Il piacere di uccidere - VI

 

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Due grandi attori

 

Colton è seduto nel suo ufficio, rilassato e sorridente:

- Vi aspettavo, ragazzi. Avete fatto un buon lavoro.

Rod sorride.

- Lo credo bene che ci aspettavi, Colton, altri quindici giorni senza scopare non passano mica in fretta.

Colton sbuffa, ma è chiaro che fa solo scena.

Herman fa una breve relazione, anche se Colton è già informato quasi su tutto (e certi dettagli Herman e Rod glieli risparmiano).

- Direi che avete fatto un lavoro eccellente. Questo primo contatto con l’Asia centrale ha funzionato benissimo.

- “Primo contatto”? In che senso?

- Perché tra un mese ripartirete per girare un film.

- Girare un film? E che cazzo?! Mica siamo attori.

- Lo siete. Oggi pomeriggio facciamo le foto da inserire nel curriculum che spediamo in serata alla casa di produzione. Un’esperienza nuova: un bel film in costume.

- Sulla vita di Zohad?

Colton aggrotta la fronte:

- Come fate a saperlo?

- I tuoi agenti sono in gambissima, dovresti saperlo.

Colton non sembra così convinto. Storce la bocca e prosegue:

- Suppongo che Saedi vi abbia già informati. Vi darò poi i dettagli tecnici, devo ancora finire di prendere accordi, ma da domani incominciate con le lezioni di recitazione e di equitazione. Altre esperienze nuove…

- Domani? Ma che cazzo?! A una pausa avremo pure diritto, no?

Colton inarca le sopracciglia.

- Lezioni gratuite di cinema ed equitazione: praticamente una vacanza a spese dei servizi. Dovreste dirmi grazie.

- Grazie al cazzo!

Indifferente alla mancanza di riconoscenza dimostrata da Herman, Colton fornisce le informazioni relative ai luoghi e agli orari delle lezioni. Poi conclude:

- Le spiegazioni in altro momento: ci sono alcune informazioni che mi mancano. Ma vi anticipo una cosa: ci potrebbe essere un lavoretto da fare qui, che riguarda il vostro insegnante di equitazione, Mac Stoner. Non l’abbiamo scelto a caso.

Il sorriso di Colton non lascia presagire niente di buono per Mac Stoner.

- A lui direte quello che abbiamo stabilito: siete due attori e dovete recitare in un film in cui dovrete cavalcare. Non può certo sospettare che siate due agenti e non diffiderà di voi, soprattutto dopo qualche settimana di lezione di equitazione. Questo renderà più facile svolgere il vostro compito.

- Dobbiamo farlo secco?

Herman si aspettava la domanda di Rod: sa che cosa interessa al suo amico. Colton risponde:

- Non è detto.

Rod storce la bocca: la prospettiva di far fuori qualcuno era l’unica notizia positiva di tutto il colloquio. Per il resto, equitazione e recitazione, cazzo!

Colton fa una pausa e aggiunge:

- Un’ultima cosa: vi fate crescere la barba tutti e due. Serve per il film e per ridurre il rischio che qualcuno vi riconosca, tra quelli che vi hanno visto durante il vostro viaggio precedente.

In effetti se qualcuno degli agenti all’aeroporto della capitale del Wadistan riconoscesse i due inglesi arrestati per aver cercato di introdurre un carico di droga, sarebbero cazzi acidi.

- Qualcuno potrebbe riconoscerci lo stesso.

- Avevate altri nomi, le foto nell’archivio della polizia del Wadistan sono state cambiate, no, non correte nessun rischio. Potete girare il film in tranquillità.

Rod annuisce.

- Adesso però giriamo un altro tipo di film, eh, Colton? Un bel film a luci rosse. Altrimenti sarai di nuovo costretto a farti una sega al cesso, come in questi giorni in cui noi non c’eravamo.

Colton grugnisce uno “stronzo”, ma è solo pro forma. Herman ha l’impressione che il vice dei servizi aspettasse con una certa ansia il loro ritorno.

- Comunque, Rod, tu tieni le mani a posto.

Rod ghigna.

- D’accordo, userò altro. Sempre in tema alle esperienze nuove.

- Rod, se vuoi che ti spacchi la faccia…

- Vedremo chi spacca che cosa a chi…

Colton sembra esitare. Herman si dice che Rod ha fatto un errore a scoprire così le sue carte: Colton non ha nessuna intenzione di prenderselo in culo.

Rod fa per togliersi la giacca, ma Colton dice:

- No, non ora. Adesso ho da fare. Andate.

- Se ci mandi via, non saremo ancora usciti dalla porta che già ti sarai pentito.

- Fuori dai coglioni.

Colton è chiaramente irritato.

- Sei proprio sicuro…?

- Fuori!

- Va bene, va bene. Ce ne andiamo.

Sulla porta Rod si volta un attimo e dice:

- Ti stai inacidendo, Colton, sembri una vecchia checca a corto di uccelli! Si vede proprio che l’astinenza fa male.

Rod chiude la porta senza lasciare a Colton il tempo di replicare, ma si sente un sonoro:

- Stronzo!

Herman ride e osserva:

- Sei stato precipitoso, Rod. Colton non ha nessuna intenzione di prenderselo in culo.

- Gli facciamo cambiare idea, te lo garantisco. Però è una rottura. Ce l’avevo già duro.

- Che strano! Non ti tira mai…

Questa volta è Herman a prendersi dello stronzo, ma Rod non si limita alle parole: passa subito ai fatti. Spinge Herman nei bagni e lo forza (senza incontrare peraltro grande resistenza, per non dire nessuna) a entrare in uno dei cessi. Lì Herman può verificare che Rod non raccontava balle. Dalla verifica esce, dopo una mezz’ora, con il culo dolorante e gocciolante.

 

Le riprese fotografiche richiedono sei ore. Indossando abiti diversi, Herman e Rod diventano attori in diversi film mai esistiti (o vengono inseriti nel cast di film effettivamente girati, ma senza la loro partecipazione), talvolta con barba finta e trucco, talvolta senza. Alla fine della seduta hanno un rispettabile curriculum come attori professionisti in film d’azione e storici, l’ideale per chi farà parte del cast del film su Zohad.

Herman ha parecchi dubbi su tutta la faccenda.

- E perché mai per il film dovrebbero prendere noi due?

- Perché la scena in cui rompiamo il culo a Zohad viene molto più realistica.

La spiegazione di Rod non convince Herman, che passa al dubbio successivo:

- E chi farà Zohad, visto che l’attore che doveva impersonarlo è morto?

- Magari Colton. Io conto di preparare la strada per il palo…

 

Colton non scherzava: tre ore di equitazione e poi tre di recitazione ogni giorno, sabato compreso, più due ore per andare e tornare da Londra al paese dove si svolgono le lezioni a cavallo. Per definirla una vacanza bisogna avere la faccia come il culo. Cioè, nel caso di Herman e Rod, piuttosto dolorante, perché tre ore a cavallo ogni giorno, soprattutto per chi non è abituato, non sono proprio il massimo per il fondoschiena. Se poi uno, dopo tre ore a cavalcare, viene pure cavalcato da uno stallone, come nel caso di Herman, il male al culo diventa costante.

Herman e Rod sono tutti e due piuttosto atletici e imparano a cavalcare abbastanza bene. Rod si dimostra perfettamente in grado di condurre il cavallo e l’istruttore lo loda. Magari lo stile lascia un po’ a desiderare, ma non si può avere tutto. Herman è più elegante a cavallo, ma ogni tanto il destriero tende ad andare dove vuole lui e il cavaliere fa un po’ fatica a imporre la sua volontà.

Quanto alla recitazione, l’attore del Globe che tiene le lezioni deve avere un grande bisogno di soldi, se non rinuncia al lavoro. È un gran bel ragazzo, uno splendido giamaicano, alto e robusto, capelli stile rasta, ma i due allievi non sono il massimo quando si tratta di esprimere sentimenti ed emozioni.

- Oggi il maestro mi sembrava un po’ depresso.

- Certo, Rod. Non impari un cazzo di quello che cerca di insegnarti.

Rod guarda Herman. Non commenta, anche perché sa benissimo che è vero.

- Bisognerà consolarlo.

Herman ha capito benissimo come Rod intende consolare Ian, l’insegnante. Lui ci starebbe, anche perché è uno da leccarsi i baffi. Ma non è detto che ci stia Ian.

Alla fine della lezione successiva, Rod dice:

- Scusa, Ian, se ti facciamo disperare. Dobbiamo imparare a recitare, ma non siamo molto portati.

Ian inarca le sopracciglia.

- “Non siamo molto portati” è un eufemismo. Il manico della mia scopa è più portato di te, Rod.

Ian è bravissimo a smussare, addolcire, attenuare. Senza dubbio sa come incoraggiare i suoi allievi.

- Però abbiamo un sacco di altre qualità nascoste.

Ian ghigna.

- “Nascoste”? In che senso?

- Se vuoi possiamo tirarle fuori.

- Sarebbe ora.

Rod si slaccia la cintura, abbassa la lampo e incomincia ad armeggiare con ciò che c’è in zona.

Herman si dice che questa volta il loro insegnante di recitazione li mollerà definitivamente. E magari da domani faranno lezione con uno brutto e pure puzzolente.

Ma Ian sorride e non si mostra per nulla scandalizzato.

- Vediamo queste virtù nascoste. Anche tu, Herman.

A questo punto Rod non perde più tempo e tira fuori la sua virtù, alquanto voluminosa. Herman fa la sua parte, che non è piccola, anche se il confronto con Rod è sempre svantaggioso.

- Devo riconoscere che in quanto a virtù nascoste ve la cavate meglio che a recitare. Non che ci voglia molto, comunque.

- Però se ci impegniamo in una scena porno, ti assicuro che facciamo faville.

- Si può fare. Come indennizzo per tutto quello che devo sopportare.

Ian incomincia a spogliarsi. Herman e Rod lo guardano, mentre completano lo spogliarello. Ian ha uno splendido corpo, forte ed elegante, molto armonioso, davvero da leccarsi i baffi, di un uniforme colore scuro, quasi del tutto glabro. E ha anche un signor cazzo, che già si sta tendendo. Di che far venire l’acquolina in bocca.

Herman afferra la preda con una mano, mentre con l’altra soppesa i coglioni, poi si inginocchia, ammirando da vicino l’attrezzatura superlativa. Rod intanto si mette di fianco a Ian. Il suo bel cazzo nero è teso e anche quello di Ian ormai, grazie alla mano di Herman, ha raggiunto la dimensione massima: di tutto rispetto.

A Herman piacerebbe prenderli in bocca tutti e due, ma viste le dimensioni, rischierebbe una slogatura della mandibola. Perciò si limita ad alternare: passa la lingua sulla cappella di Rod, prende in bocca quella di Ian, la lascia per succhiare un po’ il cazzo di Rod, mentre la sua mano accarezza i coglioni di Ian. 

Rod si stacca per prendere due preservativi, misura extra-large, che poggia sul tavolo. Ian ne prende uno e lo passa a Herman, indicandogli con un cenno del capo il proprio cazzo. Herman apre la bustina, mette il preservativo sulla cappella di Ian e lo srotola. Ian si china e solleva Herman. Lo volta e gli appoggia le mani sulla schiena, facendogli piegare il busto in avanti. Poi gli mette le mani sul culo, divarica le natiche e avvicina la cappella. Il cazzo nero di Ian affonda con lentezza nel culo chiaro di Herman.

Rod si mette davanti a Herman, dandogli il culo. Herman poggia le sue mani sulle cosce e incomincia a leccargli il solco, premendo contro il buco, mentre gusta il palo che lo trafigge. Abituato al palo di Rod, Herman riesce a reggere senza troppo dolore la mazza di Ian. L’insegnante di teatro muove il cazzo avanti e indietro e Herman mugolerebbe di piacere se la sua lingua e la sua bocca non fossero occupate. Poi Rod si volta, offrendo a Herman il suo splendido cazzo in tiro: un piatto che Herman gusta molto spesso, ma che non gli viene mai a noia. Tra il palo che gli scava le viscere e quello che ora la sua bocca sta inghiottendo, Herman si sente benissimo, per quanto le spinte di Ian gli provochino ogni tanto una fitta. Rod guarda il cazzo nero avanzare e poi scomparire del tutto dentro il culo di Herman: è proprio un bello spettacolo. Le mani di Ian e quelle di Rod accarezzano, pizzicano e stuzzicano Herman, che sente la tensione crescere.

Il terzetto va avanti, con poche varianti, un buon momento. Infine Ian geme e con una serie di spinte frenetiche viene. Poco dopo anche Rod emette un grugnito e sparge il suo seme nella bocca di Herman. Ian esce e anche Rod si stacca.

A Herman spiace che i due occupanti abbiano lasciato le loro posizioni. Si rialza, il cazzo ancora in tiro. Ian però lo spinge sul tavolo, facendogli appoggiare la schiena sul ripiano, si china su di lui e avvolge il cazzo con la sua bocca. Non ci vuole molto perché Herman venga.

Quando infine si rivestono, Ian dice:

- Certo che in un film porno avreste più possibilità. Da domani integreremo le lezioni con provini di questo genere.

Stranamente, la proposta non incontra nessuna opposizione da parte di Herman e Rod: si vede che vogliono approfondire la loro conoscenza della recitazione in tutti i tipi di film. Herman è sicuro che Rod farà in modo di gustare il bel culo nero di Ian, prima della fine del corso.

 

Anche l’insegnante di equitazione, Mac Stoner, non è male. Non è un bell’uomo come Ian, ma è uno di quei maschi robusti e rudi che a Herman piacciono alquanto (non a caso si è messo con Rod) e che piacciono pure a Rod. Però Herman si dice che non è il caso di provarci, perché il tipo pare rigorosamente etero e pure pieno di pregiudizi, a giudicare da certe battute che ogni tanto tira fuori. Inoltre se, come ha anticipato Colton, devono fare qualche lavoretto con Mac (anche se lui non è d’accordo), non è il caso di creare problemi.

Adesso che hanno imparato a condurre il cavallo, Mac li porta a fare lunghe passeggiate nella campagna. Ora si sono fermati ai margini di un bosco. Mac deve pisciare e tira fuori un uccello alquanto appetitoso. Herman lo sbircia senza dare nell’occhio, mentre Rod lo guarda apertamente.

- Che cazzo hai da guardare, Rod? Si direbbe che tu sia un finocchio.

Rod ghigna, mentre tira fuori il suo uccello e si mette a pisciare di fianco a Mac, senza smettere di guardarlo.

- Guardo sempre la merce altrui. Direi che la tua non è malaccio.

- Pensavo che volessi gustarla.

- Dipende, se tu gusti la mia, potrebbe essere un buono scambio.

- Non dire cazzate.

Mac ha finito e rimette dentro la merce, un po’ scocciato. Riprendono la lezione di equitazione e all’argomento non si fa più cenno.

Tornando in auto, Herman stuzzica Rod:

- Stai perdendo colpi, Rod. Prima Colton, poi Mac. Nessuno ti vuole.

Rod ghigna:

- Ian mi vuole e non ci metterò molto a prendermi il suo bel culo nero. Su Colton sono disposto a mettere la mano sul fuoco, purché la moglie non partorisca in anticipo. Quanto a Mac, non si può mai dire.

- Quello è etero.

- Sì, ma sai benissimo com’è: l’unico uomo che sicuramente non avrà rapporti gay è quello nella bara. A meno che qualcuno non lo fotta da morto… quello che farò con te, prima o poi.

- Ma io non sono etero.

- Fa lo stesso.

- E non sono neppure morto.

- A quello si può sempre rimediare. Conta su di me.

Herman sa che per quanto riguarda ammazzare, si può sempre contare su Rod. Ma per il momento non ha fretta di fare l’esperienza di come ci si sente a diventare cadavere.

Rod ritorna sull’argomento:

- Spero proprio che Mac sia da far fuori. Mi piace un casino.

Essere apprezzati da Rod non è sempre un vantaggio. Questo Herman lo sospettava da tempo.

 

È passata una settimana. Rod e Herman sono stati di nuovo convocati nell’ufficio di Colton.

- Allora, Colton, ci vuoi spiegare una buona volta in che cosa consiste questa missione del cazzo per cui dobbiamo pure recitare, sempre che ci prendano per questo film?

Colton sorride.

- Certo che vi prendono. Il film è una coproduzione anglo-wadiri-kirghisa e come al solito il produttore inglese ha posto come condizione la presenza di alcuni attori inglesi da lui indicati. Tra questi ci siete voi due.

Herman ha la netta impressione che Rod non sia entusiasta della notizia: non ci tiene molto a calcare le scene.

- Allora, dicci qualche cosa di più.

- No, non è ancora ora. Prima vi parlerò dell’altro lavoretto da fare, qui in Inghilterra.

- Mac Stoner?

Gli occhi di Rod si sono illuminati.

- Sì, proprio lui. Come sono i vostri rapporti?

- Buoni. Siamo i suoi migliori clienti e paghiamo regolarmente.

Colton precisa:

- Pagano i servizi.

- Certo, non impariamo mica ad andare a cavallo per il nostro piacere!

Colton annuisce.

- Bene, Stoner e il suo socio, Gary Ashfair, sono diventati il punto di riferimento di una rete che progetta attentati qui in Inghilterra; sappiamo che sono stati coinvolti anche nell’attentato alla metropolitana. Ashfair è ad Abu Dhabi proprio per organizzare un’altra azione clamorosa. È giunto il momento di rendere Stoner inoffensivo.

Herman osserva:

- Ma perché non lo arrestate?

In effetti, se il criminale sta in Inghilterra, non occorre eliminarlo per renderlo inoffensivo: basta mandare la polizia a casa sua.

Rod lancia un’occhiata a Herman come se volesse incenerirlo (non lo farebbe mai: per eliminare Herman, Rod sceglierebbe modi molto più soddisfacenti – per lui, probabilmente non per Herman).

Colton spiega:

- Stoner non collaborerebbe. E neanche Ashfair: sono due tipi tosti. Ma se tra qualche settimana, quando Ashfair torna, Stoner farà una brutta fine a opera di sconosciuti, il suo collaboratore, temendo di finire allo stesso modo, diventerà molto più malleabile e i servizi, anziché sembrargli una minaccia, gli appariranno un porto in cui rifugiarsi. E noi saremo felici di offrirgli la nostra amorevole protezione.

- Quindi non è da ammazzare subito?

Rod è un po’ deluso. Colton gli lancia un’occhiataccia.

- Ce la fai ad aspettare? Più o meno due settimane. Intanto dovete imparare ad andare a cavallo.

Rod sorride.

- Farò uno sforzo. Ma adesso basta.

Ciò detto Rod si alza e incomincia a spogliarsi.

- Ehi, che cazzo fai?

- Eddai, Colton, non fare la verginella ritrosa. È parecchio che non scopi, l’altro giorno non hai voluto provare qualche cosa di nuovo e poi ti sei mangiato le mani e hai dovuto farti una sega. Adesso proviamo a divertirci insieme. Non puoi andare avanti a seghe tutto il tempo…

Rod prosegue lo spogliarello e sorride.

- Incominciamo e vediamo che cosa succede. Quando hai scopato Herman, prima della nostra partenza per il Wadistan, sei stato un po’ troppo irruente, Herman si è lamentato che non ci sai fare. Devi perfezionare la tecnica. Incomincia a spogliare Herman.

Colton guarda Rod, diffidente.

- Bada a quel che fai, tu.

- Sta’ tranquillo. Adesso ti faccio vedere come si fa.

Rod si avvicina a Colton, gli passa due mani sotto la felpa e la solleva.

- Dai, alza le braccia, non fare il bambino.

Colton si rassegna e Rod gli toglie la felpa. Poi incomincia a sbottonargli la camicia.

- E mentre gli sbottoni la camicia, potresti anche usare la bocca.

Rod fa per baciare Colton, che si ritrae.

- Cazzo, Colton! Non ti mordo mica.

Colton fa una smorfia.

- Dai, prova con Herman.

Colton si avvicina a Herman e gli sfila la giacca, mettendola sulla scrivania. Incomincia a sbottonargli la camicia. Herman gli prende la testa tra le mani e lo bacia sulla bocca. Questa volta Colton non arretra. Herman spinge la sua lingua tra i denti di Colton, che poi ricambia. Il giochino piace a tutti e due, perché ci danno dentro. Intanto Colton ha finito di togliere la camicia a Herman, che si stacca e prende a spogliare Rod.

Sono tutti e tre a torso nudo, ora. Colton si è rilassato e Rod si avvicina di nuovo. Lo bacia anche lui e Colton non si sottrae.

Rod si toglie le scarpe e le calze, imitato da Herman e poi da Colton.

Rod si avvicina a Colton, gli slaccia la cintura e gli abbassa i pantaloni. Intanto Herman si è messo alle spalle di Rod e sta facendo altrettanto con lui. Colton e Rod si trovano con i pantaloni a terra, Colton in mutande, Rod in jock-strap. Tutti e due hanno un notevole rigonfio sul davanti. Colton si avvicina a Herman, sorride e gli slaccia la fibbia, poi cala anche i suoi pantaloni e insieme i jock-strap. Herman si ritrova nudo, il cazzo già mezzo in tiro.

Rod passa dietro a Colton e gli cala le mutande, mentre Herman si inginocchia e avvicina la bocca al cazzo di Colton, anche quello quasi sull’attenti. Quando avvolge la cappella, Colton geme.

- La volta scorsa sei entrato come une bestia. Bisogna andarci piano, magari usare un po’ di lubrificante.

Rod ha già tirato fuori la bustina e la porge a Colton, che la guarda, confuso dalle sensazioni che gli trasmettono le labbra e la lingua di Herman sul suo cazzo.

Rod ha un’altra bustina e la apre, come se volesse fargli vedere l’uso. Poi versa una parte del contenuto sulle dita e passa dietro a Colton.

- Si usa così.

Le dita di Rod scorrono sul solco e indugiano sull’apertura.

- Cazzo, Rod! Io…

Colton non continua. La bocca di Herman, la lingua di Herman, le labbra di Herman, le mani di Herman sui suoi fianchi, tutto lo stordisce. E quel fottuto dito che gli sta entrando in culo…

Il dito di Rod scivola dentro senza fatica, poi un altro lo segue, distribuendo il lubrificante.

- Fa’ lo stesso con Herman, Colton.

Herman si solleva e si volta. Si appoggia con le braccia alla scrivania, offrendo il culo a Colton. Questi apre la bustina, versa il contenuto e con le dita lo sparge intorno e dentro il buco. Ci infila prima un dito, poi due. È una sensazione fortissima, che quasi gli fa dimenticare che due dita di Rod sono ancora dentro il suo.

- Un po’ lo metti anche sulla cappella, dopo aver infilato il preservativo.

Rod toglie le dita dal culo di Colton e passa di fianco a lui. Si cala i jock-strap, mostrando la sua formidabile mazza, perfettamente in tiro. Mette nella sinistra di Colton la bustina con il preservativo, poi ne prende un’altra dai suoi pantaloni, la apre, sfila il preservativo e se lo infila. Sparge la crema lubrificante sulla cappella.

Colton è rimasto imbambolato. Sembra frastornato. Rod gli prende di mano la bustina, la apre e gli appoggia il preservativo sulla cappella, poi lo srotola. Colton sussulta al contatto delle dita di Rod. Rod guarda la bustina del lubrificante che Colton ha posato sulla scrivania: è quasi vuota. Rod prende un po’ del suo e lo sparge sulla cappella. Al contatto delle dita di Rod, Colton solleva la testa di scatto.

- Ora piano, Colton. Non devi impalare un condannato a morte.

Colton lo guarda. Non si muove. Rod passa dietro di lui.

- Così.

Il cazzo di Rod preme contro il solco.

- No.

- Datti da fare, Colton. Herman aspetta la tua visita.

Colton guarda la schiena di Herman davanti a lui.

- No!

- Avanti, Colton, ma piano, con delicatezza.

Ma Colton non cede. Con un movimento deciso si sposta e si mette con il culo contro la scrivania.

Rod mangia la foglia e passa dietro a Herman.

- Adesso ti faccio vedere.

Rod appoggia la cappella contro il culo di Herman e con lentezza affonda l’arma nella carne. Herman geme: l’ingresso di Rod è sempre una delizia, per quanto possa fare male (spesso non poco).

- Vedi, Colton? Entri piano, spingi il cazzo a fondo, ma lentamente, poi ti tiri indietro ed esci quasi completamente, se vuoi puoi anche uscire del tutto.

Rod si ritrae ed esce.

- Poi affondi di nuovo e questa volta puoi entrare anche in modo un po’ più brusco, tanto il buco è già stato dilatato.

Rod esegue e si mette a fottere Herman ritmicamente, con decisione, spingendo ogni volta il cazzo dentro il culo di Herman, fino a che i coglioni battono contro il culo dell’amico, poi ritraendosi; a volte esce, per poi rientrare con un colpo secco. Herman chiude gli occhi, mentre ondate di piacere salgono dal suo culo, mescolate al dolore di questa mazza ferrata che gli dilata le viscere. Rod imprime una netta accelerazione al ritmo della sua cavalcata e Herman non riesce a trattenere una serie di gemiti. Infine Herman lancia un grido, mentre viene, e poco dopo anche Rod si affloscia sul corpo di Herman, dopo una successione di spinte più violente.

Rod si toglie e getta il preservativo sulla scrivania,

- Che ne dici, Colton? Vuoi provare?

Considerando che il cazzo di Colton è teso come una lama d’acciaio e tanto gonfio che sembra sul punto di esplodere, una risposta negativa non sarebbe convincente.

Colton non risponde. Si limita a dire:

- Tu sta’ alla larga.

Poi si mette dietro a Herman, avvicina la cappella al buco, già dilatato, ed entra con un movimento continuo. Colton chiude gli occhi. La sensazione che sale dal suo cazzo è splendida.

- Ora muovi un po’ il culo, Colton.

Colton incomincia a muovere avanti e indietro il culo, affondando il cazzo fino alla base e poi ritirandolo. Si muove con lentezza, assaporando il piacere che prova. Ogni tanto si ferma. Colton procede piano, vuole far durare il momento. Ma da troppo tempo non ha rapporti: il desiderio preme, lo fa fremere, lo spinge ad accelerare il ritmo. Il movimento diviene più rapido, con spinte vigorose e arretramenti decisi, finché Colton viene. Allora chiude di nuovo gli occhi, abbandonandosi al piacere che lentamente si dissolve.

Poi Colton riapre gli occhi e guarda la schiena di Herman. Le sue dita accarezzano il corpo dell’agente, scendono dalla nuca al culo. E quando le mani arrivano alle natiche, Colton sente un morso al culo: Rod si è messo in ginocchio dietro di lui e sta mordendolo.

- Che cazzo fai?

- Ti insegno qualche cosa di nuovo.

E Rod assesta un altro morso. È una sensazione strana, che Colton non saprebbe definire. Poi Colton sente due dita di Rod che scivolano lungo il solco, indugiano sull’apertura.

- Ti ho detto di no, Rod.

- Tranquillo, non succede niente. Hai già provato, le dita non fanno male, stuzzicano solo un po’.

Le dita di Rod stuzzicano alquanto. E Colton non si sottrae: vedendo Rod in ginocchio, non si preoccupa di un attacco a sorpresa e può godersi, rilassato, la sensazione dei denti di Rod che mordono, della sua lingua che lecca, delle dita che stuzzicano. Non è male, Colton deve riconoscere che non è proprio male. Rod va avanti un bel po’. Colton ha l’impressione che le forze gli manchino. Rod deve smetterla. Ma Colton non dice niente. Sta bene, sta maledettamente bene e dentro il culo di Herman il suo cazzo sta di nuovo acquistando volume e consistenza. Colton tace, ma il desiderio sale e allora Colton dice:

- Togliti, Rod.

E riprende a spingere.

Herman si gode questa terza cavalcata e anche lui sente di nuovo la tensione crescere e il sangue affluire al cazzo. È bello, cazzo, se è bello! Colton cavalca a lungo e infine viene poco prima di Herman.

Quando Herman si rialza, c’è sborro sulla scrivania, in abbondanza. Colton lo guarda e scuote la testa.

- Merda, ragazzi, che puttanaio mi avete combinato!

Rod ride. Prende due fazzoletti di carta e dà una pulita alla scrivania.

- Proprio solo per farti contento.

Colton osserva alquanto dubbioso il risultato: dalla sua espressione è evidente che non assumerebbe mai Rod come uomo delle pulizie.

- Va bene, ragazzi, levatevi dai coglioni. Ci vediamo venerdì della settimana prossima, alle nove.

Rod si dirige alla porta, nudo come mamma l’ha fatto e con il cazzo non ancora a riposo.

- Cazzo fai?

- Hai detto di levarci dai coglioni, no?

- Rivestiti, stronzo.

Colton incomincia a rivestirsi. Rod ghigna e anche lui e Herman si risistemano.

Poi Colton si siede alla scrivania, osservando sconsolato il ripiano ancora sporco. Rod si china su di lui e gli dà un sonoro bacio sulla guancia.

- Piantala, stronzo!

- Sei sempre adorabile, Colton.

Rod e Herman se ne vanno.

A Herman la cavalcata non è dispiaciuta per niente. Ma neanche questa volta Rod ce l’ha fatta con Colton.

 

Il copione arriva quando il corso di teatro è oltre la metà. Nella seconda parte del corso Ian dovrà aiutarli a preparare le loro parti.

Herman e Rod scoprono di dover impersonare due personaggi molto importanti: Herman è uno dei consiglieri di Zohad, che sceglie di tradirlo e ne permette la cattura, con l’inganno. Rod invece è il comandante delle tribù occidentali, alleate degli uzbechi contro Zohad.

Rod ha incominciato prima a leggere, perché Herman era fuori, per cui gli può annunciare:

- Fai una bella fine. Hai tradito Zohad e gli uomini rimastigli fedeli vogliono vendicarlo. Perciò uno degli ufficiali di Zohad ti taglia la gola mentre stai pisciando nella latrina. Poi getta il tuo cadavere nella merda.

Rod ride, poi aggiunge:

- Comunque, in fondo vieni riciclato nell’organico. Non ti puoi lamentare.

A questo punto Herman va a cercare che cosa succede a Rod.

- Anche tu non scherzi.

In effetti anche il personaggio di Rod fa una brutta fine. Dopo l’impalamento di Zohad, scoppia un contrasto tra gli uzbechi e le tribù occidentali. Si arriva a una battaglia e Terek, il circasso impersonato da Rod, viene colpito da tre guerrieri con le picche. I tre sollevano il guerriero agonizzante in aria, in modo che il suo stesso peso faccia penetrare le picche più a fondo nel corpo. Poi viene lasciato cadere a terra, dove lo finiscono, prima di castrare e impalare il cadavere.

Spetta ora a Herman farsi due risate. Dopo essersi presi per il culo a vicenda, decidono di prendersi per il culo in senso letterale, secondo un copione che conoscono perfettamente, ma in cui tendono a inserire diverse varianti.

Terminata la scopata, Herman esprime i suoi dubbi.

- C’è una cosa che non capisco. Sono parti importanti, siamo i personaggi presenti per più tempo in scena, dopo Zohad, la moglie e il capo degli uzbechi. Perché cazzo darci parti così significative? Saremo occupati a recitare, avremo meno tempo libero, tutti ci conosceranno.

Il dubbio viene riportato a Colton il giorno dell’appuntamento.

- Cazzo, ma provate a usarlo in cervello, ogni tanto, o pensate solo al cazzo, voi due? Se le vostre parti fossero secondarie, non rimarreste con la troupe tutto il tempo impiegato per girare il film, ve ne andreste dopo aver girato le due o tre scene in cui ci siete. Inoltre essere tra gli attori principali, con il nome sul cartellone, vi renderà meno sospetti, potrete avvicinare più facilmente le persone con cui volete entrare in contatto.

Quel che dice Colton è vero.

- Sì, sì. Però siamo molto in vista. Tutti ci riconosceranno. Di solito cerchiamo di passare inosservati.

Colton annuisce e aggiunge:

- Hanno anche trovato un attore per la parte del protagonista, come cazzo si chiama, Zoher

- Zohad.

Colton ghigna e dice:

- Diventerete famosi. Magari farete carriera come attori.

- Di film porno sì, senz’altro. Come quello che giriamo adesso.

Rod ha già incominciato a spogliarsi.

- Ehi, che cazzo fai?

- Eddai, Colton, non farti pregare ogni volta. Sono dieci giorni che non scopi, l’altro giorno ti sei divertito un sacco e oggi hai voglia di provare qualche cosa di nuovo.

- Rod, non ho nessuna intenzione…

Colton non completa la frase, perché Rod lo sta baciando sulla bocca e intanto gli infila tra i denti la lingua. Come nelle fiabe, il bacio del principe azzurro (qui si tratterebbe di un supermaschio a luci rosse), compie la trasformazione magica e le velleità di resistenza di Colton (molto velleitarie e poco resistenti) svaniscono. Sempre baciando Colton, Rod lo spinge sulla scrivania e i due si ritrovano abbracciati sul ripiano, mentre le loro mani freneticamente cercano di spogliare i due corpi, senza distinguere gli abiti dell’uno da quelli dell’altro.

Herman si sente un po’ tagliato fuori, ma non ha nessuna intenzione di essere lasciato da parte. Intanto si prepara a quanto seguirà con uno spogliarello, per non rimanere indietro: qualunque agente segreto sa che bisogna essere sempre pronti, mai lasciarsi sorprendere dagli avvenimenti.

Rod si solleva, sorridente. Colton è frastornato. Tutti e due hanno il cazzo in tiro e finiscono di spogliarsi.

- Oggi proviamo a usare la bocca, Colton.

Dicendo questo, Rod preme sulle spalle di Colton e lo forza a inginocchiarsi davanti a lui, mentre si siede sulla scrivania. Colton si ritrova con il cazzo di Rod davanti alla faccia. Per un momento prova la tentazione di assestare un bel morso, ma la vista della cappella che svetta ispira altri pensieri. È però incerto: non deve aver mai assaggiato un bel cazzo svettante. Allora Herman passa sotto la scrivania e, stando accovacciato, avvicina la sua bocca al cazzo di Colton. Passa la sua lingua sulla cappella, due volte, poi inghiotte e incomincia a succhiare.

Stimolato dall’esempio, Colton prende in bocca il cazzo di Rod e incomincia a darsi da fare. Tecnica poca, ma una discreta buona volontà. Intanto Herman ha passato le mani intorno al culo di Colton e accarezza, stringe, pizzica. Allora Colton lo imita e anche il culo di Rod è oggetto di attenzioni (peraltro molto gradite).

Colton e Herman si danno da fare con grande gusto (Herman naturalmente lo fa solo per insegnare a Colton come procedere: la sua è un’azione del tutto disinteressata, con nobili motivazioni). Rod si limita a grugnire ogni tanto.

Il primo a venire è Colton, che scarica il suo seme nella bocca di Herman. Colton chiude gli occhi e per un momento smette di darsi da fare con la lingua e le labbra. Assapora il piacere che lo investe e lentamente svanisce, lasciandolo appagato, mentre Herman beve le ultime gocce.

Vedendo che Colton è inattivo, Rod prende l’iniziativa. Mette i piedi a terra e si alza dalla scrivania, tenendo la testa di Colton, in modo che questi non si stacchi. Poi incomincia a fottere in bocca il vice dei servizi segreti. Procede con lentezza, senza spingere troppo a fondo.

Colton lo lascia fare, frastornato dal movimento delle mani di Herman e della sua lingua, che ora sta passando sull’ombelico. Poi Herman si solleva un po’ e passa dietro a Colton. Chinando la testa, morde il culo di Colton, poi passa la lingua sulla schiena, risalendo lungo la colonna vertebrale.

Rod si ferma.

- Dai, Colton, datti da fare.

Colton riprende a succhiare il cazzo di Rod, mentre Herman continua a leccarlo e mordicchiarlo. E infine Rod viene. Colton si ritrae e sputa.

Rod ride:

- Inghiotti, non fa male.

- Stronzo, potevi avvisarmi.

Herman ride:

- Tu non mi hai mica avvisato.

Rod conclude:

- Aveva la bocca piena.

E scoppiano a ridere tutti e tre.

Però ora Herman ha il cazzo duro e non si può farlo andare via così. Per cui Rod si rivolge a Colton e gli dice:

- Ce la fai a fare un bis? Fottiamo Herman, uno davanti e uno dietro.

Colton sta considerando la proposta, che tutto sommato non gli sembra malvagia. Rod lo incalza:

- Preferisci il culo o la bocca?

Colton guarda Herman, che è ancora in ginocchio, in attesa che la sua sorte venga decisa.

- Direi il culo.

- OK. Herman, da bravo, stenditi sulla scrivania, gambe bene aperte.

Herman scuote la testa, ma obbedisce. Si stende sul ripiano, a gambe allargate, in modo che la testa sporga. Rod si mette davanti a lui e Herman gli prende in bocca il cazzo. Incomincia a succhiare e il boccone di carne non ci mette molto a crescere di volume e a irrigidirsi.

Colton sta fissando ammaliato il culo di Herman. Lo stringe tra le dita, lo pizzica, lo accarezza. Poi fa scorrere le dita sul solco, inumidisce l’indice e lo spinge dentro. Le manovre hanno un certo effetto in basso e Colton è presto di nuovo pronto per una bella cavalcata. Si infila il preservativo e, memore delle lezioni di Rod (un ottimo maestro), avvicina la cappella al buco e infilza il pollo con lentezza, dandogli il tempo di abituarsi allo spiedo.

Colton incomincia a spingere avanti e indietro e anche Rod passa all’azione. Con Herman non usa tante cautele e lo fotte in bocca con grande decisione. Ogni tanto, quando il cazzo affonda fino alla gola, a Herman manca il fiato, ma la sensazione dei due spiedi che lo trafiggono, davanti e dietro, è bellissima e a un certo punto il piacere deborda e il seme si sparge sulla scrivania di Colton. Il vice dei servizi segreti viene poco dopo, Rod per ultimo.

Mentre si rivestono, Colton guarda la scrivania e dice:

- Il solito merdaio.

- Eddai, Colton, è un piccolo prezzo da pagare per una bella scopata.

Rod si avvicina a Colton, lo bacia sulla bocca (e spinge la lingua ben dentro), poi esce, seguito da Herman.

 

Anche Ian ha letto il copione.

- Direi che in un film del genere potete farcela persino voi.

Non dev’essere un complimento, né per il film, né per i due attori. Ian aggiunge:

- Comunque ho notato con soddisfazione che fate la fine che vi meritate

- Ian, a volte mi verrebbe da pensare che non ci vuoi bene.

Ian inarca le sopracciglia.

- Volervi bene? Diciamo che ci sono cose che apprezzo di voi.

- E sarebbero?

- La bocca e il culo, essenzialmente.

È bello essere apprezzati per ciò che si è. Ma Rod non si scoraggia e chiede:

- Il cazzo no?

Ian sembra rifletterci un momento.

- Forse.

- Perché io pensavo di fartelo gustare, oggi.

Ian sorride.

- Ci avevo fatto un mezzo pensierino…

- Io contavo di fartelo gustare tutto.

Ian ride.

- Non ci sono le mezze razioni?

- Secondo me quando lo provi, non ti accontenti più di una mezza razione.

- Vediamo questa meraviglia.

Vederla, Ian l’ha già vista, ma oggi si tratta di gustarla.

I tre incominciano a spogliarsi (Herman non è stato chiamato in causa, ma non intende tirarsi indietro, per solidarietà e perché gli sembrerebbe poco gentile andarsene lasciando da soli Rod e Ian: Herman è una persona molto educata). Herman ammira il corpo del giamaicano: ormai sono diversi giorni che scopano e ne conosce il cazzo (studiato a fondo utilizzando il tatto, il gusto, l’olfatto, la vista e il culo – che forse non è uno dei cinque sensi, ma può sentire anche lui) e i coglioni, il culo (esaminato con la lingua, le dita, i denti, le labbra) e diverse altre aree. Ian è davvero uno splendido maschio e farsi fottere da lui è stato ogni volta un piacere.

Ma oggi sarà Ian ad accogliere il cazzo di Rod. Il giamaicano non si fa pregare: si inginocchia davanti a Rod e prende in bocca la mazza, già mezza tesa. Lavora con la lingua e le labbra fino a che l’arma è perfettamente in tiro (non che ci voglia molto: Rod impiega sempre pochissimo a passare dalla posizione di riposo – o semi-riposo, perché completamente a riposo lo è ben di rado – a quella di azione). Quando il cazzo è in verticale, rigido e imponente, Ian lo contempla. Herman si chiede se il loro insegnante di teatro non stia ripensandoci: accogliere un cazzo come quello di Rod non è uno scherzo. Ma Ian non dà segno di cedimenti. Si appoggia con le braccia contro il tavolo, allarga un po’ le gambe e volta la testa a guardare Rod, che si sta infilando il preservativo. Ian deglutisce.

Rod prende anche una bustina di lubrificante, si avvicina a Ian e sparge il contenuto intorno all’apertura e sulla cappella. Poi appoggia le mani sulle natiche del nero e le divarica, appoggiando il cazzo contro l’apertura. Infine, con molta lentezza, incomincia a spingere.

Herman guarda la mazza di Rod scivolare dentro il culo nero di Ian, con un movimento continuo. È un bello spettacolo, come è bello vedere le mani di Rod sul culo di Ian e la smorfia sul viso di Ian, che non deve essere abituato a essere cavalcato da un simile stallone.

Herman però non vuole fare la parte del guardone (è una persona seria e poi si sa che democrazia è partecipazione e Herman è democratico), per cui si inginocchia davanti a Ian e prende in bocca la mazza del nero. È sempre un piacere gustarne il calore, il turgore, il sapore.

Rod fotte con metodo e Ian incomincia a gemere, sempre più forte, finché viene con un grido strozzato e Herman ne gusta il seme. Rod accelera il ritmo della cavalcata e viene anche lui, abbandonandosi sul corpo di Ian. Poi esce dal nero e si stacca. Ian rimane immobile e allora Herman prende il posto di Rod. L’apertura è già abbondantemente dilatata e lubrificata, per cui Herman entra senza tanti riguardi. Ian solleva la testa, poi la riabbassa. Herman guarda il proprio cazzo affondare nella carne nera. È bello, gli piace un casino e anche a Ian piace, perché riprende a gemere. Herman cavalca un buon momento, poi sente che il piacere esplode dai coglioni, proiettandosi fuori, e stringe con  forza il culo di Ian, mentre il suo corpo vibra.

Quando si sono rivestiti, Ian dice:

- Non l’avrei mai detto, ma credo che mi mancheranno queste lezioni, ragazzi.

Di certo Ian è soddisfatto dei progressi dei suoi allievi nella recitazione: non c’è altra spiegazione.

 

Conclusa la lezione di teatro, Herman e Rod raggiungono Colton.

- Ragazzi, è ora di svolgere il lavoretto previsto qui in Inghilterra. Nel pomeriggio avete l’ultima lezione di equitazione. Dimenticherete una borsa o qualche cosa del genere e in serata tornerete a cercarla. Mac Stoner non sarà solo, ci sarà un ospite con lui.

- Dobbiamo far fuori anche l’ospite?

C’è una chiara nota di speranza nella voce di Rod.

- Sì, senz’altro. Dev’essere un’esecuzione spietata, da killer professionisti, ma particolarmente efferata per quanto riguarda Stoner: è lui che deve apparire il bersaglio principale di una vendetta feroce. Il socio di Stoner dovrebbe partecipare anche lui alla riunione, ma uno sfortunato contrattempo lo farà arrivare in forte ritardo. Entrando in casa troverà i cadaveri del suo amico e dell’ospite. Penserà che siano stati fatti fuori da qualche gruppo rivale e crederà di essersi salvato per puro miracolo, solo perché non è arrivato all’ora prevista. Sarà facile farlo collaborare, a quel punto.

Chiariti alcuni dettagli tecnici, Rod vorrebbe proporre di passare ad altro tipo di esperienze, ma Colton ha un colloquio urgente con la Signora, il grande capo. Rod è alquanto scocciato, ma c’è poco da fare, per cui i due agenti se ne vanno. In ogni caso la prospettiva di far secco Mac rasserena Rod: è bello poter dare il proprio contributo alla patria.

L’ultima lezione di equitazione di Rod e Herman (e, se tutto va come previsto, anche di Mac Stoner) si svolge senza inconvenienti. L’istruttore è piuttosto soddisfatto dei risultati ottenuti dai suoi allievi, che sanno andare al passo, al trotto e al galoppo. I suoi allievi sono anche loro soddisfatti, soprattutto Rod, al pensiero di far fuori l’istruttore.

Al momento di caricare in auto le loro cose, Rod svuota il bagagliaio per sistemare meglio ciò che devono portarsi via. Poi raccoglie tutto, ma una valigetta rimane a terra, in un punto in cui Mac non può vederla. Completate le operazioni salutano Mac stringendogli la mano e se ne vanno.

Mac dice:

- Spero di rivedervi presto, ragazzi.

Se conoscesse le intenzioni dei due, non si lancerebbe in affermazioni del genere.

Rod e Herman mettono in moto e se ne vanno. Herman ha spento il suo telefonino, l’unico di cui Mac ha il numero, in modo che non possa richiamarli per avvisarli che hanno dimenticato la valigetta. La verranno a prendere in serata, quando l’ospite sarà arrivato.

 

È ormai buio quando Herman e Rod raggiungono la cascina dove abita Mac, a fianco della scuderia. Parcheggiano in cortile, dove lasciano abitualmente l’auto.

Mac esce dalla cascina.

- Ah, siete voi. Siete venuti per la valigetta?

- L’hai trovata! Rod era sicuro che dovesse essere qui.

- Ho cercato di avvisarvi, ma il cellulare era spento.

- Ma no, si è guastato. Mi è caduto nel cesso. Ho perso il tuo numero e un fottio di altri. Non ho potuto telefonarti per chiedere se l’avevamo lasciata da te.

- Vado a prenderla, l’ho messa in casa.

Mac entra. Herman e Rod lo seguono, anche se non sono stati invitati. Mac si infila in un ripostiglio a destra dell’ingresso, Herman passa rapidamente nella stanza a fianco, dove ha visto la luce. Su una poltrona accanto al camino è seduto un uomo qui quaranta, tarchiato, che all’ingresso di Herman si alza, guardandolo con diffidenza.

Herman tira fuori la pistola con il silenziatore. L’uomo non fa in tempo a prendere la propria arma o a gettarsi di lato. Due proiettili al cuore lo fanno ricadere sulla poltrona. Boccheggia e rimane inerte.

Un terzo colpo in fronte, ormai del tutto superfluo, poi Herman si dirige verso il ripostiglio. Qualche cosa è andato storto: Rod non è riuscito a prendere di sorpresa Mac e ora i due stanno lottando a terra, cercando di bloccarsi a vicenda. Mac molla una ginocchiata ai coglioni di Rod, che grugnisce, ma non molla la presa. Herman potrebbe sparare in testa a Mac, ma non vuole togliere al suo amico il piacere di uccidere l’istruttore. Inoltre l’esecuzione dev’essere particolarmente feroce, per cui Rod si limita a vibrare un calcio in faccia a Mac. Questi lancia un grido, mentre il sangue incomincia a scorrere dal naso e da un labbro. Un secondo calcio, accompagnato da un rumore di ossa rotte, lo costringe ad allentare la presa. Rod libera il braccio con la pistola, la punta contro la pancia di Mac e sorride:

- Ora crepi, bastardo.

Spara due colpi e Mac grida di nuovo. Rod si libera dalla stretta e si alza.

Mac rimane a terra, le mani al ventre, il sangue che scorre copioso.

- Merda! Chi siete?

- Quelli che ti fottono, Mac.

Herman aggiunge:

- Il tuo ospite ti ha preceduto…

- ...ma anche tu non ne hai più per molto.

Rod afferra Mac per il collo e lo trascina nel salotto dove il suo complice giace cadavere. Lo sbatte sul tavolo e gli cala i pantaloni.

- Che… cazzo… vuoi fare, pezzo di merda?

- L’hai capito benissimo, Mac.

Herman tiene fermo Mac che, per quanto abbia due proiettili in pancia, si ostina a manifestare una volontà propria. Rod si è già calato i pantaloni. Il cazzo è teso (e figuriamoci, con la prospettiva di fottere Mac e poi farlo secco) e Rod si infila il preservativo. Entra con violenza, strappando un urlo a Mac.

- Bastardo… schifoso bastardo… figlio di puttana…

Gli insulti non fanno un baffo a Rod, che fotte volentieri questo culo vergine, gustando la resistenza della carne, spingendo fino in fondo, uscendo e rientrando con un’altra spinta violenta, che strappa un gemito a Mac.

Mac continua a maledire Rod in tutti i modi. Il cellulare di Herman, che è perfettamente funzionante e acceso, manda un segnale. Herman controlla il messaggio. È Colton. Ashfair arriverà tra venti minuti.

- Ora di concludere, Rod.

Rod sta fottendo Mac da un quarto d’ora, ma grugnisce il suo disappunto: avrebbe preferito godersi ancora un po’ questo bel culo che nessuno ha mai avuto modo di gustare prima d’ora. Accelera il ritmo e viene dentro di lui.

Si ritira, infila il preservativo in una bustina che si mette in tasca, per evitare di lasciare tracce, e si riveste. Poi prende dalla valigetta il piccolo bastone di ferro che vi ha messo in mattinata e lo spinge con forza in culo a Mac, che grida. Il bastone è troppo lungo per stare tutto, ma Rod lo colpisce violentemente con un calcio, facendolo quasi scomparire dentro. Mac grida di nuovo e sviene.

Rod volta Mac e lo stende sul tavolo. Punta la pistola e spara due colpi al cazzo. Mac si risveglia e grida ancora, ma sembra non avere più voce e l’urlo è poco più di un gemito. Altri due proiettili nei coglioni, poi Rod svuota il caricatore sul corpo di Mac, che a ogni colpo sussulta e quando i colpi finiscono rimane immobile.

L’esecuzione è stata particolarmente efferata, come richiesto da Colton. Di certo Ashfair ne rimarrà sconvolto. E altrettanto certamente Rod si è divertito.

Herman e Rod controllano di non aver lasciato tracce. Un nuovo messaggio di Colton li avvisa che hanno solo pochi minuti. I due agenti risalgono in auto e partono. Sulla strada principale incrociano un’auto. Guardando nello specchietto retrovisore la vedono svoltare in direzione della cascina. Si tratta certamente di Ashfair.

Rod commenta:

- Peccato non far fuori anche lui.

Herman ride.

- Magari un’altra volta…

- Comunque mi è piaciuto. Sai che ti dico, Herman?

- Dimmi.

- Sarebbe un bel modo di farti fuori. Un’esecuzione… come ha detto Colton? Efferata, sì, efferata. Che ne dici?

- Che sei proprio stronzo.

 

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L’ultimo incontro con Colton avviene di sabato. Lunedì i due agenti partiranno per l’Uzbekistan.

- Adesso ti degni di spiegarci quello che dobbiamo fare o ci limitiamo a girare il film, sperando di vincere l’Oscar?

Le possibilità che Rod o Herman vincano l’Oscar sono alquanto ridotte, più o meno le stesse che hanno di essere beatificati.

Colton annuisce.

- Sì, è ora di fare il quadro della situazione. Il Mansoor, che è stato completamente debellato, era solo uno dei nodi di una rete che ha il suo centro nelle repubbliche che facevano parte dell’URSS. Sono quasi tutti stati dittatoriali, con una fortissima corruzione interna: diverse organizzazioni criminali, prima fra tutte la mafia russa, vi hanno trovato uno spazio ideale. La forte presenza musulmana nella regione e i legami con i vicini Afghanistan e Pakistan ne hanno fatto anche uno dei centri di reclutamento del terrorismo di matrice islamica. Cellule terroristiche, mafia russa e altre organizzazioni criminali hanno obiettivi diversissimi, ma sappiamo bene che non disdegnano di collaborare quando serve, ad esempio per eliminare qualche uomo politico non corruttibile o magari due agenti segreti.

Colton sorride. Rod scuote la testa:

- Non so come faresti senza di noi, Colton.

Herman non è così sicuro che Colton porterebbe a lungo il lutto. Il vice dei servizi segreti inglesi ignora il commento e prosegue:

- Sappiamo con certezza che è in corso un tentativo di coordinare l’azione di alcuni di questi gruppi, là dove vi sono interessi comuni. Diciamo che vogliono creare una specie di ONU delle organizzazioni criminali, non di tutte, naturalmente, ma di sicuro di alcune delle mafie europee e asiatiche e di certi gruppi fondamentalisti. Omar Vastan, il capo del Mansoor, lavorava per realizzare questa idea, ma non era il solo: a lui serviva come trampolino di lancio per raggiungere le alte sfere della criminalità internazionale, ma all’idea lavoravano in molti. Non è facile, visto che ci sono forti rivalità, ma anche all’ONU non è tutto rose e fiori.

Rod sbadiglia. La politica internazionale non suscita grande interesse in lui, neanche quella criminale. Gli interessa solo se c’è qualcuno da fare secco.

Colton prosegue:

- Tutto porta a concludere che alcuni dei film che vengono girati in queste aree, finanziati da generosi fondi statali e da oligarchi che si improvvisano produttori, forniscano ai rappresentanti delle diverse organizzazioni un’ottima occasione per incontrarsi senza destare sospetti. Un film con molti personaggi permette di riunire uomini provenienti da molti paesi diversi: attori, o presunti tali, e personale di ogni tipo, dagli addetti alle pulizie agli agenti. Questo film era un progetto di Omar Vastan e secondo le nostre informazioni avrebbe dovuto concludere la realizzazione del suo piano.

- Ma Vastan è morto, dicono.

Colton sorride:

- Ufficialmente risulta solo essere scomparso. In ogni caso la morte di Vastan non ha messo fine al progetto, che ormai era già in fase conclusiva e che sta andando avanti. Durante le riprese di questo film sarà organizzato un incontro finale, a cui parteciperanno sicuramente alcuni degli uomini più pericolosi del pianeta.

- Dobbiamo farli secchi?

Il tono di voce di Rod non lascia dubbi sulla sua disponibilità a eseguire il compito.

- Sì.

Rod sorride, il suo classico sorriso da lupo che ha fiutato la preda. Herman è certo che più in basso rispetto al sorriso qualche cosa si sta muovendo.

Colton prosegue:

- Dobbiamo a ogni costo evitare che venga raggiunto un accordo: se davvero si organizzassero, costituirebbero una minaccia gravissima.

A Rod le motivazioni interessano poco, è più interessato a conoscere i bersagli, per cui chiede:

- E chi sono?

Colton tira fuori quattro buste. Ne apre una e ne estrae due fotografie che mette sul tavolo:

- Bersaglio numero uno, in ordine di importanza: Abdallah ibn Hussein al Misri, l’Egiziano, uno dei principali esponenti dell’integralismo islamico, a capo di una vasta rete che ha agganci in Asia, in Africa e in Europa. Ha ideato almeno una quindicina di attentati in sette paesi, che hanno provocato oltre un centinaio di morti. Collaborava strettamente con il Mansoor: c’è anche il suo zampino nelle stragi delle scuole.

Colton prende la seconda busta. Da questa estrae diverse foto.

- Bersaglio numero due: Massimo Gargiulo, detto Coltello, nipote del Mastino.

- E chi è il Mastino?

- Il capo di una delle famiglie emergenti della camorra. Legami con i cartelli messicani e con la mafia colombiana, ma interessi anche in Russia. Massimo Gargiulo è il suo nipote prediletto, un tipo maledettamente in gamba, intelligente e spietato. Laureato in informatica in Inghilterra, è diventato in fretta un elemento di punta della sua organizzazione criminale. Lo chiamano Coltello perché ama usare quest’arma. Ha ammazzato con il coltello due nemici della famiglia, dopo avergli tagliato le palle e l’uccello; pare che gli piaccia molto. È senza dubbio uno psicopatico, ma eccezionalmente intelligente.

Herman commenta:

- Niente male, dev’essere un vero piacere avere a che fare con lui.

Intanto pensa che non è niente male neanche come maschio, questo va riconosciuto. Mentre l’Egiziano non è molto appetibile, l’italiano è uno da leccarsi i baffi.

Dalla terza busta emergono tre immagini.

- Bersaglio numero tre: un uomo che si fa chiamare Liu Tong, pezzo grosso della mafia cinese, di cui non conosciamo il vero nome. Sappiamo pochissimo di lui, ma il fatto che partecipi all’incontro in rappresentanza di una delle più importanti organizzazioni cinesi conferma che è un pezzo da novanta. Abbiamo queste foto solo grazie a Vastan, che possedeva un vastissimo archivio dei capi criminali di mezza Asia. È noto per la sua ferocia. Pare che ami far sbranare vivi dai suoi cani chi cerca di intralciarlo.

- Si direbbe che anche questo sia uno psicopatico.

- Comunque è davvero una bella galleria di personaggi!

Nell’ultima busta le immagini sono parecchie. Un uomo sui quaranta-cinquanta, molto forte, in compagnie di puttane, a una festa, a una scrivania, persino nudo sotto la doccia, cazzo bene in mostra (circonciso e di dimensioni notevoli, anche se probabilmente il soggetto lo ha un po’ stimolato per farlo apparire più grosso).

- Bersaglio numero quattro: Vladimir Alexandrovsky, detto Pugaciov, uno dei mafiosi russi più ricercati in tutto il mondo. Trenta, forse quaranta omicidi alle spalle, tra cui almeno sei o sette agenti e due giudici che indagavano sul suo conto. Più naturalmente i rivali in affari, chiamiamoli così. Intelligente, molto, ma altrettanto imprudente, ama mettersi in mostra.

Herman e Rod guardano i loro quattro bersagli. Pugaciov sembra davvero un bel maschio e Massimo pure. Gli altri due non sono molto interessanti. Ma, come direbbe Colton, il loro obiettivo è fotterli in senso metaforico, non in senso letterale (le due cose non vanno necessariamente separate, come i nostri eroi hanno avuto modo di dimostrare in altre avventure).

Colton riprende:

- Le quattro organizzazioni che questi uomini guidano, o in cui hanno un ruolo di primissimo piano, hanno una serie di interessi comuni. Tra loro esistono anche rivalità, ma sono disposte a metterle da parte. Hanno una lunga lista di obiettivi e contano di unire le forze per eliminarli. Per fare un esempio: Saedi è senz’altro uno degli obiettivi principali per la mafia russa e i gruppi islamici radicali, ma i servizi del Wadistan e di tutte le repubbliche dell’Asia centrale sanno benissimo che russi e integralisti possono cercare di eliminarlo. Più difficilmente sospetterebbero di un italiano o di un cinese. 

Herman osserva:

- I servizi dei diversi paesi dovrebbero collaborare di più.

- Certo, Herman, ma, come sai benissimo, la collaborazione non è mai facile: ognuno è geloso dei propri segreti e delle proprie fonti, non si fida molto dell’efficienza degli altri, sospetta sempre di possibili tradimenti. Sapete benissimo anche voi che può sempre esserci qualcuno che fa il doppio gioco.

In effetti Herman e Rod hanno eliminato in tempi recenti un traditore che faceva parte dei servizi. Colton prosegue:

- Da quel che sappiamo, ci saranno uomini di queste organizzazioni, che si occuperanno di preparare l’incontro conclusivo, quello che interessa a noi. Quei quattro uomini arriveranno probabilmente poco prima dell’incontro. Avranno qualche compito legato al film, magari si presenteranno come agenti di qualche casa cinematografica o tecnici. Oppure entreranno in Wadistan con motivazioni che nulla hanno a che vedere con il film, ma certamente alcuni dei loro uomini saranno impegnati nelle riprese. Magari Pugaciov si sarà pure fatto dare una parte. Non mi stupirebbe: ve l’ho detto che ama mettersi in mostra e l’idea di comparire in un film di sicuro gli piace.

- Va bene, non sarà facile farli fuori tutti e quattro. Di sicuro avranno preso le loro precauzioni e non appena ne facciamo secco uno, gli altri staranno ancora più in guardia.

Colton guarda Herman e scuote la testa.

- Certo, non potete farli fuori uno per volta, proprio per il motivo che hai detto: appena ne viene fatto fuori uno, gli altri si dileguano. Il vostro compito è individuare dove e quando si terrà la riunione. Quando lo saprete comunicherete la posizione. I droni colpiranno il bersaglio entro cinque minuti.

- I droni?! Cazzo! Ma non c’è nessun gusto!

Colton storce la bocca.

- Senti, Rod, l’obiettivo dei servizi non è procurarti un po’ di divertimento, è eliminare quattro tra gli uomini più pericolosi del pianeta, quattro figli di buona donna che hanno sul gobbo alcune centinaia di morti ammazzati.

Rod è scocciato. La missione prometteva bene e invece si rivela ben poco interessante.

Colton prosegue:

- Se la situazione vi obbligasse a scegliere altri metodi, potete farlo. Evitare l’intervento dei droni potrebbe pure essere positivo, riducendo le solite polemiche contro il loro uso. Ma se uno solo dei quattro vi sfugge perché volete farli secchi voi, mentre era possibile usare i droni, do i vostri nomi, le vostre fotografie e il vostro indirizzo a tutte queste organizzazioni, che sapranno bene come ringraziarvi.

Rod si finge scandalizzato:

- Saresti capace di fare una cosa del genere?

Dal sorriso di Colton Herman deduce che la risposta alla domanda è positiva.

- Va bene, sei proprio un bel figlio di…

Rod lascia in sospeso la frase (il cui completamento peraltro non richiede note esplicative). Colton riprende:

- Un’ultima cosa. Se non fosse possibile agire con i droni, sapete in quale ordine eliminare i quattro. Se riusciste a far sembrare che ognuno sia stato eliminato da una delle altre organizzazioni criminali, sarebbe il massimo: si creerebbe un clima di diffidenza che renderebbe più difficili altri tentativi di coordinare le forze, tanto più che già adesso all’interno delle diverse organizzazioni molti non sono convinti dell’opportunità di collaborare.

- Vedi che è meglio non usare i droni? Con i droni è chiaro da che parte viene il colpo.

- Rod, l’obiettivo è eliminare quei quattro. Punto. Il resto è un extra, grasso che cola, se ci si riesce.

- Non temere. Ci pensiamo noi.

- Saedi non può incontrarvi prima che la missione sia compiuta: se qualcuno venisse a sapere che voi lo avete visto, tutto il piano fallirebbe. Le riprese avverranno prima in Uzbekistan, poi in Wadistan. In Uzbekistan voi non avete nessun compito da svolgere, l’incontro si terrà in Wadistan, ma se ci fosse Pugaciov, potrebbe essere utile cercare di fare amicizia con lui. Ci sarà un uomo dei servizi del Wadistan nella troupe. Lui sa chi siete, ma evitate di frequentarlo: se qualcuno sospettasse di lui, vedendovi insieme potrebbe intuire la verità. Rivolgetevi a lui solo se avete assoluto bisogno di qualche cosa. Ecco, questa è la foto, così potete riconoscerlo. È un tecnico delle luci.

Colton mostra la foto dell’uomo. Poi riprende:

- Poi vi trasferirete in Wadistan e il giorno dopo il vostro arrivo andrete a vedere un’interessante mostra dedicata a Zohad: quattro secoli di dipinti, raccolti nel museo nazionale della capitale, in occasione dell’inizio delle riprese del film.

Herman e Rod si guardano perplessi. Nessuno dei due è amante dell’arte e hanno l’impressione che gli artisti del Wadistan non siano proprio Van Gogh o Michelangelo.

- Alla mostra sarete avvicinati da un agente che si presenterà come una guida. A un certo punto vi dirà una frase concordata e allora saprete che si tratta dell’uomo inviato da Saedi.

- Qual è la frase concordata?

Colton guarda un foglio che ha davanti a sé, poi dice:

- “Le armi particolari di Zohad”. Non so bene che cosa intenda…

Herman sorride. Sa benissimo quali sono le “armi particolari” e lo diverte il fatto che Saedi abbia scelto proprio quella frase.

- Vi lascerà un recapito e vi metterete in contatto con lui, per qualsiasi esigenza. Anche i servizi cercheranno di scoprire in anticipo il luogo e l’orario della riunione e vi avviseranno delle informazioni che riusciranno a raccogliere.

- Va bene.

- Un’ultima cosa, me la stavo dimenticando. Domani passerete la giornata con un tecnico delle luci

- Cosa? Domani? Domani è domenica! E lunedì partiamo. Dobbiamo anche preparare i bagagli: staremo via oltre due mesi!

- Sì, lunedì partite e penserete mica di presentarvi su un set, come se foste attori professionisti, e non sapere neanche come ci si muove? Humphrey vi farà vedere il set di un film e vi spiegherà quelle cose che qualunque attore impara al primo film.

- Cazzo! Dircelo un po’ prima?

Colton sbuffa, come se Herman e Rod avessero solo delle storie.

Herman si rivolge a Rod e dice:

- Forse sarebbe meglio che trovassimo lavoro presso i servizi svedesi o quelli norvegesi. Là almeno sono un po’ più democratici.

- E anche più aperti di idee. Non hanno tanta paura di fare un’esperienza nuova.

Colton ha capito benissimo l’allusione di Rod, ma fa finta di nulla. Rod allora aggiunge:

- Insomma, Colton, se abbiamo finito con questa parte, possiamo fare le prove di un bel film XXX. È l’ultima occasione per i prossimi due mesi.

Colton annuisce. Ormai non si fa più pregare.

Rod si mette a spogliare Herman e Colton lo aiuta. Quando Herman è nudo come mamma l’ha fatto (e l’ha fatto bene, bisogna riconoscerlo), Rod e Colton si spogliano a vicenda.

Il gioco non presenta variazioni di rilievo rispetto alle volte precedenti. Soltanto questa volta, in vista dell’astinenza forzata di Colton per i prossimi mesi, c’è un bis (c’è già stato in altre occasioni, ma questa volta è programmato). Quando però Rod riprova a usare qualche cosa di più consistente delle dita per esplorare il culo di Colton, questi nuovamente si sottrae, dimostrando una spiacevole mancanza di collaborazione.

La scrivania è ridotta peggio delle volte precedenti (ci sono venuti sopra Herman mentre Colton lo inculava e poi Colton, quando Herman gli ha fatto una sega), ma Colton ormai c’è abituato.

Colton liquida i due agenti dicendo:

- Fatevi pure ammazzare, però prima fottete quei quattro.

- Grazie, tesoro. Puoi contarci.

Quando escono, Herman commenta:

- Neanche questa volta ce l’hai fatta.

- Se la moglie non partorisce prima del nostro ritorno, ti garantisco che dopo due mesi di astinenza si farà infilzare come un pollo allo spiedo.

- Potrebbe essere.

Con la testa però Rod sta inseguendo un’altra preda e infatti aggiunge:

- Quattro tizi da eliminare. Mica male.

È chiaramente contento.

- Non sarà una passeggiata, Rod.

- Certo. Se lo fosse ci annoieremmo.

- E dobbiamo far intervenire i droni.

- Vedremo.

Rod ritorna al presente e aggiunge:

- Speriamo solo che questo Humphrey che ci deve spiegare come funziona un set valga la pena.

Rod non si riferisce alla competenza professionale, ovviamente. Anche Herman lo spera.

La speranza è l’ultima a morire, ma di fronte a Humphrey si dissolve in un attimo: il tizio, piuttosto avanti con gli anni e ancora di più con i chili, sembra una balena spiaggiata, ansimante e anche non propriamente profumato.

L’unica cosa positiva è che questo Humphrey è davvero un ottimo maestro e spiega dettagliatamente come avvengono di solito le riprese, dando tutte quelle informazioni tecniche che due attori dovrebbero sapere benissimo.

 

Il viaggio via Mosca è piuttosto lungo e prevede una sosta di tre ore a Istanbul, in attesa del volo per Tashkent, in Uzbekistan. Che cosa si può fare nella zona internazionale di un aeroporto turco in attesa di un volo? Herman e Rod hanno idee precise sull’argomento e uno dei cessi dell’aeroporto rimane occupato per una mezz’ora: evidentemente uno dei due ha problemi intestinali e l’altro lo assiste. Non c’è altra spiegazione possibile.

In Uzbekistan Herman e Rod raggiungono la troupe che sta per iniziare le riprese del film. Sono tutti alloggiati in un albergo di quindici piani, nella parte nuova della capitale. Gireranno negli studi allestiti fuori città e poi si sposteranno in un centro minore, alquanto distante da Tashkent.

Ci sono già tutti gli attori principali, tra cui quello scelto per impersonare Zohad: Faizullah Karimov un gran bell’uomo sui quaranta-quarantacinque, che ricorda vagamente Saedi. Rod e Herman pensano tutti e due che sarebbe molto piacevole conoscerlo meglio.

- Con questo Faizullah si potrebbe provare qualche cosa a tre…

- Tu dici?

- Herman, non mi dire che non ti piacerebbe.

- No, no. È che non mi sembra facile. Ma magari, visto che io sono uno dei suoi ufficiali…

- Se è per quello, io nel film sono uno di quelli che lo inculano.

- Bisogna vedere se è disposto a fare le prove della scena fuori dal set…

 

Nei primi giorni, Herman e Rod cercano di orientarsi nella folla di persone che partecipano al film: essendoci moltissimi personaggi e parecchie scene di massa, la troupe è alquanto numerosa. A Herman e Rod interessa soprattutto individuare i loro quattro bersagli, ma approfittano del lavoro di ricerca anche per individuare maschi interessanti: le due cose non si escludono a vicenda.

Dei quattro uomini che devono eliminare, solo uno è sicuramente presente: si tratta di Vladimir Alexandrovsky, detto Pugaciov, che, come Colton aveva prospettato, ha davvero una parte nel film. Intorno a lui ci sono almeno dieci o dodici uomini che non fanno grandi sforzi per nascondere il loro ruolo di guardie del corpo. Uno in particolare, che risulta chiamarsi Vitaly, un vero e proprio Ercole, gli sta sempre appresso.

Vladimir è sempre vestito con un completo scuro, di Armani, scarpe italiane, camicia chiara e cravatta (che cambia ogni giorno: deve possederne un centinaio, tutte di marca). Al polso un bracciale d’oro, oltre al Rolex, e a due dita anelli anch’essi d’oro, uno con un diamante e uno con un rubino. Malgrado il taglio elegante dell’abito e gli accessori di lusso, non è certo un uomo raffinato. Ha un viso squadrato, dai lineamenti forti, occhi chiari, capelli corti di un castano tendente al rossiccio e un velo di barba: un bel maschio, dal vero ancora più appetibile che in foto.

Herman e Rod, essendo tra i protagonisti, non fanno fatica ad avvicinare Vladimir, che tende a snobbare gli attori che hanno parti secondarie. Il russo nel film è uno dei capi delle tribù occidentali e perciò combatte a fianco di Rod. I due agenti cercano di legare con lui, perché può sicuramente servire per portare a termine la missione. Vladimir è un tipo espansivo, spaccone e alquanto esibizionista. Parla in modo comprensibile l’inglese e vanta le sue conquiste femminili, la sua resistenza all’alcol, la sua ricchezza, il suo coraggio, il suo cazzo, le sue guardie del corpo (senza preoccuparsi di ciò che gli altri possono pensare vedendo un attore con una dozzina di guardie). Herman e Rod gli danno abbondantemente corda: servirà per impiccarlo meglio. Vitaly, che è sempre presente, si limita ad annuire. Qualche volta Herman sospetta che Vitaly capisca poco l’inglese, ma una sera in cui lo vedono senza Vladimir e gli chiedono del suo capo, scoprono che se la cava abbastanza bene.

Degli altri tre bersagli non c’è traccia, in compenso di maschi interessanti ce ne sono diversi e i due agenti provvedono a fare conoscenza con alcuni di loro.

 

Girare il film si rivela alquanto impegnativo. A volte un’unica scena viene ripetuta dieci o dodici volte. Rod e Herman si chiedono chi gliel’ha fatto fare, ma la risposta è semplice: Colton.

Rod fa fatica a imparare la parte (in realtà si applica poco). Per fortuna si tratta di agire più che di parlare e quando si tratta di menare le mani, Rod se la cava benissimo, tanto che anche nelle scene di massa viene spesso ripreso in primo piano, di solito insieme a Vladimir.

L’amicizia con il russo fa progressi, perché Herman e Rod lusingano il suo amor proprio e si mostrano ammirati delle prodezze di cui si vanta. Gli altri non compaiono e anche Colton, con cui i due agenti sono sempre in contatto, non ha ricevuto nessuna informazione sui movimenti dei tre.

Parlando del film che stanno girando, Vladimir prevede un grande successo personale in Russia.

- Voglio vedere la mia faccia su tutti i muri di Mosca, San Pietroburgo e ogni città fino a Vladivostock.

- Ma non sei uno dei protagonisti, dici che ti metteranno nei cartelloni?

- In Russia farò stampare io i cartelloni per il film e ti assicuro che ci sarò, ben visibile e con il nome bello grande.

Herman e Rod non chiedono come mai sarà uno degli attori a occuparsi dei cartelloni pubblicitari in Russia: Vladimir non ha nascosto di essere uno dei finanziatori del film e, come ama dire, “oltre ai soldi ha anche altri buoni argomenti”. Probabilmente i kalashnikov che Herman e Rod vedono nella stanza di Vladimir e in quelle delle sue guardie: argomenti che in effetti non è possibile ignorare.

Herman osserva:

- È una buona idea.

- Mi farò fare la foto a cavallo, a torso nudo come Putin, con la lancia sollevata. Magari tu, Rod, potresti comparire dietro di me, e dall’altra parte, in sovrapposizione, Zohad impalato.

In realtà, se tutto va come deve andare, l’unica foto di cui Vladimir avrà bisogno è quella per la tomba.

 

Le riprese in Uzbekistan procedono secondo i tempi previsti. La troupe lascia Tashkent e si sposta in una cittadina minore, Navoiy; durante il viaggio c’è una sosta a Samarcanda, in modo che gli attori possano visitare la città. Herman e Rod ne approfittano anche per fare conoscenza con due abitanti; non vogliono confermare l’immagine degli inglesi altezzosi e scostanti.

Giunti a Navoiy, si girano diverse scene di massa, utilizzando come set soprattutto un’antica città e una vasta area pianeggiante ancora intatta.

Quando infine, dopo tre settimane, la troupe parte per il Wadistan, non è giunta nessuna notizia degli altri obiettivi da colpire. D’altronde è previsto che l’incontro avvenga in Wadistan, per cui non è strano che non si siano ancora presentati. Rod e Herman sono ormai grandi amici di Vladimir e hanno fatto conoscenza con molti degli attori e dei tecnici. Con qualcuno hanno approfondito il rapporto, dando vita a interessanti scambi culturali a tre (in due casi anche a quattro), ma questo non è rilevante per la vicenda narrata. Non sono riusciti a combinare niente con Faizullah, ma Rod non ha perso le speranze: secondo lui l’attore che impersona Zohad deve provare a prenderselo in culo, per poter recitare meglio la scena della violenza.

Lo spostamento in Wadistan comporterà anche un parziale rinnovamento del personale ed è probabile che facciano la loro comparsa altri bersagli. Per gli attori è previsto un trasbordo aereo, mentre il materiale viaggia con i camion.

Il volo da Tashkent a Sayatpomorberuduq, famosa capitale del Wadistan, dura appena due ore. All’arrivo della troupe, sembra di essere a Hollywood la sera degli Oscar: ci sono giornalisti e fotografi. Al centro dell’attenzione c’è naturalmente Faizullah Karimov, in quanto protagonista del film e famoso attore, oltre al regista. Ma nel mirino finiscono anche altri personaggi, tra cui il perfido traditore (Herman) e il feroce capo delle tribù occidentali (Rod). Rispetto a quando sono stati arrestati al loro arrivo, essere accolti dai flash dei fotografi è un notevole passo avanti. I giornalisti pongono domande, ma Rod e Herman ritengono più saggio defilarsi, lasciando che siano il regista, Karimov e Vladimir a rispondere.

Le riprese riprenderanno fra tre giorni, tempo che arrivino i materiali e sia completato l’allestimento del set in una località a circa duecento miglia da Sayatpomorberuduq: si girerà ai piedi delle montagne per due settimane, poi l’intera troupe si trasferirà nella capitale per le ultime scene, riprese negli studi cinematografici.

In attesa di partire per i monti, gli attori hanno tre giorni di riposo, che possono dedicare alla visita di Sayatpomorberuduq. Non che ci sia molto da vedere: Sayatpomorberuduq è una città con un centro completamente rinnovato, alcune aree residenziali lungo il fiume e una vasta periferia spesso degradata. Della sua storia non sono rimasti molti monumenti.

Come programmato, il giorno dopo il loro arrivo nella capitale Herman e Rod vanno a visitare la mostra su Zohad. Non è che ci sia proprio una ressa di visitatori (due, oltre a Herman e Rod), ma il Wadistan ha una densità di popolazione bassa, non ci sono turisti e poi la mostra non è stata segnalata sulle principali riviste d’arte mondiali (senza dubbio per un’inavvertenza o forse per il timore che faccia concorrenza alle principali mostre di Roma, Londra, Parigi e New York; non va esclusa la possibilità che l’omissione dipenda invece dalla difficoltà di scrivere il nome della capitale).

 

Herman e Rod svolgono la loro parte di visitatori interessati. C’è da dire che in diversi quadri si vede Zohad prima del supplizio ed è sempre rappresentato come uno splendido maschio. Nei quadri ottocenteschi, Zohad ha le mani legate davanti, che coprono i genitali, o è ritratto di schiena, ma nelle opere più recenti si vede bene l’eroe nudo, alquanto dotato.

Mentre guardano i quadri, si avvicina un uomo.

- Vedo che siete stranieri. Vi posso spiegare qualche cosa di questa mostra? Mi chiamo Samir e sono laureato in storia dell’arte.

Il tizio che ha parlato è probabilmente l’agente inviato da Saedi. Herman risponde:

- Molto volentieri.

Oltre tutto Samir è anche un bel ragazzo, il che è un motivo più che sufficiente per fare conoscenza con lui.

- La mostra è ospitata in tre sale e mescola opere di periodi diversi: quelle influenzate dalla pittura dell’Ottocento russo; quelle del realismo socialista e infine quadri degli ultimi decenni. Ecco, in questo quadro ottocentesco potete vedere chiarissima l’influenza del pittore russo Vasilij Ivanovič Surikov.

In effetti l’influenza è chiarissima, Herman stava per dirlo e Rod l’aveva già pensato.

- La composizione, in cui prevalgono le linee orizzontali, è divisa in tre parti di grandezza ineguale, dalle due linee verticali costituite dal palo del supplizio e dal corpo nudo di Zohad.

La faccenda si mette male. Non è che il tizio è davvero una guida? Rod sta già sbuffando.

L’uomo intuisce che la pazienza dei suoi ascoltatori sta raggiungendo il limite (evidentemente non è una dote per cui i due brillano), per cui introduce l’argomento successivo.

- E adesso passiamo a quest’altro quadro, dove possiamo vedere quelle che noi chiamiamo le armi particolari di Zohad.

In effetti nel quadro Zohad è ben visibile, di fronte, e le sue armi particolari sono in bella mostra.

Herman sorride, si guarda intorno (gli altri due visitatori sono passati in un’altra sala) e chiede:

- Ci sono novità?

- No, nessuna, per il momento. Ma crediamo che stia per arrivare l’italiano.

I tre parlano un momento della situazione. Poi, esaurito l’argomento lavoro, Rod dice:

- Volevamo chiedere una cosa sulla mostra.

Herman non voleva chiedere un bel niente e non saprebbe proprio dire che cosa Rod intenda domandare, ma conoscendolo, ha abbastanza chiaro in testa dove vuole arrivare. Samir, come si è già detto, è un bell’uomo e non sia mai che un maschio appetibile passi vicino a Rod senza che costui ci provi: Rod non farebbe mai torto a nessuno.

- Prego, ditemi.

- Ci sono alcuni quadri che mostrano le battaglie vinte da Zohad e anche la sconfitta finale. Ce ne sono diversi sul supplizio. Ma perché non ce n’è nessuno in cui si vede Zohad che viene violentato?

Samir sorride, evidentemente divertito dalla domanda poco ortodossa di Rod.

- Quadri di questo tipo non potrebbero essere esposti in una mostra aperta al pubblico. Però il soggetto è stato trattato da alcuni artisti, soprattutto in questi ultimi anni.

- Non si possono vedere queste opere?

Il sorriso di Samir si allarga.

- Posso procurarvi alcune foto. Sono a vostra completa disposizione.

La frase promette bene e Rod coglie la palla al balzo.

- Completa?

Samir ride e annuisce. Herman si dice che probabilmente Saedi ha avvisato il suo uomo dei gusti degli agenti inglesi o almeno ne ha tenuto conto nella scelta del collaboratore da inviare. Un pensiero davvero gentile da parte di Saedi.

- Potremmo parlarne questa sera in albergo. Ce la fai a portarci le foto?

Secondo Herman si potrebbe fare benissimo a meno delle riproduzioni di quadri che certamente non sono di eccelso livello, ma Rod sembra tenerci.

Samir risponde:

- Alcune sì.

L’appuntamento viene fissato per le sei.

Samir arriva davvero con alcune immagini di quadri moderni e un fumetto, oltre alle armi (intendesi pistole e mitragliette, non quelle particolari, che comunque ha con sé, non essendo un eunuco): era suo compito portare ai due agenti il necessario e in effetti ora Herman e Rod hanno un piccolo arsenale.

I quadri sono abbastanza espliciti, anche se non mostrano tutto. Il fumetto invece, probabilmente rivolto a un pubblico gay, non nasconde nulla, per non dire che mette in risalto tutti i dettagli. La qualità delle immagini non è eccelsa, ma un’occhiata si può dare. Herman e Rod sarebbero più interessati a dare un’occhiata a Samir, senza vestiti.

- Interessante questo fumetto. Lo vendono liberamente?

- No, questo tipo di pubblicazioni circola clandestinamente. Non è che al governo importi, ma se lo vendessero nelle edicole, ci sarebbero proteste degli integralisti. Se viene venduto di nascosto, allora nessuno dice nulla.

- Ce ne sono molti, qui, di integralisti?

- No, in realtà pochi. I wadiri hanno una tradizione diversa dai popoli turchi dell’Asia centrale. Hanno accettato l’Islam, ma non lo vivono con fanatismo.

Herman non vorrebbe che la conversazione proseguisse su questo binario: le tradizioni wadiri sono molto interessanti, ma il loro studio può essere rimandato ad altro momento. Ci pensa Rod, con il suo solito tatto, a imporre una sterzata.

- So che qui in Wadistan sono anche ampiamente praticati i rapporti tra uomini, sempre con lo stesso sistema di fare senza dirlo in giro.

Samir sorride. Ha davvero un bel sorriso.

- Sì, Rod. Sei ben informato sui nostri usi.

- Bisogna sempre prepararsi, quando si va in un paese straniero. Io sono prontissimo.

Rod si infila la mano in tasca e tira fuori un preservativo. Herman pensa che come al solito non ci ha proprio girato intorno: per la carriera del diplomatico non è tagliato, per fortuna ha scelto un altro lavoro.

Samir si mette a ridere.

- Saedi mi ha detto che non perdete tempo.

- Perché perderne? La vita è breve, no? Che ne dici?

La domanda potrebbe vertere sulla brevità della vita o sulla proposta implicita. Samir, conscio della brevità della vita, la intende come proposta.

- Sono d’accordo.

E per fugare ogni ambiguità, si toglie la giacca.

Herman e Rod lo imitano, poi si avvicinano a Samir. Herman si mette davanti a lui e lo bacia sulla bocca. Rod passa dietro, lo stringe tra le braccia e gli passa la lingua dietro l’orecchio. Samir ha un buon profumo, di pulito, e la sua barba è soffice. Anche la leggera peluria sul petto è soffice al tatto (per appurarlo, Herman ha sfilato la camicia di Samir). Quella sul ventre invece è più densa e meno morbida (per verificare è stato necessario calare pantaloni e boxer). A questo punto Samir non ha più nulla indosso, mentre i due agenti inglesi sono ancora semivestiti.

L’esplorazione ha messo in luce anche un cazzo di tutto rispetto e Herman decide di assaggiarlo. Perciò si china davanti a Samir e prende in bocca l’appetitoso boccone. Il gusto è buono, come il profumo: Samir, prevedendo ciò che sarebbe successo (un buon agente deve essere in grado di prevedere tutte le possibilità), si è preparato facendo una doccia e una pulizia accurata (un buon agente deve sempre prepararsi con cura). A Herman non spiacciono gli odori e i sapori un po’ forti, ma apprezza anche quelli più delicati: diciamo che non si pone molti limiti (quasi nessuno sarebbe più esatto). E il cazzo di Samir è davvero gradevole da gustare, più che mai ora che, grazie a un attento lavoro della lingua di Herman, sta acquistando consistenza e volume. Herman ci dà dentro, ma anche Rod non rimane inoperoso: la sua lingua scorre lungo il solco del culo di Samir, le sue mani stringono le cosce, pizzicando. Ogni tanto Rod assesta un morso deciso, facendo sussultare Samir.

Poi Rod, che, com’è noto, non è molto portato per le lunghe attese, preme sulla schiena di Samir, forzandolo a piegarsi in avanti. Herman continua a lavorare con la lingua (è molto attaccato al lavoro, non rinuncia facilmente), mentre Rod, dopo essersi infilato il preservativo, avvicina la cappella all’apertura e, con la dovuta lentezza, infilza Samir.

L’agente wadiri geme: l’ingresso della mazza provoca dolore, ma anche piacere. Anche la lingua di Herman, che scorre dalla base del cazzo alla punta, e le sue labbra, che ora avvolgono la cappella, trasmettono un brivido di piacere a Samir, che con un braccio si appoggia alla testiera del letto.

Rod dà inizio alla sua cavalcata, caratterizzata, come sempre, da una grande resistenza, in grado di sfiancare la cavalcatura. Herman prosegue con il suo lavoro e Samir, di fatto disoccupato, si limita ad accarezzare la testa di Herman o a stringere il culo di Rod, tendendo le braccia all’indietro, per poi tornare ad appoggiarsi al letto, per evitare che le spinte di Rod lo facciano cadere in avanti.

A un certo punto Samir geme più forte: una serie di suoni inarticolati che sembrano terminare in un singhiozzo, mentre rovescia il suo seme nella bocca di Herman. Rod viene poco dopo.

Herman non è venuto (anche se non si può dire che sia rimasto a bocca asciutta). Ci pensa Samir, che decide di ricambiare il favore: Herman si alza e Samir prende in bocca il cazzo già teso. Non ci vuole molto perché l’agente inglese venga.

Mentre si rivestono, Herman chiede:

- E sei davvero laureato in storia dell’arte?

- Sì, però al termine degli studi ho fatto domanda per entrare nei servizi. Avevo voglia di fare qualche cosa di utile per il mio paese e mi sembrava che questo lavoro fosse più utile che insegnare storia dell’arte.

Mentre finiscono di rivestirsi, Samir chiede:

- Conoscete qualche parola di wadiri?

Herman ride:

- Solo buongiorno.

- E tu, Rod?

- Ciuk, gote e sikime.

Herman aggrotta la fronte e dice:

- Che sarebbero?

Samir sta ridendo a crepapelle. Rod traduce:

- Cazzo, culo, fottere. Serve qualche cos’altro?

- Dipende, che so, se vuoi mangiare…

- Basta andare in cucina e indicare con il dito quello che vuoi.

- Anche il cazzo e il culo puoi indicarli con il dito.

- Potrebbero fraintendere.

Samir finisce di rivestirsi e lascia i due agenti, che scendono a cena, alquanto affamati: l’attività fisica mette appetito.

 

Il set sulle montagne è vicino a una cittadina di piccole dimensioni. Un intero albergo, di costruzione recente, è stato requisito per alloggiare tutto il cast e buona parte del personale.

Il luogo è stato scelto perché c’è ancora la neve e va benissimo per girare le scene invernali. In effetti fa un freddo porco e i due agenti hanno pochissima voglia di andare in giro.

Passano alcuni giorni senza novità significative, finché Samir non li informa che Massimo Gargiulo è arrivato: risulta essere uno dei tecnici del suono.

Herman lo vede il giorno dopo. Non deve avere più di trent’anni e visto dal vivo appare davvero belloccio: un corpo ben proporzionato e forte, un viso inquadrato da una barba cortissima, baffi e capelli anch’essi molto corti, di colore castano scuro. Herman lo osserva a lungo (bisogna studiare bene il proprio bersaglio).

Herman fa fatica a collegare l’uomo che sta facendo colazione con quello che gli ha descritto Colton, anche se chiaramente è la stessa persona. Massimo non sembra proprio un boss della camorra. Si direbbe un informatico o un designer, non un criminale psicopatico. Lo vedresti più a suo agio con i-phone e tablet che con un coltello. 

Per il momento Herman e Rod non si avvicinano. Passano invece molto tempo con Vladimir, che ormai li considera i suoi migliori amici, e con Vitaly (impossibile stare con Vladimir se non c’è anche Vitaly: Herman si chiede se Vitaly lascia che Vladimir vada al cesso da solo).

- Rod, Herman, questa sera voglio andare a puttane. Qui sul set non c’è una fica che valga la pena. Venite anche voi? Siete miei ospiti.

È Rod a rispondere:

- Perché no? Vengo volentieri. Sai dove andare? Non so se qui c’è qualche cosa di decente.

- In questo buco del culo di posto? Non c’è niente. Il mio autista ci porta alla capitale e ci riporta qui in tempo per le riprese di domani.

Rod annuisce.

- Io ci sto. Tu che ne dici, Herman, vieni anche tu?

- Scherzi? Duecento miglia su queste strade del cazzo per raggiungere Sayatcomecazzsichiama? Tempo di arrivare, una sveltina e se partite subito ben che vada riuscirete a tornare domani mattina per la colazione, con le occhiaie. Il truccatore farà fatica a dare alle vostre facce un aspetto normale.

Vladimir ride:

- Tanto guida l’autista. Mentre noi smaltiamo la sbornia. E io non recito domani.

- Vi lascio andare. Divertitevi anche per me.

Herman non ha nessuna intenzione di andare a puttane: con le donne non prova gusto. Neanche Rod, ma a lui tira sempre e fa bene a non scontentare Vladimir. Intanto, visto che è da solo, Herman studierà un po’ la situazione. In particolare la situazione da studiare ha un nome e cognome: Massimo Gargiulo.

A cena, Herman fa in modo di sedersi nel tavolo a fianco di quello di Massimo. Ogni tanto gli lancia un’occhiata e si accorge che anche Massimo lo sta guardando: uno sguardo leggermente insistente, che promette bene (ovviamente Herman vuole fare conoscenza solo per la missione, non perché Massimo è un bell’uomo). Herman allora risponde con un sorriso, che fa fine e non impegna. Massimo si alza e si avvicina al tavolo.

- Posso presentarmi? Sono Massimo Piscopo, un tecnico del suono.

Quindi Massimo ha un cognome falso. Non che questo cambi qualche cosa. Per quanto riguarda Herman, potrebbe anche chiamarsi Mickey Mouse: per quello che deve fare con lui e per quello che vorrebbe fare con lui (due cose molto diverse, che però, come abbiamo già rilevato, possono essere indicate entrambe con lo stesso verbo) il cognome è del tutto irrilevante.

- Piacere, Herman Craig, sono uno degli attori, ma probabilmente lo sai già. Siediti.

Massimo si siede di fronte a Herman. L’agente prosegue:

- Non ricordo di averti visto in Uzbekistan.

- No, sono arrivato da pochi giorni.

- Di dove sei? Il nome è italiano, ma parli l’inglese benissimo.

Massimo parla un inglese perfetto, con appena un vago accento straniero.

- Sì, sono di Napoli.

- Non sembri italiano.

Massimo ride.

- E perché mai? Dovrei andare in giro con il mandolino? I soliti stereotipi: gli italiani sono tutti mafiosi, i russi si ubriacano di vodka, gli inglesi sono finocchi, i tedeschi amano gli animali e picchiano i bambini…

Herman vorrebbe dire che Vladimir alza spesso il gomito con la vodka, che lui e Rod sono gay e che Massimo stesso non sarà mafioso, ma è camorrista: se non è zuppa, è pan bagnato. Di tedeschi sul set non sembrano essercene, quindi su quello stereotipo non è in grado di pronunciarsi.

- Gli inglesi finocchi? Non l’avevo mai sentita questa.

- Ma le altre sì, vero?

- In effetti. Però hai dimenticato che gli scozzesi sono avari.

Ridono entrambi. Poi Massimo riprende:

- Vi vedo spesso insieme al russo.

- Sì, Vladimir è un altro degli attori, il braccio destro del mio amico Rod nel film. Abbiamo fatto amicizia con lui in Uzbekistan. È simpatico.

- Inglesi e russi non fanno spesso amicizia.

- Perché no? Noi inglesi siamo riservati, i russi sono più socievoli e ci pensano loro a rompere il ghiaccio. Comunque adesso sei tu che vai a stereotipi.

- Pure tu ci sei ricascato: “gli inglesi riservati”, “i russi socievoli”…

Di nuovo ridono. Massimo è simpatico. Non sembra certo uno psicopatico capace di omicidi particolarmente efferati. Ma Herman fa un lavoro in cui chi si fida delle apparenze di solito non diventa vecchio. La diffidenza non garantisce la sopravvivenza, ma di certo aiuta.

- Gli stereotipi hanno spesso un fondo di verità.

Herman crede di aver capito dove vuole arrivare Massimo e gli va molto bene, perché anche lui vorrebbe raggiungere la stessa meta (sempre soltanto per compiere la missione). Però sa anche che questo bell’uomo davanti a lui è pericoloso, per cui sarà meglio essere prudenti. Difficile che Massimo sospetti qualche cosa, ma non si sa mai.

Herman prosegue:

- Possiamo verificarne uno…

Massimo sorride e dice:

- Di sicuro intendi quello sugli italiani mafiosi.

- E come lo verifico?

- Ti riempio di piombo.

- Non mi piace, preferisco provare con un altro stereotipo.

- Quello dei russi ubriaconi?

Herman fa una smorfia e replica:

- Va bene, come non detto.

Massimo sorride di nuovo e conclude:

- Lo verifichiamo in camera mia?

Herman e Massimo raggiungono la camera dell’italiano.

Appena sono dentro, Herman si avvicina a Massimo e lo bacia sulla bocca. L’italiano non si tira indietro, anzi: spinge la lingua in avanti, dentro la bocca di Herman, che accetta questa invasione senza opporre resistenza (e quando mai? In fatto di sesso Herman ha la stessa capacità di resistenza dell’esercito di San Marino).

I preliminari proseguono, tra baci, carezze, strette vigorose, piccoli morsi, mentre viene avviato uno spogliarello. Al termine i due uomini si guardano e sono entrambi soddisfatti di ciò che vedono: niente di strano, visto che hanno tutti e due un bel corpo e una buona attrezzatura. Massimo ha una peluria leggera sul torace, nel solco tra i pettorali, e al ventre. Ha tre piccoli tatuaggi: una rosa dei venti sul braccio destro, un sole stilizzato intorno all’ombelico e un intrico di linee sopra il capezzolo sinistro.

L’antipasto ha stuzzicato l’appetito, come è chiaramente visibile dalla posizione delle armi, ormai sollevate.

Massimo passa dietro a Herman, che ora può sentire il cazzo dell’italiano appoggiato contro il suo culo. L’idea che tra poco lo gusterà gli piace alquanto (solo perché questo gli permetterà di conquistare la fiducia di Massimo e portare a termine il piano), ma Massimo non sembra avere fretta. Stringe forte Herman tra le braccia, gli morde una spalla, un orecchio, poi si china e assesta un morso deciso al culo.

-Ahia!

Massimo prosegue con una serie di morsi, ora leggeri, ora più decisi, poi avvicina la lingua al solco e lo percorre, tre volte, dall’alto in basso, risalendo. La quarta volta si ferma al buco e preme. Herman geme di nuovo. Cazzo! Massimo ci sa fare.

Dopo qualche altra bella slinguata e un po’ di morsi, Massimo fa stendere Herman sul letto, sulla schiena. Prende un preservativo e se lo infila, poi ripiega le gambe di Herman, in modo da sollevare un po’ il culo. Lentamente preme e affonda la sua arma dentro Herman, che geme di piacere.

Massimo si ritrae ed esce completamente, poi avanza di nuovo, affondando il cazzo nel culo dell’agente fino alle palle. Intanto le sue mani percorrono il corpo di Herman, stringono, pizzicano, scorrono, con una forza sempre maggiore. Man mano che Massimo prosegue nella sua cavalcata, Herman sente il dolore provocato dalle dita che stringono martoriando il culo, che lo colpiscono sul viso, che sembrano voler stritolare i suoi capezzoli. Il dolore cresce, ma Herman non si sottrae, non dice a Massimo di moderarsi. I colpi attizzano il suo desiderio, tendono il cazzo allo spasimo, dilatano il suo piacere, come il cazzo di Massimo dilata il suo culo. Anche quando Massimo gli afferra i coglioni, stringendo con forza, nel gemito di Herman c’è tanto dolore quanto piacere. Le mani sembrano voler stritolare, mentre Massimo chiude gli occhi e con una rapida successione di spinte violente viene dentro il culo di Herman. E anche Herman viene, spargendo il seme sul proprio ventre e sul torace.

Massimo esce da lui e si rialza. Herman distende le gambe, esausto e dolorante.

- Cazzo, Massimo, non mi avevi detto che eri sadico!

- Solo un po’. Ma tu sei masochista.

- Solo un po’.

Ridono tutti e due, ma Herman sa che si ritroverà diversi lividi, domani. E i coglioni gli fanno male.

 

Rod, Vladimir e Vitaly sono sdraiati nella grande stanza che hanno preso al miglior bordello di Sayatpomorberuduq (non che la capitale del Wadistan offra quella grande varietà di bordelli, ma ce ne sono comunque alcuni). Hanno fatto un giro a tre, scambiandosi le tre puttane che hanno preso per la notte. Rod ci ha dato dentro per dovere d’ufficio ma vedere Vladimir e Vitaly scopare è alquanto stimolante. Ci sanno fare tutti e due e Vitaly ha una dotazione extra: uno dei rarissimi casi in cui Rod si trova in condizione di inferiorità.

È stata una mezza gara tra i tre e Vladimir propone:

- Ce ne facciamo una quarta?

Vitaly dice qualche cosa in russo. Rod alza le spalle.

Vladimir dice alle tre prostitute di andarsene ed esce, nudo, nel corridoio. Grida, in inglese:

- Ne vogliamo altre tre.

Vladimir ha lasciato al gestore una somma equivalente al bottino di una rapina in una banca della City, per cui nessuno ha da obiettare se si fa vedere nel corridoio nudo e in pochi minuti altre tre ragazze (due un po’ stagionate) arrivano nella grande camera.

Vladimir non ce la fa. Gli sforzi per far alzare la testa a chi ormai se ne sta mogio mogio non ottengono nessun risultato: Vladimir è già venuto tre volte nelle due ore precedenti e ha bevuto troppo. Anche Rod ha bevuto parecchio, ma ha fatto attenzione a non ubriacarsi. Vitaly ha bevuto come una spugna, ma sembra del tutto refrattario agli effetti dell’alcol.

Vitaly lo piglia per il culo, in russo (Rod non capisce una parola di russo, a parte khuy, zadnista e yebat, che secondo lui vogliono dire cazzo, culo e fottere: come si diceva, conoscenze di base, ciò che davvero serve, insomma. Ma il tono ironico di Vitaly e la replica scocciata di Vladimir non lasciano dubbi).

Rod ce l’ha duro, come pure Vitaly. Entrambi si danno da fare per la quarta cavalcata. E guardando il toro da monta che fotte vicino a lui, Rod pensa che vorrebbe provarlo anche lui, nel ruolo di cavaliere. Ha però l’impressione che per cavalcare il toro bisognerebbe averlo prima legato ben bene, per non finire disarcionati e incornati.

Quando hanno finito, sono tutti e due esausti.

Rod guarda il grande cazzo di Vitaly, che è steso vicino a lui. Se non avesse bevuto alquanto, forse non direbbe nulla. Ma l’alcol gli ha regalato una gradevole sensazione di euforia e ha abbassato il livello di guardia. Perciò Rod dice:

- Secondo me non ce la fai più a farlo tornare duro.

Vladimir ride, una risata da ubriaco. Vitaly non ride. In un inglese comprensibile dice:

- Scommettiamo?

- E che cosa?

- Mille dollari.

Rod scuote la testa.

- Che me ne faccio di mille dollari?

- E allora, che cosa vuoi scommettere?

Rod finge di rifletterci un momento, poi dice:

- Se mi viene duro e a te no, te lo metto in culo.

E poi ride, come se avesse fatto una battuta.

Vitaly ghigna.

- Va bene, Rod. Affare fatto, chi vince lo mette in culo all’altro.

- E se viene duro a tutti e due? Fottiamo Vladimir?

È Vladimir a rispondere, ridendo:

- Col cazzo!

- Certo, io fotto con il cazzo. Tu con che cos’altro fotti?

Vladimir ride di nuovo.

- Stronzo! Se vi viene duro a tutti e due, vi pago un’altra puttana.

I due concorrenti incominciano a smenarsi il cazzo. Rod non ci mette molto a capire che ha esaurito le riserve: è venuto quattro volte e adesso gli ci vogliono alcune ore per riprendersi, non ha più vent’anni. Vitaly invece, pur non avendo neanche lui vent’anni, non sembra avere nessun problema: il cazzo gli torna duro in men che non si dica e a vederlo così da vicino, sapendo che tra poco gli entrerà nel culo, Rod si dice che ha commesso un errore. Gli farà un male bestiale. Eppure una parte di lui ha anche voglia di provare.

Quello che invece gli brucia è lo smacco subito: non è abituato a perdere.

Vladimir congeda le prostitute.

Rod prende dalla giacca una bustina di lubrificante: ci vorrà tutta, per reggere la mazza di Vitaly. Rod lubrifica ben bene.

Poi dice, a denti stretti:

- Pago il mio debito. Mettiti il preservativo.

Vladimir ride.

- Non ci sono preservativi che vadano bene per Vitaly. Si rompono.

- Merda!

Se Vitaly non usa mai un preservativo, i rischi sono grossi. Ma ormai è troppo tardi per tornare indietro.

Vitaly dice qualche cosa in russo, Vladimir ride di nuovo.

Rod si appoggia al letto, le gambe ben divaricate. Vitaly si avvicina e preme la cappella contro il buco, poi la spinge dentro. Rod ha la sensazione che lo stiano impalando. Non è possibile che questa pressione che gli dilata l’apertura oltre ogni limite sia solo il cazzo di Vitaly, dev’essere una mazza da baseball. Il dolore cresce, violento, a ogni spinta. Rod prova un vago senso di nausea. Vorrebbe sottrarsi a questo palo che lo trapassa, ma non può fermarne l’avanzata. Vitaly lo schiaccia contro il letto con il suo peso. Rod si dice che non riuscirà a reggere. Si accorge di sudare abbondantemente, a tratti ha dei conati di vomito, che cerca di controllare. Vitaly spinge, avanti e indietro, instancabile, e ogni avanzata è una nuova fitta. Rod chiude gli occhi, vorrebbe cancellare Vitaly e il palo che gli sfonda il culo, ma il russo sa come farsi ricordare.

Quando infine Vitaly viene, Rod crolla a terra. Il culo gli fa un male cane. Rod chiude gli occhi, appoggiato al letto. Gli sembra di fluttuare in un dormiveglia, in cui solo il dolore al culo gli impedisce di sprofondare completamente.

Quando Rod riapre gli occhi, Vladimir sta dormendo sul pavimento, accanto a Vitaly. Rod si solleva. Lungo una gamba e a terra c’è seme con un po’ di sangue.

- Merda!

Muovendosi a fatica Rod sale su uno dei letti e si stende. Cerca l’interruttore della luce e la spegne.

 

È l’alba quando l’auto che trasporta Rod, Vladimir e Vitaly incomincia a salire lungo la strada che porta alle montagne. L’autista guida piano, perché quando ha bevuto troppo Vladimir vomita facilmente e se questo accade l’autista corre seri rischi.

Dopo alcuni tornanti, Vladimir si sveglia e urla:

- Fermati, devo pisciare!

Rod e Vitaly, che stavano dormendo della grossa, si svegliano tutti e due. Anche loro hanno la stessa esigenza. I tre scendono. Rod si muove con una certa fatica. L’effetto della bevuta colossale gli è passato quasi completamente, è rimasto solo un senso di euforia, ma il male al culo gli impedisce di muoversi con scioltezza. Si dice che ce l’avrà per un bel po’.

Fa un freddo becco, ma nessuno ci fa caso. Si mettono di fianco, sul ciglio della strada, e tirano fuori gli uccelli. Incominciano a pisciare. Rod guarda il buco che il piscio caldo scava nella neve, poi dà un’occhiata all’uccello di Vladimir, alla sua destra e a quello fenomenale di Vitaly, alla sua sinistra. Vitaly sta guardando verso di lui e ghigna. Rod sorride, mentre pensa che sarà un piacere fottere (sempre nei due sensi della parola, anche nei tre, se ce ne fosse un terzo) questo russo superdotato. Poi Vitaly ritira l’uccello. Rod alza lo sguardo. Il sole illumina già le vette delle montagne, tingendo la neve di rosa. È uno spettacolo magnifico.

Rod pensa che non dev’essere male la vita del mafioso. Scopare, bere, farsi scarrozzare. Rod si dice che se rivelasse i loro piani, Vladimir magari accetterebbe di prenderlo con sé. Rod potrebbe fottere Herman (nei due sensi di cui sopra) e poi associarsi alla mafia russa. E probabilmente finire crivellato di pallottole nel prossimo scontro con una banda rivale o con la polizia. Tutto sommato, un buon modo di andarsene.

Rod ride. L’aria fredda gli trasmette un brivido e dissolve il residuo di euforia dell’alcol. Dall’auto Vladimir lo chiama, la voce ancora impastata dalla vodka della notte:

- Muoviti, Rod, o ti molliamo qui.

- Vengo, vengo.

Rod risale in auto, sorride a Vladimir e Vitaly, pensando che li ammazzerà tutti e due, poi appoggia la testa e si rimette a dormire.

 

Quando arrivano, è ora di colazione: Herman aveva previsto giusto. Herman sta bevendo il tè in compagnia di Massimo e Rod si siede al loro tavolo. Essendoci l’italiano, non racconta della nottata, ma si limita a osservare Massimo (esclusivamente per lavoro) e a chiacchierare un po’ con lui. Herman pensa che all’italiano probabilmente non spiacerebbe una cosa a tre. Si può fare (anche se sarà un sacrificio, soprattutto per Rod). Al termine della colazione Rod, che non deve girare in mattinata, sale in camera per dormire ancora un po’. Herman invece è impegnato tutto il giorno nelle riprese. Si vedono appena a pranzo, ma non hanno modo di parlarsi senza avere altri tra i piedi.

Si ritrovano solo a cena, in compagnia di Vladimir e Vitaly. Vladimir dice a Herman:

- È stata una grande serata.

- Bene, sono contento per voi.

- Vitaly e Rod hanno fatto una gara.

Herman ha qualche sospetto sul tipo di gara (se uno va a un bordello, difficilmente si tratterà di una gara di bocce o di pattinaggio sul ghiaccio), ma chiede:

- Ah sì? In che cosa consisteva?

- Nel vedere a chi veniva duro più volte. Il premio era il culo dell’altro.

- E come si è conclusa?

Vitaly ride:

- Chiedi al culo di Rod.

Herman sorride. Quando poi si trova solo con Rod, gli chiede:

- E com’è il cazzo di Vitaly?

- Superlativo. Un’elefantessa ne sarebbe entusiasta.

Da come lo dice, Rod non deve avere gli stessi gusti delle elefantesse.

 

 

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Non ci sono più scene da girare tra le montagne. Le ultime verranno riprese negli studi vicino alla capitale, per cui la troupe rientra in città.

Il giorno dopo il loro arrivo, Samir li avvisa che è arrivato anche l’Egiziano, insieme a tre suoi collaboratori. È ospite di una moschea della capitale, dove dovrebbe tenere alcuni sermoni: la sua presenza non appare quindi legata al film che viene girato.

Non si hanno invece notizie del cinese, ma l’incontro dev’essere ormai vicino: manca una settimana alla fine delle riprese. Samir spera di riuscire a individuare il luogo e il giorno, grazie ai suoi informatori e agli agenti che ha sguinzagliato, ma non è detto che ci riesca.

Herman e Rod cercano di stare il più possibile vicino a Vladimir, nella speranza di cogliere qualche indizio.

Herman ci prova in forma diretta:

- Che ne diresti se domani o venerdì andassimo a provare il ristorante che c’è in piazza della Libertà?

Vladimir dice:

- Venerdì sera no, ho un impegno. Meglio domani.

Dato che Vladimir non ha mai altri impegni serali, venerdì potrebbe essere il giorno giusto. La conferma arriva da Samir la sera stessa. L’agente ha anche scoperto che l’incontro avverrà in un edificio di otto piani, in mezzo alla città.

Rod gongola: è ovvio che non si possono sganciare bombe o razzi sulla capitale del Wadistan. I droni sono fuori gioco: ci si può divertire un po’. Rod contatta Colton ed esordisce dicendo:

- L’incontro avverrà in città. Non è possibile usare certi mezzi.

- Merda! Non lo dici solo perché vuoi farlo in altro modo?

- No, è così.

Colton è incazzato. D’altronde non è proprio pensabile sganciare qualche bomba in città.

- Merda! Le priorità le conoscete. Cercate di beccarne almeno due.

- Almeno tre.

Sul quarto, Rod non si sbilancia: far fuori uno che non si sa dove stia, non è così facile. Sia Samir, sia i due agenti continuano a ignorare dove possa essere il cinese. Rod e Herman non l’hanno visto sul set e Samir assicura che non è entrato nel paese negli ultimi giorni: i pochi voli e i valichi di frontiera sono tutti sorvegliati.

A questo punto bisogna agire sugli altri tre. Herman, Rod e Samir stabiliscono un piano d’azione, poi si separano (dopo aver provveduto a un bis della loro attività preferita).

 

Il giovedì sera Herman e Rod parlano con Vladimir.

- Vladimir, tu domani sera hai una riunione in centro città con altri tre.

Vladimir guarda Rod perplesso.

- Che cazzo ne sai?

Rod sorride:

- Abbiamo molte informazioni. Vecchi amici di qui; ne sono rimasti pochi, purtroppo.

- Vecchi amici? Che cazzo intendi?

- Sì, ne avevamo parecchi, qui. Li hanno fottuti tutti.

Vladimir ha un sospetto e dice:

- Facevate parte del Mansoor?

- Sì, Vladimir, lavoravamo per Hami. Ci aveva reclutato per alcune azioni in Inghilterra. Poi quei fottuti americani hanno fatto saltare il palazzo e Hami è crepato. Ma ci sono rimasti alcuni amici. Per questo siamo qui.

Vladimir è sconcertato. Non si aspettava che i suoi due amici inglesi avessero a che fare con il mondo in cui lui si muove abitualmente: pensava che fossero davvero solo attori.

- Che cazzo ne sai della riunione?

- Parecchio. Ci sarete tu, Massimo Gargiulo che finge di essere Massimo Piscopo, Liu Tong e quell’altro tizio, come cazzo si chiama, ibn Cazzein in-Cul, l’Egiziano, insomma.

Vladimir non ride. È furente. Non capisce come sia possibile che qualcun altro sia al corrente di una riunione che doveva essere segretissima.

- Può darsi. E che cazzo vuoi dirmi sulla riunione?

- È una trappola. Per eliminare te. O, meglio, la riunione si terrà davvero, ma dopo aver eliminato uno dei partecipanti, quello che gli altri considerano il più forte. Non vogliono che l’Asia centrale finisca nelle tue mani.

Che Vladimir detto Pugaciov sia considerato dagli altri l’avversario più forte è una balla, nella graduatoria stilata da Colton Vladimir è l’ultimo, non il primo, ma Vladimir è perfettamente convinto di essere davvero il pesce più grosso, per cui abbocca all’amo senza dubbi.

- Merda! Non è possibile.

- Ha organizzato tutto il cinese, con la complicità dell’Egiziano. All’italiano va bene, preferisce trattare solo con gli altri due. Nessuno di loro vuole voi russi qui. Siete troppo numerosi, troppo presenti, troppo forti, finireste per prendere il controllo della situazione.

- Cazzo, ma come è possibile? Ci avevano dato tutte le garanzie. No, non ci credo.

- Senti, se non ci credi, cazzi tuoi, per noi non c’è problema. Hai solo da andare alla riunione, tanto la scena dello stupro l’abbiamo già girata, per cui il regista può anche fare a meno di te.

Vladimir non dice nulla per un buon momento. Sembra sul punto di esplodere.

- Questa la pagheranno cara.

- Possiamo darti una mano. Abbiamo un conto da saldare: sono stati quei due a far sapere agli USA dove si trovava Hami. Non direttamente. Liu Tong ha anche fatto fuori uno dei tuoi, Karelev.

- Karelev era uno stronzo e ha fatto la fine che si meritava. Ma non pensavo che l’avessero fatto fuori i cinesi. Lui non voleva questo accordo, voleva conquistare l’Asia centrale con la forza. Credevo che fosse stato il Mansoor a farlo secco…

Vladimir ride:

- Magari voi due.

Quella di Vladimir è solo una battuta, ma ha azzeccato in pieno. Questo però Rod non lo dice. Conta di dirglielo solo alla fine, quando gli darà il premio.

- Non sappiamo se anche il Mansoor ci ha messo lo zampino, può darsi benissimo. Noi stavamo lavorando in Inghilterra in quel periodo, ad altri progetti che non sono andati avanti perché hanno fottuto Hami.

Vladimir riflette un buon momento.

- Domani sera nessuno di noi potrà portare armi. Ognuno sarà accompagnato da due dei suoi uomini, che rimarranno di guardia alle scale, quattro al piano di sopra e quattro al piano di sotto. Gli ascensori saranno bloccati.

- Quattro uomini per gruppo, quindi uno per ognuno di voi. Se tre sono d’accordo, all’insaputa dell’altro, lo possono fare facilmente fuori. E poi verranno a far fuori te, suppongo: se sono d’accordo in tre, non c’è davvero nessuna difficoltà. Oppure ammazzano te e i tuoi uomini appena arrivate. Non lo so, non so qual è il loro piano,

Rod ghigna e aggiunge:

- Ma se ci vai, lo puoi scoprire.

- Merda! Quelli la devono pagare. Non me ne vado senza averli ammazzati.

Herman ha lasciato che Rod conducesse il gioco, ma ora interviene:

- Noi siamo con te, Vladimir, abbiamo diversi conti in sospeso con quelle merde. Ma dobbiamo capire come muoverci. Quelli non sanno che ti abbiamo informato, ma staranno comunque in guardia.

- Bisogna ammazzarli prima di domani sera.

- Dobbiamo organizzarci bene. Non è facile. Quel fottuto cinese non sappiamo neanche dove si nasconde.

- Lo so io: in una lavanderia. È la loro base qui, ci tengono di solito due dei loro uomini. Il cinese è arrivato ieri, è entrato clandestinamente in Wadistan.

Herman sorride:

- Noi abbiamo degli informatori tra i nostri vecchi amici, ma vedo che anche tu non scherzi.

- Questo incontro è troppo importante per lasciare qualche cosa al caso. So anche che probabilmente ci sono degli agenti inglesi infiltrati, qui.

- Cosa?

- Sì, ci avevano avvisato. Probabilmente qualcuno dei tecnici della luce o del suono. Sono quasi tutti inglesi. I miei uomini li tengono d’occhio. Hanno alcuni sospetti, ma nessuna certezza.

Herman guarda Rod, come se fosse preoccupato (le lezioni di teatro di Ian tornano utili):

- Cazzo, Rod, se quelli scoprono che facevamo parte del Mansoor

- O ci impiccano qui o ci sbattono in galera appena mettiamo piede in Inghilterra. Dei due preferisco la seconda. Ma non possono scoprirlo, siamo due attori, Herman, due attori importanti.

Vladimir interviene:

- Dobbiamo preparare un piano. E non abbiamo molto tempo per pensarlo e realizzarlo.

I tre discutono a lungo. È meglio che siano Herman e Rod a fare secco il cinese, che non li conosce. Vladimir dà loro tutte le informazioni in suo possesso sulla lavanderia, che si trova non lontano dal centro della città.

Far fuori l’Egiziano è più complicato: è sempre accompagnato da altri tre uomini e di rado lascia la moschea. Vladimir e i suoi uomini cercheranno di organizzare un attacco durante il trasbordo dalla moschea al luogo dell’incontro. Non è facile agire in città, ma Vladimir ha parecchi agganci e conta di farcela.

Quando infine il piano è stato elaborato, Rod chiede:

- Che facciamo con Gargiulo alias Piscopo?

- Sei sicuro che sia informato anche lui del piano?

- Certo! Non ha preso lui l’iniziativa, ma ha aderito e i suoi uomini parteciperanno.

- Bisogna ammazzare anche quel fottuto bastardo.

- Potremmo farlo alla riunione. Tu arrivi per primo, come se niente fosse. Avvisi i tuoi uomini di far fuori le due guardie di Massimo. Di certo non si aspettano di essere uccisi, prendendoli di sorpresa non sarà difficile. Noi possiamo darti una mano.

 

Rod e Herman contattano Samir per dirgli della lavanderia dove si trova Liu Tong. Samir gli ritelefona dopo mezz’ora. Ha raccolto tutte le informazioni in possesso dei servizi sul negozio. Il luogo era già noto: pochi mesi or sono due cinesi sono scomparsi nel nulla e alcuni elementi fanno pensare che siano stati attirati nella lavanderia e poi uccisi, ma su questo non ci sono certezze e le indagini non hanno portato a niente. In capo a due ore, Samir fornirà a Herman e Rod una pianta e una descrizione del locale.

 

Il mattino dopo Rod e Herman camminano per le strade della città. Sono vestiti elegantemente, in giacca e cravatta, nonostante il caldo, e hanno in mano ognuno una cartella: due uomini d’affari europei o americani. Entrano in un bar e si prendono un Martini. Ma Herman, chiacchierando animatamente, rovescia l’aperitivo sulla propria giacca.

- Cazzo! E adesso? Non posso andare a pranzo così!

- Cerchiamo una lavanderia, te lo smacchiano subito.

Herman chiede al barista dove può trovare una lavanderia. Ce n’è una gestita da cinesi proprio vicino, in una viuzza laterale.

Herman e Rod si avviano, seguendo le indicazioni ricevute. In effetti nella seconda via che incrocia il corso c’è una lavanderia. Herman e Rod entrano.

Il negozio è piccolo, con un bancone che divide a metà lo spazio. Dietro, oltre una tenda, c’è una stanza dove i capi vengono lavati e asciugati e di fianco un’altra dove dormono i due uomini che gestiscono la tintoria. Rod e Herman conoscono benissimo la pianta della lavanderia: l’hanno studiata con attenzione prima di venire nel quartiere.

Al banco c’è un uomo che sembra abbastanza giovane. Herman si toglie la giacca e fa vedere la macchia.

- Ho bisogno che me la puliate, subito.

L’uomo non parla inglese, ma chiama l’altro. Herman ripete la sua richiesta.

- Vedo che cosa posso fare.

L’uomo scompare nel retrobottega con la giacca. Herman lo segue, insistendo.

- Mi serve in fretta. Non posso ritornare in albergo a prendere un’altra giacca, abbiamo un pranzo d’affari. Non posso mica presentarmi con la giacca sporca. Mi raccomando, non me la rovinare.

Herman continua a parlare, come se fosse molto preoccupato per la sua giacca. L’uomo che è rimasto al banco segue Herman, mettendogli una mano sul braccio, per fermarlo: non è previsto che i clienti entrino nel retrobottega.

Herman tira fuori dal portafogli un biglietto da venti dollari, poi apre la borsa, come per cercare altri soldi. Intanto Rod, che è rimasto solo nel locale d’ingresso, mette il fermo alla porta. Poi apre la borsa, ne prende la pistola con il silenziatore e passa nell’altra stanza.

I due cinesi si voltano verso Rod. Rod spara subito all’uomo vicino a Herman, colpendolo al cuore. Herman, che ha preso la pistola dalla borsa, spara all’altro, quello che ha in mano la sua giacca: anche il suo colpo raggiunge il bersaglio al cuore. Poi i due agenti si precipitano nell’altra stanza: anche se hanno usato il silenziatore, il rumore secco dei due colpi è perfettamente riconoscibile da chiunque si intenda di armi. E non si diventa il capo di una grande organizzazione criminale se non si conoscono le armi.

Liu Tong, perché di lui si tratta, ha già afferrato la pistola, ma non fa in tempo a sparare: i proiettili sparati dai due agenti lo raggiungono al petto, al braccio, poi al ventre e a una gamba.

Liu Tong crolla a terra. Stringe ancora la pistola, ma Rod preme con violenza il tacco della scarpa sulla mano, costringendolo a lasciare l’arma.

- Mio caro Liu Tong, sei arrivato alla fine della corsa.

Liu Tong guarda i due agenti. Sa benissimo di essere un uomo morto. Dice qualche cosa in cinese. Non deve trattarsi di un saluto amichevole, ma i due agenti non se ne preoccupano. Rod appoggia la pistola contro la nuca di Liu Tong, che si tende. Dopo un attimo, Rod spara due volte. Il corpo rimane immobile.

Herman e Rod ritornano nell’altra stanza e controllano che i due uomini siano morti, come in effetti è. Herman si rimette la giacca, ancora macchiata (non è colpa del lavandaio, a cui non hanno proprio lasciato il tempo di pulire).

Poi cercano la chiave della porta principale. Non c’è. Probabilmente è nel cassetto del bancone. Herman spia da dietro la tenda: nel vicolo non sembra esserci nessuno. Herman passa nel locale d’ingresso e apre il cassetto. La chiave è lì, insieme a un foglio stampato, con una corda per appenderlo: non conoscendo il wadiri, non sanno che cosa ci sia scritto, ma sarà senz’altro CHIUSO o TORNO SUBITO. 

Herman e Rod attaccano alla maniglia della porta il cartello ed escono. Rod si guarda intorno, come se cercasse la direzione da prendere, in modo da coprire Herman, che intanto chiude a chiave la tintoria. Poi raggiungono la strada principale, percorrono un lungo tratto e prendono un taxi, facendosi lasciare a un altro albergo. Infine raggiungono il loro, da dove avvisano Colton e Samir che i bersagli sono solo più tre.

Dopo aver mandato i due messaggi in codice, Rod telefona a Vladimir.

- Ciao, Vladimir, sono Rod, abbiamo fatto la nostra commissione... Cosa?! Merda!

C’è un’altra pausa, poi Rod conclude.

- Scendiamo subito.

Chiusa la comunicazione, Rod dice:

- Prendi le armi e andiamo. L’Egiziano e i suoi uomini se ne sono andati.

- Merda! Avranno sospettato qualche cosa? Ma come cazzo…? Non possono sapere che abbiamo fottuto Liu Tong. Come è possibile?

- Bisogna ritrovarli. Merda!

Sì, bisogna assolutamente ritrovarli. L’Egiziano è il bersaglio numero uno e non può scappare così. Mentre escono, Rod riferisce quanto gli ha detto Vladimir al telefono: il russo sa dove l’Egiziano e i suoi uomini si sono diretti. Conclude:

- Vladimir ci aspetta sotto. Hanno mezz’ora di vantaggio.

La macchina di Vladimir è davanti all’albergo, con il motore acceso. Dietro ce n’è un’altra. Rod e Herman salgono sull’auto di Vladimir, in cui c’è anche Vitaly. L’autista parte, alla massima velocità possibile in città. Non appena escono dalla capitale, l’autista accelera e la macchina incomincia una folle corsa, con sorpassi in curva, tratti contromano, improvvise sterzate (per evitare quelli che si ostinano a procedere nella loro corsia) e altre manovre che definire azzardate è un eufemismo. Rod e Herman si dicono che è un miracolo se non si schianteranno.

Intanto Vladimir, del tutto indifferente allo stile di guida del suo autista-kamikaze, riassume la situazione:

- Abbiamo scoperto che l’Egiziano se n’è andato con i suoi uomini, dopo aver raccolto armi e bagagli. Deve aver subodorato qualche cosa.

- Ma come hanno fatto a sospettare?

- Non lo so. Forse hanno cercato Liu Tong e non l’hanno trovato. Magari avevano un numero per mantenersi in contatto.

- Ma l’abbiamo fatto secco sì e no mezz’ora fa. Nessuno lo sa.

Herman non sta a dire che sono informati solo il vice dei servizi segreti inglesi e il braccio destro della sezione antiterrorismo del Wadistan: probabilmente Vladimir non sarebbe felice di scoprirlo e non è il caso di dargli un dispiacere. Herman è una persona molto sensibile, come abbiamo già detto.

Mentre l’auto evita un camion (perdendo solo lo specchietto retrovisore, il che, vista la guida dell’autista, è davvero un prezzo minimo), Herman chiede:

- Non è che qualcuno dei tuoi uomini può essersi lasciato sfuggire qualche cosa?

- Sapevano solo che dovevano tenere d’occhio quegli stronzi, non che avremmo fatto secco l’Egiziano.

- Ma com’è che non si sono accorti che si stavano preparando ad andarsene?

- Hanno fatto tutto molto in fretta. Forse sospettavano qualche cosa. Dovevano essere già pronti. Come dici tu, devono aver saputo della morte del cinese e sono partiti subito. Merda!

- Merda!

L’esclamazione di Rod non esprime accordo con Vladimir: a provocarla è la visione di un TIR che sta venendo addosso all’auto. In realtà il TIR procede dalla sua parte della strada, ma l’auto no: ha fatto un sorpasso più suicida che azzardato.

L’autista evita il TIR e riprende la sua corsa, come se niente fosse. Herman e Rod godono di ottima salute e il loro sistema cardiocircolatorio dev’essere perfetto, altrimenti un bell’infarto non gliel’avrebbe tolto nessuno. I russi non battono ciglio: devono essere abituati a questo stile di guida.

Fortunatamente, man mano che si allontanano dalla città, il traffico cala. Il Wadistan ha una densità di popolazione alquanto bassa e le strade non sono molto affollate. Quando poi l’auto svolta, prendendo una strada laterale, non si vede più nessuno. Se non fosse che la strada, sterrata, si inerpica sul fianco di una montagna e che la macchina sembra avere due ruote fuori dalla strada a ogni curva (sopra un precipizio che diventa sempre più vertiginoso), Herman e Rod potrebbero sentirsi più tranquilli. Dietro di loro l’altra auto li segue, guidata con lo stesso stile. I due agenti si dicono che se sopravvivranno alla guida, in confronto al viaggio lo scontro con il gruppo dell’Egiziano sarà uno scherzo.

Il paesaggio che possono vedere salendo è davvero mozzafiato: una successione di grandi montagne che si innalzano dalla pianura, alcune coperte di boschi fin quasi alle cime innevate, altre con pareti rocciose scoscese, dai profili irregolari; ovunque una vegetazione fitta, che contrasta con l’aridità della pianura. Ma i nostri due agenti, forse perché sono a corto di fiato per altri motivi, non apprezzano molto la visione dei monti (e soprattutto quella del precipizio che a ogni curva sembra spalancare le fauci per divorarli).

Al termine della salita, superano un passo e la strada attraversa un vasto altopiano brullo, in parte ancora coperto da neve. Ai lati della strada non ci sono precipizi e il rischio si riduce a quello che la macchina si rovesci su se stessa: è già un bel progresso.

Vladimir dice a Vitaly qualche cosa e questi tira fuori da un borsone quattro mitragliette.

- Sapete usarle?

Rod sorride:

- Credi che uno potesse lavorare per il Mansoor senza saperle usare?

Vladimir annuisce.

- Dobbiamo ammazzarli tutti, ma l’Egiziano non lo facciamo crepare subito.

- Prima bisogna raggiungerli.

Vladimir fa un cenno con la testa verso il parabrezza. Guardando in avanti Herman e Rod possono vedere una nuvola di polvere.

- Devono essere loro.

Rod annuisce. Visto che da quando hanno svoltato non hanno incrociato o superato nessuno, è probabile che l’auto sia quella dell’Egiziano.

- Avviso gli altri.

Vladimir prende il cellulare e telefona agli uomini che sono sull’altra auto. Trasmette alcune istruzioni in russo, poi riattacca.

L’autista accelera ancora. Herman si chiede come cazzo sia possibile. Probabilmente tra un po’ l’auto decollerà e potranno eliminare l’Egiziano sganciando una bomba.

La distanza tra le due auto ormai è molto ridotta. Gli occupanti sono chiaramente arabi. Purché si tratti davvero dell’Egiziano e non di qualche tranquillo turista arabo che ha sbagliato strada: l’ultimo errore della sua vita.

A fugare ogni dubbio ci pensa uno degli uomini sul sedile posteriore dell’auto, che si sporge, con un mitra in mano: anche sull’altra auto hanno capito che la macchina che si sta avvicinando non è quella di un turista curioso di vedere le montagne del Wadistan.

Vladimir si sporge dal finestrino e spara, ma manca il bersaglio. Anche l’arabo fa fuoco, ma la raffica non centra l’auto. In effetti mirare da un’auto che corre su una strada sterrata e con fondo irregolare, cercando di centrare un’altra auto lanciata a velocità forte, che sbanda, non è proprio facile.

A Herman va meglio. Ha preso la pistola, che in questi casi gli va meglio della mitraglietta, e mira al tipo che si sporge dal finestrino. Il colpo lo becca in pieno, perché la mitraglietta cade sulla strada e l’arabo si accascia, probabilmente cadavere o aspirante tale (con ottime probabilità di ottenere il risultato quanto prima).

L’autista russo ha piantato un’ulteriore accelerata e, sbandando paurosamente, ha accostato l’altra auto. Con una brusca sterzata, la urta.

La macchina degli arabi, speronata, sbanda e finisce fuori strada. Non si rovescia, ma fa una serie di testa e coda. Intanto l’autista ha frenato, ma, data la velocità, questo ha richiesto un po’ di tempo. L’altra auto russa ha invece fatto in tempo a frenare e ne sono scesi quattro uomini con le mitragliette spianate. Scendono di corsa e si avvicinano all’auto degli egiziani. Uno alza l’arma e con una sventagliata fa secco l’autista e il passeggero al suo fianco. Sul sedile posteriore c’è già un cadavere. È rimasto solo l’Egiziano, che apre la portiera e si lancia in un inutile tentativo di fuga, tenendo in mano una pistola.

Uno degli uomini punta la pistola e spara un unico colpo. Colpito a una gamba l’Egiziano crolla a terra. Gli uomini gli sono addosso. L’Egiziano è disteso inerte, ma quando i russi si avvicinano, si solleva su un gomito e spara. Uno dei russi lancia un grido e cade a terra: Rod e Herman, che stanno arrivando, si dicono che Abdallah ha un’ottima mira. Anche i russi però non scherzano e il colpo sparato da uno degli uomini ferisce l’Egiziano al braccio. La pistola cade a terra.

L’Egiziano è ferito, ma vivo, come voleva Vladimir, che ora arriva.

Guarda il corpo del suo uomo, che giace riverso al suolo, si avvicina all’Egiziano e gli molla due calci alle costole, rovesciandolo sul dorso (e rompendogli le costole stesse, Herman e Rod ne sono sicuri). Poi un altro micidiale calcio ai coglioni strappa un urlo ad Abdallah, che inveisce in arabo (Herman non conosce l’arabo; Rod sa solo tre parole, inutile spiegare quali, ma è evidente che Abdallah non sta dicendo cose gentili, come spesso succede a chi si è preso due pallottole e tre calci, di cui uno ai coglioni).

Vladimir si rivolge a Vitaly con un cenno del capo.

Vitaly si china e abbassa i pantaloni di Abdallah ibn Hussein. Rod e Herman guardano la scena, chiedendosi che cosa intenda fare Vitaly. Questi volta l’Egiziano sulla pancia, con un calcio.

Herman formula il suo dubbio:

- Vuole metterglielo in culo?

Rod risponde:

- Mi sembra una buona idea.

Vitaly sembra davvero intenzionato a inculare l’Egiziano. Gli sfila completamente i pantaloni e gli allarga le gambe. Poi però, invece di abbassarsi i calzoni, avvicina la canna del mitra che stringe in mano al buco del culo di Abdallah e la spinge dentro con un movimento deciso. Abdallah grida. Herman si limita a dire:

- Cazzo!

Vitaly preme il grilletto e il corpo viene dilaniato da una raffica che sembra non finire mai. Il cadavere di Abdallah sussulta, mentre i colpi lo attraversano, spargendo ovunque brandelli di tessuti e sangue. 

Herman commenta:

- Credo che l’Egiziano avrebbe preferito il tuo cazzo o persino quello di Vitaly.

- Tutto sommato lo credo anch’io. Però non è niente male questo modo di fottere uno.

Vladimir è soddisfatto. Si rivolge ai due agenti, dicendo:

- Vitaly è bravissimo. Abbiamo fatto lo stesso scherzetto a un giudice e due poliziotti tanto coglioni da rifiutare quello che gli offrivamo per lasciar perdere certe indagini. Gente così si merita un mitra in culo. E se becco quei due fottuti agenti inglesi che devono far parte della troupe, gli facciamo fare la stessa fine, vero Vitaly?

Vitaly annuisce, un sorriso ferino in faccia. Herman si chiede se Vladimir non sospetti qualche cosa: potrebbe averli presi con sé proprio per eliminare anche loro lontano dalla città. Anche Rod deve aver avuto lo stesso pensiero, perché Herman nota la tensione nel braccio dell’amico che tiene la mitraglietta.

Ma Vladimir non allude a loro. Si avvicina al cadavere, si sbottona i pantaloni e si mette a pisciare su quanto resta del corpo. Vitaly lo imita. Rod nota che ha il cazzo mezzo duro. Anche a lui evidentemente piace uccidere. Chissà se gli piacerà anche essere ammazzato? Rod spera di scoprirlo presto. Vitaly in realtà non è nell’elenco degli obiettivi, ma dato che sta sempre appiccicato a Vladimir, sarà inevitabile far fuori anche lui. Un lavoro extra, ma per la causa si fa questo e altro.

Il cadavere del russo ucciso viene caricato nel bagagliaio dell’auto. Prima che le due vetture ripartano, Herman dice a Vladimir:

- Forse è meglio che tu dica agli autisti di non correre. Per evitare che qualcuno ci noti, visto che abbiamo un cadavere a bordo e le armi con cui sono stati ammazzati quattro uomini.

Vladimir annuisce e dice qualche cosa in russo. Dal modo in cui partono gli autisti, Herman non è così sicuro che abbia detto di non correre, ma forse rispetto all’andata la guida è meno folle: talvolta l’auto è persino nella corsia giusta e di solito non ci sono mai più di due ruote sul precipizio.

Tornando in città, Herman pone il problema del terzo boss da eliminare:

- Adesso bisogna capire se Massimo ha degli informatori e se sospetta o meno che i suoi due complici sono stati fatti fuori.

Vladimir osserva:

- Se non sospetta niente, possiamo farlo fuori questa sera, alla riunione, come abbiamo previsto.

Herman propone:

- Se però ha dei sospetti, non è detto che vada alla riunione. E in ogni caso, visto che erano d’accordo tutti e tre per ucciderti, è probabile che si fossero messi d’accordo per parlarsi, prima. Un’ultima conferma, per coordinare l’azione.

Questo non è vero, visto che nessuno intendeva far fuori Vladimir, almeno per quel che ne sa Herman. Ma non si può escludere che avessero davvero deciso di sentirsi per una conferma prima dell’incontro e può darsi che Massimo abbia degli informatori che possano sapere della morte del cinese o della scomparsa dell’Egiziano.

- Che proponi di fare?

- Credo che possiamo farlo Rod e io. Ho fatto conoscenza con lui. Se riesco ad agganciarlo… che ore sono?

Mentre lo dice, Herman dà un’occhiata all’ora. Sì, sono appena le due. Prima della riunione ci sono diverse ore e forse Herman può convincere Massimo a fare un bis e in questo caso sarebbe l’ultima volta che Massimo scopa.

 

Massimo è sul set. Herman gli si avvicina e lo saluta.

- Ciao, bello.

- Ciao, Massimo. Ne hai ancora per molto?

- No, ho quasi finito. Che ne è della tua ombra?

- Rod, intendi? In città per qualche faccenda.

- E tu sei disoccupato e hai pensato al buon Massimo.

Herman ride.

- Messo così non suona benissimo. Guarda che Rod non ha niente in contrario per una seduta a tre.

Anche a quattro, cinque o sei, ma non è il caso di andare nei dettagli.

- Ci sarà anche lui?

- No, è in città. Magari prima che ce ne andiamo tutti dal Wadistan combiniamo per un trio.

- Perché no? Ma oggi va bene noi due. Ti va bene tra un’ora in albergo? Sto alla 426.

- Tra un’ora in camera tua, allora.

Si direbbe che Massimo non abbia il minimo dubbio. Ma uno dei russi lo terrà d’occhio, senza farsi notare, per garantirsi che non riceva telefonate.

All’ora fissata, Herman bussa alla porta della camera. Massimo viene ad aprirgli con indosso l’accappatoio: si è appena fatto una doccia. Appena Herman è dentro la stanza, lascia che l’accappatoio scivoli a terra. Herman si dice che Massimo ha davvero un bel corpo. Tra non molto sarà un cadavere, ma prima di arrivare a quello stadio, avrà modo di gustare ancora il suo cazzo.

Herman si spoglia anche lui. Non ha armi: Rod lo deve raggiungere mentre lui tiene occupato Massimo. In che cosa consista il “tenere occupato” è senz’altro chiaro ai lettori.

Dopo qualche carezza e bacio, Herman si stende sul letto, a gambe larghe.

Massimo si corica su di lui e lo infilza con una spinta decisa.

- Cazzo!

Massimo gli ha fatto un male bestiale. Herman sta per dirgli che è uno stronzo o qualche cosa del genere, quando si ritrova un coltello puntato alla gola.

- E adesso mi dici chi sei e che cazzo vuoi da me, stronzo.

Herman ha capito di essere nei guai, ma fa lo gnorri.

- Che cazzo hai, Massimo? La scena in cui mi tagliano la gola devo ancora girarla, non è il caso di anticipare.

- Senti, tu e quell’altro figlio di puttana siete qui per qualche motivo. E ci giurerei che siete stati voi con Pugaciov a far fuori l’Egiziano.

Massimo sembra maledettamente bene informato. Probabilmente, anche se sul set sembra essere l’unico italiano, ha degli uomini che controllano ciò che avviene. Herman si dice che forse hanno visto salire lui e Rod sull’auto di Vladimir quando sono partiti all’inseguimento dell’Egiziano. E quando hanno saputo che il tizio era morto, hanno fatto due più due. Il che significa una sola cosa: merda!

- E chi sarebbe ‘sto egiziano del cazzo?

- Lo sai benissimo, stro

Massimo non finisce la frase: un colpo secco e Herman lo sente abbandonarsi su di sé. Rod afferra Massimo e libera Herman dal peso che premeva su di lui.

- Meno male che sei arrivato. Sospettava e credo che avesse l’intenzione di farmi fare una brutta fine.

Rod annuisce.

- Penso anch’io, ma non intendo permettere a nessun altro di farlo. Voglio ammazzarti io.

Rod è davvero premuroso.

Rod piscia sulla testa di Massimo che si risveglia, ancora intontito dal colpo che Rod gli ha dato con il calcio della pistola.

- Ben svegliato. Avevi capito un po’ di cose, ma non sei stato abbastanza furbo.

Massimo guarda Rod con odio, mentre si rialza.

- Siete in combutta con i russi, vero?

- Sì, diciamo di sì. Finché ci serve.

- Bastardi.

Rod sorride. Non è la prima volta che qualcuno gli dà del bastardo. Certamente neanche l’ultima, se non l’ammazzano presto.

Rod punta la pistola, ma Massimo dice:

- Usa il coltello, stronzo. Ce li hai i coglioni per farlo?

Rod ghigna.

- Perché no?

- È nel cassetto.

Herman passa dietro a Massimo e gli blocca le braccia. Rod appoggia la pistola sul letto e si spoglia in fretta. Herman non si stupisce di vedergli il cazzo duro: Rod pregusta quello che sta per fare.

Rod apre il cassetto e ne estrae il coltello. Si avvicina a Massimo.

Il corpo nudo di Herman preme contro quello di Massimo e il contatto ha un certo effetto. Herman si rende conto che anche a Massimo sta venendo duro. Herman si dice che è assurdo, ma anche a lui in situazione di pericolo succede la stessa cosa.

Rod è davanti a Massimo, il cazzo in tiro, magnifico in tutta la sua potenza di maschio.

- Prima di finirti, ti fotterò, Massimo.

Massimo lo guarda, senza dare segno di paura.

- Fa’ quello che vuoi, bastardo.

Rod vibra un colpo al basso ventre, subito sopra il cazzo. Massimo emette un gemito, mentre la lama squarcia e il sangue sgorga.

Rod ritira il coltello. Sorride. Ha il cazzo ancora più teso, ora, rigido come la lama del coltello che stringe. Un secondo fendente lacera il ventre di Massimo all’ombelico. L’italiano non è più in grado di reggersi e crollerebbe se Herman non lo sostenesse.

- Lascialo, Herman.

Herman obbedisce. Massimo crolla a terra.

Rod lo stende, con due calci gli allarga le gambe, poi si infila il preservativo, si stende su di lui e lo infilza con un colpo secco.

Massimo impreca e insulta Rod, una smorfia di dolore sul viso. Rod fotte Massimo con tutta l’energia di cui sa dare prova (Herman potrebbe garantire che è davvero tanta). Ogni tanto Massimo grugnisce qualche insulto, ma Herman non capisce l’italiano (Rod sì, è stato in Italia in passato).

Quanto sta arrivando alla fine, Rod dice:

- Stai per crepare, Massimo.

Herman è sicuro che l’italiano lo ha già capito: è intelligente e poi due coltellate in pancia sono un messaggio piuttosto chiaro.

In quel momento suona il cellulare di Herman, che guarda il display: il numero è quello di Vladimir. Herman risponde:

- Sì, Vladimir?

- A che punto siete?

- Quasi alla conclusione.

- Allora saliamo.

Vladimir e Vitaly arrivano poco dopo.

Rod li accoglie con un grugnito, mentre continua a fottere Massimo. Poi si rivolge a Vitaly:

- Questo lo ammazzo io, Vitaly, chiaro?

Vitaly annuisce. Rod si volta di lato, costringendo anche Massimo a mettersi sul fianco sinistro. Poi mena un altro fendente al ventre, subito sopra l’ombelico. Massimo emette un grido strozzato. Rod vibra altre due coltellate al torace, mentre viene dentro Massimo. Questi geme un’ultima volta, poi si affloscia completamente. Solo le dita delle mani si contraggono in un movimento spasmodico. Allora Rod gli taglia la gola e si alza, lasciando che il cadavere ricada sul pavimento.

Rod va a farsi la doccia. Intanto con un calcio Vitaly volta il cadavere di Massimo. Poi prende il coltello con la sinistra, si china e con la destra afferra cazzo e coglioni, mentre Vladimir spiega:

- Coltello, lo chiamavano così, lo faceva sempre ai suoi nemici. Di solito quando erano ancora vivi. Ne ha diritto anche lui, non ti pare?

Herman annuisce: la faccenda non lo turba. Vitaly taglia con un movimento deciso della lama, che sembra recidere senza sforzo. Poi si sposta e infila nella bocca spalancata di Massimo il suo trofeo.

Rod intanto è tornato e i due agenti si rivestono.

- OK, Massimo ha raggiunto il cinese e l’Egiziano.

Vladimir concorda:

- Ottimo, lavoro completato.

Non ancora, manca ancora uno dei quattro, il meno importante, ma Herman e Rod ci tengono a fare un lavoro completo: sono seri e soprattutto molto motivati.

- Senti, Vladimir, questa sera sarà chiaro che tu hai ammazzato – o fatto ammazzare – gli altri tre.

- Che cazzo dici? La polizia non può arrivare a noi.

- Non penso alla polizia, che non può risalire a noi, Vladimir, è vero. Siamo tre attori del film che hanno quasi finito di girare. Ma cinesi, italiani e integralisti sanno benissimo che i loro capi dovevano incontrare te e che i loro capi sono morti. Se non lo sanno, lo scopriranno molto presto. Tu sei l’unico sopravvissuto dei partecipanti alla riunione, per cui le organizzazioni penseranno subito a te. Devi fare attenzione.

Vladimir ride:

- Sono abituato a essere un bersaglio.

- Non è meglio che tu lasci l’albergo per un po’? Noi abbiamo una base del Mansoor qui vicino. Vuoi che ti ci portiamo? Nessuno può risalire a quell’appartamento. I tuoi uomini possono rimanere qui, così gli altri non sospettano che tu non ci sia. Vitaly può accoglierli se vengono a cercarti questa notte. E secondo me verranno.

- Può essere un’idea. Che ne dici, Vitaly?

Vitaly sorride. L’idea di “accogliere” quelli che vengono ad ammazzare Vladimir evidentemente gli sfagiola. Però poi Vitaly osserva:

- E tu rimani senza guardie del corpo, capo?

Herman dice:

- Nessuno lo andrà a cercare là. Se vuoi possiamo fermarci Herman e io con te per la notte, Vladimir.

I lupi si propongono per proteggere l’agnello, ma dato che l’agnello è convinto di essere una tigre, non si preoccupa minimamente.

 

L’appartamento è in effetti una base, ma messa a disposizione dai servizi segreti del Wadistan, non dal Mansoor, che non esiste più.

Appena entrati, Herman va a prendere una bottiglia di vodka, da cui Vladimir si serve un bel bicchiere.

Intanto Rod dice:

- Sono tutto sudato. Mi faccio una doccia.

Rod incomincia a spogliarsi

- Sì, è una bella idea.

Anche Vladimir si spoglia. Mentre lo fa, si accarezza il cazzo, in modo da farlo crescere un po’ di volume e lunghezza. Gli piace farsi vedere nudo e ben dotato.

Herman lo guarda, sorridendo. Poi incomincia a spogliarsi anche lui, lentamente.

Rod è già sotto la doccia. Quando ha finito, esce, senza chiudere l’acqua e torna in salotto, asciugandosi con un telo.

- Sotto a chi tocca.

Vladimir va a lavarsi. Herman sorride: questa volta tutto fila liscio; Vladimir non è intelligente come Coltello.

Vladimir torna pochi minuti dopo, asciugandosi. Il cazzo è ancora più grosso di prima: deve esserselo smenato un po’ per farsi vedere. Herman lo guarda: ha davvero un gran bel corpo, con i muscoli ben definiti, una peluria molto leggera e un piccolo tatuaggio sul ventre.

- Ci voleva proprio una bella doccia.

Rod è girato verso la scrivania, con un bicchiere nella sinistra. Si volta verso Vladimir. Nella destra ha la pistola, puntata verso il russo. Anche Herman prende la pistola, per prudenza, se per caso Vladimir cercasse di attaccare Rod o scappare. Ma lascia che sia il suo amico a condurre il gioco: sa che gli piace ammazzare. E infatti a Rod sta venendo duro in fretta ed è, come sempre, una bella vista.

- Che cazzo fai, Rod?

- Sai Vladimir, detto Pugaciov, avevi ragione. Il tuo amico Karelev lo abbiamo fottuto noi. E avevi anche ragione sulla riunione: nessuno voleva farti fuori.

- Cosa? Figli di puttana!

- Sei ingenuo, Vladimir. Bevi tutto.

Vladimir è stato ingenuo, in effetti, ma non è stupido e ha capito benissimo che adesso tocca a lui.

- Merda! Chi cazzo siete?

- I due agenti inglesi, Pugaciov, quelli che ti sarebbe piaciuto far fuori. Con il compito di fottere quattro figli di puttana. Tre li abbiamo fatti secchi. Adesso è il turno del quarto.

- Merda! Schifoso bastardo. Io…

Vladimir non dice altro. Nulla di ciò che potrebbe dire servirebbe a qualche cosa. Guarda Rod, mentre stringe i pugni rabbioso. C’è una tensione palpabile nell’aria, come c’è nel cazzo di Rod, ormai ritto, e in quello di Herman, che si sta riempiendo di sangue.

A Rod piace quest’attesa e non spara subito. Vladimir scuote la testa.

- Pezzo di merda!

Rod spara, poco sotto l’ombelico. L’impatto del proiettile spinge Vladimir contro la parete, mentre il sangue sgorga, abbondante, dalla ferita.

Rod sorride. Si avvicina a Vladimir. La canna della pistola è a una spanna dal ventre del russo, puntata in basso, poco sopra il cazzo.

Rod spara di nuovo. Vladimir emette un grido strozzato. Poi dice:

- Merda!

Il russo scivola contro la parete, fino a ritrovarsi seduto sul pavimento. Rod è in piedi davanti a lui:

- C’è un’altra cosa, Vladimir, che devi sapere. A me piace fottere quelli che ammazzo.

L’affermazione non è del tutto esatta: a Rod piace fottere qualunque maschio (o quasi). L’ammazzare è un extra.

Rod afferra Vladimir con la sinistra e lo spinge a terra. Gli allarga le gambe. Poi gli infila la pistola in culo. Vladimir sussulta e dice qualche cosa in russo. Rod ride.

Rod fa un cenno a Herman, che gli lancia un preservativo. Se lo mette, poi toglie la pistola. Incula Vladimir con una spinta decisa e sente con piacere la carne che cede a fatica. Il russo urla parole incomprensibili. Rod ci dà dentro e Herman guarda affascinato il movimento a stantuffo del culo peloso di Rod, che avanza e arretra, mentre il peso del suo corpo schiaccia a terra Vladimir e una pozza di sangue si allarga sul pavimento. Vedere Rod al lavoro è sempre uno spettacolo superlativo e a Herman non dispiace rimanere a guardare. Rod ci dà dentro con grande vigore e Herman si dice che Vladimir deve avere un male al culo bestiale, che si aggiunge al dolore delle due pallottole.

Vladimir impreca, più volte, grida parole incomprensibili. Poi urla, in inglese:

- Finiscimi, bastardo.

- Non ho fretta, Vladimir.

Quando infine sta per venire, Rod preme la pistola contro la nuca di Vladimir.

- Pronto, Vladimir, per un viaggio di sola andata all’inferno?

- Figlio di puttana!

Vladimir incomincia a ripetersi, ma il suo patrimonio di insulti in inglese non è così vasto. Rod ride e spara. Ogni tensione nel corpo di Vladimir si scioglie. Rod riprende a spingere vigorosamente, finché il piacere lo avvolge e si scioglie nel getto di seme che si rovescia nelle viscere del cadavere.

Rod si abbandona sul corpo del russo. Poi si alza. Guarda Herman e dice:

- Come vedi, li abbiamo fatti fuori tutti e quattro, senza droni del cazzo. Colton pensava che non ne saremmo stati capaci.

Rod guarda il cadavere steso ai suoi piedi.

- Cazzo, è una meraviglia! Fottere un figlio di puttana che poi ammazzi. Che cosa c’è di meglio?

Herman sorride dell’entusiasmo del suo amico. Intanto Rod solleva la pistola e la punta su Herman.

- Che ne diresti se lo facessi anche con te?

Rod sta scherzando, Herman ne è sicuro. Quasi sicuro.

- Credo che ne saresti capace, Rod. E che ti piacerebbe.

Non sa perché l’ha detto. È la verità, ma perché dirlo? Sta provocando Rod? Herman non saprebbe spiegare, ma avverte, come gli capita sempre di fronte a un pericolo, la tensione crescere e il cazzo tendersi.

Rod annuisce.

- Sì, mi piacerebbe un casino. Sforacchiarti, fotterti, ammazzarti mentre ti fotto e venire nel tuo cadavere.

E mentre Rod parla, Herman può vedere che il cazzo del suo amico si tende di nuovo. C’è un momento di confusione nella testa di Herman. La gola è secca. Gli verrebbe da provocare ancora Rod, come ha fatto Massimo, chiedendogli se ha davvero i coglioni per farlo. Per un momento a Herman pare di essere in bilico su un precipizio, con una grande voglia di precipitare. Ma è solo un attimo. Herman scaccia il pensiero e sorride.

- Per questa volta potresti fottermi senza sforacchiarmi. Che ne dici?

Rod ride. Abbassa la pistola.

- Per questa volta va bene.

Herman prende il telefono.

- Prima però avvisiamo Samir e Colton.

Rod non ha molta voglia di aspettare. Sono tutti e due nudi e con il cazzo in tiro. Herman prende il telefonino e Rod afferra Herman, spingendolo sul letto. Rod è infoiato, anche se è venuto da poco, e l’ingresso è molto deciso. Herman esclama:

- Cazzo!

Chiude gli occhi. Il dolore è bestiale, ma Rod non si ferma: spinge con violenza, come se volesse trapassarlo con il suo cazzo.

Herman compone il messaggio in codice e lo manda ai due numeri di Samir e Colton. Poi molla il telefonino e si abbandona alle spinte violente che lo squassano. C’è più dolore che piacere, oggi, ma anche quel dolore è godimento. Herman si chiede se il giorno in cui Rod lo ammazzasse, anche quello sarebbe piacere.

- Oh, merda!

Le ultime spinte di Rod sono intollerabili. Rod grugnisce, poi si affloscia su Herman.

- Sai, Herman, credo che dopo che ti avrò fatto secco, mi mancherà un po’ il tuo culo.

È quasi una dichiarazione d’amore. In ogni caso è il massimo che si può pretendere da Rod.

 

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Samir telefona e dice a Rod e Herman di andarsene in giro per due ore e poi di tornare in albergo. Come hanno già fatto per Massimo Gargiulo e per Liu Tong, provvederanno a far sparire il cadavere di Vladimir: nessuno deve sapere che i tre sono stati ammazzati, in modo che ognuno dei gruppi sospetti degli altri. Però è meglio che gli uomini che faranno sparire i cadaveri non vedano Rod e Herman: nessuno deve poterli collegare all’omicidio.

Samir conclude:

- Spero che non abbiate combinato un puttanaio, come con il Gargiulo. Per eliminare davvero tutte le tracce avremmo dovuto far saltare in aria la camera.

- Colpa dei russi.

Non è proprio la verità, ma la scusa è buona.

- Tra due ore i russi saranno in galera.

- Buono.

In effetti è necessario: i russi sanno benissimo che loro erano con Vladimir e se Vladimir non ricompare, Herman e Rod rischiano grosso.

Samir chiude la comunicazione. Rod osserva:

- Anche Samir, come Colton, dice che lasciamo sempre un puttanaio. Tutti ossessionati dalla pulizia!

Herman dà un’ultima occhiata alla stanza. In effetti Vladimir ha perso parecchio sangue, ma con Coltello la stanza era ridotto molto peggio.

I due agenti escono, cercando di non farsi notare da nessuno, e se ne vanno a spasso, in attesa che passino le due ore previste.

 

Quando Rod e Herman arrivano all’albergo, c’è un grande fermento: parecchi membri della troupe sono nella hall, riuniti in capannelli. Vedendo entrare Rod e Herman, due dei tecnici con cui hanno fatto conoscenza (carnale) durante le riprese, si avvicinano loro.

- Sapete le ultime notizie?

- No. Che cosa è successo?

- Hanno arrestato tutti i russi, tranne l’attore, Alexandrovsky, che non si sa dove sia.

Herman si finge stupito:

- Questa poi! E perché?

- Traffico di droga. Ne hanno trovata una quantità pazzesca. E anche armi, a quanto pare.

L’altro tecnico aggiunge:

- Rischiano la pena di morte.

I tecnici, come tutti, sanno benissimo che Herman e Rod frequentano molto Vladimir, probabilmente qualcuno li ha anche visti uscire insieme nel pomeriggio, per cui Herman non finge di non saperne niente e dice a Rod:

- Vladimir ha detto che tornava verso le sette, no?

- Se è implicato in questa faccenda, secondo me hanno già arrestato anche lui.

Parlano ancora un buon momento. Nessuno ha ancora notato la scomparsa di Massimo Gargiulo/Piscopo. Ma circola voce che in mattinata ci sia stata una sparatoria sui monti, con parecchi morti. Insomma, gli attori e i tecnici stranieri sono alquanto preoccupati. Il Wadistan non dev’essere un posto molto sicuro. E in effetti, se ci sono Herman e Rod, non lo è.

Per fortuna il film è alla fine e tra pochi giorni tutti potranno tornare a casa.

A cena c’è un’atmosfera particolare. I due tavoli occupati dai russi sono vuoti e tutti guardano spesso in quella direzione, come se quell’angolo deserto li inquietasse.

Al termine della cena Herman e Rod vengono raggiunti da Faizullah Karimov, l’attore che interpreta Zohad.

- Sapete qualche cosa di Alexandrovsky?

Herman ripete quanto concordato.

- Se non è qui, lo avranno arrestato. Contava di tornare per cena, ma non l’abbiamo visto.

Faizullah scuote la testa.

- Mi sembra incredibile. Era uno degli attori principali. Come è possibile? Voi lo conoscevate.

È Rod a rispondere:

- Non è che lo conoscessimo molto. Scopavamo con lui e basta.

Faizullah rimane a bocca aperta. Rod ridacchia, fingendosi imbarazzato.

- Scusa, forse non dovevo dirlo. Mi avevano avvisato che qui in Wadistan si fa, ma non si racconta.

L’imbarazzo di Faizullah è reale. Non sa bene che cosa dire. Si guarda intorno, per verificare che nessuno li stia ad ascoltare. Rod prosegue:

- Ci siamo divertiti un sacco insieme, ma non posso dire che fossimo proprio amici.

Faizullah farfuglia.

- Non pensavo… Alexandrovsky non mi sembrava il tipo…

- …che se lo prende in culo? Gli piaceva un casino. A chi non piace?

Il sorriso di Faizullah è alquanto tirato. Rod ride e dice:

- D’altronde ti abbiamo inculato in quattordici, no?

Faizullah si alza, borbottando:

- Adesso devo andare…

- Se vuoi provare anche tu, camera mia è la 654. Facciamo una cosetta a tre.

- Grazie, grazie, magari un’altra volta…

Faizullah si allontana. Herman ha l’impressione che barcolli un po’. Rod scuote la testa:

- Etero perso, quello.

 

Il giorno dopo Herman deve girare la scena in cui l’uccidono. Rod gli dice:

- Allora oggi giri la scena in cui ti tagliano la gola e ti gettano nella merda.

- Sì, l’ultima.

- Se manca l’attore che fa il tuo assassino, posso fare io la sua parte.

- Non è possibile, il tuo personaggio è già stato ammazzato. Non puoi ricomparire. E poi non eri uno degli uomini di Zohad.

- Peccato, mi sarebbe piaciuto.

- Magari usando un coltello vero, eh, stronzo?

- Perché no? Ma variando un po’ la scena: quando lo farò, voglio farlo mentre ti fotto.

- “Quando lo farò”. Forse potrei farlo io con te.

Rod ride.

- Vediamo chi lo fa prima.

E con queste parole afferra Herman e lo bacia.

 

La scena viene ripresa e anche Herman ha finito con il film. Tra tre giorni partiranno: tempo di controllare le ultime scene, scattare ancora alcune foto dei protagonisti del film (tra cui non ci sarà Vladimir Alexandrovsky, che pare scomparso nel nulla).

Nel tardo pomeriggio Samir informa Herman e Rod che Ahmed Saedi vorrebbe vederli. Si ritrovano nello studio di Saedi in serata. Ahmed li accoglie calorosamente.

- Siete stati bravissimi. Li avete fatti fuori tutti e quattro.

- Ci è mancato un pelo che l’Egiziano non ci sfuggisse.

Rod aggiunge:

- Già, qualcuno deve averlo avvisato che era incominciata la mattanza.

Ahmed annuisce. Poi prosegue:

- Nessuno dei cadaveri verrà ritrovato, a parte quelli di al-Misri e dei suoi uomini. Ogni organizzazione si chiederà che cosa è successo e riterrà che il suo capo sia stato assassinato da qualcuno degli altri. Penseranno che il responsabile si sia nascosto per evitare ritorsioni. Ci penseranno bene prima di cercare di nuovo un accordo.

- Che farete dei russi?

- Nei loro bagagli è stata trovata una grande quantità di droga. Saranno condannati a morte e giustiziati. Il processo si tiene oggi. Entro una settimana saranno stati impiccati tutti.

Herman e Rod conoscono la rapidità della giustizia del Wadistan, per cui non si stupiscono. Herman non chiede se la droga c’era già (possibilissimo) o se qualcuno ce l’ha messa (ancora più probabile). In ogni caso i russi erano criminali e quasi sicuramente assassini.

Rod osserva:

- Peccato.

Saedi lo guarda perplesso.

- Perché peccato?

- Perché Vitaly l’avrei fottuto volentieri io.

Herman sbotta:

- Rod, l’unica cosa che hai in testa è ammazzare!

- Ma no, Herman, lo sai benissimo, non c’è solo l’ammazzare nella vita: c’è anche lo scopare.

Herman deve riconoscere che il suo amico ha ragione.

Saedi sorride e dice:

- Se ci tieni, Rod, domani posso farti entrare nella cella di questo Vitaly. Capita che un prigioniero si impicchi in cella perché non ha speranze. Un lavoro in meno per il boia.

- Sei un amico, Ahmed.

Rod sorride, soddisfatto, poi aggiunge:

- Ma adesso, visto che infine ci siamo ritrovati, potremmo rivedere l’uso delle armi particolari, no?

Ahmed sorride.

- Volentieri. Sempre che Herman sia d’accordo.

Herman, chissà perché, è d’accordo. Si alza e si avvicina a Saedi. Gli piace da matti, Ahmed Saedi. Gli piace spogliarlo, baciarlo sulla bocca, sentire le sue mani sul viso, sul corpo. Gli piace inginocchiarsi davanti a lui e prendere in bocca il bel cazzo robusto, che si riempie di sangue. Gli piace sentirne il sapore, la consistenza, il volume. Gli piace sentire le mani di Ahmed, forti, sollevarlo e guidarlo ad appoggiarsi contro la scrivania. E gli piace sentire il cazzo che ha appena assaporato farsi strada dentro di lui, dilatandogli le viscere.

Rod non è rimasto inattivo. Si è spogliato da sé, visto che gli altri due non si preoccupavano di lui, e ora si è messo dietro ad Ahmed. Gli piacerebbe mordicchiare un po’ il bel culo del capo dei servizi antiterrorismo del Wadistan, ma il movimento a stantuffo del suddetto culo rende più difficile l’operazione. È più semplice avvicinare il cazzo al culo in movimento, centrare l’apertura e lasciare che sia Ahmed a compiere il lavoro, impalando Herman ogni volta che avanza e impalandosi sul cazzo di Rod ogni volta che arretra.

Quando Ahmed viene, si appoggia sul corpo di Herman, gli prende il cazzo in mano e incomincia a stringerlo e accarezzarlo, finché anche Herman raggiunge il piacere.

Rod ci mette ancora un buon momento e Ahmed ha occasione di vedere un buon numero di stelle, prima che dentro di lui il palo ritorni a dimensioni più accettabili.

Quando si rivestono, Rod osserva:

- Peccato che non ci fosse anche Samir. Avremmo potuto fare qualche cosa a quattro.

Ahmed sorride.

- No, non posso farlo con uno dei miei dipendenti.

Herman annuisce: Saedi ha ragione.

- È un ragazzo in gamba.

- Davvero molto in gamba. Uno a cui non sfugge niente.

 

Quando escono Herman si rivolge a Rod:

- Ci tieni proprio a farlo fuori Vitaly.

- Certo, è un bonus: abbiamo raggiunto l’obiettivo al 100% e ci spetta.

Herman scuote la testa:

- Non è quello. È che ti brucia ancora la sconfitta. Non sai proprio perdere…

Rod lo guarda e ride.

- Hai ragione. Ma non mi dire che non hai voglia di gustare il cazzo di Vitaly.

In effetti, dopo la descrizione che ne ha fatto Rod, Herman ha l’acquolina in bocca al pensiero, ma risponde:

- E tu il suo culo.

- Me lo deve.

 

Vitaly è stato messo da solo in una cella. Indossa solo i pantaloni e ha le braccia saldamente legate dietro la schiena, il polso destro quasi all’altezza del gomito sinistro e viceversa: una posizione che non gli lascia nessuno spazio per muovere le mani.

La porta si apre e due carcerieri spingono dentro Herman e Rod. Sono vestiti, con le manette ai polsi, davanti.

Quando i carcerieri escono, Vitaly dice:

- Benvenuti in questo albergo, ragazzi. La cucina non è il massimo, ma non si paga niente.

Herman risponde:

- Crepa!

- È quello che farò presto. E voi? Quando vi hanno beccato?

- Ieri. Hanno arrestato il nostro contatto del Mansoor e sono venuti a prenderci in albergo.

- Siete cittadini inglesi. Magari ve la caverete.

- Hanno trovato quattro pacchi di cocaina nei nostri bagagli. Quei porci! Ce l’hanno messa loro!

- Da noi non avrebbero neanche avuto bisogno di metterla. Vladimir ne teneva sempre un casino. Ma ne hanno aggiunta, in modo che ce ne fosse nei bagagli di tutti.

- Questa mattina abbiamo avuto il processo per direttissima. Una farsa. Ci hanno condannati a morte.

- Anche noi siamo stati condannati tutti.

Poi Vitaly si rabbuia e dice:

- Vladimir è al sicuro, vero?

- Sì, non possono risalire all’appartamento in nessun modo.

L’appartamento in cui abita Vladimir ormai è una fossa anonima in campagna, ma questo nessuno deve saperlo: per tutti è lui che ha organizzato l’uccisione degli altri (il che è corretto) e poi si è nascosto, sfuggendo alla polizia del Wadistan, che ha arrestato i suoi complici. In ogni caso nessuno conosce “l’appartamento” di Vladimir, a parte due agenti del Wadistan.

Rod aggiunge:

- Credo che ci porteranno al carcere dove si fanno le esecuzioni già oggi pomeriggio.

Vitaly continua a pensare a Vladimir:

- Vladimir sa che siamo stati arrestati?

- L’ultima volta che gli abbiamo parlato aveva un quadro chiaro della situazione. Ma nessuno sa dov’è. Ormai nessuno può più fargli niente.

In effetti i due agenti a Vladimir hanno spiegato tutto quanto c’era da sapere ed è vero che Vladimir non corre più rischi.

Dopo un momento di silenzio, Rod dice:

- Senti, Vitaly, che ne diresti di far provare a Herman il tuo cazzo? Herman è curioso di vedere.

Vitaly scuote la testa.

- Perché no? Ma io non posso nemmeno calarmi i pantaloni. Un’ora fa sono venuti a prendermi e mi hanno legato così.

- Ci pensiamo noi.

Rod e Herman si avvicinano a Vitaly e gli abbassano i pantaloni a mezza coscia. Poi Rod dice:

- Meglio che li togliamo. Così intralciano solo.

Sfilano i pantaloni a Vitaly.

Herman si inginocchia davanti al russo e guarda lo splendido cazzo, che anche a riposo è imponente. Dopo due notti in prigione, la pulizia lascia alquanto a desiderare, ma abbiamo già detto che Herman non si formalizza: i formaggi piccanti gli piacciono.

Herman prende in bocca il cazzo e incomincia a leccare e succhiare. L’effetto è immediato e la crescita tale da rendere difficile per Herman continuare a tenere in bocca la cappella. Il bestione è davvero fantastico.

Herman succhia un buon momento, poi si stacca e guarda, un po’ dubbioso. È davvero il caso di provare a prendersi una mazza di questo genere in culo? La voglia è tanta, ma di certo farà un male cane, per quanto Herman sia abituato alla misura extra-large di Rod.

È la voce di Rod a scuoterlo.

- Dai, Herman, mettiti in posizione. Ti spalmo il lubrificante.

Vitaly si volta verso Rod, stupito.

- Vi hanno lasciato il lubrificante?

- Non ci hanno davvero perquisiti. Hanno solo controllato che non avessimo armi.

- Noi siamo stati spogliati. Ci hanno lasciato solo i pantaloni.

Herman si slaccia i pantaloni e li cala. Si appoggia alla parete, cercando di aprire al massimo le gambe. Rod apre la bustina e ne spalma l’intero contenuto. È piacevole sentire le dita di Rod strofinare l’apertura, infilarsi dentro, stuzzicare.

Poi Rod si rivolge a Vitaly:

- Adesso vediamo se è vero che nessun preservativo ti va bene.

Vitaly scoppia a ridere:

- Perché cazzo dovrei metterlo? Hai paura di beccarti l’AIDS? Tra una settimana saremo tutti morti.

- Herman spera ancora che l’ambasciata inglese intervenga. Siamo due attori…

Vitaly alza le spalle.

- Cazzate.

Rod ha tolto il preservativo dalla bustina e lo sta infilando, con una qual certa fatica, sul cazzo di Vitaly.

Herman segue l’operazione, ma è alquanto preoccupato di ciò che lo attende.

- Vacci piano, Vitaly.

Vitaly ghigna, si avvicina a Herman e, con l’aiuto di Rod, che gli tiene il cazzo in posizione, lo infilza. Poi prende a spingere.

Herman si pente subito di aver voluto provare: fin dall’inizio il dolore è troppo forte, cancella ogni piacere. Le spinte lo squassano tutto e gli sembra che un palo gli stia lacerando le viscere. Eppure, nel dolore rabbioso che gli morde il culo, c’è qualche cosa che lo eccita. Il cazzo che gli scava dentro è solo sofferenza, ma Herman avverte una tensione che sale dentro di lui, che gli fa affluire il sangue all’uccello, che sembra premere sui coglioni.

Vitaly ci dà dentro e le sue spinte quasi sbattono contro la parete Herman. Herman geme e al suo gemito risponde un grugnito di Vitaly, che viene dentro di lui. Herman sente lo sborro che gli inonda le viscere e anche il suo seme si sparge, in un piacere che solo per un momento si affianca al dolore.

Vitaly si ritrae. Il preservativo è completamente lacerato.

Herman si stacca dalla parete. Chiude gli occhi. Il culo gli fa un male bestiale.

Rod mette le mani in tasca e ne estrae una chiave. La porge a Herman, che la prende e apre le manette di Rod. Poi Rod apre quelle di Herman.

- Che cazzo significa?

Vitaly chiede spiegazioni, ma la rabbia che gli si legge in viso rivela che ha intuito.

- Non siamo stati arrestati, Vitaly. Siamo qui perché avevo piacere di fotterti, come abbiamo fottuto Vladimir. Gli ho sparato io.

- Lurido bastardo!

Rod si spoglia. Dalla tasca ha estratto anche un tirapugni, che si infila. Con il pugno molla un tremendo colpo ai coglioni di Vitaly, il quale lancia un urlo da bestia macellata. Un secondo colpo lo fa crollare in ginocchio. Herman si dice che Rod non sa proprio perdere: lo smacco subito al bordello gli brucia e Vitaly ne fa le spese.

- Questo è per dirti che non stiamo giocando.

Un calcio in faccia chiarisce il concetto, nel caso Vitaly avesse ancora qualche dubbio (altamente improbabile, ma a volte ci sono persone dure di comprendonio). Il sangue cola abbondante dal naso e dal labbro inferiore.

- Vacci piano, Rod. Dev’essere un suicidio.

- Pensi che in Wadistan qualcuno se ne preoccupi?

Rod ha ragione, Herman deve ammetterlo.

- Allora, Vitaly, adesso ti fotto e mentre ti fotto ti ammazzo. Chiaro?

- Sei… una merda… Rod.

Herman deve riconoscere che Vitaly non ha tutti i torti, dal suo punto di vista.

Rod è già pronto (e figuriamoci se non lo era, con la prospettiva di fare secco Vitaly).

Rod spinge a terra Vitaly, si stende su di lui e, dopo essersi infilato il preservativo, lo incula con un colpo secco.

- Porco schifoso!

Rod ci dà dentro, con tutta l’energia di cui è capace e Herman ci scommetterebbe che Vitaly sta vedendo le stelle. Herman guarda affascinato, mentre prende i pantaloni di Vitaly e si pulisce il culo, da cui cola un po’ di sborro del russo. Herman si dice che dovranno fare tutti e due il test per l’HIV. Che rottura!

Rod fotte a lungo, assaporando il culo di Vitaly. La resistenza che ha avvertito entrando gli dice che è il primo uomo a fottere questo bestione. Il primo e l’ultimo.

Quando infine è sul punto di venire, Rod fa un segno a Herman, che gli passa un laccio. Rod lo infila intorno al collo di Vitaly.

- Adesso, Vitaly. Adesso crepi. Tu crepi e io vengo.

Vitaly impreca in russo. Rod incomincia a stringere, piano. Vuole godersi gli spasimi del corpo di Vitaly.

Il russo impreca di nuovo, ma la sua voce si trasforma in un gorgoglio. Fa sempre più fatica a immettere aria nei polmoni. Il viso sta arrossandosi.

Rod emette una specie di grugnito e tira con decisione. Quando molla il laccio, la testa di Vitaly ricade sul pavimento.

Herman bussa alla porta della cella. Il secondino arriva e apre.

- La corda.

Il secondino sapeva di doverla portare e ce l’ha già attorno alla spalla. Ha anche uno straccio bagnato.

- Questo se dovete pulire del sangue.

Rod e Herman infilano i pantaloni a Vitaly, tolgono il laccio e con la corda fanno un cappio che legano a una sbarra della finestra. Poi sollevano il cadavere di Vitaly e gli infilano la testa nel laccio.

Escono dalla cella, che il secondino richiude. L’uomo li accompagna fino alla porta del carcere, poi torna indietro.

Il suicidio del prigioniero sarà scoperto solo tra alcune ore.

 

La sera successiva Herman e Rod incominciano a pensare ai bagagli: domani torneranno in Inghilterra. Il cellulare di Herman squilla. Herman guarda il numero: è quello di Samir.

- Ciao. Dimmi.

Samir sembra alquanto preoccupato. Parla quasi sussurrando, ma Herman avverte una forte tensione nella sua voce.

- Ho bisogno di parlarvi, subito.

- Siamo liberi. Vieni in albergo.

- No. Ti dico io dove trovarci, ma controllate di non essere pedinati. Potrebbe esserci qualcuno che controlla i vostri movimenti.

L’idea non è piacevolissima: che il “qualcuno” siano gli integralisti islamici, la mafia russa, la mafia cinese o la camorra, poco cambia. Herman e Rod hanno fatto fuori – o contribuito a far fuori, nel caso dell’Egiziano – esponenti di spicco di tutti quanti i gruppi. E c’è un sacco di gente vendicativa a questo mondo. Il “porgi l’altra guancia” non è più di moda. D’altronde anche Rod non è un buon esempio di perdono.

- Va bene, usciremo senza farci vedere. Dimmi dove ci troviamo.

- Tra un’ora a strada Mohed 19. Terzo piano, porta a destra.

- Va bene.

Rod non ha detto nulla. Quando Herman chiude la chiamata, chiede:

- Samir?

- Sì, ha bisogno di parlarci con urgenza. C’è qualche casino, evidentemente.

Rod annuisce, come se la cosa non lo stupisse. Herman aggiunge:

- Ha raccomandato che non ci facciamo seguire. Dice che qualcuno potrebbe pedinarci.

Rod commenta solo:

- Merda!

Ma non sembra per nulla stupito, quasi come se in fondo lo sospettasse.

- C’è qualche cosa che non mi hai detto, Rod?

Rod alza le spalle.

- Sentiamo che cosa ha da dirci Samir.

Herman non insiste.

- Per essere sicuri che non ci seguano, andiamo ai grandi magazzini Faez.

I grandi magazzini Faez hanno diverse uscite: è stato Saedi a consigliarglieli per seminare eventuali pedinatori.

- No, troviamo qualche cos’altro.

- Che cosa?

- Muoviamoci. Troveremo.

Herman non capisce perché Rod non voglia servirsi dei grandi magazzini, che hanno quattro uscite su quattro strade diverse. Comunque ottengono lo stesso risultato con un altro magazzino e per sicurezza fanno anche un cambio di taxi.

 

Strada Mohed è in periferia, lontano dai grattacieli scintillanti del nuovo centro. Qui i vecchi edifici non sono stati spianati per sostituirli con costruzioni moderne e Sayatpomorberuduq appare del tutto diversa. Il 19 è un edificio di sei piani del periodo sovietico, in pessime condizioni. Le scale sono sporche e male illuminate da finestre a cui mancano alcuni vetri.

Al terzo piano ci sono due porte. Quella di destra è socchiusa. Herman fa per bussare, ma Rod ha impugnato la pistola. Tira indietro Herman e apre la porta con un calcio: evidentemente sospetta una trappola.

La stanza è spoglia, ma sull’unica sedia, rivolta dal lato opposto alla porta, è seduto Samir. Herman intuisce che qualche cosa non va dalla posizione del corpo. Rod si fa avanti, guardandosi intorno. Quando sono di fronte a Samir, Herman ha una conferma di ciò che ha sospettato entrando: Samir non dirà più nulla a nessuno, i quattro fori che ha nel petto impediscono ogni conversazione.

- Merda!

Herman è d’accordo. Rod aggiunge:

- Fuori, presto.

Rod spinge Herman e i due scendono le scale. Herman non sa perché Rod si stia muovendo così in fretta, ma avrà il tempo per chiederglielo dopo. Si limita a dire:

- Non dovremmo avvertire subito Saedi?

In quel momento si sente una sirena che si avvicina.

- Merda!

La sirena si ferma davanti alla casa. Rod guarda dai vetri rotti di una finestra. Tre metri più sotto c’è il tetto di un edificio basso. Apre la finestra.

- Salta, in fretta.

Herman obbedisce: non è il momento per chiedere spiegazioni. Spera solo di non rompersi una gamba, ma per fortuna il salto si conclude senza fratture o distorsioni.

Rod salta dopo di lui, dopo aver cercato di accostare la finestra dietro di sé. Anche lui atterra senza danni. Corrono sul tetto dell’edificio fino all’estremità opposta. Herman si sporge: sotto, dopo un altro salto di due o tre metri, c’è un vicolo.

Rod salta subito e Herman lo segue. Intanto si sente un’altra sirena avvicinarsi.

Herman e Rod si allontanano in fretta. Dopo aver percorso il vicolo, sbucano in una strada, poi passano in un’altra. Si perdono completamente, ma infine giungono in una piazza dove trovano un taxi, da cui si fanno portare a un albergo di cui conoscono il nome. Entrano come se fossero clienti, vanno al bar e poco dopo escono, dirigendosi a piedi verso il loro albergo.

Herman chiede:

- Non dovremmo telefonare a Saedi?

Rod annuisce.

- Adesso sì. Telefonagli, ma fa’ parlare me.

Herman fa il numero e passa il cellulare a Rod.

- Ahmed, sai già che cosa è successo?

- Samir? Me l’hanno appena comunicato.

- Ci aveva chiamato. Tu sai perché volesse parlare con noi?

- Non ne ho la più pallida idea.

- Non gli hai detto tu di contattarci?

- No.

- Senti Ahmed, prima di partire possiamo vederci?

- Certamente. Forse però è meglio non in ufficio.

- Lo pensavo anch’io. Che ne diresti in albergo da noi? Domani sera partiamo alle otto. Diciamo che lasciamo l’albergo alle sei, tanto in mezz’ora all’aeroporto si arriva. Vieni alle cinque?

- Va bene.

Rod chiude la comunicazione. Herman tira fuori la domanda che si pone da tempo:

- Rod, mi vuoi spiegare che cazzo succede? La morte di Samir non ti ha stupito, hai capito subito che sarebbe arrivata la polizia, non hai voluto telefonare immediatamente a Saedi. Che cazzo succede?

- Herman, credo che vogliano farci secchi. Chi ha ammazzato Samir ha anche cercato di incastrarci, facendoci trovare dalla polizia con il cadavere ancora fresco.

- Chi?

- Ne parleremo con Ahmed. Lui ne sa più di noi. Questa notte però non dormiamo nelle nostre camere, ma ce ne cerchiamo un’altra.

Herman e Rod hanno due camere comunicanti. In serata aprono la porta di un’altra camera, una di quelle che la troupe ha lasciato libere, e si installano lì. Nel letto della camera occupata abusivamente si dorme benissimo (non è che si dorma solo, ovviamente: i nostri due agenti si tengono in allenamento anche per altre attività).

Il mattino seguente Rod e Herman sistemano il letto (in modo un po’ approssimativo: come domestici non conserverebbero a lungo il posto di lavoro) e poi raggiungono la camera di Rod.

Tutto sembra a posto, ma qualcuno è entrato nella camera, questo è chiaro: la finestra che dà sulla scala antincendio è stata forzata, anche se il visitatore ha richiuso, cercando di non lasciare tracce troppo evidenti. Passano poi nella camera di Herman: non ci sono tracce visibili del passaggio di qualcuno, ma con ogni probabilità l’ospite inatteso ha fatto una visita di cortesia anche lì.

- I nostri visitatori sono venuti, non ci hanno trovati e se ne sono andati. Ma torneranno a cercarci.

- Tu hai un’idea di chi sono, vero?

- Credo che siano gli integralisti, quelli dell’Egiziano. Ne sanno più degli altri: il tipo era stato avvisato e aveva cercato di scappare.

Herman annuisce. È convinto che Rod ne sappia più di quel che dice, ma non insiste.

 

Durante la loro ultima giornata in Wadistan, Rod e Herman si muovono con cautela: ci terrebbero a partire vivi. Perciò non gli sfugge che per strada un’auto li segue. Quando l’auto arriva alla loro altezza, dal finestrino dell’auto spunta un mitra, ma Rod e Herman si gettano a terra e la raffica passa sopra le loro teste.

- Merda!

I due agenti si allontanano in fretta. Ritornano in albergo e si sistemano nella stanza che hanno occupato. Poi consegnano i bagagli all’incaricato che li porterà all’aeroporto e li imbarcherà, insieme a tutti quelli dei membri della troupe in partenza per l’Europa via Londra.

Alle cinque del pomeriggio Herman aspetta nella stanza dove si sono installati. Rod va nella hall, per accogliere Saedi, che non hanno informato del loro trasloco.

Rod arriva con Saedi poco dopo. Herman guarda il capo della sezione antiterrorismo del Wadistan e pensa, come ha fatto tutte le altre volte che ha visto Saedi, che è davvero un gran bell’uomo. Spera vivamente di avere ancora occasioni di lavorare con lui.

- Come mai avete cambiato camera?

- Sai com’è, Ahmed, a quanto pare c’è gente che si interessa a noi e non ci teniamo a farci trovare. Tu hai un’idea di chi siano?

- Penso la rete che faceva capo ad al Misri: a quanto pare hanno qualche fonte di informazione dentro i servizi.

- Sono stati loro a uccidere Samir?

- È molto probabile, ma anche su questo non ho certezze. Ma vi assicuro che farò tutto il possibile per scoprirlo: Samir era il mio migliore agente.

Rod e Herman parlano ancora un momento con Saedi, che però non ha nessuna novità significativa.

A un certo punto Rod interviene con la sua proposta:

- Che ne diresti di usare un’ultima volta le armi particolari prima di lasciarci?

Herman guarda l’ora. Dovrebbero prendere il taxi tra non molto. Non possono rischiare di perdere il volo, l’unico diretto per Londra di tutta la settimana. Ma scopare con Ahmed Saedi è una tentazione e Herman è un seguace di Oscar Wilde, che sapeva resistere a tutto, tranne alle tentazioni.

Ahmed sorride:

- Se avete tempo…

- Lo troviamo.

Incominciano a spogliarsi tutti e tre. È sempre un piacere vedere il corpo di Ahmed emergere dai suoi abiti eleganti.

Ora sono nudi tutti e tre. Ahmed è vicino al letto. Rod sta frugando tra i suoi abiti e dopo un attimo Herman lo vede tirar fuori la pistola con il silenziatore e puntarla su Ahmed. Si chiede se è un gioco erotico o che cosa ma il rumore secco del colpo gli toglie ogni dubbio. Ahmed si porta le mani al ventre, subito sopra l’ombelico, dove il colpo l’ha raggiunto e il sangue sgorga abbondante.

- Merda!

Herman è paralizzato, incapace di muovere un dito o anche solo di pensare.

Il secondo colpo prende Ahmed più sotto, tra i peli del pube, e il capo dell’antiterrorismo del Wadistan scivola indietro, battendo contro il letto, e finisce seduto a terra, mentre intorno si allarga una pozza di sangue.

- Merda! Come hai fatto a capire?

Rod ghigna. Herman nota che ha il cazzo duro.

- Samir si è rivolto a noi. Per qualsiasi problema avrebbe dovuto chiamare te, a meno che non gli avessi detto tu di contattarci. Nessun altro poteva aver avvisato l’Egiziano che avevamo ucciso il cinese.

Ahmed annuisce. Le mani non stringono più le ferite.

Herman lo guarda, ancora stupefatto.

- Eri disposto a morire per la missione, pochi mesi fa, e adesso…

Ahmed lo fissa e sorride, un sorriso amaro.

- In uno dei conti di Vastan… in Svizzera… l’unico che… ho tenuto io. Oh, merda!

Ahmed si interrompe, una contrazione sul suo viso. Poi riprende:

- In quel conto… uno solo dei quattro… c’era quello che guadagno… in cinquecento anni.

Ahmed ha una specie di risata.

- Cinquecento anni… Merda! Finiscimi, Rod.

- Non così in fretta. Prima ti fottiamo.

Ahmed annuisce.

Herman non riesce a capacitarsi.

- Ma perché volevi farci fuori?

- Gli egiziani… credevano che li avessi… traditi. Volevano uccidervi, per vendicare il loro capo e… oh, merda! Muovetevi…

Rod si avvicina, prende Ahmed per i capelli e lo solleva, sbattendolo su un angolo del letto. Lo mette in posizione, in modo da avere il culo a portata, mentre Herman passa davanti. Ahmed parla ancora:

- Sentite… vi chiedo una cosa… non lo dite… crederanno che mi abbiano ammazzato gli integralisti… o la mafia… almeno che pensino… che sono morto per il mio dovere…

- No. Hai ammazzato Samir. Ti meriti che ti sputtaniamo.

- Merda! Per favore… non è molto quello che chiedo. Fatemi quello che volete, tutto… ma non raccontate a nessuno…

Rod non risponde. Incula Ahmed con un’unica spinta decisa, che gli strappa un gemito. Herman introduce il cazzo nella bocca di Ahmed e incomincia a fotterlo in bocca. I due agenti ci danno dentro, mentre una macchia di sangue si allarga sul lenzuolo.

Quando sente che è sul punto di venire, Rod punta la pistola contro la nuca di Ahmed, ma non può sparare: Herman sta fottendo Ahmed in bocca e il proiettile lo colpirebbe.

Rod impreca e viene.

Poco dopo anche Herman viene e si stacca. Rod esce da Ahmed. Pensa a Samir. Guarda i coglioni di Ahmed, che sporgono sotto il culo. Preme la pistola contro il destro.

- Che ne dici se ti sparo ai coglioni, stronzo?

- Quello… che vuoi… ma non raccontate…

Rod scuote la testa. Infila la pistola in culo, spingendo a fondo. Ahmed sussulta.

Rod spara. Un colpo, due, tre, quattro. A ogni colpo Ahmed ha un guizzo, ma dopo il quarto rimane immobile.

- Pezzo di merda! Se penso che ha fatto ammazzare Samir… Avrei voluto avere la mitraglietta.

Herman annuisce.

- Mi faccio la doccia, sarà ora di andare. Cazzo!!!

Herman ha guardato l’ora.

- Dovremmo essere già in aeroporto. Staranno per imbarcare!

- Muoviti, io intanto sistemo la stanza.

Herman fa una doccia lampo, mentre Rod elimina le impronte digitali dalla pistola. Poi Rod si lava, mentre Herman si riveste e chiama un taxi.

Al tassista chiedono di fare in fretta e l’uomo esegue, come se fosse alla guida di una Ferrari a Monza. Quando scendono in aeroporto, Herman si dice che mai come in questa missione ha rischiato di morire: solo che il pericolo maggiore non erano le pallottole, ma gli autisti.

Mancano venticinque minuti al decollo. Per fortuna i loro bagagli sono già stati caricati e hanno già la carta d’imbarco: sono attori famosi, non devono mica fare le code dei comuni mortali. Code non ne farebbero comunque, perché quando arrivano l’altoparlante sta chiamando i loro nomi (fasulli): è l’ultimo avviso. Fortunatamente non ci sono molti voli in partenza dalla capitale del Wadistan, per cui non c’è coda al controllo dei documenti.

L’aria irritata dell’impiegata all’imbarco gli dice chiaramente che li hanno aspettati solo perché avevano già caricato i loro bagagli e avrebbero dovuto scaricare tutto per cercarli.

Il viaggio si svolge senza inconvenienti e nella notte i due agenti arrivano a Londra.

 

*

 

- Merda! E chi cazzo è, ‘sto stronzo?!

Sono le due del pomeriggio, ma Herman e Rod stavano ancora dormendo: sono arrivati solo nella notte, ancora del tutto sfasati per il fuso orario.

Herman prende il telefonino e guarda il numero. Colton! C’era da aspettarselo.

- Pronto!

- Buongiorno ragazzi, ho aspettato un po’ a chiamarvi.

- Potevi aspettare un altro po’. Cazzo, Colton, siamo tornati questa notte. Potremo almeno dormire? La missione l’abbiamo portata a termine.

- Ancora a letto? Ma è ora che vi abituiate al fuso inglese, a meno che non vogliate ripartire subito.

Herman grugnisce qualche cosa che non dev’essere un commento gentile. Colton aggiunge:

- Volevo parlarvi. Ho una brutta notizia da darvi.

- Sei stato promosso?

- Ma sai che sei proprio stronzo? No, è una faccenda seria. Ahmed Saedi è stato ucciso.

Herman potrebbe dire che lo sa già e sa pure chi è stato, ma non è il caso.

- Cazzo! Non mi stupisce, però. L’ultima volta che l’abbiamo visto sapeva che l’avrebbero ucciso. Se l’aspettava.

- Per noi è un brutto colpo. Collaboravamo molto bene. E prima avevano ucciso il suo collaboratore, mi avete detto.

- Sì, i due omicidi sono collegati.

C’è un momento di silenzio, poi Colton dice:

- Quando venite qui in ufficio?

Interviene Rod, che sente la telefonata (Herman ha messo il vivavoce):

- Domani mattina. Lavati bene, Colton.

Colton dice:

- Di voi due non saprei dire chi sia più stronzo.

- Ma tu ci batti tutti e due.

Dopo questo scambio di cortesie, Colton chiude la telefonata. Rod commenta:

- Domani vediamo gli effetti di due mesi di seghe.

 

Il giorno dopo Herman e Rod si presentano all’appuntamento. Si siedono davanti alla scrivania di Colton e gli raccontano lo svolgimento della missione. Trascurano una serie di dettagli non rilevanti, che in parte Colton intuisce benissimo, e non dicono nulla del tradimento di Saedi. Dopo aver narrato il tutto e aver ricevuto i complimenti per la missione, Rod si alza e dice:

- Bene, noi adesso andiamo. Abbiamo svolto il nostro compito e abbiamo diritto a un periodo di vacanza.

Colton rimane spiazzato.

- Come, ve ne andate, così?

A Herman viene da ridere vedendo Colton smarrito, ma si controlla.

Rod guarda Colton, come se non capisse:

- Perché? Devi ancora dirci qualche cosa?

- Ma ragazzi, dopo due mesi che non ci siamo visti…

Rod guarda Colton, aspettando la conclusione del discorso, come se davvero non capisse che cosa ha in mente il vice dei servizi. Non dice nulla, perfettamente impassibile.

- Ma io pensavo…

- Sì? Dicci.

Colton scuote la testa, poi ghigna.

- Sei proprio stronzo, Rod.

Rod non fa una piega.

- Credo che tu me l’abbia già detto. Se non hai altro da aggiungere…

Colton ha capito il gioco di Rod. Potrebbe rendergli la pariglia congedandolo. Ma, come sostiene Rod, due mesi di seghe sono lunghi. Colton aggira la scrivania, si avvicina a Herman e lo bacia sulla bocca, poi passa le mani sotto la giacca e la fa scivolare a terra. Rod mormora:

- Proprio solo per farti un piacere.

Intanto passa dietro Colton e mira direttamente alla cinghia dei pantaloni.

C’è una sequenza confusa, in cui non è ben chiaro chi spoglia chi, ma alla fine i nostri tre eroi si ritrovano nudi e sulla scrivania ci sono alcune bustine con preservativi e lubrificanti.

- Vediamo se ti ricordi come si fa, Colton.

Rod apre una bustina e porge il preservativo a Herman, che si inginocchia e glielo infila.

- In primo luogo, ti metti o ti fai mettere il preservativo.

Colton annuisce, sorridendo. Prende un preservativo e lo passa a Herman, che apre la bustina. Mentre Herman infila il preservativo sul cazzo di Colton, già perfettamente teso, Rod passa dietro al vice dei servizi e, dopo aver aperto un lubrificante, incomincia a spargerlo sulla cappella.

- Te lo metti sul cazzo.

Colton esegue, mentre Herman si appoggia alla scrivania, a gambe allargate.

- Poi lubrifichi bene il buco del culo del tuo bersaglio.

Colton incomincia a distribuire il lubrificante intorno all’apertura che Herman ha messo in mostra.

Rod passa dietro a Colton e fa lo stesso. Colton si irrigidisce.

- Tranquillo, Colton. Ti ricordo come si fa.

E intanto le sue dita spargono ben bene la crema.

- E poi avanzi, piano.

Colton avvicina la cappella al buco di Herman. E intanto sente il cazzo di Rod che preme contro il suo culo.

Colton avanza ancora un po’, sottraendosi così alla pressione che avverte contro il proprio culo, ma Rod lo incalza.

- Entra, Colton.

Colton avanza, piano. La sensazione del calore del culo di Herman e dello sfregamento della cappella contro la carne che l’avvolge è tanto forte da stordirlo. Avverte che anche il suo culo sta accogliendo un visitatore, che si muove piano, ma che è troppo ingombrante per non essere avvertito.

Colton avanza fino in fondo, accompagnato da Rod, che però ha introdotto appena la cappella. Colton si abbandona sul corpo di Herman, le sue mani lo stringono, scivolano dal torace al cazzo, che afferrano, poi scendono ad accarezzare i coglioni. È una sensazione splendida.

Colton arretra e mentre lo fa, si impala sul cazzo di Rod, che ha afferrato con le sue mani il culo di Herman. Colton si ferma. Avanza nuovamente, sfuggendo in parte al palo che lo infilza, poi nuovamente arretra il culo e questa volta continua fino a che sente che il cazzo di Rod penetra più in profondità. Avverte il dolore, che cresce, e una sensazione del tutto nuova. Colton non lo ammetterebbe mai, ma è bello sentire dentro di sé questa presenza ingombrante, che gli riempie il culo. Poi Colton affonda di nuovo l’arma dentro Herman, sfuggendo quasi completamente alla mazza di Rod.

Colton si muove piano, confuso da sensazioni violente e nuove. Herman e Rod rimangono nelle loro posizioni, lasciando che sia lui a decidere i tempi.

Ma Colton non decide nulla: si abbandona completamente alle sensazioni fortissime che prova. Si muove avanti e indietro e non saprebbe dire se è più bello gustare il culo di Herman o impalarsi sul cazzo di Rod, nonostante il dolore che sente.

Il movimento diventa più deciso, anche se il dolore cresce, ma Colton si rende conto, sgomento, che cerca quel dolore non meno del piacere che lo accompagna. Colton spinge con forza, ora, arretrando senza pietà per il proprio culo martoriato e avanzando deciso, fino a che viene, con una specie di singhiozzo e si affloscia su Herman. È il turno di Rod, ora. Il dolore diventa forte e Colton vorrebbe sottrarsi, ma non è possibile. Rod ha afferrato il cazzo di Herman e la sua mano lo percorre, mentre trafigge il culo di Colton. Infine Rod viene, quasi insieme a Herman.

Colton sente la pressione nel suo culo diminuire e il dolore attenuarsi. Chiude gli occhi.

Rod si stacca. Colton rimane ancora un momento. Gli piace sentire il calore del culo di Herman intorno al proprio cazzo. Poi anche lui si tira indietro.

È confuso. Gli scoccia ammetterlo, ma è stato bellissimo, una delle più belle scopate della sua vita.

- Visto che non era così terribile, Colton?

Colton scuote la testa.

- Magari riproviamo domani, che ne dici?

Colton annuisce. Gli sembra di non essere in grado di parlare.

Solo quando si sono rivestiti, Colton guarda il ripiano della scrivania, scuotendo la testa, e trova le parole:

- Al solito. Dovreste viaggiare con uno straccio per pulire, voi due.

Rod ride. Bacia Colton ed esce, alquanto soddisfatto di aver gustato, per primo, il culo del vice dei servizi.

Per strada Herman chiede:

- Sei contento? Hai realizzato il tuo sogno.

Rod lo guarda e dice:

- Uno dei miei sogni. Me ne rimane un altro.

Herman sa benissimo qual è il secondo sogno, per cui dice:

- Non bisogna soddisfare tutti i propri sogni, poi non rimane più nulla da sognare…

Rod non sembra molto convinto.

 

2014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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