco il nostro uomo là. So che rischio molto, ma ormai sono stato individuato, non sono più così utile. Non mi spaventa la morte. Cercherò di non cadere vivo nelle loro mani: quello vorrei evitarlo. Comunque io e te avremo un veleno.

- Un veleno?

- Per Boran. O per noi, per non cadere vivi nelle loro mani.

 

*

 

Nell’hammam Boran sorride guardando i figli che si lavano. Tre maschi tanto vigorosi quanto coraggiosi. Mancano ancora di esperienza, ma se la stanno facendo. Ishan, il maggiore, è il suo prediletto: non ha paura di nulla ed è un figlio obbediente e molto attento. L’unico suo difetto è che si ostina a non volersi sposare. Yilmaz e Sarajil, i suoi fratelli, hanno già preso moglie, anche se sono più giovani, e Yilmaz sta per diventare padre. Ma a Ishan piacciono i maschi, di questo Boran si è accorto da tempo. Di per sé non sarebbe un problema: potrebbe sposarsi lo stesso. In fondo anche i suoi fratelli non disdegnano un bel culo, quando capita. E lui potrebbe prendere moglie e fare figli, continuando ad assecondare i suoi gusti.

Boran scuote la testa e ritorna a riflettere sui propri progetti.

Al-Malik al-Salih Ismail, il figlio ed erede di Nur ad-Din è ad Aleppo: Boran e Gumushtugin, l’Atabeg che si occupa del ragazzo, hanno ritenuto necessario allontanarlo da Damasco, dove correva troppi rischi. Al-Malik ha solo undici anni e a Damasco difficilmente sarebbe vissuto a lungo, insidiato da chi vuole raccogliere l’eredità di Nur al-Din. Il governatore dell’Egitto, Salah al-Din, quello che i cristiani chiamano Saladino, si è già insediato a Damasco: sostiene di governare in nome di al-Malik, ma di certo è intenzionato a eliminare il suo rivale.

Boran e Gumushtugin per il momento sono alleati. Non si fidano l’uno dell’altro e sanno benissimo che quando avranno realizzato i loro piani, tra loro si aprirà una lotta mortale. Ma attualmente i loro interessi coincidono: rafforzando il potere di al-Malik ed espandendo i suoi territori, contano di assicurarsi una posizione di supremazia sulla Siria settentrionale e magari in un futuro su tutta la regione. Vogliono approfittare della posizione di debolezza del Regno di Gerusalemme, dove è morto re Amalrico e a governare è un ragazzo, che ha solo due anni in più di al-Malik: unendo le forze delle varie tribù curde, Boran conta di lanciare un attacco contro i domini cristiani ed è convinto di poter espugnare Antakiyyah e Tarabulus.

Se otterrà il suo scopo, farà eliminare l’Atabeg. Oppure sarà Gumushtugin a farlo sopprimere. Ma per il momento la situazione li forza a essere alleati. Senza Boran, l’Atabeg non è certo in grado di riunire le tribù della Siria del Nord; senza l’Atabeg Boran non può porsi come legittimo protettore del giovane al-Malik. Finché la situazione è questa, l’alleanza conviene a entrambi.

Boran riflette ancora un momento, poi decide che è ora di andare. Si alza. Ishan se ne accorge e gli si avvicina.

- Ce ne andiamo, padre?

- Per me è ora, ma se vuoi fermarti per un mass, rimani.

Ishan ama molto farsi massaggiare, ma di certo non intende lasciare andare suo padre da solo, adesso che la sua vita è minacciata: Boran lo sa benissimo. E infatti Ishan risponde subito:

- No, veniamo con te.

Ishan tende a decidere anche per i suoi fratelli, questo Boran l’ha notato più volte. E loro tendono a seguirlo: Ishan ha una grande autorevolezza. Un giorno anche le tribù del nord vedranno in lui l’uomo che può guidarle e dominare su tutta la Siria.

Si asciugano, si rivestono e lasciano l’hammam.

 

Jorge li guarda uscire, ma non li segue: non servirebbe a nulla: non può certo pensare di uccidere Boran per strada quando cammina con i figli. Martin glieli ha indicati quando sono usciti dalla cittadella e Jorge li ha seguiti, a distanza. Come Martin aveva supposto, sono entrati nell’hammam. Anche Jorge è entrato, per poter aver modo di osservarli e imprimersi i loro volti nella mente.

Il bersaglio è solo Boran: le tribù del nord non accetterebbero l’autorità dei suoi figli. Ma per Jorge è importante sapere con chi ha a che fare.

Jorge rimane a lungo nel bagno, ma non parla con nessuno. Per il momento preferisce non farsi notare, in attesa di definire un piano d’azione.

Non è facile capire come uccidere Boran. Essendo ospite dell’Atabeg, il capo curdo dorme nella cittadella: come entrarvi, individuare l’abitazione di Boran, raggiungerla, ucciderlo e riuscire a uscirne? Di giorno alcune aree della cittadella sono accessibili: vi si tengono i processi e vi sono funzionari con cui si può chiedere un colloquio. Ma in altre aree può entrare solo chi è autorizzato e di notte tutta la cittadella è ermeticamente chiusa per chi non ha un permesso.

Boran si reca regolarmente al bagno, a giorni alterni, ma è sempre accompagnato dai figli. Ucciderlo nell’hammam significherebbe andare incontro a morte certa, perché Jorge non riuscirebbe a scappare, e non è neppure detto che riuscirebbe a pugnalare Boran: qualcuno dei figli potrebbe bloccarlo prima.

Dopo essere uscito dal bagno, Jorge gira per le strade, come un visitatore curioso di scoprire una delle città più belle della Siria e del mondo arabo. Ripassa ai piedi della cittadella, arroccata in cima a una collina e protetta da alte mura.

Passeggia a lungo nel vasto mercato coperto, disposto intorno alla grande moschea. Qui i venditori sono divisi in base alle merci: c’è la via dei mercanti di abiti, quella dei venditori di spezie, quella dei fruttivendoli e così via. Le botteghe hanno imposte di legno, spesso istoriate con motivi eleganti, che la notte vengono chiuse. La copertura assicura un riparo dalla luce del sole anche nei giorni più caldi.

Jorge guarda curioso, ma il suo non è solo lo sguardo di un visitatore. Cerca di memorizzare la pianta della città, le strade, i luoghi in cui si potrebbe organizzare un agguato, i locali in cui ci si può appartare, la campagna circostante. Gira di giorno e anche la sera, quando la città cambia faccia. C’è molta animazione anche la notte, ad Aleppo.

Quasi ogni giorno si incontra con Martin. Si ritrovano di solito al mercato. Con un gesto si dicono se hanno qualche cosa da comunicare e allora si parlano, fingendo di guardare la merce. Se hanno bisogno di conversare più a lungo, si danno appuntamento fuori città, in un orto abbandonato a cui giungono da strade diverse e dove possono parlare senza che nessuno possa sentirli o vederli.

Martin gli fornisce alcune informazioni e dopo quattro giorni gli presenta l’uomo che lavora per loro in città. Jorge scopre che si tratta di un giocoliere, che si sposta tra Aleppo e i paesi intorno. Un’attività che gli permette di entrare in contatto con molta gente e di raccogliere informazioni utili.

 

Jorge ritorna al bagno turco all’ora in cui di solito vi si recano Boran e i suoi figli. La seconda volta che li vede, osserva che un ragazzo fissa Ishan, il figlio maggiore di Boran. Ishan se ne accorge e gli sorride. Anche il giovane sorride. Ishan dice qualche cosa al padre, che lancia un’occhiata al ragazzo e annuisce.

Ishan si alza, si avvicina al giovane  e gli parla. Poi i due lasciano la sala comune. Jorge è sicuro che si appartino per scopare. A Ishan piacciono i maschi, quindi. Potrebbe essere un modo di avvicinarsi? Jorge sa di non essere bello e non è detto che Ishan sia interessato a lui. E poi, con ogni probabilità Ishan vorrebbe metterglielo in culo: è un maschio vigoroso e non sembra il tipo da farsi inculare. Jorge non ha nessuna intenzione di lasciarsi fottere, da un maomettano, per di più!

Però, se ci fosse un modo per agganciare Ishan…

Intanto i due fratelli di Ishan, stanno ridendo. Di certo parlano di lui.

Dopo un po’ di tempo, Ishan torna. Yilmaz gli dice qualche cosa sorridendo. Ishan scoppia a ridere. Poi Boran si alza e i quattro si allontanano.

Il ragazzo con cui Ishan ha scopato ritorna: si dev’essere fermato un momento nella stanza che Ishan ha preso. Zoppica leggermente, ma ha un’aria soddisfatta.

Jorge si alza e se ne va. Ha un’idea e proverà a vedere se ottiene qualche cosa.

Il giorno dopo Jorge torna al bagno turco alla stessa ora. È difficile che Boran venga, perché di solito si reca al bagno a giorni alterni. Ma Jorge ha un altro obiettivo.

C’è il ragazzo con cui Ishan ha scopato. Jorge si toglie il telo che ha attorno ai fianchi, lo posa sul sedile e vi si siede sopra. Vede che il giovane gli fissa il cazzo. Jorge gli sorride. Il giovane esita un attimo, poi si avvicina a lui.

- Io sono Salim. Sono di Homs, ma adesso lavoro con mio zio qui ad Aleppo.

Jorge risponde:

- Io sono Musa. Vengo da Qurtuba.

- Da Qurtuba? Ma è lontanissima.

Jorge ride:

- Sì, lo è. Ho deciso di girare un po’ il mondo, prima di raggiungere la Mecca per fare il mio dovere di buon credente.

Salim annuisce. Intanto Jorge si gratta un po’ i coglioni e si accarezza il cazzo, come se fosse sovrappensiero.

Salim lo guarda. Cerca di sorridere, ma è chiaro che la vista di tutto quel bendidio lo solletica alquanto.

Jorge propone:

- Ci prendiamo una saletta?

Salim sorride.

- Volentieri.

Nella stanza si tolgono il telo. Salim si inginocchia davanti a Jorge e gli prende in bocca il cazzo. Lo succhia fino a che non diventa duro. Poi si stacca, lo contempla ammirato e infine si alza e si mette contro la parete, a gambe larghe.

- Fottimi così.

Jorge annuisce. Non è abituato a fottere in piedi, ma va benissimo anche così. Dopo aver inumidito bene l’apertura, incula Salim lentamente.

- Grande!

Jorge sorride. Incomincia a spingere avanti e indietro il culo.

Infine Jorge viene. Di solito non gli importa molto di soddisfare i maschi con cui scopa, ma vuole che Salim sia contento. Perciò con la destra gli afferra il cazzo e muove la mano, stringendo, fino a che il giovane non geme, forte, e il seme schizza sulla parete.

Salim chiede:

- Vieni ancora al bagno?

- Finché sono qui, sì. Tutti i giorni.

- Alla stessa ora?

- Più o meno.

- Allora ci vediamo ancora.

- Volentieri. E non ci limiteremo a guardarci.

 

Il giorno dopo Jorge fa in modo di arrivare poco prima dell’ora a cui di solito giungono Boran e i suoi fratelli. Salim è presente e gli sorride.

Gli si siede vicino e dice:

- Prendiamo anche oggi una saletta?

Jorge sorride.

- Perché no? Ma aspetta un momento.

Poco dopo arrivano Boran e i figli.

Ishan guarda Salim e gli sorride.

Ora Salim è in imbarazzo. Jorge ride e gli dice:

- Ti piace quello, vero? L’altro giorno hai scopato con lui. È un gran bel maschio. Puoi invitare anche lui, se vuoi. Possiamo divertirci in tre.

Salim lo guarda e ghigna.

- Tu dici?

- Ma sì, guardalo e sorridigli. Magari si avvicina.

Salim annuisce. Fissa Ishan e sorride. Jorge nota che i fratelli di Ishan gli stanno dicendo qualche cosa. Probabilmente lo prendono per il culo in modo scherzoso, perché anche Ishan ride. Poi il curdo scuote la testa e si alza. Si avvicina a Salim.

- Vieni con me?

Jorge si rivolge direttamente a lui:

- Gli ho fatto la stessa proposta e ha accettato, ma ora che sei arrivato tu, non sa decidersi. Che ne diresti di andarci tutti e tre?

Ishan ride.

- Perché no?

Si alzano e si fanno dare una saletta al primo piano.

Mentre entrano Jorge guarda Ishan e sorride.

- Io sono Musa, vengo da Qurtuba.

Ishan lo guarda stupito.

- Da Qurtuba? Ecco perché hai un accento diverso.

- Sì, quando sono arrivato qui ci ho messo un momento per abituarmi. Certe espressioni non le capivo proprio.

Ishan annuisce.

- Io sono Ishan e sono curdo. Ma adesso diamoci da fare. Salim è impaziente.

Sono tutti e tre impazienti: il turgore dei loro uccelli non lascia dubbi in proposito.

Jorge dice, mostrando il proprio cazzo e quello di Ishan:

- Salim, quale preferisci in bocca e quale in culo?

Salim ride.

- Vedete voi.

Ishan osserva:

- Possiamo anche incominciare in un modo e poi scambiarci le parti, no, Musa?

Jorge ride e replica:

- Mi sembra una bella idea. Ti va bene se io incomincio con il culo e tu dalla bocca?

- Benissimo.

Salim fa una smorfia.

- Mi sa che avrò un gran male al culo.

Ishan e Jorge ridono. Salim si piega in avanti. Jorge si mette dietro di lui e gli appoggia le mani sul culo. Divarica un po’ le natiche e osserva l’apertura. Si china in avanti e lascia colare un po’ di saliva. Intanto Ishan si è messo davanti a Salim, che gli poggia le mani sui fianchi e prende in bocca il cazzo.

Salim ci sa fare, questo è evidente e Ishan sorride soddisfatto. Dopo aver sparso la saliva ed essersi inumidito la cappella, Jorge affonda il cazzo nel culo che gli si offre. Salim sussulta leggermente.

Jorge spinge con forza e Salim si tiene a Ishan per non perdere l’equilibrio. Sia Ishan, sia Jorge hanno una notevole resistenza. Jorge viene un po’ prima e Ishan poco dopo.

Si fermano un momento. Jorge si pulisce, poi si stende sui cuscini. Ishan si stende accanto a lui e Salim si siede, a occhi chiusi. Dice, sorridendo:

- È proprio necessario fare un secondo giro? Tutto sommato mi potrei accontentare.

Ishan ride:

- No, devi fare un confronto e dirci chi di noi ti soddisfa di più.

Salim scuote la testa.

- Possiamo anche fare domani.

È Ishan a rispondere:

- Io domani non ci sono.

- E va bene…

Mangiano due dolci e bevono. È Salim stesso a prendere l’iniziativa dopo un momento. Si mette tra i due e incomincia ad accarezzare i due cazzi, che reagiscono in fretta, mettendosi sull’attenti.

Jorge rimane disteso sulla schiena e Salim si stende tra le sue gambe, prendendogli in bocca il cazzo. Ishan allora si stende su di lui e dopo aver preparato l’apertura lo penetra.

Questa volta la cavalcata è piuttosto lunga ed è Ishan a venire per primo. Il curdo si stacca e si pulisce. Quando anche Jorge è venuto, Salim si stende sui cuscini. Dice:

- Merda! Oggi non riuscirò a camminare!

Ishan scuote la testa e dice:

- Rimani disteso.

Jorge non si alza, ma Ishan sembra intenzionato ad andarsene.

Jorge gli sorride:

- Te ne vai già, Ishan?

- Sì, mio padre tra poco vorrà lasciare il bagno e preferisco essere al suo fianco.

- Tuo padre mi sembra un uomo molto forte. Direi che non ha bisogno di nessuno.

Ishan sembra rabbuiarsi.

- Certo, Musa, ma la sua vita è minacciata.

Jorge si finge stupito. Chiede:

- Come mai?

Ishan non spiega.

- Ne parleremo un’altra volta. Ora preferisco andare.

Ishan saluta e se ne va. Jorge è soddisfatto: ha fatto conoscenza con uno dei figli di Boran. Farà in modo di incontrarlo ancora e di parlare un po’ con lui.

 

Si ritrovano due giorni dopo al bagno. Salim non c’è. Jorge saluta Ishan, che si siede vicino a lui. Dopo aver scambiato qualche osservazione generica, Jorge dice:

- L’altro giorno mi dicevi che tuo padre è in pericolo. Ho capito bene?

- Sì, è un uomo forte e potente e ha molti nemici. Tra i credenti e tra gli infedeli. Sappiamo con certezza che i franchi vogliono ucciderlo.

Jorge si finge stupito

- E perché mai?

- Temono che possa togliere loro Antakiyyah e Tarabulus.

Le parole di Ishan sono una conferma di quanto ha detto Martin: Antiochia e Tripoli sono gli obiettivi di Boran.

- Che Allah voglia restituire ai credenti queste due città. Non le conosco, ma ne ho sentito parlare e so che sono belle e prospere e ora sono in mano a degli infedeli.

- Anch’io non le ho mai visitate. Spero di entrarvi con i guerrieri delle tribù del nord.

- Mi piacerebbe esserci anch’io.

- Hai combattuto contro gli infedeli?

- Certo! Più volte e ti assicuro che ne ho uccisi molti.

Quello che Jorge dice è vero, anche se per lui ovviamente gli infedeli sono i musulmani e non i cristiani.

- Vedendoti ho pensato subito che potessi essere un guerriero. Non sembri un mercante.

- No, ho combattuto a lungo. Poi sono entrato in conflitto con uno degli uomini del sultano Abu Ya'qub Yusuf. Ho preferito andarmene per un po’. Volevo compiere il pellegrinaggio. E poi, ti dirò… Non mi piace una situazione in cui i credenti, invece di combattere gli infedeli, si scannano tra di loro.

Ishan alza le spalle.

- Avviene ovunque, purtroppo. Anche qui.

Poi sorride e aggiunge:

- Sei un uomo forte. Mi piacerebbe misurarmi con te.

- Molto volentieri. Di sicuro sei anche tu un guerriero esperto.

- Vuoi venire con noi nella nostra residenza? Stiamo nella cittadella.

- Ben volentieri. Sarà anche un’occasione per vederla da dentro. Non sono mai entrato. Da fuori è davvero imponente.

- Potrebbe resistere a qualsiasi attacco. Al suo interno ci sono due cisterne alimentate da sorgenti sotterranee, per cui l’acqua è sempre disponibile.

- Verrò con piacere. Quando?

- Anche oggi. Puoi venire con noi. Torniamo subito alla cittadella, perché mio padre deve vedere l’Atabeg.

- Va bene. Passo a ritirare la mia spada? Se vogliamo misurarci…

- No, non è necessario. Abbiamo tutte le armi che vogliamo.

Ishan presenta Jorge a suo padre e ai suoi fratelli. Lasciano il bagno e si dirigono alla cittadella.

Entrando nella cittadella Jorge si guarda intorno come un viaggiatore curioso di scoprire un luogo di cui ha spesso sentito parlare. In realtà, senza farsi notare, prende mentalmente nota di tutti gli elementi di difesa.

Attraversano alcuni cortili, fino a raggiungere l’abitazione di Boran, senza nessun particolare controllo: Jorge è con Boran e questo è sufficiente per le guardie, che conoscono benissimo il curdo e i suoi figli.

Boran fa offrire del vino, proibito dal Corano, ma ampiamente consumato nelle case. Dopo aver bevuto insieme, Jorge e Ishan decidono di affrontarsi con la spada. Si tolgono le tuniche e rimangono con solo i pantaloni addosso.

Jorge si rende conto in fretta che Ishan è un avversario temibile: sa maneggiare la spada con grande sicurezza ed è molto agile e rapido nei movimenti. Jorge non si muove con altrettanta agilità, ma possiede una grande forza fisica. Il duello dura a lungo, senza che nessuno riesca ad avere la meglio sull’altro. Grondano sudore per il movimento e per il caldo, ma non intendono rinunciare.

È Yilmaz a separarli. Si fa avanti e dice:

- Siete entrambi forti guerrieri. Musa, davvero ho conosciuto pochi uomini in grado di tener testa a Ishan, ma tu ci riesci molto bene. Ishan, credo che anche tu debba riconoscere il valore di Musa.

Ishan annuisce.

- Sì, Musa, sei davvero forte. Vorrei che tu combattessi con noi.

- Non mi dispiacerebbe. Tra poco dovrò partire, ma dopo aver sbrigato alcuni affari potrò tornare e allora, se sarete pronti per la spedizione, mi unirò volentieri a voi.

- Adesso però, è bene che ci laviamo. C’è anche nel nostro appartamento un piccolo bagno. Niente a che vedere con il grande hammam della città bassa, ma per lavarsi va benissimo.

Ishan e Jorge si spogliano. Jorge pensa che davvero quest’uomo è un gran maschio. Gli piacerebbe metterglielo in culo, ma Ishan non accetterebbe mai. A meno che…

Mentre scivolano in acqua, Jorge dice:

- Uno di questi giorni facciamo un’altra sfida, di lotta.

- Perché no? Mi sembra una bella idea, Musa.

- E… metteremo un premio per il vincitore.

- E quale sarà il premio?

L’idea di Jorge sarebbe quella di mettere in palio il culo, ma preferisce non formularla, anche perché non è sicuro che sia una buona idea.

- Lo vedremo.

Jorge ride, ma non dice nulla. Forse davvero non è una buona idea. Jorge sa di essere più robusto di Ishan, ma Ishan è molto agile, nonostante la sua stazza. Difficile prevedere chi uscirebbe vincitore da una sfida. E rischiare di farsi inculare, per di più da un maomettano… meglio lasciar perdere.

Jorge cambia argomento, ponendo qualche domanda generica sulla cittadella. Chiede delle sue origini, contando poi di ottenere qualche informazioni in più anche sulle sue difese. Ma il discorso non procede, perché Yilmaz entra nel bagno. Sembra agitato.

- Ishan! Hanno trovato l’emissario dei franchi che vuole uccidere nostro padre.

Ishan scatta in piedi.

- Cosa?

Mentre Ishan esce dalla vasca, grondante d’acqua, Yilmaz spiega:

- Sì, qualcuno lo ha riconosciuto e lo ha seguito. È fuori città, ad Assan.

Anche Jorge è uscito dall’acqua. Martin è stato scoperto: Assan è il borgo dove si è stabilito.

Ishan dice:

- Andiamo subito!

Jorge interviene:

- Vengo anch’io, Ishan.

Martin è perduto. È ben difficile che Jorge possa fare qualche cosa per salvarlo, ma può cercare di ucciderlo, risparmiandogli la tortura e nello stesso tempo guadagnandosi la fiducia di Ishan e dei suoi fratelli.

Jorge accompagna Ishan, i suoi fratelli e quattro servitori. Il villaggio non è lontano. Uno dei servi conosce esattamente il nascondiglio di Martin e vi si dirige senza esitazioni. Dice:

- Ci sono due uscite: una dall’orto, sul viottolo dietro, l’altra da quella porta.

Jorge pensa che Martin cercherà di uscire dal retro.

- Io vado dietro.

Ishan annuisce e dice:

- Yilmaz, tu lo accompagni, insieme a Hadas e Shafi.

Ishan, Sarajil e gli altri due servitori rimangono davanti.

Scendono da cavallo e si dirigono rapidamente nel viottolo che corre dietro l’orto: uno stretto passaggio di terra battura tra i muri di fango che delimitano le diverse proprietà. Una vecchia porta in legno dà sull’orto. Jorge e Hadas si mettono da una parte, Sarajil e Shafi dall’altra.

La porta si apre di colpo e Martin corre fuori, il pugnale in mano. Hadas lo affronta, ma Martin è più rapido e lo colpisce al petto. Il servitore barcolla e crolla a terra. Ma non c’è nessuna possibilità di salvezza per Martin, neanche se Jorge combattesse con lui: dalla stessa porta da cui è uscito Martin già si affaccia Ishan.

Jorge si scaglia su Martin: non può salvarlo, ma può ucciderlo, evitandogli di cadere vivo nella mani di Ishan e dei suoi fratelli. Martin capisce. Para due colpi, poi, fingendo di voler colpire Jorge, si scopre e Jorge gli affonda la lama nel petto, con tanta forza da farla uscire dalla schiena. Martin emette un grido strozzato. Jorge ritira la spada. Martin barcolla, si volta come se sperasse di potersi allontanare. Jorge lo afferra da dietro e nuovamente lo trafigge con la spada, la cui punta ora sporge dal petto. Quando Jorge ritira la lama, Martin cade in ginocchio e poi disteso a terra.

Ishan si è avvicinato. Si china su Martin, ormai cadavere.

- Avrei preferito prenderlo vivo.

Jorge alza le spalle.

- Aveva già ucciso uno dei vostri uomini. Non si sarebbe certo arreso.

- No, hai ragione.

Ishan si rivolge ai servitori.

- Spogliatelo. E voi due andate a prendere i cavalli.

I servitori eseguono gli ordini. Per l’ultima volta Jorge guarda il corpo nudo di Martin. Ishan lancia una corda a uno dei servi, che lega i piedi del morto e poi fissa la corda alla sella del cavallo di Ishan. Salgono tutti a cavallo. Il gruppo non si dirige verso il centro della città, ma verso la campagna.

- Dove stiamo andando?

- A una proprietà di nostro zio. Voglio lasciare là questo infame.

Ishan guarda il cadavere, che lascia sul terreno una striscia di sangue. Sul viso del curdo Jorge legge un odio profondo.

- Odi tutti gli infedeli, vero?

Ishan scuote la testa.

- No. Non ho motivo per odiarli. Odio quelli che invece di combattere lealmente  agiscono nell’ombra e tramano per uccidere. Questo infame voleva ammazzare mio padre, Musa. Senza neanche conoscerlo. E non voleva affrontarlo a viso aperto, ma colpirlo a tradimento.

Jorge annuisce.

- Capisco quello che intendi.

Jorge capisce davvero la posizione di Ishan, ma non la condivide: odia gli infedeli e per lui tutti i mezzi per colpirli sono legittimi. Ma non è certo il caso di esprimere ciò che pensa.

Ishan riprende:

- Adesso dobbiamo trovare il secondo.

- Il secondo?

- Il secondo traditore.

- Perché pensi che ce ne sia un altro?

- Lo so con sicurezza. L’uomo che ci ha avvisati ha detto che i franchi avrebbero mandato a Damasco questo cane – Ishan indica il cadavere di Martin – e un altro uomo, che non conosceva.

- Ci sono alcuni dei nostri nei territori franchi che ci passano queste informazioni, allora. Bene.

- Non so se sono cristiani o credenti. Non mi sono mai occupato di queste manovre. E’ stato l’Atabeg ad avvisarci.

Jorge annuisce. Sperava di scoprire il traditore, ma Ishan probabilmente non sa davvero nulla. È troppo schietto per mentire: se sapesse qualche cosa che non può rivelare, si limiterebbe a dire che non può parlare.

- Credo comunque che per tuo padre i rischi ora siano molto più ridotti. Bisognerà vigilare, certo, ma almeno uno dei due sicari non è più in condizioni di nuocere.

Ishan sorride. C’è ferocia nel suo sorriso, una ferocia che stona sul suo viso.

- Comunque spero di avere presto notizie più precise. Tra due giorni dovrebbe arrivare un uomo che ci fornirà una descrizione dell’altro sicario.

Jorge annuisce. Si chiede se davvero qualcuno sia in grado di descriverlo: lo hanno visto solo l’uomo che lo ha assoldato, Martin, il locandiere e il proprietario della fattoria dove ha lasciato i vestiti quando è partito per Amman. Ma se chi ha tradito conosce il suo nome, si è certamente fatto fare una descrizione accurata o magari è qualcuno che lo ha visto a Santa Maria, a Gerusalemme o in una delle varie spedizioni. Il tradimento può celarsi dappertutto. Probabilmente non sa che si è tagliato i capelli e fatto crescere la barba, ma anche questo non è sicuro.

In ogni caso non può correre rischi: deve cercare di uccidere Boran entro due giorni e allontanarsi.

- L’Atabeg deve avere spie dappertutto.

- Sì, è un uomo che manovra nell’ombra. Musa, sinceramente, non mi fido di lui. Ma è un alleato in questo momento, per cui gli siamo leali.

Dopo aver cavalcato una mezz’ora, giungono a una fattoria. Sono accolti da un uomo sui cinquanta: è lo zio materno di Ishan.

- Quest’infame voleva uccidere a tradimento mio padre. Vorrei lasciare il suo corpo agli animali. Non merita sepoltura.

L’uomo annuisce e indica dove appendere il morto, a una certa distanza dalla casa e dai campi coltivati.

Raggiungono il posto. Ishan dà gli ordini e i due servitori sospendono per i piedi il cadavere al ramo di un albero.

- Che marcisca qui: è quello che merita.

A un cenno di Ishan, uno degli schiavi infila il coltello nel ventre di Martin e lo apre fino allo sterno, facendo fuoriuscire le viscere. Poi abbandonano il cadavere agli animali.

Tornano ad Aleppo. Jorge vorrebbe rimanere con Ishan, sperando di trovare un’occasione per uccidere Boran, ma non può imporsi, perciò alle porte della città dice:

- Io me ne vado. Ci vediamo domani al bagno?

- Devi proprio andare? Vieni con noi alla cittadella Musa. E questa sera banchetteremo insieme.

- Volentieri.

La sera durante il banchetto Jorge ascolta con grande attenzione la conversazione, cercando di cogliere qualche elemento che possa tornargli utile per il suo scopo o anche solo qualche informazione da riportare a Gerusalemme. Boran però non dice nulla sui suoi movimenti e neppure sui suoi progetti. Si parla invece della situazione della Siria, senza che emerga nulla di significativo.

Ormai è tardi e Ishan invita Jorge a fermarsi a dormire da loro. Jorge accetta. Dormirà nella camera di Ishan.

Dormono su una larga stuoia, uno di fianco all’altro. Ishan si spoglia completamente. Alla luce della lampada, Jorge lo osserva. È un gran bel maschio, davvero, e gli piacerebbe poterlo fottere. Jorge distoglie lo sguardo, perché gli sta già diventando duro. Anche lui si spoglia. Si coprono con un lenzuolo e Ishan spegne la lampada.

- Buona notte, Musa.

- Buona notte, Ishan.

Ishan si addormenta subito: Jorge ne sente il russare. Riflette. Si chiede se uccidere Boran nella notte. Potrebbe pugnalare nel sonno Boran: ha visto qual è la sua stanza. Ma se Ishan lo sentisse alzarsi o tornare a coricarsi? Potrebbe uccidere anche lui. E poi? Come allontanarsi? Impossibile uscire dalla cittadella nella notte e tanto meno lasciare Aleppo. Sicuramente sospetterebbero di lui. Uccidere Ishan e Boran è andare incontro a morte certa. E se invece… Jorge pensa al veleno che porta con sé. Un veleno mortale, che agisce in fretta. Versarlo domani in mattinata nella coppa di Boran? Una manovra rischiosa, non è detto che abbia l’occasione per farlo. Il tempo stringe.

Decide di aspettare un’occasione migliore o di cercare di crearla.

 

L’indomani si desta che fuori è appena giorno. Ishan è già sveglio e lo saluta:

- Hai dormito bene, Musa?

Jorge volta la testa verso Ishan e lo vede steso vicino a lui. Il curdo ha spinto via il lenzuolo, che copre appena il ventre e le gambe, senza nascondere l’erezione. Anche Jorge ce l’ha duro, come spesso gli capita il mattino.

Jorge sorride e dice:

- Sì. E tu?

- Dormo sempre benissimo.

C’è un momento di pausa. Jorge nota che Ishan sta guardando il rigonfio del lenzuolo sopra il suo cazzo. Ishan sorride e dice:

- Ieri proponevi una sfida di lotta. Potremmo farlo adesso, che ne dici? Senza nessuno tra i coglioni.

Jorge guarda Ishan.

- Sì, perché no?

Ishan ridacchia.

- Parlavi anche di un premio. A che cosa pensavi?

Il sorriso di Ishan fa pensare a Jorge che il curdo abbia intuito. Jorge è incerto. Gli piacerebbe fottere Ishan, perché il curdo è un bell’uomo, ma non è sicuro di avere la meglio e non tollererebbe l’idea di essere inculato, tanto meno da un infedele.

Risponde:

- Non so, tu che cosa dici?

Ishan ride di nuovo. Ha una bella risata, denti bianchissimi tra le labbra rosse e il nero della barba e dei baffi.

- Credo che avessi una certa idea… A tutti e due piacciono i maschi. E non mi spiacerebbe gustare il tuo culo.

Jorge si tende. Risponde, brusco:

- Nessuno me lo ha mai messo in culo.

- Per me è un motivo di più per desiderarlo. Comunque anch’io non me lo sono mai preso in culo. Accetto di correre il rischio.

Ishan ride e con un gesto deciso afferra il lenzuolo e lo tira via, scoprendo i loro corpi. Conclude, guardando il cazzo di Jorge:

- Un grosso rischio, direi.

Jorge tace, combattuto. Ishan dice ancora, serio:

- Se non te la senti, non c’è problema. Capisco benissimo.

Jorge vorrebbe dire di no, ma il desiderio preme. Si dice che batterà Ishan e sarà un piacere metterlo in culo a questo bel maomettano.

- Va bene. Ci sto.

Ishan si alza e si mette al centro della stanza. Jorge si mette davanti a lui. Sono tutti e due fermi a gambe un po’ larghe, leggermente piegati su se stessi, pronti a lanciarsi all’attacco, come a difendersi. Potrebbe essere una normale lotta tra due maschi, ma i loro cazzi duri rivelano che per entrambi la posta in gioco non è solo il dimostrarsi più forti.

Jorge scatta, cercando di bloccare Ishan, ma il curdo guizza di lato, con un movimento molto rapido. Altri due attacchi di Jorge vengono ugualmente schivati. Jorge mormora:

- Merda!

Ishan è un avversario tosto, ma prima o poi Jorge conta di riuscire a bloccarlo. Un ulteriore assalto ha però un esito imprevisto: Ishan non si sottrae, ma accompagna il movimento di Jorge, facendolo cadere e poi mettendosi su di lui: Jorge si ritrova pancia a terra, un braccio piegato dietro la schiena, Ishan che gli schiaccia il collo con il ginocchio. Non può muoversi, perché ogni sforzo di liberarsi provoca fitte al braccio. È completamente bloccato. Cerca ancora di sfuggire alla presa, ma Ishan è un lottatore esperto e non gli permette di sottrarsi.

- Ti arrendi, Musa?

Jorge ha ancora un guizzo. Il dolore al braccio diventa più forte e si estende alla spalla. Jorge cede.

- Mi arrendo.

Ishan lo lascia. Jorge si mette in ginocchio. Pensa che potrebbe inventare una scusa, prendere il pugnale e uccidere Ishan. Ma sarebbe assurdo: verrebbe ucciso senza aver portato a termine la sua missione. Potrebbe rifiutare di lasciarsi inculare, ma questo provocherebbe una rottura tra lui e Ishan, che probabilmente gli impedirebbe di uccidere Boran.

Jorge stringe i pugni. A fatica dice:

- Come vuoi che mi metta?

- A quattro zampe.

Jorge digrigna i denti, ma obbedisce. Pensa che un fottuto maomettano sta per incularlo. Si vendicherà. Ucciderà Boran e Ishan, tutti e due.

 

Ishan guarda il culo che gli si offre: grosso, robusto, peloso. Sa che nessuno lo ha mai preso prima d’ora e al pensiero il cazzo gli si tende ancora di più: è felice di essere il primo a possedere quest’uomo vigoroso, che è riuscito a battere in un combattimento leale.

Musa non è contento di doverglisi offrire, questo è chiaro. A Ishan spiace, ma l’idea della sfida è stata sua. Ed è un guerriero, per cui accetterà questa ferita al suo amor proprio. Ishan si chiede cosa proverebbe al posto di Musa. Si sentirebbe umiliato, ma accetterebbe di pagare il prezzo della sconfitta. E forse… Ishan non sa che cosa si provi a essere posseduti. Se a penetrarlo fosse un uomo valoroso, che lo ha vinto senza inganni, perché no?

Ishan lascia colare un po’ di saliva sul buco del culo di Jorge, la sparge con un dito, preme un po’. Jorge si tende. Ishan scuote la testa. Sparge ancora un po’ di saliva, con cura.

Poi avvicina il cazzo all’apertura. Preme leggermente. Jorge si tende. Ishan aspetta che si rilassi, poi avanza ancora. Ora è dentro di lui. È una bella sensazione. A Ishan piace possedere questo guerriero forte, che non si è mai offerto a nessuno. Attende un momento, poi prende a muovere avanti e indietro il culo, a un ritmo lento: non vuole fare male, vuole lasciare che Musa abbia il tempo di abituarsi a questa presenza estranea. Cavalca molto a lungo: è un buono stallone. Quando infine viene, Ishan accarezza Musa. Poi la sua mano afferra il cazzo dell’uomo che ha appena inculato e si muove decisa. Jorge sente il desiderio crescere. Vorrebbe dire a Ishan di fermarsi, ma non ha senso. Il piacere diventa sempre più forte e infine esplode.

Ora Jorge è furente. Questo bastardo lo ha fatto venire. Ha goduto con il cazzo di un maomettano in culo! Merda!

 

A colazione Ishan è euforico. Jorge riesce a nascondere la sua rabbia: non si mostra allegro, ma nemmeno di cattivo umore. Parla con Sarajil, che gli chiede della situazione in al-Andalus.

Jorge pensa che andranno tutti al bagno, poiché Boran e i figli vi si sono recati due giorni fa, ma sente Boran dire a Ishan:

- Andrò da Taissir.

- Ti accompagniamo.

- No, voglio parlare con lui da solo. Nessuno deve sapere che vado da lui. Andremo insieme al bagno, ma io entrerò e uscirò subito dalla porta sulla via dei tintori.

Ishan non è d’accordo.

- Non mi va che tu vada in giro da solo.

Boran ride:

- Pensi che non sia in grado di cavarmela? Mi crederanno tutti al bagno. Rientrerò, sempre dalla porta dei tintori, e ce ne andremo insieme.

Jorge ha continuato a parlare con Sarajil, ma non ha perso una parola della conversazione tra Ishan e il padre: se Boran si muove da solo, può darsi che si presenti un’occasione di ucciderlo.

Dopo colazione Jorge dice:

- Io devo andare. Devo sbrigare alcune faccende. Sarò occupato buona parte della mattinata, ma cercherò di raggiungervi all’hammam più tardi. Ci tengo, perché non so se dopodomani sarò qui. Dipenderà dagli incontri di oggi.

Ishan gli dice:

- Se dovessi partire domani, vieni a cercarci qui, così almeno possiamo congedarci.

- Certamente.

Nessuno dubita delle parole di Jorge, che ha ucciso il sicario franco: è di certo un uomo leale.

Jorge passa alla locanda dove dorme, poi, un po’ prima dell’ora in cui Boran e i figli si dirigono al bagno, si siede in un locale vicino alla porta dell’hammam che dà sulla via dei tintori. Prende da bere e paga, in modo da essere pronto ad andarsene.

Dopo un po’ vede Boran passare per la strada. Il curdo cammina rapidamente, senza guardarsi indietro: non sospetta che qualcuno possa seguirlo.

Boran attraversa il mercato, fin quasi ad uscirne. Al fondo di una via di botteghe che vendono spezie bussa tre volte a una porta, che si apre subito. Il curdo scivola dentro.

Jorge rimane a una certa distanza. Quando è passato abbastanza tempo, si avvicina alla porta.

Quando Boran esce, Jorge gli va incontro.

- Musa! Che fai qui?

- Ti aspettavo, Boran. Mi ha mandato Ishan: non voleva lasciare l’hammam, perché le uscite sono sorvegliate e l’avrebbero seguito. Mi ha detto dove potevo raggiungerti per avvisarti.

Boran aggrotta la fronte.

- Sorvegliate? Da chi? Di che cosa mi devi avvisare?

Jorge scuote la testa.

- Non lo so, Boran. Ishan dice che devi andare al locale vicino al mercato degli orafi, prendere una saletta riservata e aspettare il suo arrivo. Ti spiegherà lui.

Il locale che Jorge ha scelto è uno di quelli che ha visitato nei giorni precedenti. Boran appare perplesso. Jorge allarga le braccia:

- Altro non so, Ishan non mi ha spiegato di che si tratta. Era piuttosto preoccupato. Ha detto qualche cosa, come: “Quel cane dell’Atabeg”.

Boran è irritato e perplesso, ma non ha motivo per dubitare di Jorge: il fatto stesso che si trovi nella via dimostra che è stato mandato da Ishan, visto che nessun altro, all’infuori dei suoi figli, sapeva dove si sarebbe recato.

- Va bene. Andiamo.

- Io rimango indietro, per sincerarmi che nessuno ti segua. Mi farai segno dalla finestra, così che io possa sapere dove sei, e salirò. Ishan si è raccomandato che rimanessi con te. Era alquanto preoccupato.

Boran annuisce. Si dirige verso il locale. Si fa assegnare una saletta al piano superiore. Quando è dentro, si affaccia e fa segna a Jorge di salire. Jorge aspetta un momento in cui il proprietario è occupato e non guarda dalla sua parte, poi raggiunge il curdo.

Boran è nervoso: non è certo la paura, perché non è uomo da provare paura, ma l’irritazione per il tradimento che sospetta.

Jorge guarda dalla finestra, rimanendo dietro le imposte. Pensa che tra poco ucciderà Boran, portando a termine la sua missione e vendicandosi di Ishan. Il cazzo gli si tende.

Jorge aggrotta la fronte, come se fosse perplesso.

- Boran… l’uomo che è là…

Boran si avvicina alla finestra.

- Che cosa c’è?

Jorge si sposta per fargli posto.

- Guarda, vicino al calderaio… no, non puoi vederlo di lì. Mettiti più in qua.

Jorge arretra, mentre prende il pugnale. Ora è alle spalle della sua vittima.

La mano che tappa la bocca e quella che affonda il pugnale nel petto si muovono insieme. La lama affonda poco sotto il cuore. Il gemito di Boran è soffocato dalla mano.

Jorge sostiene il corpo con un braccio, poi lo lascia cadere. Boran si accascia al suolo, agonizzante. Rantola, senza riuscire a gridare il suo odio e il suo disprezzo per il traditore.

Jorge sorride. Con un movimento deciso solleva la tunica di Boran e gli abbassa i pantaloni. Si spoglia in fretta, per evitare di macchiarsi di sangue. Guarda il culo di Boran. Ride.

Avvicina il cazzo al buco del culo e lo infila dentro con un movimento brusco. Boran geme. Jorge fotte con grande gusto. Ha colpito il suo bersaglio, portando a termine la missione, e ora si vendica dell’umiliazione subita ad opera di Ishan. È bello fottere quest’uomo forte che sta morendo.

Infine Jorge sente il piacere travolgerlo. Viene dentro Boran, poi si alza, il cazzo gocciolante. Guarda l’uomo che rantola ai suoi piedi, il culo scoperto. Pensa di lasciarlo così, perché tutti vedano che Boran è stato fottuto. Ma se la notizia circolerà, lo verranno a sapere anche a Gerusalemme e qualcuno dei suoi capi potrebbe avere da ridire.

A malincuore Jorge solleva i pantaloni di Boran. Si china accanto al moribondo, sorride e gli immerge il pugnale nel collo. Dalla bocca di Boran esce un fiotto di sangue. Jorge pulisce il pugnale sulla tunica del morto. Guarda il cadavere e scoppia a ridere.

Si riveste. Controlla di non avere macchie di sangue sugli abiti. Dalla scala osserva la sala e scende solo quando nessuno sta guardando dalla sua parte.

A passo tranquillo attraversa il mercato e raggiunge l’hammam.

Ishan e i suoi fratelli sono ancora nella vasca.

- Temevo di non trovarvi più. Ho fatto tardi e, come pensavo, devo partire domani, ma tornerò entro un mese.

Ishan annuisce. È chiaramente nervoso.

- Bene, così ci rivedremo.

- Dov’è vostro padre?

- È dovuto uscire. Lo aspettiamo da un momento all’altro. Mi stupisco che non sia ancora qui.

Il tempo passa. Jorge è rilassato, ma finge di condividere la preoccupazione di Ishan. Infine questi decide di andare a cercare il padre.

Jorge allora lo saluta, abbracciandolo. Poi si congeda anche dagli altri due fratelli e se ne va.

Jorge lascia Aleppo: se domani davvero arriverà qualcuno in grado di descriverlo in modo accurato o addirittura qualcuno che lo conosce, è opportuno che si allontani il più possibile. Dovrà parlare di questo tradimento alle persone con cui verrà messo in contatto.

La missione ha avuto pieno successo. Martin è morto, ma ormai era stato individuato: non è una grande perdita. Quanto a Ishan, Jorge spera di avere occasione di fargliela pagare.

 

2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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