5 - Sospetti

 

 

Il giorno seguente, subito dopo l’esercitazione mattutina, Friedrich fu nuovamente convocato dal colonnello.

Konrad andò in camera e si mise a scrivere una lettera alla madre, che certamente aveva saputo dai giornali dell’omicidio e doveva essere preoccupata. Mentre completava la lettera ci fu un grande trambusto nel corridoio: si sentivano passi affrettati e voci agitate che si incrociavano. Uscì a vedere che cosa stava succedendo.

Uno degli ufficiali lo vide sulla porta della stanza e gli disse:

- Hai sentito di Friedrich Holzkammer, Konrad?

- No, che cosa è successo?

- Si è sparato un colpo nell’ufficio del colonnello.

- Cosa?

- Sì, Schneider lo stava interrogando e a un certo punto Friedrich gli ha preso la pistola e si è ucciso. Il colonnello non è riuscito a fermarlo.

- Ma perché? Come è possibile?

Nessuno sapeva dare una risposta. Solo nel corso della giornata si seppe ciò che era successo. Schneider aveva convocato Friedrich Holzkammer per interrogarlo. Era sicuro che fosse coinvolto nell’omicidio di Albert Rothaus. Messo alle strette Friedrich aveva raccontato che Albert si era rifiutato di prestargli i soldi necessari a ripagare i suoi debiti di gioco. A quel punto Schneider era sicuro che fosse stato Holzkammer a uccidere Rothaus, ma mentre lo interrogava, l’ufficiale aveva afferrato la pistola e si era ucciso.

Il suicidio di Holzkammer e le rivelazioni che seguirono lasciarono tutti allibiti. Friedrich e Albert sembravano essere grandi amici: erano spesso insieme. Com’era possibile che Friedrich fosse l’omicida?

 

Il colonnello Schneider riteneva che le indagini potessero ritenersi concluse. Il commissario distrettuale Kramer invece era dubbioso: non c’era nessuna prova che Holzkammer fosse davvero il colpevole.

Kramer ne parlò a Sándor, una sera in cui il dottore era invitato a cena a casa del figlio.

- Il colonnello è sicuro che Holzkammer fosse l’assassino e il suicidio sembra confermarlo, ma io ho qualche dubbio.

- Che cosa non la convince?

- Più che altro non abbiamo nessuna prova, manca un riscontro. 

- Non ritiene che il suicidio sia un’ammissione di colpevolezza?

- Potrebbe, ma non è detto. Mi chiedo se il suicidio non abbia avuto altre motivazioni, non legate direttamente all’omicidio di Rothaus. Il colonnello lo ha messo sotto pressione e Holzkammer può aver ceduto alla disperazione per la situazione difficile in cui si trovava: i grandi debiti che aveva contratto, la morte dell’amico, i sospetti su di lui.

- Può essere, certamente.

- Non so che tipo fosse. Lei lo conosceva?

- No, per niente: l’ho visto solo quando l’ho visitato al suo arrivo e poi qualche volta alle cene allargate del duca, dove però non ho mai avuto modo di parlargli.

- Vede, dottore, se era tanto determinato da uccidere a sangue freddo Rothaus, come mai è crollato così facilmente durante l’interrogatorio? Non avevamo nessuna prova contro di lui, assolutamente nulla. Se aveva ucciso Rothaus, non poteva non pensare che sarebbe stato interrogato: era l’ufficiale più legato a lui.

- Questo è vero. Ma non sono in grado di esprimere un parere.

- Avrei voluto essere presente all’interrogatorio.

- Così avrebbe dovuto essere. Mi chiedo perché il colonnello ha interrogato Holzkammer in sua assenza, commissario. Non avrebbe dovuto farlo.

- No, è vero. E adesso considera conclusa l’inchiesta.

- Se ha dei dubbi, lei può comunque proseguire.

- Non ho nessuno traccia. Brancolavamo nel buio e la morte di Holzkammer ha reso quel buio ancora più fitto.

Dopo un momento di silenzio, il commissario aggiunse:

- Senta, dottore, mi ha detto che non conosceva per niente Holzkammer. E Rothaus? So che nell’ultimo periodo era spesso invitato dal duca e lei è un ospite fisso delle cene ristrette.

- Rothaus ho avuto modo di vederlo diverse volte. Non mi sono mai avvicinato a lui. Glielo confesso: non mi era per niente simpatico. Era molto sicuro di sé, convinto di essere superiore a tutti gli altri, certo del suo fascino.

- E non ha un’idea di chi poteva avercela con lui?

- No. Da quel poco che so, la sua alterigia non lo aveva reso popolare in caserma, ma questo non significa che fosse odiato e di certo non era per nessuno un motivo sufficiente per ucciderlo.

- Certo. Non so che dire. Non sono convinto della colpevolezza di Holzkammer. O, meglio: non ne sono così sicuro come dovrei essere per considerare davvero concluse le indagini.

- Capisco i suoi dubbi, ma purtroppo non posso aiutarla.

Il commissario allargò le braccia.

- Anch’io non ci posso fare niente. Se salterà fuori qualche cosa di nuovo, convincerò il colonnello a riprendere le indagini. Altrimenti dovrò accettare che il caso sia chiuso.

 

La prima volta che andarono a bagnarsi, Konrad parlò dell’accaduto a Jacopo.

- Che idea ti sei fatto dell’omicidio e del suicidio?

Jacopo alzò le spalle.

- Nessuna. Non conoscevo per niente né Rothaus, né Holzkammer. Erano tutti e due piuttosto scostanti e non mi è mai venuta voglia di avvicinarmi a loro.

- Sì, capisco.

- Tu li conoscevi meglio?

- Non molto. Eravamo arrivati insieme, è vero, ma non avevamo fatto amicizia. Anch’io li trovavo scostanti… Non so, Friedrich, Holzkammer, non mi sembrava il tipo da suicidarsi.

- Il colonnello a volte è durissimo. Bisognerebbe sapere che cosa gli ha detto e qual era la sua situazione. So che aveva debiti enormi, soldi persi al gioco.

- Sì, ma… non so… non me lo sarei proprio aspettato… Stupidaggini. Lo conoscevo poco. E poi, lui e Albert, insomma, sembravano essere grandi amici.

- Come ti ho detto, non li conoscevo abbastanza. La mia impressione è che ognuno di loro fosse amico soprattutto di se stesso.

Konrad rifletté un momento sull’osservazione, poi disse:

- Sì, forse è così. D’altronde credo che valga per tutti, no?

- No, non per tutti. Non per me. E neppure per te. Tu saresti disposto a metterti nei guai, anche seri, per aiutare un amico. E non credo che quei due fossero amici come lo intendo io. Ma comunque sono cazzate, davvero non li conoscevo abbastanza. Forse è solo che mi stavano sul culo, per quello do un giudizio così negativo. Probabilmente sono ingiusto.

Konrad era d’accordo con Jacopo: anche lui pensava che Albert e Friedrich non fossero davvero amici. Stavano insieme perché ognuno dei due riteneva che la compagnia dell’altro fosse l’unica accettabile: avevano la puzza sotto il naso e guardavano quasi tutti gli altri ufficiali dall’alto verso il basso.

Quanto a mettersi nei guai per aiutare un amico, Konrad in passato l’aveva fatto, è vero, più volte. Ed era sicuro che anche Jacopo l’avesse fatto.

- Credo che tu abbia ragione, ma, come dici, non li conoscevamo abbastanza e forse l’opinione negativa che avevamo di loro ci condiziona.

 

I giorni passarono. Del caso si continuava a parlare, ma l’idea prevalente era che Holzkammer avesse ucciso Rothaus in seguito a un litigio, probabilmente legato ai debiti di gioco. Non tutti erano d’accordo con questa conclusione e le discussioni erano spesso accese, ma non emergevano elementi nuovi che portassero in altre direzioni.

Non c’era stata una conclusione ufficiale dell’inchiesta: essendo la famiglia Holzkammer molto influente, in assenza di prove non era pensabile dichiarare Friedrich colpevole. Perciò il caso era ufficialmente aperto, ma una comunicazione riservata da parte del colonnello indicava Holzkammer come il responsabile dell’omicidio.

 

Una settimana dopo il suicidio di Holzkammer, Georg uscì con Richard e due altri ufficiali. Trascorsero una serata piacevole raccontando che cosa li aveva portati a diventare militari e narrando qualche episodio della loro vita precedente: avevano deciso, tutti concordi, di non discutere dei recenti avvenimenti, che continuavano a essere l’argomento dominante in tutta le conversazioni. In effetti a Mala Sad non si parlava d’altro e ogni volta che uno di loro entrava in una bottega, in un’osteria o perfino al bordello, qualcuno gli chiedeva che cosa pensasse del misterioso omicidio e del suicidio avvenuto poco dopo. E in caserma, ovviamente, il tema ritornava continuamente.

Decisero infine di rientrare: non mancava più molto a mezzanotte. Richard osservò:

- Luna velata, vicoli bui… l’ideale per un agguato.

Gli altri non replicarono, ma l’argomento che avevano accuratamente evitato per tutta la serata riaffiorò. I due ufficiali che erano con Georg e Richard incominciarono a discutere sulla possibilità che ci fosse un secondo omicidio. Se davvero Holzkammer era l’assassino, ora che era morto, tutto sarebbe tornato tranquillo. Ma era stato realmente lui? Il colonnello ne era convinto, ma Friedrich non aveva confessato e ormai non era più in grado di raccontare ciò che era successo.

Georg non aveva voglia di riaffrontare l’argomento, perciò si fermò e chiese da fumare a Richard: aveva le proprie sigarette in tasca, nel vecchio portasigarette che aveva ripreso a usare dopo aver fatto scomparire quello ricevuto in dono, ma voleva una scusa per fermarsi e sottrarsi alla discussione. Richard cercò il portasigarette, lo estrasse e lo aprì. Gli altri due ufficiali intanto andarono avanti, ormai infervorati nell’ennesima discussione sull’omicidio di Rothaus e sul suicidio di Holzkammer.

Georg prese una sigaretta e Richard gliel’accese. Mentre rimetteva in tasca l’accendino, sentì lo scatto di una pistola che veniva caricata. D’istinto si gettò su Georg, spingendolo a terra. La pallottola prese il sottotenente a un braccio.

La denotazione fece voltare gli altri due ufficiali, che tornarono correndo.

- Che cosa è successo?

- Chi ha sparato? Siete feriti?

Richard si stava rialzando. Georg gemeva. Richard disse:

- Qualcuno, da quel vicolo. Georg è ferito.

Il capitano Köhler corse verso il vicolo, che dopo pochi metri si biforcava. Giunto al bivio, vide arrivare da destra il colonnello Schneider.

- Signor colonnello, hanno sparato a Kraus. Dal vicolo. Ha visto qualcuno?

- Un uomo si è infilato da quella parte, ma l’ho appena intravisto.

Con il dito il colonnello indicò il vicolo dalla parte opposta. Poi chiese:

- Dov’è Kraus? È morto?

- No, non credo. Là, nella strada. Io vedo se trovo l’assassino.

- Vengo anch’io.

Percorsero il vicolo, che dopo una svolta finiva contro un muro non molto alto. Più in là alla luce lunare si vedevano le cime di alcuni alberi. Un grosso ramo superava il muro e sporgeva nel vicolo.

- Ha scavalcato il muro e si è infilato in quel giardino.

Schneider scosse la testa.

- Ormai sarà scappato.

- Io provo a inseguirlo, signor colonnello.

- Va bene, Köhler. Io vado a vedere Kraus. Ma faccia attenzione: abbiamo a che fare con un assassino. Ha già ucciso.

Köhler annuì. Anche lui era sicuro che a sparare a Kraus fosse stato lo stesso uomo che aveva ucciso Rothaus. Aggrappandosi al ramo si issò facilmente in cima al muro, da cui si calò nel giardino retrostante.

 

Intanto il colonnello aveva raggiungo la strada, dove Richard e l’altro ufficiale aveva messo a sedere Georg, che perdeva sangue, ma era cosciente. Da alcune finestre gli abitanti delle case vicine si erano affacciati per vedere che cosa era successo.

- Lo portiamo dal dottore, signor colonnello. Abita qui vicino.

- Certo! Avete visto chi ha sparato?

- No, non sappiamo. Köhler si è messo a inseguire l’assassino.

- Sì, l’ho visto.

Richard voleva sollevare Georg, ma questi disse:

- Posso alzarmi da solo. Credo di riuscire a camminare.

- Sei sicuro?

- Sì.

In quel momento arrivò Sándor Komives.

- Dottore, che fortuna!

- Nessuna fortuna. Il sottotenente Köhler mi ha avvisato che c’era un ferito.

- Köhler? Ma… come ha fatto?

Mentre osservava la ferita, Sándor rispose:

- È piombato nel mio giardino, all’inseguimento di un assassino, e quando io sono uscito a vedere chi era l’intruso mi ha raccontato che cosa era successo.

Mentre parlava, Sándor aveva fatto togliere la camicia a Georg e osservava la ferita.

- Se la sente di camminare fino a casa mia? Non è lontano.

- Sì, sì.

Nonostante il dolore e la perdita di sangue, la sensazione dominante per Georg era la vergogna: trovarsi davanti al dottore, dover ricorrere a lui, era quanto mai umiliante. Nella testa di Georg ritornava il ricordo di quando, completamente ubriaco, lo aveva aggredito, in una viuzza non molto lontana.

Raggiunsero la casa. Sándor fece sedere Georg e esaminò nuovamente con cura la ferita.

- Le è andata bene, sottotenente. La pallottola ha attraversato la carne, senza intaccare l’osso, ed è uscita. Si rimetterà abbastanza in fretta.

Pulì con cura, poi fasciò la ferita.

Il colonnello aveva accompagnato Georg, insieme ai due ufficiali. Sándor si rivolse a lui:

- Colonnello, il ferito dormirà qui da me, questa notte, così posso tenerlo sotto controllo. Non credo che sia necessario, ma preferisco essere sicuro. Domani lo può far portare in caserma, ma…non occorre che glielo dica: credo che sia opportuno mettere almeno due soldati di guardia. Chi ha cercato di ucciderlo potrebbe riprovare.

- Certamente.

Georg si sentiva morire d’imbarazzo all’idea di rimanere per la notte nella casa del dottore. Il ricordo del loro primo incontro era indelebile.

- Dottore, non è necessario. Non sto così male. Non voglio disturbarla.

Sándor sorrise. Aveva un bel sorriso, dolce.

- Non si preoccupi. È meglio così.

Il colonnello osservò:

- Dottore, il sottotenente mi sembra in grado di rispondere a due domande, per cui vorrei porle.

Sándor annuì.

- Va bene, ma brevemente. Ha reagito bene, ma adesso ha bisogno di riposarsi.

Il colonnello annuì.

- Kraus, ha idea di chi può averle sparato?

- No, nessuna idea, signor colonnello.

- Chi può volerla morto?

- Non so, signor colonnello, non so proprio. Non riesco a capire. Non ho nemici. Almeno: non credevo di averli.

- Eppure deve…

Schneider si interruppe, perché il dottore gli aveva fatto un cenno. Annuì e disse a Sándor:

- Va bene, noi ce ne andiamo. Manderò domani a prenderlo.

Quando furono tornati in caserma, il colonnello si fece raccontare tutto quello che era successo. Né Köhler, né gli altri due erano in grado di fornire qualche elemento utile. Infine il colonnello li congedò.

Seduto sulla sedia alla scrivania, si accese un sigaro, visivamente contrariato, e rimase a lungo pensoso.

Sándor sistemò Georg nella camera degli ospiti.

- Dottore, davvero…

- Sottotenente, pensi a riposare. Se c’è qualche problema, non esiti a chiamarmi. Io lascio aperte le porte di questa camera e della mia, così la posso sentire.

Georg non rimase a sveglio a lungo: anche se la ferita faceva male, il farmaco che il dottore gli aveva dato attenuava il dolore e lo aiutava a scivolare nel sonno. Prima di addormentarsi pensò a quanto era successo. Gli sembrava incredibile che qualcuno avesse cercato di ucciderlo. Non riusciva a vedere un motivo. Qualcuno geloso di Richard? Era assurdo. E se non era quello? Magari qualcuno pensava che lui avesse ucciso Albert e voleva vendicarlo, ma anche questo era assurdo. Non riusciva a darsi una spiegazione.

 

L’indomani mattina tutta la cittadina sapeva che qualcuno aveva sparato nella notte per uccidere uno o più ufficiali. Circolavano però voci diverse: c’era chi sosteneva che un ufficiale era stato ucciso; altri dicevano che avevano sparato a diversi ufficiali, per fare una strage; qualcuno diceva che volevano ammazzare il colonnello. Poi l’accaduto si definì, ma anche come semplice tentato omicidio fece scalpore e portò al massimo l’agitazione. Due degli ufficiali appena arrivati erano morti, uno assassinato e uno suicida, e un terzo era scampato di poco a un omicidio, il tutto a distanza di pochi giorni. Non si parlava d’altro.

- Chi può aver cercato di uccidere questo Kraus?

- Lo stesso che ha ucciso Rothaus.

- Ma non era stato Holzkammer a uccidere Rothaus?

- Così dicevano, ma non era vero. Holzkammer si è ucciso perché era pieno di debiti e nessuno gli faceva più credito. L’assassino è un altro.

- Ma perché? Perché hanno ucciso Rothaus e hanno sparato a questo Kraus?

- I due casi devono essere collegati.

- Ma pare che questo Kraus non frequentasse gli altri due. Non stavano mai insieme.

- Sì, però è arrivato con gli altri due. Li conosceva.

- No, i due casi non c’entrano. Holzkammer ha ucciso Rothaus, si frequentavano, ma hanno litigato. E qualcun altro ha deciso di uccidere Kraus, per qualche motivo che salterà fuori.

- Tu dici? Non mi sembra che le indagini sulla morte di Rothaus abbiano portato a grandi risultati.

- Hanno stabilito che il colpevole era Holzkammer, ma non è stato detto ufficialmente perché si tratta di due famiglie molto importanti.

- No, l’assassino è lo stesso.

- Ma qual è il movente? Si diceva che Rothaus doveva aver sedotto una donna e che era stato ucciso per quello. Ma Kraus? Non possono aver sedotto tutti e due la stessa donna.

- Certo. L’assassino evidentemente non è un rivale d’amore o un marito geloso o una donna tradita.

- E se qualcuno avesse cercato di uccidere Kraus perché sapeva qualche cosa sulla morte di Rothaus?

- No, a quanto pare i due si conoscevano appena.

- L’assassino dev’essere uno dei nuovi arrivati, che conosceva gli altri.

- Ma sono arrivati in quattro. Due sono morti, il terzo è ferito e…

- …e il quarto è l’assassino.

- Quel Von Kassa? Non ne so niente.

- Non è uno che frequenta i salotti, come Rothaus o Holzkammer. Non è invitato alle cene ristrette del duca, come Kraus e Rothaus. Se ne sta per conto proprio.

- Potrebbe aver ucciso Rothaus e sparato a Kraus proprio per invidia, perché si è sentito escluso.

- Rothaus e Kraus partecipavano alle cene ristrette del duca? Allora…può darsi che la chiave di questi misteri sia nel palazzo del duca Jergović.

- E allora l’assassino è Von Kassa, che è arrivato insieme agli altri tre. Ve l’ho detto: invidia. Si è sentito escluso.

In città l’ipotesi che il colpevole fosse Konrad era considerata plausibile, perché nessuno lo conosceva. In caserma nessuno pensava a questa possibilità.

 

Konrad fu convocato il mattino seguente e fu il primo a essere interrogato dopo i tre ufficiali che erano con Georg quando era stato colpito. Per i tre si trattava  di stabilire le esatte circostanze  del tentato omicidio. Per Konrad si trattò invece di un vero e proprio interrogatorio.

Incominciò il commissario Kramer.

- Sottotenente von Kassa, lei conosceva sia Rothaus, sia Kraus. Che idea si è fatto di questi omicidi?

- Non so assolutamente che cosa pensare, signor commissario. Non frequentavo Albert Rothaus, anche se era arrivato insieme a me. Conosco meglio Georg Kraus, che però non mi ha mai detto nulla. Non sembrava certo pensare che qualcuno avrebbe cercato di ucciderlo.

Il colonnello Schneider annuì, ma non sembrava convinto.

- Dov’era ieri sera alle undici e mezzo?

- In camera mia. A quell’ora dormivo.

- Quando si è ritirato in camera?

- Verso le dieci.

- Abitualmente si ritira a quell’ora?

- No, vado a dormire più tardi, ma ieri sera ero piuttosto stanco. La notte precedente non avevo dormito molto.

- E che cosa l’ha fatta dormire male? Alla sua età non è frequente,

Il tono del colonnello era ironico e lasciava trapelare una forte ostilità.

Konrad non si aspettava una domanda del genere, che gli sembrava del tutto superflua. Rispose dicendo la verità:

- Ero andato a letto molto tardi. Dopo essere rientrato in caserma, ho chiacchierato ancora a lungo.

- E con chi?

Konrad si sentiva a disagio. Non poteva rifiutarsi di rispondere e non intendeva mentire, per cui disse:

- Con il capitano Trevisan.

- E di cosa avete parlato?

Konrad non riusciva a capire l’accanimento del colonnello. Avrebbe voluto dirgli che gli argomenti di cui avevano parlato non avevano nessuna rilevanza per l’indagine in corso, ma non poteva permettersi una simile risposta.

- Di tante cose. Della nostra infanzia, delle nostre famiglie.

Il colonnello ebbe un ghigno di scherno e si limitò a dire:

- Ah!

Approfittando del silenzio di Schneider, il commissario Kramer intervenne:

- Lei era in camera a dormire. Suppongo che fosse da solo.

- Certo.

- Qualcuno può testimoniare che lei era in camera all’ora del tentato omicidio?

- No, naturalmente no.

- Quindi dalle dieci di sera in poi, non ha nessun alibi.

- No.

- Dov’era quando hanno ucciso Rothaus?

- Quel pomeriggio? Ero al fiume con altri ufficiali. Siamo rientrati verso le cinque, forse un po’ dopo.

- E Rothaus è stato ucciso verso le sei. Dov’era a quell’ora?

- In caserma, credo.

Il colonnello intervenne:

- Crede? Non ne è sicuro?

- Sono passato alla posta a consegnare una lettera e poi sono tornato in caserma. Non so bene che ora fosse.

- Non sa bene… Ieri sera dormiva, quando hanno ucciso Rothaus non sa bene dove fosse…

A Konrad era chiaro che sospettavano di lui, ma non riusciva a capire il motivo.

- Georg è un amico. Rothaus lo conoscevo appena. Non avevo certo un motivo per ucciderli.

- Questo lo dice lei.

Konrad non sapeva che cosa dire. Non si aspettava di essere sospettato.

- Von Kassa, lei rimarrà a disposizione nell’ufficio del maggiore Furlan.

Konrad seguì il colonnello nell’ufficio di Furlan. Schneider si limitò a dire:

- Von Kassa rimane qui. Non può allontanarsi per nessun motivo. Che non parli con nessuno.

Konrad si sedette sulla sedia che il maggiore gli indicava. Era sconvolto. Tutto si sarebbe aspettato, ma non di venire sospettato di due omicidi. Furlan lo guardò, alquanto perplesso. Era evidente che il colonnello aveva dei sospetti su von Kassa. Furlan lo conosceva poco, ma non gli sembrava che il giovane potesse essere un assassino.

 

Quando Schneider rientrò nel suo ufficio, Kramer gli chiese:

- Come mai sospetta di von Kassa?

- Sono arrivati in quattro, nessuno li conosceva. Passa poco più di un mese e uno viene ucciso, un altro si uccide, senza dubbio perché coinvolto nel primo omicidio, e il terzo viene ferito. È abbastanza probabile che il quarto sia coinvolto. Von Kassa viene da una famiglia che non ha grandi mezzi. Può aver ucciso lui anche Rothaus, su istigazione di Holzkammer, che probabilmente lo ha pagato. Il denaro offerto da Holzkammer senza dubbio gli faceva comodo. Ed è logico che Holzkammer si rivolgesse a von Kassa, visto che non conosceva nessun altro, essendo appena arrivato. E non ha un alibi per nessuno dei due omicidi.

Kramer non era convinto.

- La mancanza di un alibi non è certo una prova. E da quanto è emerso dagli interrogatori che abbiamo fatto dopo la morte di Rothaus, il morto frequentava poco gli altri ufficiali ed era legato solo a Holzkammer.

- Però Holzkammer conosceva von Kassa meglio di quanto potesse conoscere gli altri ufficiali e sapeva che la sua famiglia era povera. Avrà sondato il terreno e capito che poteva servirsi di lui.

- E perché mai von Kassa avrebbe dovuto uccidere Kraus?

- Questo lo scopriremo.

Kramer era molto dubbioso, ma non disse nulla.

Venne chiamato Jacopo Trevisan, che confermò quanto aveva detto Konrad: avevano chiacchierato molto a lungo due sere prima e lui era tornato in camera probabilmente dopo l’una.

- E che cosa ha fatto ieri sera?

- Sono uscito con altri due ufficiali.

Jacopo disse i nomi.

- A che ora siete rientrati?

- Verso le undici.

- Siete rientrati insieme?

- Sì.

Il colonnello lo guardò dubbioso,

- Non era stanco, dopo aver fatto così tardi la sera precedente?

- No, avevo dormito nel pomeriggio, al fiume. Recupero facilmente il sonno perso.

- Non è uscito con von Kassa, vero?

- No, l’ho invitato, ma preferiva andare a dormire.

Il colonnello ghignò, poi disse:

- Va bene, basta così. Vada pure.

Kramer non aveva detto niente per tutto l’interrogatorio. Quando Trevisan fu uscito, osservò:

- Neanche lui e gli altri due ufficiali hanno un alibi. Sono rientrati mezz’ora prima del tentato omicidio. Avevano tutto il tempo di uscire nuovamente. Di qui al luogo dell’attentato non sono nemmeno dieci minuti di strada.

- Ritiene che possa essere complice di von Kassa?

Kramer scosse la testa. La fissazione del colonnello per von Kassa come colpevole gli sembrava assurda.

- No. Quello che voglio dire è che non ha senso cercare chi non ha un alibi. Dobbiamo scoprire quale può essere il movente.

Il colonnello non appariva convinto. Comunque disse:

- Non appena Kraus ritorna, lo interroghiamo.

Mezz’ora dopo un soldato venne a comunicare che il dottore aveva riaccompagnato Kraus. Come il colonnello aveva ordinato, due soldati erano stati messi di guardia di fronte alla sua porta.

Schneider e Kramer raggiunsero subito la camera di Georg.

L’ufficiale era seduto sul letto e Komives era in piedi vicino a lui.

- Buongiorno, dottore. Possiamo interrogare il ferito, vero?

- Sì, certamente, ma si ricordi che ha bisogno di riposo.

Sándor si rivolse a Georg e gli disse:

- Io la lascio. Se c’è qualche problema, mi faccia chiamare, in qualsiasi momento.

Poi disse al colonnello:

- Io vado in infermeria.

Il dottore uscì.

Kramer e Schneider si avvicinarono al letto.

Kramer sorrise e disse:

- Come si sente, sottotenente Kraus?

- Abbastanza bene, signor commissario. Per fortuna il colpo mi ha preso di striscio. Devo la vita a Richard, il sottotenente Storm, che mi ha gettato a terra appena in tempo.

- Meno male. Adesso per noi è essenziale capire chi ha cercato di ucciderla, che è quasi sicuramente l’assassino di Rothaus.

Kraus scosse il capo:

- Mi farebbe piacere potervi aiutare, anche per la mia stessa sicurezza. Purtroppo non riesco proprio a immaginare chi possa volere la mia morte. Non ho nemici. O almeno… non pensavo di averli, ma forse mi sbagliavo.

- Evidentemente sì. Non ha proprio un’idea di chi potrebbe avercela con lei, magari per qualche futile motivo?

- No, assolutamente.

- Non ha litigato con qualcuno, fatto qualche sgarbo?

Georg pensò al dottore e arrossì leggermente. Ovviamente era fuori discussione che Komives avesse cercato di ucciderlo per vendicarsi degli insulti e dello schiaffo.

- No.

- Senta, dato che qui si parla di omicidi e di un assassino che ha già ucciso e non è detto che non riprovi a uccidere lei, le chiedo di essere molto franco con noi. Il colonnello chiuderà gli occhi, per non dire le orecchie, di fronte a qualche infrazione al regolamento o a qualche altro comportamento scorretto, adesso ci interessa solo scoprire un assassino.

- Non so proprio chi può volere la mia morte.

- Non c’è qualche donna? Una donna che lei ha sedotto, o cercato di sedurre e che magari ha un marito o un amante geloso, anche se lei non ne è a conoscenza?

- No, in questo periodo non ho fatto la corte a nessuna donna. Non vengo invitato nei salotti.

- Non ci sono soltanto le dame della buona società. Ci sono serve, operaie, popolane, contadine. Anche loro hanno mariti, amanti, fratelli, padri…

- No, glielo garantisco. Sono qui da nemmeno due mesi. Ho fatto poche conoscenze. Non… non mi sono portato a letto nessuna donna.

Georg pensò al suo fallimento al bordello ed arrossì.

- Debiti di gioco?

- Non gioco. Non posso permettermi di gettare via i soldi.

Kramer si fermò e Schneider, che appariva alquanto impaziente, ne approfittò per intervenire:

- Quali sono i suoi rapporti con von Kassa?

La domanda sorprese Georg.

- Konrad è il migliore amico che ho qui, l’unico con cui ho familiarità.

Non era più così, perché il legame con Richard era diventato più forte, ma era un altro tipo di legame e Georg preferiva non parlarne.

Schneider fece un cenno di assenso con il capo, ma non sembrava convinto.

- Si confida con lui?

Georg era sempre più perplesso.

- Sì. Non è che abbia molte cose da raccontargli, ma se c’è qualche problema, so che su di lui posso sempre contare.

- Ha avuto qualche problema di cui gli ha parlato?

Nuovamente Georg si sentì arrossire.

- No… no. Mi sono confrontato con lui sull’omicidio di Rothaus. Ci aveva turbato molto.

- Lei frequentava il duca Jergović, vero?

Georg deglutì.

- Sì, per un certo periodo. Mi invitò da lui perché la prima sera avevamo parlato dei miei antenati ed era curioso di saperne di più.

- Ha mai parlato con Von  Kassa delle sue visite al duca?

- Gli ho detto che ero andato alcune volte, che poi non ero più stato invitato e che… mi spiaceva un po’. Ma non è che ne abbiamo parlato molto.

- Non gli deve dei soldi?

- A Konrad? No. Non ho debiti con nessuno.

Schneider tacque. Kramer intervenne di nuovo:

- Sottotenente Kraus, mi ascolti bene. L’assassino ha fallito questa volta. Non è detto che fallisca la prossima e non sappiamo se possa cercare di nuovo di uccidere lei o scegliere un’altra vittima. Non sappiamo se sceglie le sue vittime per motivi ben precisi o se è un folle che agisce a caso.

Il colonnello scosse la testa, chiaramente poco convinto. Kramer proseguì:

- Lei dovrà stare a riposo per un po’. Rifletta su tutto ciò che le è successo da quando è arrivato e se le viene in mente qualche cosa, anche di apparentemente insignificante, lo comunichi subito al colonnello. Quello che a lei può apparire poco significativo, per noi può essere un elemento essenziale per arrivare all’assassino ed evitare altri omicidi.

 

Il colonnello e il commissario tornarono nell’ufficio di Schneider. Kramer osservò:

- Non vedo proprio perché von Kassa avrebbe cercato di uccidere Kraus.

- Non sappiamo i motivi. Ma credo che ci siano. Kraus non ha raccontato tutto. L’ho visto arrossire.

- Non me ne sono accorto. Ma quando parlava di Von Kassa, mi sembrava sincero.

- Può essere.

- Non pensa che sia opportuno lasciare andare Von Kassa? Non abbiamo elementi contro di lui.

Il colonnello storse la bocca.

- È vero, non abbiamo elementi contro di lui. Ma sono convinto che sia il colpevole o che almeno sappia molto di più di quello che ci ha detto. Lo lascerò andare. Ma darò ordine che non lo lascino entrare da Kraus. Non voglio che faccia pressione su di lui…

- Come crede, colonnello.

 

Konrad ritornò in camera e si sedette al tavolo. Era molto confuso. Ciò che era successo gli sembrava incredibile: perché sospettavano di lui?

Era rientrato da poco quando qualcuno bussò alla porta: era Jacopo. Il maggiore Furlan aveva accennato al fatto che il colonnello aveva ordinato a Konrad di rimanere nel suo ufficio, senza parlare con nessuno, e la voce era rapidamente circolata. Jacopo aveva deciso di parlarne con Konrad, non appena questi fosse rientrato in camera, perché era preoccupato per l’amico.

- Jacopo! Sono contento di vederti. Siediti.

Jacopo si sedette su una sedia, di fronte a Konrad.

- Che cosa è successo, Konrad? So che il colonnello ti ha trattenuto. Furlan ha detto che ha dei sospetti. Davvero sospettano di te?

- Sì, Jacopo, è così. Il colonnello pensa che sia io l’assassino. Non ho un alibi per l’ora dei due omicidi.

- Ma è assurdo! Neanch’io ho un alibi. Che senso ha? Perché mai avresti voluto uccidere Rothaus e Georg?

Konrad allargò le braccia.

- Non te lo so dire, Jacopo. Non riesco a spiegarmelo. Forse perché in questa faccenda sono stati coinvolti solo i nuovi arrivati e io sono l’unico rimasto che può essere sospettato. O forse il colonnello vuole trovare a ogni costo un colpevole.

- Accusando un innocente? Mi sembra incredibile.

- Anche a me. Mi sembra di vivere in un brutto sogno e mi dico che mi sveglierò presto, ma non è così.

- Senti, non ti preoccupare. Il colonnello si renderà conto di aver preso una cantonata.

 

Quando Jacopo si alzò, Konrad gli chiese:

- Sai come sta Georg? Ci sono sue notizie?

- Direi abbastanza bene. Non gli ho parlato, ma ho visto quando è arrivato.

- È già rientrato?

- Sì. Il dottore lo ha riaccompagnato questa mattina. Un po’ pallido, ma camminava sulle sue gambe. Ha solo bisogno di stare un po’ a riposo.

- Allora vado a parlargli.

Uscirono insieme dalla camera. Quella di Georg era all’inizio del corridoio. Quando furono davanti alla porta, Jacopo salutò Konrad e proseguì, prendendo le scale per scendere, ma si fermò sentendo le parole di uno dei due soldati di guardia.

- Mi spiace, signor sottotenente. Lei non può entrare.

- Il sottotenente Kraus non può ricevere nessuno?

- No, signor sottotenente. Il colonnello ha dato ordine di non lasciare entrare lei.

Per Konrad fu uno schiaffo. Jacopo risalì e chiese:

- Per chi altri vale questa proibizione?

- Solo per il sottotenente Von Kassa.

Jacopo annuì. Poi si rivolse a Konrad:

- Torniamo in camera tua.

Konrad era sconvolto. Jacopo era sinceramente preoccupato per lui. Era sicuro che i sospetti si sarebbero dissolti, come una bolla di sapone, ma vedeva che l’amico stava male.

Quando furono in camera, Konrad si sedette sul letto. Si sentiva mortalmente stanco.

- Faresti meglio a stenderti, Konrad. Sei molto pallido.

Konrad ubbidì. Si vergognava della sua debolezza, ma aveva bisogno di stare un po’ disteso.

Jacopo si sedette vicino a lui, sul bordo del letto, e gli prese una mano. Konrad lo guardò, imbarazzato.

- Mi spiace, Jacopo. Sono un militare e basta così poco per togliermi ogni forza. Cosa farei se mi trovassi di fronte a una carica del nemico?

- Combatteresti valorosamente. Non ho dubbi su questo. Ma è una situazione diversa, che non ti aspettavi.

- Grazie . Sei buono. Io mi vergogno.

Jacopo gli passò le mani sui capelli, in una carezza lieve.

- Non prendertela, Konrad. Il colonnello è un cazzone. Rothaus era il suo figlioccio e la guarnigione il suo gioiello. Di colpo ha scoperto che il figlioccio ne ha combinate di tutti i colori prima di essere ammazzato e che nella cittadina si parla e si sparla degli ufficiali, che non si comportano come dovrebbero, secondo lui. Ha perso la testa. Vuole un colpevole e ha scelto te, senza avere nessun elemento in mano. Gli faranno capire che sbaglia. Il commissario Kramer non è un coglione. Ti è sembrato che anche lui sospettasse di te?

- No, lui non mi ha accusato.

- Non c’è problema, Konrad. Questa storia assurda finirà. Adesso riposati. Io vado a parlare con Georg. Voglio sentire da lui che cosa ne pensa.

- Grazie.

 Jacopo bussò alla porta di Georg. Nella camera c’era anche Richard, seduto vicino al letto.

- Come stai, Kraus?

- Direi bene, considerando che a quest’ora potevo essere già nella bara. Se non fosse stato per Richard…

Jacopo guardò Richard e sorrise:

- Per una volta nella vita hai fatto una cosa buona.

Richard rise e rispose a tono:

- Aspetto di poter dire lo stesso di te, una volta.

- Mi sa che dovrai aspettare a lungo.

- Lo penso anch’io.

Dopo questa schermaglia, Jacopo si rivolse a Georg.

- Kraus, ho parlato poco fa a Konrad. Sai che non gli permettono di venire a trovarti?

Georg lo guardò, stupefatto.

- E perché mai?

- Perché il colonnello sospetta di lui.

- Cosa?! Vuoi dire che pensa che sia stato Konrad a spararmi? Ma è pazzo? Ma… per quello mi ha chiesto dei miei rapporti con lui… No, non è possibile, è pazzo.

Richard intervenne:

- Georg, fa’ attenzione a come parli. Di sicuro né io, né Jacopo, che è una bestia ma in fondo è un brav’uomo, andremo a dire che hai dato del pazzo al colonnello, ma se qualcun altro sentisse… sarebbero guai seri.

- Sì, scusa, scusatemi, è che la faccenda mi ha sconvolto. Konrad… Konrad non farebbe male a una mosca e di sicuro non farebbe male a me.

Jacopo annuì.

- Sì, sono d’accordo con tutto quello che hai detto, anche con la parte prima, quella che Richard e io non riferiremo a nessuno, per non dire che non l’abbiamo sentita. Tu hai sentito qualche cosa di quello che Georg ha detto, Richard?

Richard sorrise e rispose:

- No, sai che sono un po’ duro d’orecchio. Ma sei sicuro che Georg abbia parlato? A me non è sembrato.

Lo scambio di battute strappò un sorriso anche a Georg. Jacopo, ritornato serio, gli chiese:

-Hai un’idea del perché il colonnello ha proibito a Konrad di entrare?

- No, certamente. Non riesco a immaginare un qualunque motivo perché qualcuno possa sospettare di lui. È demenziale.

Jacopo annuì.

- Va bene. Riferirò a Konrad. Quando gli hanno detto che non può venire da te, è rimasto sconvolto. 

- Mi spiace, moltissimo. Digli che spero di poterlo vedere presto. È il mio migliore amico.

- Va bene. Gli farà senz’altro piacere.

Jacopo si congedò e tornò a riferire a Konrad. Richard rimase ancora un momento. Disse, scherzando:

- Non so se devo essere geloso di Konrad.

- Non dire stupidaggini. È davvero un amico.

- Il tuo migliore amico, hai detto.

Georg sorrise.

- Tu non sei solo un amico, Richard. Sei qualche cosa di più. Con Konrad non ho mai fatto nulla di quello… che facciamo tu e io.

Richard rise e disse:

- Spero bene.

Richard lo baciò sulla bocca, un bacio leggero. Poi disse:

- Spero che possiamo riprendere presto.

- Lo spero anch’io.

 

Jacopo tornò da Konrad e gli riferì il suo dialogo con Georg.

- Questo mi rincuora un po’. Se anche Georg pensasse che io potrei avergli sparato...

- Georg ti conosce  ed è rimasto sconvolto quando gli ho riferito dei sospetti su di te. Tutto si chiarirà.

- Sì, lo spero.

- Adesso però ti lascio riposare. Ti vedo ancora piuttosto scosso. Ripasso da te più tardi, se ti va bene.

- Mi farebbe davvero piacere, Jacopo.

Jacopo sarebbe rimasto volentieri, ma voleva sentire che cosa si diceva in caserma e, nel caso davvero qualcuno sospettasse di Konrad, difendere l’amico, sostenendo la sua completa estraneità agli omicidi. E vedeva che Konrad aveva bisogno di riposare.

 

Nella caserma la voce dei sospetti su Konrad prese di sorpresa tutti gli altri ufficiali. Konrad non appariva di certo un assassino e nel tempo trascorso dal suo arrivo si era fatto conoscere come un ufficiale serio, responsabile e cordiale, a differenza di Holzkammer e Rothaus, ma anche dello stesso Kraus, che nel primo periodo aveva frequentato molto poco gli altri ufficiali. Nessuno era convinto che fosse stato lui, anche se alcuni non si sentivano di escluderlo completamente.

Konrad rimase disteso sul letto e si addormentò. Si svegliò dopo un’oretta. Decise di uscire e di passeggiare un po’ nella campagna. Non aveva voglia di vedere nessuno, nemmeno Jacopo. Quando però fu nel cortile e si accorse che alcuni altri ufficiali lo guardavano, parlottando tra di loro, la voglia di uscire gli passò. Sarebbe rientrato subito, ma non voleva che gli altri capissero il suo imbarazzo. Perciò passò nel magazzino, come se avesse avuto qualche cosa da fare là, e poi tornò in camera.

Jacopo venne a prenderlo all’ora del pranzo e mangiarono insieme. Alcuni ufficiali che Konrad conosceva meglio, del gruppo che si bagnava al fiume, si avvicinarono per manifestargli la loro solidarietà e questo gli fece bene. Nel pomeriggio andarono a bagnarsi al fiume. Konrad era alquanto incerto, ma Jacopo lo convinse a unirsi a loro. Nuotando nel fiume e stando disteso al sole, Konrad si rasserenò.

Il giorno seguente il colonnello lo convocò ancora e parlò di nuovo con Georg. Dopo i due interrogatori tolse il divieto di ingresso nella camera del ferito per Konrad. I due amici poterono così parlarsi e Konrad fu contento di poter rivedere Georg e sentire il suo affetto.

 

 

 

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