Temporali estivi

 

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Ci sono luoghi dove anche un temporale si trasforma in uno spettacolo magnifico.

Armenio scruta nel buio il disegno dei lampi che solcano il cielo nero specchiandosi nel mare. Il temporale è arrivato all'improvviso, costringendolo a rifugiarsi in quel locale, quando ormai non aveva più niente di asciutto. Ma non poteva trovare una postazione migliore, per godersi la vista della natura scatenata. Il piccolo ristorante "Bellavista", che domina il belvedere, è valorizzato da un'intera parete a vetri che affaccia sul mare, e tutto sommato, anche se banale, non poteva chiamarsi diversamente. Se vogliamo, l'unica stranezza è che, a parte un tavolo occupato da due uomini, per il resto sia completamente vuoto.

Armenio è affascinato dal panorama che s'indovina ogni volta che viene illuminato dai flash. Dopo ogni scarica elettrica l'eco dei tuoni si rincorre nella baia.

– Che vacanze di merda!

Armenio si volta. L'uomo che ha parlato è a un metro da lui e sta scrutando nel buio attraverso la medesima vetrata. Non l'ha sentito arrivare. Ha un bellissimo profilo greco, ed è anche lui inzuppato dalla bella testa di capelli neri ai mocassini da barca. 

– Non sembra nemmeno estate – osserva in risposta, anche se probabilmente l'uomo stava commentando tra sé e sé.

La camicia bianca, completamente bagnata, aderisce al suo corpo mostrando in trasparenza i rilievi dei pettorali, la scura macchia dei capezzoli e un arabesco villoso che si insinua oltre la cintura.

– No, ma quale estate! Questa è la più schifosa e lunga mezza stagione che abbia mai visto. È cominciata a marzo e finirà a novembre, ci scommetto.

– Spero proprio di no. Io ho solo due settimane di ferie.

L'uomo bruno si avvicina, tendendogli la mano.

– Milo Cattaneo.

Armenio Ruffini.

– Anch'io ho solo due settimane di ferie. Ma se avessi saputo che anche al sud venivo a trovare 'sto tempo di merda, col cavolo che mi facevo mille e cinquecento chilometri.

– Io un po' meno, ma tutto sommato credo che qui abbiamo maggiori probabilità di prendere un po' di sole, tra un temporale e l'altro.

– Capisco. Tu sei un ottimista.

– Tu no, vero?

– Ci puoi scommettere.

– Beh, almeno siamo capitati in un posto dove dicono che si mangi bene.

– Chi lo dice?

– Vox populi.

– Non mi fido. Sono come San Tommaso.

– Mettiamoli alla prova.

– Hai già un tavolo?

– Mi hanno detto di sedermi dove voglio.

– Che ne dici se ci facciamo compagnia?

– Perché no?!

Armenio non si aspettava di trovare compagnia per la cena, ma l'intraprendenza e la sfacciataggine di Milo non gli dispiacciono affatto, anzi.

– Questo tavolo è perfetto, no?

– È perfetto per seguire il fronte dei fulmini.

– Ecco, appunto. Meglio tenere il nemico sotto controllo.

Armenio scoppia a ridere.

Milo lo guarda compiaciuto, prendendosi tutto il merito di quella risata.

Poi arriva il cameriere, che li squadra ben bene, prima di parlare.

– Buonasera, signori. Se mi è permesso, temo che così bagnati rischiate un malanno. Posso suggerirvi un'alternativa al tavolo?

– In che senso? – chiede Armenio.

– Di sopra abbiamo delle camere libere. Con un piccolo supplemento potreste cenare lì, mentre il personale di lavanderia potrebbe occuparsi di asciugare i vostri abiti.

Armenio contempla immediatamente la visione di loro due che cenano in mutande. Da una parte trova l'idea esilarante, dall'altra parecchio eccitante. Guarda Milo. Milo guarda lui, poi si volta verso il cameriere.

– Avete una camera con la stessa vista?

Il cameriere osserva il muro nero oltre i vetri. Ritenendola una battuta, si mette a ridere.

– Vi faccio preparare la camera – dice poi, prendendo la sua domanda per un assenso.

– Questa non mi era mai capitata – commenta Milo.

– Neanche a me.

– Ma dove siamo finiti?

– In un posto ben organizzato.

– Fin troppo, mi pare. Vedrai che ci salasseranno.

– Potrebbe valerne la pena – commenta Armenio, riferendosi ad altro che al cibo.

– Me lo auguro.

Poco dopo, il cameriere ritorna al loro tavolo.

– Prego, vi faccio strada.

Milo si alza, lasciando un'impronta bagnata sulla poltroncina imbottita. Armenio lo segue. Questa serata si fa di momento in momento più interessante.

Giunti all'ascensore, il cameriere cede il posto a un collega, che guida Armenio e Milo fino alla camera 107. Il tavolo per due è già apparecchiato. Sul letto a due piazze è adagiata una coppia di accappatoi. Il cameriere li lascia, annunciando che tornerà a breve per ricevere le ordinazioni e ritirare gli abiti per la lavanderia.

– Dunque, devono esserci i sacchetti della lavanderia, da qualche parte.

– Di solito sono nell'armadio.

Armenio apre le ante. I sacchetti ci sono. Ci sono anche le ciabatte di spugna. Milo comincia a spogliarsi davanti a lui. Armenio si gode lo spettacolo della camicia che si apre sul torace villoso di Milo. A quel punto è già così eccitato che pensa di andarsi a spogliare in bagno, per non mostrare spudoratamente quella parte di lui che è felice di quel quiproquo. Ma il suo sguardo, dopo aver finito col torace, si sposta più in basso, dove si evince chiaramente che la sua felicità è condivisa. Ampiamente condivisa, per essere esatti. Milo si stupisce della sua fortuna.

Completamente nudi, e del tutto arrapati, si guardano, sorridendosi. Il pensiero della cena e del cameriere che sta tornando va a ficcarsi in un angolino periferico della loro mente. Si avvicinano, lentamente, studiandosi con piacere. Stanno per sfiorarsi. Bussano alla porta.

– Servizio in camera – si ode, attraverso lo spessore del legno.

– Un attimo! – urlano in coro.

I vestiti bagnati finiscono ammucchiati nei sacchetti di plastica. Milo e Armenio si avvolgono negli accappatoi. Poi Milo va ad aprire la porta.

Il cameriere trasporta un vassoio con due flûte di prosecco, che appoggia sul tavolo.  – Questo lo offre la casa. Per la cena i signori hanno deciso?

– Che cosa ci consiglia? – dice Armenio, tanto per darsi un contegno.

– Stasera c'è una zuppa di pesce spettacolare.

– Per me va bene – approva Milo.

– Anche per me.

– Vino?

– Non abbiamo avuto il tempo di guardare la carta.

– Posso consigliarvi di lasciar fare al nostro sommelier?

– Va bene – dice sbrigativamente Milo, consegnandogli i sacchetti della lavanderia.

– Potete lasciare le scarpe davanti alla porta. Tra poco passerà a ritirarle un mio collega. Per la zuppa ci vogliono dieci minuti.

– Grazie infinite – dice Milo accompagnandolo alla porta.

– Dieci minuti – ripete Armenio.

– Intanto possiamo brindare. Al temporale!

– Al temporale?

– Sì, al temporale che ci ha portati qui.

I bicchieri si svuotano. Gli accappatoi cadono a terra. Le mani si protendono in esplorazione. Pelle calda, tuoni che rumoreggiano in distanza, labbra che s'incontrano al termine di un'impacciata esitazione, un bussare leggero alla porta. Milo sbuffa. Arsenio raccoglie da terra l'accappatoio e lo indossa in fretta prima di aprire al cameriere.

Il carrello del ristorante avanza verso la tavola apparecchiata.

– Ci serviamo da soli, grazie – dice Milo, con lieve esasperazione.

– Molto bene. Per la lavanderia ci vuole un'ora.

– Fate con comodo.

– Posso ricordarvi le scarpe?

– Ah, no grazie. Va bene così.

– Come desiderano.

Il cameriere esce. Milo afferra il cartoncino "Non disturbare" appeso alla maniglia, riapre la porta e lo appende fuori.

– Questo forse li terrà lontani per un po'.

Armenio sogghigna, sfilandosi l'accappatoio. Milo lo fronteggia con espressione esasperata.

– A noi!

 

È mezzanotte passata quando lasciano la camera, con un certo rammarico. Il conto è salato, ma ne è valsa la pena.

Non piove più. Nel cielo ampi squarci tra le nubi lasciano intravedere qualche stella e uno spicchio di luna avvolto in un alone nebbioso.

– Tu dove alloggi, Milo?

– Al Residence Mare e Monti. E tu?

– Alla Pensione Adelina, di fronte alla spiaggia.

– Allora ci vediamo in spiaggia o alla piazzetta. Dobbiamo separarci qui. Tu segui la discesa e io mi arrampico in salita.

– Già. Allora, buonanotte.

– Buonanotte.

Mentre s'incammina verso la scalinata che lo porterà in basso, Armenio si volta indietro. Anche Milo si volta a guardarlo, alza il braccio in segno di saluto e Armenio risponde.

 

Un'avventura estiva, appena arrivato. Armenio non è mai stato tanto fortunato. Milo gli piace davvero. Aspetta con ansia di rivederlo. Ma i seguenti tre giorni passano sotto un cielo che pare voglia rovesciare sulla terra tutta l'acqua del mare. Armenio si è armato di cerata con cappuccio e si ostina a vagare per il paese come un'anima in pena. Di Milo nessuna traccia. Infine si decide a salire fino al Residence Mare e Monti. I nubifragi hanno ridotto il bel giardino fiorito un pantano in cui si chinano e strisciano informi ammassi vegetali. Si salvano solo gli alberelli di limone.

Alla reception una ragazza dall'espressione desolata lo accoglie con un mesto sorriso.

– No, mi dispiace. Il signor Cattaneo ha lasciato il Residence stamattina presto. Questa estate che non arriva ci sta mettendo in ginocchio. Sono tanti i nostri clienti che se ne vanno prima del tempo, e tante anche le disdette.

– Certo, capisco. Grazie lo stesso.

Armenio ridiscende alla costa con passo strascicato. Mentre l'acqua gli scivola a rivoli dalla cerata, le sue scarpe sono ormai zuppe. Gli sembra inutile evitare le pozzanghere che si raccolgono qua e là. Ma per lo più, l'erta pendenza crea cascatelle e ruscelli che vanno a gettarsi in mare. Passa dalla piazzetta, dove si ferma a bere un caffè, poi decide che tanto vale andarsene a dormire. Il pomeriggio è lungo senza niente da fare. Non vuole deprimersi. Non vuole pensare più a Milo. Era troppo bello per essere vero. Un incontro fortuito. Un'intesa immediata, ma troppo breve. Un altro a cui non interessa approfondire un rapporto, neppure per la durata di una piccola vacanza. Una scopata e via. La storia della sua vita sentimentale. Chissà perché, proprio stavolta, gli era sembrata una cosa diversa, l'inizio di una storia vera, un lampo di luce nel buio. Sono le piccole speranze deluse che ci uccidono giorno dopo giorno. Bisognerebbe imparare a farne a meno.

Alla Pensione Adelina si sono attrezzati. Dentro un vascone di plastica hanno inserito un'asta appendiabiti, vicino alla porta d'ingresso. Ci si ammucchiano le cerate e gli ombrelli gocciolanti. Armenio ci appende anche la sua.

– Mai visto niente del genere – dice la signora Pina, che gestisce la pensione.

– Già, immagino. Chisto è 'o paese do sole.

– Sì, una volta!

– Non si abbatta, signora Pina. L'estate arriverà.

– E quando? Siamo a fine luglio, ormai. Le previsioni del tempo non ci raccontano niente di buono nemmeno per il futuro. E qua, se non c'è il sole, abbiamo perso la stagione.

– Speriamo che si sbaglino.

– Speriamo.

– Vado a guardare un po' di televisione nella saletta.

– C'è già un signore, che è arrivato stamattina. Ah, ma che stordita! Aveva chiesto proprio di lei.

– Di me?

– Sì, sì. La sta aspettando nella saletta comune.

– Grazie, signora Pina.

Col cuore in gola, Armenio entra nell'accogliente stanza, piena di piante e di ninnoli, di centrini e di cuscini colorati. Un ciuffo di capelli neri sporge dallo schienale della poltrona di fronte al televisore.

– Che vacanze di merda! – esclama Armenio.

– Non sembra nemmeno estate – risponde Milo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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