| Una biografia bluFerdinando Neri
  è nato nel 1930 in un paese della Romagna, da genitori toscani. A quattordici
  anni lavora come staffetta per una formazione partigiana della regione e a quindici
  anni festeggia la liberazione scoprendo con uno dei componenti della brigata
  che cosa possono fare insieme due uomini.  Nel 1946 va a
  lavorare in Francia, dove entra in contatto con esuli spagnoli (contatto
  molto intimo, assicurano fonti non ufficiali). Entra nella rete clandestina
  di appoggio alla resistenza antifranchista e nel 1949 si trasferisce a
  Barcellona. Tra il 1949 ed il 1952 vive in diverse città della Spagna, dove
  la sua attività di operaio in una tipografia cela in realtà la partecipazione
  alla lotta contro il regime franchista. Scoperto, catturato e torturato,
  rischia di essere giustiziato, ma riesce fortunosamente a fuggire.  Ormai la Spagna
  gli è preclusa, per cui Ferdinando si rifugia in Sud-America,
  a Cuba. Qui, nel 1953 partecipa alla ribellione di Santiago contro la
  dittatura di Batista, ma viene ferito e i suoi compagni riescono a
  nasconderlo. Guarito, è costretto a fuggire e si rifugia in Guatemala, fino a
  che il colpo di stato del 1954 non lo costringe nuovamente all’esilio, in
  Messico questa volta, dove riprende il suo lavoro di tipografo. Nel 1956 si
  unisce a Fidel Castro: è tra le truppe che entrano all’Havana insieme al Che,
  il 3 gennaio 1959. Ferdinando trascorre tre anni a Cuba, ma poi riparte.  Gira in diversi
  paesi dell’America latina e nel 1967 cerca di raggiungere il Che in Bolivia,
  ma quando arriva alla Paz, scopre che il suo comandante è stato assassinato.
  Nel 1973 si trasferisce in Cile, ma nel colpo di stato dell’11 settembre 1975
  rischia di perdere la vita: si salva solo perché il coprifuoco gli impedisce
  di tornare a casa, dove nella notte la polizia fa irruzione arrestando due
  amici, che vengono assassinati nei giorni seguenti.  Ferdinando si
  rifugia allora in Nicaragua, dove dal 1975 al 1979 partecipa alla rivoluzione
  sandinista. Gravemente ferito negli ultimi combattimenti, rimane in Nicaragua
  fino al 1990, quando decide di tornare in Italia.  Stabilisce la sua residenza in
  una grande città del nord e deve inventarsi nuove professioni per sfuggire
  alla miseria, perché la pensione di guerrigliero per la libertà non è prevista:
  scrive alcuni racconti e una raccolta di testimonianze sulla rivoluzione in
  Nicaragua, che lo porta a ritornare più volte a Managua. Qui conosce (molto a
  fondo) un giovane sindacalista brasiliano, per cui nel 1995 si stabilisce in
  Brasile, dove partecipa al movimento dei Sem-terra.
  Attualmente vive in Brasile, ma ritorna sporadicamente in Italia e lavora
  come giornalista free-lance per alcuni quotidiani spagnoli, brasiliani,
  portoghesi ed italiani; all’attività di giornalista alterna quella di
  scrittore e pubblica due romanzi (I quattro re” e “Ispettore Ferraris. Punto e a capo”).  Alcuni sospettano che durante
  le sue lunghe assenza dall’Italia, durante le quali non dà notizia di sé,
  combatta ancora per la libertà e voci non confermate, probabilmente
  infondate, lo danno attualmente per prigioniero dei russi in Cecenia. |