13 – Come regolare un vecchio conto

 

 

Adam torna ancora una volta nella sala sotterranea vicino a Lisson Grove. Sta scrivendo un articolo, in cui parla degli incontri clandestini che si tengono a Londra, senza indicare i posti in cui si svolgono, e descrive anche ciò che avviene nel locale creato da Ronaldson. Racconta il tutto come se riportasse le testimonianze di persone che hanno assistito. Viene per vedere se c’è ancora qualche dettaglio da inserire.

Come le altre sere, si fa lasciare dalla carrozza non molto distante e percorre a piedi il breve tratto che lo separa dal locale. È una bella serata di primavera, la giornata è stata serena e sta spuntando la luna, una luna piena che porterà un po’ di luce anche nelle tante strade dove non esiste ancora l’illuminazione pubblica. La viuzza in cui si trova il locale è una di queste, ma l’uomo che staziona davanti alla porta ha con sé una lampada.

Adam si mette la maschera ed entra. Tutto è come le sere precedenti: le panche disposte su due livelli intorno allo spazio dove si combatte, Spade che fa da arbitro, gli spettatori mascherati.

Al primo incontro sono di nuovo il Rosso e il Nero ad affrontarsi. Adam segue l’incontro con piacere. I due pugili sono maschi gagliardi e attraenti. Adam sospetta che tra i due ci sia un buon rapporto: è abbastanza evidente che non vogliono davvero farsi male. Il Nero è decisamente più forte, ma il Rosso si difende a lungo, prima di finire a terra. Adam li vedrebbe volentieri lottare avvinghiati e non gli spiacerebbe che avessero un’erezione, come è successo ad alcuni dei lottatori in altri incontri.

Quando Spade chiede se qualcuno vuole affrontare uno dei due, Adam decide di farsi avanti: ha voglia di mettersi alla prova. Sceglie il Rosso, che è un avversario meno temibile. Adam ha l’impressione che con il Nero non reggerebbe neanche un minuto. E poi il Rosso gli sembra più cordiale, meno incattivito del Nero.

Adam si toglie la giacca e la camicia e l’incontro ha inizio. Adam ha praticato pugilato e lotta a livello amatoriale e in alcune delle sue inchieste questo gli è anche servito per riportare a casa la pelle. Ma non è abile come il Rosso e dopo pochi minuti finisce a terra. Si rialza e riprova, ma anche questa volta l’unico risultato è quello di sperimentare nuovamente la durezza del pavimento. Adam sa essere ostinato, ma vista la sproporzione di forze, non gli sembra il caso di insistere, per cui abbandona: ha retto abbastanza ed è stato divertente mettersi di nuovo alla prova.

Il primo incontro non prevede la possibilità di scopare con uno dei due lottatori. Questo spiace a diversi spettatori, ma aver visto due magnifici maschi lottare nudi è comunque un piacere e uno stimolo. Un uomo, più impaziente, si avvicina a Spade e gli chiede se può avere qualcuno subito. Spade non si lascia cogliere impreparato e gli fa scegliere tra due dei maschi del bordello.

Nella pausa prima dell’incontro successivo, Bart è vicino a Greg. Vede avvicinarsi Becker, che ha la maschera, ma con i capelli e la barba bionda è perfettamente riconoscibile. Bart si tende, ma Ernest è venuto solo per commentare l’incontro con Greg, a cui si rivolge.

- Direi che ha fatto un lavoro eccellente con il Rosso, Wheelsand. Migliora a vista d’occhio.

Greg sorride. Come sempre, Ernest Becker è gentile, ma quello che dice è vero: Harry impara in fretta e ha fatto molta strada.

- Il Rosso ha stoffa. Anche lei, ma spero che non intenda di nuovo mettersi a combattere qui.

Greg ha appena scoperto che la volta scorsa Ernest ha affrontato Bart: gliel’ha raccontato uno degli uomini del bordello, che era presente. Lo ha molto amareggiato il fatto che Bart abbia colpito Becker quando l’incontro era di fatto sospeso. Nei confronti di lord Becker, Greg prova ammirazione e riconoscenza; a Bart è affezionato, anche se non hanno più scopato: lo considera un amico. Vorrebbe parlare a Bart, cercare di capire perché ha agito in quel modo, ma non ritiene opportuno farlo qui, ora. Ci saranno altre occasioni, senza gente intorno.

In quel momento Greg viene chiamato con un cenno da un uomo mascherato: è Ronaldson, che vuole parlargli. 

- Scusi un momento.

Greg si allontana.

Ernest e Bart rimangono uno di fronte all’altro. Senza che Ernest abbia detto una parola, Bart ringhia:

- È inutile che mi giri intorno. Non mi vendo.

La frase non ha senso: Ernest non ha detto niente che vada in quella direzione e non stava “girando intorno” a Bart, non stava nemmeno parlando a lui. Ma l’odio che Bart prova per quest’uomo gli impedisce di ragionare. Perfino il fatto che usi la maschera che copre solo una parte del viso gli dà fastidio. Qualunque cosa Ernest Becker faccia o dica, suscita in lui rabbia.

Ernest sorride e dice:

- Nero, non ho nessuna intenzione di scopare con te. Non penso proprio che lo farei volentieri. Credo che tu sia il più bel maschio che io abbia mai visto, questo devo riconoscerlo, ma credo anche che tu sia uno dei peggiori stronzi che abbia mai incontrato. E ti assicuro che di stronzi ne ho conosciuti tanti.

Ernest si volta e si allontana.

Bart rimane disorientato. Avrebbe voglia di prendere di nuovo a pugni quest’uomo che lo insulta, ma nello stesso tempo la sua franchezza lo disarma.

Bart ha ancora un incontro, il terzo. Anche questa volta manda a terra il suo avversario, ma nessuno si stupisce: il Nero è ormai conosciuto come un buon pugile. In questo incontro Bart sembra più rabbioso del solito, ma l’unico che se ne accorge è Ernest Becker: gli altri sono solo interessati a vedere due bei maschi che combattono nudi.

Alla fine dell’incontro Bart si riveste in fretta per andarsene: non ha voglia di rimanere, neanche di scambiare due parole con Harry o con Greg. Ripensa alle parole di Becker e prova una rabbia sorda, che non cerca di spiegarsi.

La lampada all’ingresso illumina appena la porta, ma la luna è alta in cielo e diffonde una luce biancastra. Dove la luce lunare non arriva, l’ombra è fitta. Bart fa pochi passi, di pessimo umore, e svolta in un vicolo. Appena ha girato l’angolo, da una rientranza appaiono due uomini armati di coltello, che si parano davanti a lui.

- È ora di saldare i conti, Summerscale.

Bart non sa chi siano e perché ce l’abbiano con lui, ma è chiaro che è in pericolo. Bart fa un passo indietro, verso il muro, per cercare di coprirsi almeno le spalle, anche se sa che le sue possibilità di cavarsela sono ben ridotte. Il suo movimento è quello su cui i suoi assalitori contavano. Dietro di lui due braccia si infilano sotto le sue ascelle, bloccandolo: c’era un uomo che aspettava che lui arretrasse verso la parete per prenderlo in modo da impedirgli di reagire.

Bart sa di essere un uomo morto: solo, disarmato e impossibilitato a difendersi. Se vogliono ucciderlo, possono farlo. Ed è davvero quella la loro intenzione, che viene espressa chiaramente. E non solo quella: 

- Prima di tagliarti la gola, dobbiamo fare un lavoretto: non creperai maschio.

E mentre lo dice, attraverso la stoffa dei pantaloni l’uomo gli afferra i genitali con la mano. Bart scalcia, ma l’uomo evita il colpo, lasciando un attimo la presa.

In quel momento risuona una voce:

- Fermi!

È Ernest Becker. Che cazzo pensa di fare, contro tre uomini armati?

Ernest si è lanciato contro l’uomo che stava per colpire Bart e lo ha preso di sorpresa, scagliandolo a terra. Nella caduta l’uomo perde l’arma. L’altro assalitore alza il suo coltello e fa per vibrarlo su Becker, che però balza lontano.

L’uomo che è caduto si rialza, imprecando. Gli assalitori sono consapevoli di avere poco tempo a disposizione: non sapendo dove abita Bart, si sono dovuto appostare vicino al locale. Sanno che gli ospiti, che non vogliono farsi riconoscere, escono di solito uno alla volta e a ogni momento può arrivare qualcun altro. Castrare e uccidere Summerscale doveva essere questione di un minuto, non di più, invece l’arrivo di questo fottuto coglione rischia di mandare a monte il loro piano.

Intanto Bart cerca di divincolarsi. Dà una spinta all’indietro, sbattendo l’uomo che lo tiene contro il muro, ma questi non molla la presa, anche se bestemmia sonoramente.

Becker cerca di recuperare l’arma che è caduta a uno degli aggressori, ma uno degli altri due gli molla un calcio. Becker afferra il piede dell’uomo mentre scalcia e tira, facendolo cadere. L’uomo finisce malamente a terra ai piedi di Bart e lancia un grido di dolore.

Per un attimo Bart dice che forse ce la possono fare. Vibra un calcio violento, che prende in faccia l’uomo disteso a terra. L’uomo alle sue spalle sibila:

- Merda! La pagherai.

Gli molla un braccio. Bart sa benissimo che cosa significa: vuole prendere il coltello e lo ammazzerà. Con una torsione si libera e colpisce con un pugno l’uomo. È un colpo di striscio, perché l’altro braccio è bloccato e Bart non può muoversi liberamente, ma l’uomo è costretto ad allentare la presa.

In quel momento arriva un altro uomo. Per un momento Bart pensa che sia la salvezza, ma la speranza svanisce subito: il nuovo arrivato ha anche lui un coltello e si avventa su Becker, che si scansa, ma viene ferito a un braccio. Era probabilmente rimasto a fare da palo, per assicurarsi che dal locale non arrivasse nessun altro, mentre gli altri tre facevano il lavoro. In qualche modo Becker gli è sfuggito, ma quando si è accorto della sua presenza è venuto a dare man forte.

Bart sa che è finita. Grida a Becker:

- Scappa, idiota! O ammazzeranno anche te.

Ma Becker ritorna alla carica, anche se è disarmato e ferito e gli altri sono in tre.

Bart si è distratto un attimo, per gridare a Becker di scappare. Fa appena in tempo a intravedere la lama. Cerca di scansarla, ma la sente entrargli nel petto. Un dolore violento. È la fine.

Un’ombra appare, ma scompare subito: qualcuno degli ospiti del locale, che ha visto uomini armati e si è subito allontanato. Perché rischiare la pelle?

Ma un attimo dopo Bart sente delle voci e mentre le gambe gli cedono vede arrivare qualcuno. Sono Harry e Greg. Harry è balzato addosso a uno degli assalitori, cogliendolo di sorpresa, e l’ha mandato a terra. Con un calcio alla tempia, vibrato con forza, Greg lo mette fuori combattimento.

I due assalitori rimasti in piedi si guardano un attimo. L’uomo che ancora tiene Bart lo molla, scagliandolo addosso a Becker, e tutti e due fuggono rapidamente: ormai sono due contro tre e magari arriveranno altri. Avrebbero dovuto concludere il tutto molto in fretta, come avevano progettato, ma è andata storta.

Uno degli uomini a terra cerca di rialzarsi, ma un calcio in faccia da parte di Harry lo sbatte contro il muro. Si sente un rumore secco: l’uomo ha battuto la testa in modo violento. Dopo averlo colpito, Harry fa per lanciarsi dietro i due fuggitivi, ma Becker, che sostiene Bart, parla:

- Lasciateli stare. Li ritroveranno. Il Nero è ferito.

Greg si avvicina. La manica della giacca di lord Becker è tagliata e si vede il sangue. Greg osserva:

- Anche lei è ferito, milord.

- Niente di grave. Rosso, riesci a sollevare il Nero? Non credo che tornino, ma è meglio allontanarsi.. Dobbiamo portarlo da un medico.

Harry sostiene Bart, che non riesce a reggersi in piedi.

 

Adam è fermo in un angolo buio, contro una siepe: ha sentito il bisogno di svuotare la vescica e si è fermato un momento. Si accorge che due uomini si stanno avvicinando di corsa. I due si fermano.

- Non ci seguono.

- Meno male.

- Comunque è meglio che ci separiamo. Ci vediamo tra due ore al Red Bull, come concordato. Dobbiamo riferire al Mannese.

I due si allontanano rapidamente, in direzioni diverse.

Adam non dà peso a quello che ha appena sentito. Conosce il Red Bull, perché gli è capitato di andarci in un periodo in cui indagava sulla prostituzione minorile a Londra: è un postaccio, che rimane aperto gran parte della notte, anche se non potrebbe.

Adam si rassetta e riprende il vicolo che ha lasciato. Dopo pochi passi, si trova davanti una scena del tutto imprevista: il Nero barcollante, che il Rosso sostiene; Ernest Becker ferito a un braccio; altri due uomini a terra. Chiede:

- Che cosa è successo?

A rispondere è Ernest Becker, che ha riconosciuto Adam.

- Il Nero è stato aggredito da quattro assassini armati, Woolwich.

Adam pensa a quanto ha sentito. I due dovevano essere gli assassini. Ma ora è più urgente cercare di salvare il Nero.

Adam aiuta Harry a sostenere Bart. La carrozza di Becker non è lontana. Bart viene issato dal Nero e da Adam.

- Woolwich, può avvisare lei gli agenti? Manderò anch’io un domestico, ma prima bisogna che pensiamo al Nero. Dia pure il mio nome, posso raccontare com’è andata la faccenda e potranno parlare con il Nero.

- Certamente, Becker.

La carrozza parte, mentre Adam cerca un agente. Sa che è inutile chiedere rinforzi al locale: gli spettatori sono interessati solo a scomparire e di certo non si fermerebbero a dare una mano.

Adam è abbastanza fortunato nella sua ricerca: dopo un quarto d’ora torna con due agenti di ronda nella zona. I due assalitori sono ancora sul posto, entrambi malconci. Quello che è stato sbattuto contro il muro non ha ripreso conoscenza, l’altro si è alzato a fatica, la faccia insanguinata, ma è intontito e barcolla, per cui non è riuscito ad allontanarsi.

I due uomini vengono portati via. Adam dà il proprio indirizzo e quello di Ernest Becker. Dice che c’è un ferito grave e che non conosce né il suo nome, né quello dei due passanti che sono intervenuti. E infine riferisce il dialogo che ha sentito. Aggiunge che andrà anche lui al luogo dell’appuntamento. Un agente esprime la sua perplessità.

- Non è affare suo.

- Sono un giornalista e su quanto è successo scriverò un articolo.

- Badi a non intralciare la nostra azione.

I poliziotti non sono molto convinti, ma non possono impedire ad Adam di andare al Red Bull, tanto più che è stato lui a dare loro l’informazione.

Adam decide di avvisare Thomas. Non ha più molto tempo per realizzare il suo piano, ma non vuole che Thomas si preoccupi non vedendolo rientrare e sa che è meglio cambiarsi d’abito, mettendo uno dei vestiti che usa nelle sue inchieste, per passare da operaio: un borghese al Red Bull attirerebbe subito l’attenzione e desterebbe sospetto. Si fa portare da una carrozza a casa e dice al cocchiere di aspettarlo.

Thomas è seduto in poltrona e sta leggendo. Gli sorride e dice:

- Hai fatto tardi. Spero che tu non ti sia fermato per…

L’espressione di Adam gli fa intuire che c’è un problema. Si interrompe e chiede:

- È successo qualche cosa, Adam?

- C’è stato un imprevisto. Non ho capito bene, non c’è stato molto tempo per parlare, ma in quattro hanno cercato di assassinare uno dei lottatori, il Nero, non so se te lo ricordi.

- Il negro della Giamaica?

- No, il Nero, quell’Ercole nero di pelo.

- Ah, sì, certo. Volevano ucciderlo?

- Sì, da quel che ho capito Becker si è messo di mezzo e lo ha salvato, ma è rimasto ferito anche lui. Credo che per lui sia solo una cosa leggera.

- E il Nero?

- È messo peggio. Ma non so niente di preciso. Domani andrò a sentire da Becker.

- Non sai perché volevano ucciderlo?

- No, non so niente. Quando sono arrivato erano già intervenuti altri due dei lottatori e due assalitori erano a terra.

- Avete chiamato gli agenti?

- Sì, l’ho fatto io.

Thomas fa una smorfia.

- Sarei dovuto venire anch’io.

- Non potevi prevedere un tentativo di omicidio.

- Di questa storia si occuperà qualcun altro, io ho già abbastanza da fare con il caso Kellington, ma sono curioso di capire qualche cosa di più. Spero che il Nero se la cavi.

- Anch’io. Adesso però io mi cambio ed esco di nuovo.

Thomas guarda Adam stupito. Adam spiega, mentre si spoglia. Thomas scuote la testa e dice:

- Va bene. Non sono in grado di farti cambiare idea, perché hai la testa dura, lo so benissimo. Uno cocciuto come te non credo di averlo mai incontrato.

Anche Thomas ha incominciato a spogliarsi.

- Che cosa fai?

- Mi cambio. Vengo anch’io.

- Che c’entri tu? Hai appena detto che di questo caso non ti occuperai.

- So che ti piace metterti nei guai, ma preferisco evitare che tu ti trovi da solo con tre assassini. E dato che sei troppo testardo per non andarci…

- Non sarò da solo, perché ci saranno anche gli agenti.

- Sì, questo lo verificherò passando in sede.

Thomas si fa lasciare alla sede della polizia, mentre Adam si fa portare ai margini orientali di Soho. Scende a qualche isolato di distanza dal Red Bull: non è proprio il caso di farsi vedere mentre arriva in carrozza.

Sembra che il Red Bull non sia più aperto e d’altronde secondo i regolamenti municipali il locale dovrebbe essere chiuso a quest’ora. Quando Adam spinge la porta, questa si apre. Ormai è tardi e non c’è molta gente. Chi lavora di giorno deve alzarsi presto il mattino e non può fare le ore piccole. Chi esercita di notte, come diversi avventori del Red Bull, è spesso già sul luogo di lavoro: a casa (altrui), su un marciapiede o in un angolo buio lungo una strada.

Adam lancia un’occhiata e si dirige verso il fondo del locale, dove ci sono alcuni tavoli liberi. Ordina un boccale di birra e incomincia a bere.

La birra è di pessima qualità, ma Adam non si aspettava niente di meglio. Adam tiene sotto controllo la situazione. Rovescia un po’ di birra per terra, badando che nessuno se ne accorga. Chiede un altro boccale e lo vuota in gran parte per terra, dove c’è già un po’ di tutto. Dopo un po’ mette le braccia sul tavolo e vi appoggia la testa, come se stesse dormicchiando. Ogni tanto alza la testa, beve un po’, rovescia altra birra e chiede un terzo boccale.

Due uomini entrano nel locale. Si guardano intorno e si siedono vicino alla porta: saranno i due assassini? È ancora presto, ma non si può escludere. Poco dopo ne arriva un terzo, che si siede non lontano da Adam, vicino alla porta che dà sul retro. Potrebbero essere i poliziotti venuti per catturare i due e l’uomo che devono incontrare. 

 

Intanto Ernest ha fatto portare Bart a casa propria, che non è molto lontana dal luogo in cui il Nero è stato ferito. Il dottore, chiamato immediatamente, controlla la ferita di Bart, la pulisce e la medica: non è così profonda da destare grandi preoccupazioni, per cui se non ci saranno complicazioni, dovrebbe guarire. In ogni caso sarà necessario un lungo periodo di convalescenza, in cui il ferito deve essere assistito regolarmente.

Il dottore suggerisce un trasferimento in ospedale, ma Ernest respinge la proposta: sa benissimo che negli ospedali le condizioni igieniche non sono buone e c’è il rischio di prendersi qualche malattia da altri ricoverati. Perciò Ernest dice che Bart rimarrà a casa sua, dove potrà avere tutta l’assistenza di cui ha bisogno. Bart vorrebbe opporsi, ma è troppo debole e sa che, escludendo l’ospedale, non ci sono alternative: nella misera stanza che affitta sarebbe solo e non c'è nessuno che possa assisterlo.

 

Sono passate circa due ore dal tentativo di omicidio, quando al Red Bull entra un uomo che zoppica, perché gli manca una gamba, sostituita da un pezzo di legno. Il portamento militare fa pensare a un soldato, forse a un ufficiale: probabilmente ha perso la gamba in guerra. L’uomo si siede a un tavolo vicino a quello di Adam.

L’oste chiede:

- Che cosa vuoi, Mannese?

Il Mannese ordina una birra.

Altri due uomini arrivano poco dopo e vanno a sedersi al tavolo del Mannese. Ordinano da bere e poi incominciano a parlare, molto piano. Adam è vicino, ma riesce a sentire solo qualche parola: un “Merda!” ripetuto più volte, un “Siete dei coglioni” da parte del Mannese. È chiaro che i due cercano di giustificare il fallimento della loro impresa e che il Mannese è furibondo.

Dopo un momento, uno dei due avventori seduti vicino alla porta si alza ed esce. Adam a questo punto è sicuro che si tratta di un poliziotto. L’uomo rientra pochi minuti dopo, ma non è solo: ci sono quattro agenti che si dirigono al tavolo del Mannese. Uno dei due sicari intuisce e si slancia verso la porta del retro, ma il poliziotto seduto vicino alla porta si alza ed estrae una pistola.

- Fermo o sparo.

Adam ha alzato la testa e, come tutti gli avventori, guarda, fingendosi stupito. Il Mannese guarda i due complici come se volesse incenerirli.

- Traditori!

- Ma noi…

Prima che l’uomo abbia finito la frase, il Mannese gli sferra un pugno micidiale. L’uomo cade addosso ad Adam, che continua a fingersi mezzo ubriaco e mezzo insonnolito, per cui mormora un “Che cazzo…”.

I poliziotti bloccano il Mannese, che non oppone resistenza, ma sibila, rivolto ai due complici:

- Fottuti coglioni!

I tre vengono portati via.

Nella taverna è sceso il silenzio. Poi uno degli avventori sputa per terra e dice:

- Fottuti sbirri.

Qualcuno chiede:

- Ma perché hanno preso il Mannese?

Adam beve un sorso di birra e si guarda intorno, come se non fosse del tutto lucido.

L’oste risponde:

- E che cazzo ne so?

Adam dice, con la voce impastata:

- E quello m’è pure volato addosso. Merda!

Qualcuno ride, uno osserva:

- Mi sa che il Mannese ha scelto la gente sbagliata per affidargli un compito.

- E che compito?

- E che cazzo ne so? Certo non andare a fare la spesa.

È evidente che gli avventori non sanno niente di preciso, a parte il fatto che il Mannese si occupava di affari loschi. Adam rimane ancora un buon momento, ma dalla conversazione che prosegue tra gli avventori non emerge nulla di interessante.

Adam paga ed esce, barcollando. Ha fatto pochi passi e ha appena ripreso la sua andatura normale, quando dall’ombra emerge una figura. Adam porta la mano alla pistola.

- Sono io, Adam.

- Cazzo, Thomas! Mi hai fatto prendere uno spavento! Ancora un po’ ti beccavi una pallottola.

- Uhm, spero che prima di sparare tu controlli che sia il caso.

Adam sorride.

- Talvolta. Ma che cazzo ci fai qui?

- Pensavo che ti saresti fermato un po’ per vedere se veniva fuori qualche cosa di interessante e ti ho aspettato.

- E gli arrestati?

- Ci pensa un mio collega. Non mi occuperò io di questo caso, te l’ho detto. Non c’entra con Kellington.

- Potevi startene a casa.

- Volevo essere sicuro che avessero preparato bene la trappola e che tu non ti ficcassi nei guai.

- Non ti fidi, eh?

- No.

Adam ride. Poi, con un movimento brusco, spinge Thomas nell’angolo buio da cui è uscito, gli prende la testa tra le mani e lo bacia. Thomas rimane un attimo interdetto, poi ricambia il bacio. Le loro lingue si inseguono e una mano di Adam scende a infilarsi nei pantaloni di Thomas. Thomas interrompe il bacio e dice:

- Sei pazzo, Adam! Non qui.

- Nessuno può vederci.

Il buio è assoluto, ma è una bella imprudenza.

Thomas sussurra:

- Potrebbe arrivare una pattuglia di ronda.

- Dirai che hai catturato un individuo sospetto.

E mentre Adam lo dice, la sua mano ha raggiunto il cazzo di Thomas e lo stringe vigorosamente, poi scende un momento a giocherellare con i coglioni e risale.

- “Un individuo sospetto” è il minimo che si possa dire!

Adam ride e dice:

- Non mi dire che non ti va.

Il cazzo di Thomas si è rapidamente riempito di sangue ed è duro come la canna della pistola che Adam ha rimesso in tasca.

- Tu sei pazzo.

- Me l’hai già detto.

Adam lo bacia di nuovo e la sua mano lavora. Ad Adam piace sentire il cazzo di Thomas tra le dita, caldo, duro, vibrante.

- Cazzo, Adam, sei…

Thomas non completa la frase. Avvolge Adam tra le braccia e controlla che non arrivi nessuno, mentre il piacere sale dentro di lui. Lo bacia appassionatamente. Sente le dita di Adam che giocano con il suo cazzo, lo stuzzicano, lo accarezzano, lo stringono.

Thomas prova ancora a dire:

- Cazzo, Adam, andiamo a casa!

Ma ormai è tardi. Thomas chiude un attimo gli occhi e l’onda del piacere lo travolge.

Thomas bacia di nuovo Adam, poi dice:

- Ma chi me l’ha fatto fare di mettermi con una testa di cazzo come te!

 

Il giorno dopo la polizia passa da Becker per interrogare Bart.

Alle domande dell’ispettore, Bart risponde che non sa chi possa volerlo morto. In realtà un sospetto ce l’ha, per non dire una certezza: lord Anthony Shaffield. Non è certamente l’unico ad avercela con Bart, ma gli altri sono poveracci come Bart stesso, che al massimo potrebbero cercare di pugnalarlo sorprendendolo in un vicolo buio e non assolderebbero certo quattro sicari. A parte questo, l’idea di farlo castrare non può essere venuta ad altri: Shaffield è l’unica persona che può avere un motivo per farlo. Bart preferisce non esprimere i suoi sospetti, perché dovrebbe spiegarne il motivo e preferisce non affrontare un processo: trattandosi di violenza carnale e sodomia, il processo senza nessun dubbio si concluderebbe con una condanna a morte.

- Ma quei quattro cercavano proprio te.

- Sì, sapevano il mio nome.

- Come facevano a sapere che saresti passato di lì?

- Ogni tanto combatto in un posto lì vicino.

Sul giro di lotte clandestine, Bart si mantiene molto sul vago. Evita di dire che gli incontri sono organizzati da Ronaldson e che c’è anche la possibilità di scopare con alcuni dei lottatori. Dice di aver partecipato a incontri anche in altri locali. Ma non può esimersi dall’indicare con precisione il posto da cui era uscito quando è stato aggredito. Il tutto non ha una grande rilevanza per la polizia: non sapendo che nel locale vi era anche un giro di prostituzione maschile, non vi è nessun reato, al massimo una multa per chi li gestiva.

Ernest Becker interrompe l’interrogatorio, dicendo che il medico ha raccomandato riposo. L’ispettore non ha bisogno di chiedere altro a Bart, per cui si rivolge al conte e gli dice:

- Avrei piacere di porre due domande anche a lei.

- A sua disposizione, ispettore. Venga con me in biblioteca.

Prima di tutto l’ispettore si fa raccontare l’intervento di Ernest, che spiega di essere passato nel vicolo e di aver visto il Nero bloccato contro un muro da un uomo e altri due che sembravano intenzionati a ucciderlo. 

- Ha visto tre uomini armati ed è intervenuto direttamente, invece di chiedere aiuto?

L’ispettore ha già sentito da Bart come sono andate le cose, ma non riesce a capacitarsi di come un nobile, di una famiglia illustre, abbia rischiato la pelle per salvare un uomo del popolo che chiama il Nero perché non ne conosce neppure il nome, uno dei tanti vagabondi senza lavoro che combattono per il divertimento degli spettatori.

- Se fossi corso a chiedere aiuto, mi avrebbero potuto aiutare a portare un cadavere. Non c’era tempo, stavano per ammazzarlo.

L’ispettore annuisce. Gli sembra che lord Becker abbia fatto una follia, ma tanto di cappello a quest’uomo, che ha fegato.

- Posso chiederle come mai si trovava da quelle parti?

- Ero andato ad assistere a un incontro di lotta. Mi piacciono molto e mi avevano parlato di questo posto dove si combatteva.

- Quelli di cui ha parlato Summerscale, il Nero, come lo chiama lei, allora. Ha visto anche Summerscale lottare?

- Sì. Proprio ieri sera.

Anche Ernest non fa riferimento a Ronaldson, che non conosce, e alla prostituzione: sa che avveniva, ma non ha mai assistito agli accoppiamenti e, dato che Bart non vi prendeva parte, non gli sembrano rilevanti.

- Conosce qualcuno degli altri che assistevano?

- No, gli spettatori si coprono il viso con una maschera.

- Con una maschera? E perché mai?

- Ispettore, molti nobili e borghesi preferiscono non essere visti in locali piuttosto squallidi come quello. Qualcuno ha paura di essere ricattato o anche solo di diventare oggetto di maldicenze.

Ernest sorride e aggiunge:

- Che poi sarebbero solo la verità, in questo caso.

La spiegazione in effetti è abbastanza convincente.

- Lei ha detto che è stato aiutato da due uomini che sono arrivati dopo.

- Sì, ma non so chi fossero. Mi hanno aiutato a portare il Nero, Summerscale, alla carrozza, poi se ne sono andati.

Greg e Harry, su consiglio di Becker, si sono dileguati.

Ernest aggiunge:

- Ah, c’era anche il giornalista, Woolwich, che ha detto che vi avrebbe avvisati.

- Sì, con lui abbiamo già parlato, ma è arrivato alla fine, di fatto.

- È vero. Due assalitori erano già fuggiti.

L’ispettore sorride:

- Ma sono stati catturati, grazie a Woolwich.

Ernest è stupito. L’ispettore racconta brevemente l’accaduto, senza scendere nei dettagli.

- Mi sembra un’ottima cosa. Avete fatto un buon lavoro. Quindi avete catturato anche il mandante.

L’ispettore scuote la testa.

- Non il mandante. Chi ha dato l’incarico, ma l’ha dato per conto di qualcun altro, che non sappiamo chi possa essere. Per questo ho chiesto a Summerscale se aveva un’idea. I quattro sicari non sanno niente e l’altro uomo si rifiuta di parlare.

- Capisco.

 

In effetti il Mannese si rifiuta di rispondere. In realtà neanche lui conosce il mandante, ma sa che dev’essere qualcuno molto in alto, che non si è rivolto direttamente a lui, ma si è servito di un altro intermediario e ha assoldato ben quattro sicari: quattro sicari tanto coglioni da non riuscire a portare a termine il compito assegnato. Ma questo è stato un errore di valutazione del Mannese, non è responsabilità di chi gli ha dato l’incarico di trovare gli assassini. L’uomo di cui la polizia vuole sapere il nome è stato un ufficiale nelle guerre napoleoniche, un superiore del Mannese, che gli ha salvato la vita quando è rimasto ferito. Il Mannese sa che lo impiccheranno, ma di certo non tradirà. 

 

Dopo essere passato da Becker per farsi raccontare com’è andata, Adam scrive un articolo sul caso. Nel testo parla anche degli incontri clandestini di lotta, su cui promette un’inchiesta: di fatto si tratta dell’inchiesta che ha già concluso. È il momento di pubblicare la serie di articoli che stava finendo. Parlando del tentato omicidio, Adam non scrive che Bart è stato ferito proprio uscendo da un locale in cui, oltre alla lotta, era praticata anche la prostituzione: non vuole mettere nei guai il Nero e neanche Ernest Becker. In uno degli altri articoli descrive invece anche il giro di prostituzione.

Intanto Adam cerca di raccogliere qualche informazione in più sul tentato omicidio.

Adam è abituato a frequentare i bassifondi: si è già finto minatore, ha fatto l’operaio e ha assunto diverse identità per portare a termine le sue inchieste. Riprende i suoi abiti da operaio e gira per le taverne dell’area in cui vivevano i quattro sicari e il Mannese. Ma i suoi giri non portano a nessun risultato concreto.

 

Shaffield è furente. Le indagini non lo preoccupano: nessuno può risalire a lui, i sicari e il Mannese non conoscono il suo nome e non l’hanno mai visto. C’è un intermediario, di cui Anthony sa di potersi fidare: non lo denuncerà mai. L’uomo comunque si è reso irreperibile, anche se è ben difficile che il Mannese faccia il suo nome.

Quello che manda in bestia Anthony è un altro fatto: Bartholomew Summerscale è sopravvissuto, anche se i giornali dicono che è ancora in pericolo di vita. Adesso starà certamente in guardia. Anthony non ama lasciare conti in sospeso.

 

Il tentato omicidio provoca l’immediata chiusura del locale dove si combatteva. La polizia sa dove si trova e di sicuro lo tiene d’occhio, per scoprire chi sono i partecipanti e interrogarli. Anche se nessuno sembra sospettare che si tratti del locale in cui c’è un giro di prostituzione, il posto deve essere abbandonato: nessuno degli spettatori vi rimetterebbe piede, sapendo che la polizia potrebbe arrivare da un momento all’altro.

Per Greg e Harry è un duro colpo. Per fortuna Greg ha le lezioni da Becker e Ronaldson continua a fargli allenare Harry. Harry dorme al bordello, dove mangia, ma non guadagna più nulla. 

 

Se qualcuno avesse detto a Bart che avrebbe trascorso diverse notti a casa di Ernest Becker, Bart si sarebbe messo a ridere. Ma ormai è una settimana che Bart è ospite del conte. I primi giorni le occasioni di parlare sono state poche. Bart è stato regolarmente accudito dai servitori ed Ernest Becker è passato ogni giorno, più volte, per vedere come stava ed è sempre stato presente alle visite del dottore, alquanto frequenti. Ma Bart non era certo in grado di conversare a lungo.

Adesso Bart sta meglio, anche se è ancora debole.

Il dottore è soddisfatto.

- Direi che il paziente è fuori pericolo. Con un fisico come il suo, non corre più rischi. Ha bisogno di riposo, ovviamente e per una settimana ancora è meglio che passi la maggioranza del tempo a letto o in poltrona, ma può incominciare a muoversi un po’ in casa.

Dopo aver accompagnato il dottore fino alla porta, Ernest Becker torna nella stanza di Bart. Gli sorride e dice:

- Mi fa piacere sapere che stai meglio, Nero.

Bart scuote la testa. Fissa Ernest e gli dice:

- Lei è un idiota, Becker.

Ernest sorride.

- Grazie, Nero. Ti ho già detto quello che penso di te, perciò non credo che sia necessario ripeterlo.

- Posso solo darle ragione.

Ernest ride, una risata allegra.

Bart chiede:

- Perché l’ha fatto?

- Nero, se te lo devo spiegare, vuol dire che non sei in grado di capirlo. Non posso vedere assassinare uno senza cercare di intervenire.

- Ma erano in quattro e lei non aveva armi.

- Io ne vedevo solo tre. E comunque non cambia niente. L’avrei fatto anche se fossero stati in dieci.

- Per uno stronzo come me.

- Secondo me non sei così stronzo come sembri, Nero. Non è possibile che uno sia tanto stronzo.

Ernest sorride e a Bart viene quasi da ridere. Quest’uomo ha il potere di spiazzarlo completamente.

- Comunque mi chiamo Bart, Bartholomew Summerscale.

- È un bel nome, Bart. Io mi chiamo Ernest. Puoi chiamarmi così, se ti va.

Bart non se la sente di rivolgersi a lord Becker chiamandolo per nome, come se fossero vecchi amici, anche se si rende conto che a Becker andrebbe bene.

- Spero di rimettermi presto. Mi spiace dover stare a letto e dare fastidio.

- Nessun fastidio. Questa casa è abbastanza grande per ospitare un sacco di gente. E non sono io a farti da mangiare o a lavarti la biancheria, per cui non c’è problema.

Certo, Bart sa benissimo che per Ernest Becker, che ha una casa enorme e un mare di servitori, non è un problema avere un ospite forzato a rimanere a letto. Ma che quest’uomo, che lui ha insultato e colpito a tradimento, lo abbia salvato e ora lo ospiti lo mette a disagio.

Come al solito, Bart reagisce all’imbarazzo attaccando.

- Già, è facile la vita dei nobili.

Ernest lo guarda e Bart ha l’impressione precisa di aver detto una cazzata, ma insiste:

- Un tetto per ripararsi, cibo tutti i giorni, bei vestiti, divertimenti, nessun problema.

Ernest annuisce, serio, e Bart ripensa alle parole che Ernest gli ha detto: “Se te lo devo spiegare, vuol dire che non sei in grado di capirlo.” In qualche modo Ernest sta pensando questo. Ma che cosa c’è da capire? Le cose stanno così. Un Ernest Becker non ha mai conosciuto la fame, la miseria, il freddo, la disperazione.

Ernest sorride.

- Ora ti lascio riposare. A più tardi, Bart.

Bart prova una sensazione di fastidio crescente. Perché il fatto che Becker lo chiami Bart gli fa piacere e nello stesso tempo lo infastidisce? Bart rimane a guardare il soffitto. Che cosa gli sta succedendo? Che cazzo gli sta succedendo? Bart preferisce non rispondersi.

 

Greg continua a dare lezioni a Ernest e ogni volta chiede notizie di Bart. Quando Bart incomincia a stare meglio, si ferma a chiacchierare con lui e talvolta Ernest si unisce un momento a loro. Anche Harry è passato, dopo che Greg ha chiesto a Ernest se poteva venire.

Bart chiede a Greg come vanno le cose.

Greg scuote la testa.

- Male, Bart, male. Ronaldson ha chiuso il locale, ovviamente. Harry riceve ancora vitto e alloggio, ma non guadagna niente. Ronaldson mi paga per dargli lezioni, ma se non aprirà un nuovo locale per la lotta, non gli servirà più avere lottatori. Harry dovrà scegliere se prostituirsi o andarsene dal bordello e io perderò l’unica altra fonte di guadagno. È dura.

Ernest è entrato mentre Greg parlava. Intanto Bart chiede:

- Il locale è chiuso?

- Sì, adesso che la polizia ne conosce l'esistenza, non è più possibile continuare con tutta l'attività.

- Mi spiace, Greg. Spero che troviate qualche cos'altro.

Ernest non dice nulla della chiusura del locale. Chiacchiera un momento con gli altri. Quando però riaccompagna Greg, gli dice:

- L'ho sentita dire che il locale è chiuso e che il Rosso è senza lavoro. Che ne direbbe se facessi qualche incontro con lui? Così mi trovo davanti un altro avversario e lei sovrintende e mi dà qualche consiglio.

- Si potrebbe fare. Mi sembra una bella idea.

- Aggiungiamo una lezione a settimana, in cui io affronto il Rosso e lei tiene sotto controllo tutti e due.

Una lezione in più, un po' più di denaro e qualche cosa anche per Harry, perché lord Becker di sicuro pagherà anche lui. Lord Becker ha sentito che sono in difficoltà e come al solito cerca di aiutarli, senza farlo pesare. E dire che Bart ha colpito a tradimento quest'uomo, che poi gli ha pure salvato la vita. Da Bart deve farselo spiegare, una volta che lord Becker non ci sia.

- Grazie, milord.

Le lezioni con Harry incominciano due giorni dopo. Harry scherza e si lamenta, perché anche adesso continua a prenderle: in effetti Ernest è molto forte, ma non succede mai che faccia male a Harry.

Quando chiacchierano con Bart, dopo le lezioni, Greg e Harry parlano della generosità di lord Becker, ma l’argomento sembra mettere a disagio Bart.

 

A sera un servitore di Becker gli dice:

- Milord, volevo avvisarla… magari è solo una sciocchezza, ma la cuoca dice che c’è qualcuno che gironzola qui intorno.

Ernest guarda il domestico.

- Che gironzola?

- Sì, ieri sera si è fermato a lungo a guardare la casa. E adesso è di nuovo là.

- Un ladruncolo, forse?

- Non saprei dirle.

Ernest passa in una stanza non illuminata e guarda dalla finestra. Effettivamente c’è un’ombra, qualcuno che sembra guardare la casa, dal parco. Chi può essere? Perché?

Difficile che sia un ladro: in casa vivono parecchi servitori, è impossibile entrare senza che qualcuno se ne accorga. Che sia qualcuno mandato da chi vuole uccidere Bart? Qualcuno che sorveglia la casa, in attesa di vedere se Bart esce? In questo caso Bart è in pericolo.

Ernest esce di casa per raggiungere lo sconosciuto e parlargli, ma questi, non appena lo vede, se ne va rapidamente. A Ernest non sembra il caso di mettersi a correre per raggiungerlo, per cui rientra in casa.

Lo sconosciuto non si fa più vedere.

 

Ernest decide di parlare a Bart.

- Bart, non hai davvero un’idea di chi possa aver cercato di ucciderti?

Bart guarda Ernest.

- Perché me lo chiede?

- Perché quando hai detto all’ispettore che non sapevi proprio chi potesse aver mandato quei quattro, mi sembrava che tu mentissi. O forse dovrei dire che ne ero sicuro.

Bart sorride.

- Lei è meno idiota di quanto pensassi.

Ernest ride, poi scuote la testa, sorridendo. Ha un sorriso incredibile, Ernest Becker. Dovrebbero impedirgli di sorridere.

- Grazie per l’apprezzamento.

Ernest lo guarda e nuovamente muove la testa in un gesto di diniego. Poi torna serio e dice:

- Se qualcuno ha assoldato quattro uomini per ammazzarti, probabilmente ne assolderà altri in grado di svolgere meglio il proprio compito.

- O più fortunati, che non trovino un idiota che si mette in mezzo.

- Esatto.

- E allora?

- Non hai voglia di spiegarmi, Nero? Sono idiota, lo riconosco, ma so tenere la bocca chiusa. E vorrei capire come posso aiutarti.

- E perché mi vuole aiutare?

Ernest guarda Bart sconsolato.

- Con te ci vuole la pazienza di Giobbe. Te l’ho già detto, non ho intenzione di scopare con te. Sei troppo stronzo. Ma non hai mai aiutato qualcuno in vita tua, senza secondi fini?

Bart alza le spalle. Gli è capitato più volte di aiutare qualcuno senza che avesse niente da guadagnare. Tra i suoi difetti – e Bart sa benissimo di averne parecchi – non c’è l’indifferenza nei confronti degli altri. Ma l’interessamento di Ernest Becker nei suoi confronti lo mette a disagio. Ormai Bart intuisce i motivi per cui ciò che riguarda Ernest Becker suscita in lui emozioni più forti. Proprio per questo non ha voglia di coinvolgerlo ulteriormente nella propria vita.

E poi Bart sa benissimo che raccontando la verità non farebbe una bella figura: aver stuprato Shaffield non è precisamente un'azione di cui vantarsi. Alla fine però è proprio questo a deciderlo. Perché non dovrebbe raccontarglielo? Così Ernest Becker scoprirà che stronzo è lui.

- Visto che vuole saperlo, sì, ho le idee chiare su chi ha mandato quei quattro. Qualcuno che ha assistito a uno degli incontri precedenti e ha scoperto che lottavo lì. Qualcuno dei suoi amici, lord Becker.

Ernest aggrotta la fronte.

- Dei miei amici? Che cosa intendi?

- Un nobile, un grande titolo. Uno di quei figli di puttana che non hanno mai fatto un cazzo e che pensano di poter avere tutto quello che vogliono.

Ernest non dice nulla. Bart rimane un momento in silenzio, poi dice:

- Lord Anthony Sheffield, un pezzo di merda che…

Bart non completa la frase. L’espressione di Ernest è cambiata completamente, come se avesse ricevuto uno schiaffo.

- Mi scusi, non pensavo che foste amici…

Bart ha appena detto che Shaffield era uno degli amici di Becker, ma il significato era solo che entrambi sono nobili. Dalla reazione di Ernest, si direbbe che siano davvero amici.

La voce di Ernest è fredda, una voce che Bart non gli ha mai sentito, neppure quando lo ha insultato. Anche allora c’era calore nel suo tono. Adesso c’è un freddo glaciale, mentre dice:

- Non siamo amici. Non lo siamo mai stati. Non lo saremo mai. Io…

Ernest non dice altro. Bart è confuso. Ernest lo fissa negli occhi e chiede:

- Perché ti vuole morto?

- Perché l’ho violentato.

Ernest aggrotta la fronte. Bart è infastidito.

- Voleva farsi fottere, ma io non intendevo starci. Perché avrei dovuto scopare con un fottuto nobile se non ne avevo nessuna voglia? Quel figlio di puttana mi fece licenziare, raccontando a Parry che io gli avevo risposto con insolenza. Non era vero. Per niente. Allora lo aspettai al laghetto, sapeva che ci veniva per scopare con un altro domestico, e glielo misi in culo.

Bart china gli occhi. Poi li alza su Ernest e dice, con un tono di sfida:

- Non mi pento di averlo fatto, neppure un po’. Anche se forse non ne valeva la pena. Sono uno stronzo, ha ragione, Becker.

Ernest scuote la testa. Si alza. Bart ha l’impressione che sia malfermo sulle gambe.

- Hai fatto benissimo, Bartholomew Summerscale. Hai fatto benissimo.

Ernest annuisce, poi si allontana. Sulla porta si volta e dice ancora:

- Scusami, io…

Ernest esce.

Bart non capisce. Non capisce perché Ernest Becker stia così male per le sue parole. Non capisce perché lui, Bartholomew Summerscale, stia male vedendo la sofferenza di Becker. O forse lo capisce, perché non è stupido, ma non lo accetta.

 

Ernest si è ritirato nella biblioteca, l’angolo della casa in cui sta più volentieri. Prende un libro da uno degli scaffali, Persuasion, un romanzo di Jane Austen che sta rileggendo. Un buon libro lo aiuta sempre a recuperare la serenità, ma oggi non funziona, Ernest non riesce a concentrarsi sulle parole, la tensione è troppo forte. Ernest sta male, il passato riaffiora, un vortice di angoscia che gli fa salire le lacrime agli occhi.

Ernest posa il libro sul tavolo, sale a vestirsi ed esce. Anche camminare è un buon modo per cacciare i fantasmi che a volte ritornano, ma quando sono troppo forti non basta. Ernest cammina senza sapere dove sta andando, procede tra i ricordi che lo assalgono, gli sono addosso, gli tolgono il fiato.

Ernest cammina senza meta. A tratti si accorge di essere sul punto di mettersi a piangere. Non vuole che gli altri vedano le sue lacrime, ma fa fatica a trattenerle.

Intanto incomincia a piovere: una pioggia fine, ma continua. Ernest alza il viso contro il cielo e lascia che l’acqua gli bagni la faccia. Ora può piangere.

 

 

 

 

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