IV – Viaggio in Irlanda

Secondo movimento: canone inverso

 

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Il cellulare emette il solito squillo. Andrea lo tira fuori dalla tasca della giacca e guarda il nome sul display: Bastiano. Con un movimento istintivo cerca con gli occhi Mauro. È sul bordo della scogliera, che guarda in basso. Ad Andrea fa sempre un certo effetto, vederlo così: lui non si avvicinerebbe mai tanto all'orlo, c'è un salto di almeno cento metri. Mauro ne è affascinato. Alle scogliere di Moher ha fatto lo stesso.

Andrea distoglie lo sguardo e clicca per aprire il messaggio. Posso telefonarti? Ho voglia di sentirti.

Andrea valuta la distanza che lo separa da Mauro. Impossibile parlare al telefono senza che lui se ne accorga. Digita rapidamente la risposta.

Non ora. Ankio ho voglia di sentirti.

Il messaggio successivo arriva poco dopo: Sono a casa oggi pomeriggio. Se ti liberi mandami un messaggio ke ti telefono.

C'è una faccina con il cuore.

Andrea pensa che anche se è Bastiano a telefonargli, sarà lui a pagare la telefonata, dal confine italiano fino alle isole Aran. Gli fa piacere sentire Bastiano, ma possono scambiarsi messaggi. Già l'Irlanda è piuttosto cara, senza aggiungere le telefonate internazionali. Magari oggi pomeriggio gli manda un altro messaggio.

Mauro lo sta guardando. Si dev’essere accorto che stava mandando un SMS. E magari ha pure capito a chi: Andrea ha l’impressione che Mauro gli legga dentro. È una faccenda maledettamente fastidiosa. Andrea sorride, simulando indifferenza, mentre Mauro si avvicina.

È il caso di inventare una scusa per il messaggio, ad esempio che l’ha mandato sua sorella? No, meglio far finta di niente. Mauro non chiederà, non è un ficcanaso, quando non è in servizio. Meglio comunque deviare la conversazione:

- Bel posto, vero?

Mauro annuisce.

- Sì, direi il più bello che abbiamo visto, forse insieme a Clonmacnoise.

- Quale?

- Quelle rovine in riva allo Shannon.

- Ah, sì.

Ad Andrea questi nomi non dicono nulla. Mauro se li ricorda tutti, incasellati nella sua testa come fossero altrettanti criminali da tenere sotto controllo.

Andrea ne ha abbastanza di rovine, abbazie e castelli. Lui sarebbe rimasto più a lungo a Dublino e avrebbe girato volentieri per la città: ci sono un sacco di pub, pieni di gente simpatica, c’è vita tutta la notte. A Mauro piacciono le rovine, quelle fottute strade di campagna senza neanche un’indicazione, le scogliere, perfino quei quattro sassi dei resti preistorici.

Sono troppo diversi, Andrea si dice che avrebbe dovuto capirlo subito. Ma Mauro è un figaccione e ad Andrea è piaciuto dal primo momento che l’ha visto. Piaciuto? Quella sera, quasi tre anni fa, era rimasto a bocca aperta.

 

*

 

Mauro non si guarda intorno: non lo fa mai. Nei locali si sente sotto assedio. Non ci viene volentieri, anche se in effetti, se non vuole vivere in castità, da qualche parte deve pure andare. Ma se guarda qualcuno, il rischio è che in due minuti (venti secondi, direbbe un osservatore imparziale), se lo ritrovi davanti che gli sorride come se Mauro gli avesse scritto una lettera d’amore.

Allora Mauro preferisce sedersi, chiacchierare con gli amici, aspettare che qualcuno si unisca a loro: chissà come mai, il tavolo dove sono loro attira un sacco di amici e conoscenti, che si avvicinano, si fanno presentare, gli stringono calorosamente la mano (indugiando sempre più del necessario), gli dicono che è un piacere conoscerlo, alcuni magari fanno qualche battuta (“Certo che la chirurgia estetica oggi fa davvero miracoli; Luigi, dovresti chiedergli l’indirizzo del suo chirurgo!” – quella linguaccia di Duccio; “Ti spiace se ti faccio tatuare il mio numero di telefono sulla mano? Così non rischi di perderlo.” – detto con la voce in falsetto da lady Lady, due volte una signora; “Se non sai come passare il tempo nei prossimi dieci anni, fammi un fischio.” “Ma che cosa c’era nella pasticca che ho preso questa sera? Devo prenderla più spesso, se mi dà queste visioni.”).

C’è stato un periodo in cui Mauro prendeva quello che passava il convento, quando la sofferenza per la morte di Fabrizio si era un po’ calmata. No, non si era calmata, lui aveva deciso di non ascoltarla più. Dopo due anni si era detto che doveva venirne fuori. Non frequentava il giro, allora, ma le occasioni non gli mancavano: c’erano uomini che lo avvicinavano per strada, altri che lo puntavano in palestra. Lui aveva preso a non dire di no. Le precauzioni necessarie e via. Si era stordito di sesso, anche. Di esercizi fisici e di sesso.

E poi si era stufato. Aveva cercato di costruire altro. Due fallimenti, che avevano lasciato il segno. Di nuovo un lungo periodo senza legami. E poi la decisione di provare a frequentare un po’ il mondo gay. Senza molte illusioni, senza grandi aspettative. A trentacinque anni Mauro si sente vecchio. Ma giovane non lo è mai stato, non dopo i sedici anni.

Sono seduti da pochi minuti quando si avvicinano in tre: Duccio, Omar (quello Mauro lo conosce, va nella sua stessa palestra, cervello inversamente proporzionale ai muscoli: fisicamente sembra una bestia, intellettualmente lo è) e un terzo che Mauro non ricorda di aver mai visto. Mauro ha un’ottima memoria per le facce e i nomi: d’altronde per un ispettore di polizia deve essere così.

Duccio lo presenta. Si chiama Andrea. È appena tornato da un soggiorno in Cina, per lavoro: interessante! I tre si siedono con loro.

Omar chiede:

- E com’è la Cina? È grande?

A Mauro non sfugge lo sguardo rivolto al cielo di Duccio. Sorride. Ma gli interessa sapere quel che Andrea ha da dire.

- Non è che l’abbia girata molto. Relegato a Chongqing. So che non l’avete mai sentita nominare, ma la provincia ha quasi trenta milioni di abitanti ed è un grosso centro industriale.

Omar osserva, stupito:

- Trenta milioni di abitanti? Cazzo! Ma è più di Torino, no?

Mauro guarda di nuovo Duccio e ghignano tutti e due.

Duccio chiede ad Andrea in che cosa consisteva il suo lavoro. Andrea racconta.

Mauro è curioso, vorrebbe saperne di più. Non ha girato molto il mondo, anche se gli piacerebbe farlo: non ha mai messo piede fuori dall’Europa, a parte un viaggio in Egitto.

  

*

 

Non era più riuscito a toglierselo di mente, quella sera, anche dopo che si erano salutati. E la notte, l’aveva pure sognato. Andrea scuote la testa. Appena tornato dall’Oriente, ti ritrovi un esemplare di maschio così, dopo un anno di digiuno quasi completo, perché lui non era mica a Pechino, ma in culo ai lupi, e le occasioni non erano molte: i cinesi non parlavano inglese e tra gli altri stranieri non era facile trovare qualcuno.

Mauro sta ancora contemplando il forte. Andrea si è stufato.

- Che ne dici, andiamo?

Sono qui da mezz’ora, c’è solo un cerchio di sassi, nient’altro, che delimita un pezzo di scogliera. Che cosa c’è ancora da vedere? È uguale all’altro, quello che tutti vanno a visitare, dove loro sono andati ieri verso sera, per evitare la folla: Mauro non ama visitare quando c’è tanta gente.

Oggi non hanno incontrato nessuno lungo la strada, non hanno trovato nessuno qui. Perché cazzo uno dovrebbe venire in un posto del genere? Una volta che ne hai visto uno, di questi forti, li hai visti tutti.

- Come vuoi, Andrea. Va bene.

Si avviano a piedi. Devono attraversare una zona senza nessun sentiero, prima di ritrovare la sterrata. Andrea lascia che Mauro lo guidi: ha un ottimo senso dell’orientamento. Andrea sa benissimo di essere una frana e poi il paesaggio è tutto uguale: sassi e qualche prato stentato. Ma come cazzo si fa a vivere in un posto del genere? C’è un bel pezzo da fare a piedi prima di arrivare al posto in cui hanno lasciato la bici e mentre camminano riprende a piovere. Una pioggerella leggera, ma insistente, come quella di ieri. Si tirano su il cappuccio della giacca: ce l’hanno sempre dietro, in questo cazzo di paese vento, pioggia e freddo non ti lasciano in pace a lungo.

Sono arrivati alla sterrata. Le bici le hanno lasciate più sotto: non sono mountain bike, su quella strada rischiavano di forare.

Ci vorranno dieci minuti, almeno, per arrivare. È l’occasione buona per parlare. È un po’ che Andrea ci pensa. A mezzogiorno hanno il traghetto che li riporta a Doolin e di lì dovrebbero andare verso sud, ma Andrea non ne ha voglia.

- Senti, Mauro, qui è tutto uguale. Sono quattro giorni che giriamo e sono sempre le stesse cose: scogliere e rovine, rovine e scogliere; pioggia e freddo, freddo e pioggia. Che ne dici se torniamo a Dublino? Là almeno c’è da divertirsi e se piove c’è comunque modo di passare il tempo. Possiamo sempre fare qualche escursione in giornata, se il tempo è bello.

Mauro si ferma e lo guarda. Ad Andrea non piace quando Mauro lo guarda così. Vorrebbe rimettersi in movimento, ma Mauro sembra inchiodato al suolo.

Mauro respira a fondo.

- Va bene, se vuoi tornare a Dublino, quando sbarchiamo a Doolin ti accompagno. Nel pomeriggio arrivi. Io tengo l’auto e proseguo il giro.

Andrea è rimasto spiazzato. A questa possibilità non aveva proprio pensato.

- Ma, se non vuoi… possiamo continuare.

Mauro scuote la testa.

- No, credo che sia meglio che ognuno vada per conto suo, Andrea. Non ha più senso. Tu rimani a Dublino e io mi vedo la costa occidentale.

L’idea di stare da solo a Dublino gli piace, parecchio: ci sono un sacco di ragazzi e la sera c’è sempre da divertirsi, ma la camera singola costa di più. E l’auto? C’è da pagare l’auto. Non ha molta voglia di pagare l’auto se poi la usa Mauro. Andrea butta lì:

- Ma l’auto… se tieni l’auto bisogna pagare tutta la settimana.

- Non ti preoccupare. Ho dato la mia carta di credito. L’auto la pago io, tanto la uso io. Magari la uso qualche giorno di più. Di Dublino ha già visto abbastanza.

Il loro programma prevedeva tre giorni a Dublino, una settimana in giro e poi di nuovo tre giorni a Dublino. Un compromesso tra i loro interessi.

Andrea dice ancora:

- Posso pagare questi giorni che abbiamo fatto insieme.

Mauro sembra nervoso.

- Lascia perdere. Ti ho trascinato in un giro che non ti interessava. È stato un errore.

Mauro fa una pausa. Aggiunge:

- Un grosso errore.

- Ma no, ma no… è che dopo un po’ ti stufi di vedere sempre le stesse cose.

Mauro lo guarda. Gli sfugge:

- E le stesse persone.

Non lascia ad Andrea il tempo di replicare. Prosegue:

- Sì, è la soluzione migliore, l’unica sensata. Ti accompagno a Dublino.

Inutile insistere.

- Allora, se non ti importa… può essere una buona idea.

- Sì, è meglio che ci separiamo qui. Non ha davvero più senso.

Mauro non sta più parlando del loro viaggio in Irlanda, Andrea lo capisce benissimo. Mauro è molto diretto. Non è mai stato uno che ci gira intorno. Anche la prima volta è stato così.

 

*

 

La serata da Gianni è finita. La cena è stata ottima: Gianni è un vero chef e anche i contributi degli altri sono stati notevoli. Mauro spera che la sua torta non abbia sfigurato: di solito è apprezzata, ma quando ha visto gli antipasti di Gianni, ha capito che il suo dolce non avrebbe mai retto il confronto.

Andrea ha tenuto banco: è simpatico, estroverso, ama essere al centro dell’attenzione. Mauro sa di essere esattamente il contrario: tende a non mettersi in mostra, è introverso e non risulta molto simpatico, molti dicono che sta troppo sulle sue, che è poco socievole. Mauro sospetta che Andrea stia facendo fuochi d’artificio a suo esclusivo beneficio. Le tre volte che si sono incontrati, in discoteca o in altri locali, ha sempre cercato di attirare la sua attenzione.

Mauro ammira le persone sicure di sé, quelle che sanno brillare in pubblico. Non è timido, ma essere al centro della scena lo mette a disagio.

Filippo e Francesco sono andati via prima. Quando Mauro si alza per andarsene, anche Andrea dice che torna a casa. Duccio non scende con loro: Gianni vuole chiedergli alcune informazioni su un programma di elaborazione immagini.

Così loro due scendono le scale da soli. Mauro sospetta che Andrea si sia messo d’accordo con gli altri, almeno con Gianni e Duccio.

È Andrea a fare la proposta. Mauro ci avrebbe scommesso.

- Che ne diresti se facessimo un salto a casa mia? Possiamo chiacchierare ancora un po’…

Mauro sorride:

- Volentieri, così possiamo conoscerci meglio. Ma preferisco dirtelo subito: se hai in mente qualche cos’altro, è meglio che ci separiamo e tu cerchi altrove. Non voglio rovinarti la serata.

Andrea sembra sorpreso dalla sua franchezza. Sorride e dice:

- Prometto che non cercherò di violentarti, se non altro perché sono sicuro che avrei la peggio. Vai in palestra tutti i giorni, vero?

Mauro scuote la testa.

- No, non più, tre volte la settimana, di solito. Qualche volta solo due: il lavoro non mi lascia sempre il tempo.

- Il tuo lavoro dev’essere interessante.

Mauro sorride. La gente pensa sempre che fare il poliziotto sia come nei film, inseguire i criminali, lottare corpo a corpo, torchiare i testimoni e altre cose del genere. Sì, ci sono momenti alquanto dinamici, in cui l’adrenalina viaggia a pieno ritmo, ma c’è anche molto lavoro di routine.

- Spesso lo è, ma non sempre. C’è anche un lavoro d’ufficio che è una vera rottura di coglioni.

- Va bene, prometto che non ti costringerò a parlare del tuo lavoro…

 

*

 

Mauro ha ripreso a muoversi. Cammina rapido, in silenzio, immerso nei suoi pensieri. Andrea lo segue. Ha una grande confusione in testa. Non saprebbe definire che cosa sta provando. È stato bene a lungo, con Mauro, i primi mesi sono stati un sogno a occhi aperti, a volte non gli sembrava neppure possibile. Ma sono diversi, troppo diversi. E a volte Andrea ha avuto la sensazione di soffocare. Giorno dopo giorno gli è sembrato che intorno a loro due Mauro innalzasse muri sempre più alti, finché si è trovato in una prigione. A letto con Mauro è sempre stato bellissimo, ma, cazzo! uno non può mica mangiare lo stesso cibo tutti i giorni, fosse pure una torta con il cioccolato e la panna!  

La pioggia sta diventando più insistente e fastidiosa. Andrea mormora:

- Merda!

È scocciato, con se stesso, con Mauro e con il mondo. Perché si è messo in questa situazione? Perché ha accettato di venire in Irlanda? Perché non è rimasto in albergo, visto che piove e fa freddo e tira pure vento? Capace che tornando in traghetto gli venga pure il mal di mare! Che posto di merda! Che senso ha andarsene in giro con un tempo da lupi, a prendere pioggia e freddo? 

Mauro se ne frega del tempo, lui va per la sua strada. Sembra abituato ad andare sempre avanti, qualunque cosa succeda. Una testa dura come pochi. Ad Andrea è sempre piaciuta la determinazione di Mauro: lui si scoraggia facilmente, quando le cose girano male. Però, adesso che l’amore è finito, si rende conto che c’è molta ostinazione in Mauro, diciamo pure testardaggine. Come se volesse dire al mondo: “Fai quel che cazzo ti pare, io vado per la mia strada.” Non è sempre facile avere al proprio fianco uno così.

Adesso è finita. Era già finita. Mauro non ha voluto rendersene conto, ha ancora proposto questa vacanza in Irlanda. Andrea si pente di aver accettato. Sarebbe stato più sensato prendere atto che la loro storia era conclusa. In fondo è un sollievo.

E dire che era incominciata bene, con Mauro. Incomincia sempre bene. Trovi qualcuno che ti piace, ci provi e ci riesci. Ti senti in paradiso. Con uno come Mauro, poi! Cazzo, quando l’aveva visto nudo, quella sera, a casa sua…

 

*

 

Mentre sale le scale della casa di Andrea, Mauro si rende conto di essere agitato. Sa benissimo che questa sera scoperanno. È nell’aria. Era nelle parole dell’invito:

- Vieni a cena da me, domani sera?

- Grazie, volentieri.

- Però questa volta non faccio nessuna promessa su quello che farò, o non farò, dopo cena.

Mauro ha riso: ricordava benissimo che cosa si erano detti la prima sera che Andrea lo aveva invitato a casa sua. Si sono visti parecchie altre volte, anche a casa dell’uno o dell’altro, ma non hanno mai più fatto riferimento a quel discorso. Se adesso Andrea ne riparla, è perché questa sera intende andare oltre. E anche a Mauro va bene andare oltre.

È circa un mese che si frequentano. Andrea gli piace, parecchio. È innamorato? Sì. Non è una passione travolgente, questo lo sa. Ma ha voglia di stare con Andrea, di scopare con Andrea, di costruire qualche cosa con Andrea.

Andrea è l’uomo giusto? Mauro non lo sa. Che cosa si aspetta Andrea, che cosa significa per lui un rapporto? Mauro ha qualche dubbio, ma l’unico modo per trovare una risposta è provare.

Andrea è sulla porta, sorridente.

- Benvenuto. Che dolce hai fatto, questa volta?

- La torta di amaretti.

- Questa non la conosco. Scopro una cosa nuova.

Mauro ha preparato apposta una torta nuova, come segno di buon augurio. Qualche cosa incomincia, questa sera, una cosa nuova.

- Magari più d’una.

Andrea scoppia a ridere.

- Mi sembra un’ottima idea.

Sì, sarà questa sera.

Saranno tre mesi che Mauro non scopa, ma non è questo a fargli battere il cuore più forte. Mauro sa benissimo che potrebbe scopare ogni sera, cambiando tutte le volte partner, se volesse: non si guarda spesso nello specchio, ma gli bastano le occhiate che gli lanciano gli uomini – e le donne, ma quello è un terreno che rimane inesplorato. A lui interessa altro, qualche cosa che va molto oltre lo scopare, che arriva più in profondità. Quanto? Quanto in profondità è andato nelle storie precedenti? Quanto davvero ha saputo costruire nelle due storie importanti della sua vita? Non moltissimo. Assai meno di quello che avrebbe voluto.

Andrea scherza, sorride, ammicca. Per fortuna Andrea è in grado di reggere da solo la conversazione, perché in questo momento Mauro non riesce a rispondere a tono, si limita a qualche monosillabo, ad un sorriso. Mauro si sta perdendo in altri pensieri, in ricordi che fanno male. Si dice che è proprio una testa di cazzo: questa dev’essere una bellissima serata e lui se la sta rovinando tra dubbi e ricordi amari.

Andrea lo bacia sulla guancia e gli sussurra:

- Ci mettiamo a tavola o passiamo oltre e facciamo poi uno spuntino nell’intervallo?

Mauro ghigna.

- La seconda che hai detto, se non c’è niente che brucia sul fuoco…

Meglio tuffarsi, scacciando i pensieri neri. E poi si vedrà.

Andrea gli mette un braccio intorno alle spalle e lo accompagna in camera da letto.

Mauro sorride e si sfila il maglione, poi lascia che Andrea incominci a sbottonargli la camicia. Si accorge che gli tremano un po’ le mani.

 

*

 

Le bici sono tutte bagnate. Asciugano i sedili con i fazzoletti di carta, ma rimangono umidi: la pelle del rivestimento è screpolata e l’acqua è entrata nell’imbottitura. Adesso gli tocca pure bagnarsi il culo. E cercare di non scivolare lungo la strada in discesa, con il rischio di spaccarsi pure le ossa. Merda! 

Andrea non ne può più di questo tempo infame, del freddo – e sono ad agosto! – e di tutto il resto. A Ibiza di sicuro c’è il sole, un casino di ragazzi con cui divertirsi, musica e feste. Ma Mauro a Ibiza non aveva nessuna voglia di andare. A lui piace vedere posti nuovi, persino quelle pietre preistoriche gli piacciono: gliel’ha fatto girare tutto quel posto, come cazzo si chiamava, Newgrange, con i tumuli. Pure a quel tumulo in cima alla collina l’ha fatto salire, che era proprio solo un mucchio di sassi, meno male che almeno c’era un bel panorama.

No, lui e Mauro sono troppo diversi: come si fa a voler venire in un posto del cazzo come questo?

Fosse solo una questione di mete per le vacanze, non sarebbe un gran problema: si possono fare vacanze separate, non sta mica scritto nella Bibbia che due debbano andare in vacanza insieme solo perché vanno a letto insieme. Ma c’è molto di più. Mauro era addirittura intenzionato a vivere insieme. Quando gliel’aveva detto, ad Andrea erano venuti i sudori freddi.

 

*

 

Mauro non è certo un gran cuoco come Gianni, ma se la cava più che bene in cucina. Andrea manifesta il suo apprezzamento.

- La torta di carote è uno schianto. Ma tutta la cena era ottima.

A Mauro fa piacere sentirsi lodare da Andrea.

- Ci tengo a nutrirti bene.

Apre la bocca per continuare, ma si ferma. Vorrebbe proseguire il discorso, ha qualche cosa di importante da dire, ma si sente incerto. Non è sicuro di come Andrea prenderà la sua proposta. Sono tre mesi che stanno insieme, nel senso di formare una coppia. Stanno bene a letto, benissimo. Ma Andrea è sempre piuttosto restio a fermarsi da lui. Dormono magari insieme la notte, poi però Andrea se ne torna a casa sua.

Quando dorme da Andrea, Mauro fa lo stesso. Andrea non l’ha mai invitato a fermarsi per la giornata.

Questo a Mauro non basta. Mauro vorrebbe provare a vivere davvero insieme.

Andrea ha visto che Mauro ha rinunciato a dire quello che aveva in mente e allora risponde:

- Finirò per ingrassare. E poi te ne cercherai un altro perché io sono troppo grasso… Non è giusto!

Mauro sorride. Gli si avvicina. Lo bacia. Lo stringe tra le braccia. E allora cerca di dire quello che ha dentro:

- Potremmo fare la prova…

- Di ingrasso?

- Sì. Vediamo che cosa succede se ti nutro tutti i giorni.

Mauro avverte una certa tensione nel corpo di Andrea, un improvviso irrigidirsi. Anche la risatina che accompagna la risposta di Andrea suona fasulla:

- Tutti i giorni a cena da te?

- No, tutti i giorni qui. Che ne diresti di provare a vivere insieme?

Andrea si libera dall’abbraccio. È chiaramente a disagio. Mauro si dice che avrebbe fatto meglio a tacere. Ora sono uno davanti all’altro, ma a Mauro sembra che in mezzo ci sia un abisso.

- Mauro, stiamo insieme solo da tre mesi.

- Pensavo… Qui possiamo stare benissimo in due, la casa è abbastanza grande.

Andrea si lamenta sempre che guadagna poco, in due risparmierebbe, ma Mauro preferisce non usare questo argomento. Non gli piacerebbe che Andrea accettasse di convivere solo per quel motivo.

- Ma Mauro! Se vengo a vivere da te, che cosa diranno i miei? E gli amici? E i colleghi?

Mauro non sa che cosa dire. Ha sbagliato a proporre una convivenza. Forse è troppo presto.

Andrea insiste:

- I miei non sanno. Venire a vivere qui sarebbe come mettere fuori un cartello: SONO FROCIO. E poi gli amici, quelli fuori dal giro. No, cazzo, no. Non è proprio possibile.

Mauro è disorientato. Non si è mai posto tanti problemi. Anno di grazia 2007, non 1960. Italia, non Iran.

Andrea gli si avvicina, sorridendo. Lo abbraccia.

- Non te la prendere, Mauro. Ma davvero, non è possibile.

Mauro si dice che ha sbagliato a proporlo, che è comunque troppo presto.

 

*

 

Pedalano, Mauro davanti, Andrea dietro, senza dire una parola. Arrivano al posto dove hanno affittato le bici. Le lasciano. Mauro non dice nulla. Andrea cerca una scappatoia: non ha voglia di trascorrere le prossime ore in silenzio vicino a Mauro. Già ci sarà il viaggio in auto fino a Dublino. Lì vicino c’è il negozio, dev’essere l’unico dell’isola. Andrea dice:

- Faccio un salto al negozio, così vedo se c’è qualche cosa da comprare.

La voce di Mauro è fredda, come l’espressione del suo viso, come la giornata.

- Va bene. Dobbiamo essere al molo alle 11.30. Dieci minuti prima all’albergo, d’accordo?

Andrea annuisce. Guarda l’orologio. Non ha molto tempo per il negozio: appena venti minuti. Non si è accorto di quanto tempo è passato, ma in effetti la gita fino al forte è lunga, anche se loro sono partiti presto. Un altro aspetto di Mauro che gli è spesso pesato un po’: alzarsi presto il mattino, per essere i primi in coda a vedere i tumuli o per andare al Forte nero.

Il negozio è su due piani. A quello inferiore ci sono maglioni, di ogni taglia e colore: tradizionali, fatti a mano, e industriali; da uomo e da donna; pesanti come un cappotto e più leggeri. Alcuni sono molto belli, ma hanno prezzi davvero proibitivi. Al piano di sopra il solito assortimento di carabattole per turisti. Andrea non compra nulla. Avrà tempo a Dublino, se vuole cercare qualche cosa da portare ai suoi genitori o a sua sorella.

Al momento di uscire, Andrea ha un pensiero. Agisce d’impulso, sa benissimo che se si fermasse un attimo a riflettere, non lo farebbe. Compra un maglione, non uno di quelli fatti a mano, ma uno bello, piuttosto costoso, di un colore verdone, un po’ scuro per i suoi gusti. Un maglione molto serio, di quelli che piacciono a Mauro. Forse è tutto lì, il problema: Mauro prende la vita troppo sul serio. Forse per il mestiere che fa, per la vita che ha avuto: il suicidio del padre, le storie passate a cui Mauro ha soltanto accennato. O forse non c’entra un cazzo, Mauro sarebbe comunque così. E lui non è la persona adatta per Mauro. Andrea prende la vita con più leggerezza, con più allegria, gli verrebbe da dire. Non che Mauro sia un musone, questo no, ma a volte è davvero troppo rigido. Come quella volta con Omar.

 

*

 

Mauro è in largo anticipo. Spera che ad Andrea non dispiaccia. Per un momento pensa che forse farebbe bene a farsi un giro, ma fa freddo, ormai è buio e non è che quell’area del quartiere di Santa Rita offra grandi attrattive. Aspetta un momento in auto, poi si dice che è idiota stare lì: non c’è motivo perché Andrea non lo faccia salire.

Fa per scendere quando la porta della casa di Andrea si apre e ne esce Omar. Mauro è perplesso. Omar non abita in zona: Mauro lo sa benissimo, vanno alla stessa palestra perché abitano tutti e due in Vanchiglia. Sarà andato a trovare Andrea, si conoscono. Ma Andrea non ha nessuna stima di Omar, dice sempre che è proprio limitato. Una volta però ha detto che ha un bel corpo.

Il pensiero è disturbante. Mauro lo vorrebbe scacciare, ma non è facile.

Omar si è guardato intorno, poi ha svoltato l’angolo ed è scomparso. Mauro aspetta ancora due minuti, poi scende, chiude l’auto e suona da Andrea.

- Che c’è?

- Sono Mauro, sono un po’ in anticipo. Ti spiace se salgo?

- No, no, certo.

A giudicare dalla voce, Andrea non si direbbe entusiasta del suo anticipo.

Mauro sale le scale rapidamente, più del solito. Vuole sapere. Non vuole chiedere, ma vuole sapere.

La porta dell’appartamento è ancora chiusa. Strano, alquanto strano. Di solito la trova sempre aperta. Mauro preme il campanello.

Andrea gli apre dopo un attimo:

- Impaziente, eh? Sei proprio in anticipo.

Mauro ha la sensazione che il sorriso di Andrea sia un po’ forzato, che Andrea preferirebbe che lui si facesse un giro e ripassasse dopo. Gli sembra che qualche cosa si stia incrinando.

- Ho finito prima del previsto. Sono passato da Ronco per comprarmi gli scarponi, ma c’era un casino di gente, così ho lasciato perdere ed ho fatto che venire qui. Disturbo?

Andrea ride.

- Ma no, che dici? Figurati! Stavo mettendo un po’ in ordine.

Mauro si rende conto perfettamente che sta registrando le sfumature della voce di Andrea, che sta valutandole, che sta arrivando a una conclusione che non gli piace. Mauro sta facendo il poliziotto.

- Posso aiutarti?

- Ma no, ma no. Figurati che non ho neanche fatto il letto questa mattina.

L’ispettore Bragadin valuta le diverse possibilità e decide che la camera da letto può aspettare.

- Va bene, ti lascio fare. Prendo un po’ d’acqua in cucina. Ho una sete boia.

- Sì, bravo, in un attimo metto a posto.

Andrea va in camera da letto. Mauro va in cucina. Apre lo sportello sotto il lavandino e osserva il contenuto del bidoncino portarifiuti. Il preservativo è lì. Mauro annuisce. L’ispettore Bragadin è arrivato alla conclusione giusta. Mauro sta soffrendo come un cane.

Mauro prende il bicchiere e lo riempie d’acqua. Mauro si siede su una sedia. Sta troppo male. Fissa il pavimento della cucina, le vecchie piastrelle anni ’60.

Quando Andrea entra in cucina, Mauro alza gli occhi e gli dice:

- Ho visto Omar uscire, Andrea.

Non voleva dirlo. Non voleva dire nulla. Ma che senso ha tacere?

 

*

 

Mauro è seduto nella sala dell’albergo. Sta sfogliando un libro fotografico sull’Irlanda. Mauro ama i libri, legge molto. Nel locale ci sono alcuni altri ospiti, probabilmente gente che come loro aspetta di prendere il traghetto: quelli arrivati in mattinata devono essere tutti impegnati nella visita dell’isola. Un ragazzo sta guardando Mauro, se lo beve con gli occhi.

Andrea guarda di nuovo Mauro. Sì, è bello. Andrea avverte una lacerazione. Perché? Perché non ha funzionato, nemmeno questa volta? Perché Mauro è così rigido, così testardo? Andrea guarda la grossa busta in cui c’è il maglione. Scuote la testa. È stata una sciocchezza.

Mauro alza gli occhi. Il ragazzo che se lo stava scannerizzando centimetro per centimetro abbassa la testa, finge di guardare il libro che ha tra le mani.

- Hai fatto acquisti?

Il tono di Mauro è neutro, non c’è più la freddezza di prima. Forse una sorta di stanchezza. Deve aver riflettuto sulla fine della loro storia. Mauro è uno che riflette. Non agisce mai d’istinto. No, detto così non è vero, talvolta anche lui è impulsivo. Ma è uno che medita su quello che fa, su quello che ha fatto.

- Sì, ho comprato una cosa.

- Facciamo che ritirare i borsoni e andiamo al molo? Tanto ha smesso di piovere.

- Va bene.

Si fanno dare le valigie che hanno lasciato in custodia ed escono. Sulla soglia, guardando il porto, Andrea si dice che l’albergo che stanno lasciando è l’ultimo posto in cui lui e Mauro hanno scopato. Non ci saranno altre volte. Le loro strade si dividono, non solo perché Mauro, dopo averlo accompagnato a Dublino, proseguirà in un’altra direzione. Mauro non lo abbraccerà più, cingendogli il petto da dietro mentre lo attira a sé. Mauro non gli morderà più il lobo dell’orecchio. Mauro non lo riparerà più sotto il suo ombrello troppo grande, ma così comodo quando piove tanto. Mauro è un capitolo chiuso. Si incontreranno qualche volta nel giro, magari si ritroveranno a cena da Gianni e Duccio o da qualche altro amico comune. Ma saranno due estranei, sempre più lontani. Un giorno qualcuno gli dirà che Mauro si è messo con un altro e Andrea non sentirà nemmeno una leggera fitta.

Adesso però gli pesa. La loro storia è finita da tempo, lo sanno benissimo tutti e due. Ma non è così facile dare un taglio netto. Avrebbe potuto essere diverso, se Mauro avesse capito, se non fosse così rigido. Si può stare insieme e ogni tanto avere voglia di provare qualche cosa di diverso. È il caso di farne un dramma?

Andrea sa benissimo che la storia con Bastiano non è una faccenda seria. Se Mauro non avesse una visione così… così ottocentesca dell’amore e del sesso... No, del sesso no. A letto Mauro ha molta fantasia e nessuna rigidità (a parte ovviamente là dove la rigidità è necessaria). Ma non ha mai voluto capire che variare un po’ non toglie nulla a un rapporto. No, Andrea non è proprio riuscito a farglielo capire.

 

*

 

- Mauro, non farne una tragedia. Che cosa vuoi che m’importi di uno come Omar?

Mauro vorrebbe urlare che se non gli importa di Omar, che senso ha portarselo a letto? Mauro vorrebbe sbattere la testa contro il muro. Ma cerca di controllarsi, di rimanere lucido, di non arrabbiarsi, di non mandare in pezzi tutto ciò che in questo anno e mezzo hanno costruito.

- Ma se non t’importa niente di lui, perché?

Andrea è scocciato. Parla come se si rivolgesse ad un bambino che non vuole capire:

- Mauro, non ha nessuna importanza. Omar si è fatto avanti e io non gli ho detto di no. Non cambia nulla nel nostro rapporto. Puoi farlo anche tu, se vuoi. Perché dobbiamo limitarci?

Mauro non capisce. Il suo cervello sì, connette e collega quello che Andrea gli sta dicendo a una visione dei rapporti molto comune, non solo nel mondo gay. Infinite volte Mauro l’ha sentita esprimere, in qualche caso anche teorizzare: perché dovremmo negarci a qualcuno, che male c’è? Si è fatto anche tacciare di essere un provinciale bigotto, ancorato a una morale cattolica. Mauro può capire queste idee, ma sa che lui non è fatto così. Ha interiorizzato il modello dei suoi genitori, probabilmente, che sono sempre vissuti insieme, fedeli l’uno all’altra. Per Mauro il suo rapporto con Andrea significa che non esistono altri corpi.

Mauro si dice che dentro di sé ha accusato Andrea di essere cinquant’anni indietro perché non vuole convivere apertamente. E di colpo si rende conto che ora è lui a essere indietro, ancorato a valori che non sono quelli di oggi.

Mauro ghigna. Alza lo sguardo su Andrea, che non sa interpretare quel sorriso.

- Mauro, non pensavo… È stata una scopata e basta. Che cosa cambia?

Una scopata e basta. Per Mauro è difficile accettare.

- Ma perché…

Mauro non riesce a formulare la domanda. Andrea sorride, conciliante:

- Che cosa vuoi che mi importi di Omar? Pensi mica che potrei mettermi con uno come lui? Santo cielo! Ha un bel corpo, mi ha solleticato un po’. Non pensavo che te la saresti presa tanto.

“Non pensavo che te la saresti presa tanto”. Di certo Andrea non aveva nessuna intenzione di dirglielo. E lui avrebbe preferito non sapere. Oh, sì, mille volte meglio non sapere.

Andrea insiste:

- Non siamo mica nell’Ottocento, Mauro. Queste cose non hanno nessuna importanza.

Mauro annuisce. Cerca di rimettere insieme i cocci. Ma i segni della rottura si vedono. Confusamente, Mauro avverte che nulla sarà più come prima.

 

*

 

C’è molta gente che scende dal traghetto, anche se è tardi: arrivando ora, rimangono solo poche ore prima dell’ultimo traghetto. Qualcuno si fermerà in albergo, ma molti non hanno zaini o valigie, quelli si fanno scarrozzare qualche ora e poi se ne tornano da dove sono venuti. In fondo sono saggi: per quel che c’è da vedere, mezza giornata è più che sufficiente. Infine arriva il loro turno di salire. Posano le valigie nei contenitori e si siedono vicino a una delle porte: Andrea ogni tanto soffre di mal di mare e da quando glielo ha detto, Mauro sceglie sempre un posto vicino alla porta, in modo che Andrea possa uscire sul ponte se avverte qualche sintomo. Mauro ha molte di queste attenzioni, come nessuno degli uomini con cui Andrea è stato in passato.

Andrea avverte il peso di questa rottura che era inevitabile, che ha desiderato più volte, nell’ultimo periodo, per chiudere con un rapporto che era diventato una catena, per poter vivere in piena libertà altre storie. Ma adesso che la separazione è compiuta e definitiva, perché a questo punto Mauro non accetterebbe di tornare indietro, Andrea sente una tristezza sconfinata invaderlo. Gli sembra che il grigio del cielo stinga sulla sua anima, spegnendo ogni colore. Non gli interessa nemmeno più arrivare a Dublino.

Perché? Perché?

 

*

 

Perché ogni giorno che passa Mauro ha la sensazione di una frattura che si allarga tra lui e Andrea? Tutto sembra come prima. Magari si vedono un po’ meno di prima, Andrea ogni tanto esce con qualche collega, con i vecchi amici non del giro, quelli che non gli ha mai presentato. E poi ci sono i suoi genitori. Ma almeno tre sere la settimana si ritrovano. Mangiano insieme, parlano sereni, magari guardano un film alla televisione, scopano, sempre con piacere. Una vecchia coppia affiatata.

Ma quando torna a casa sua, o quando Andrea se ne va, Mauro pensa che non era questo che aveva sognato, che si era illuso di costruire con Andrea. Sogni, illusioni. Mauro rimane solo. Sa che ci sono altri, che passano nella vita di Andrea. Mauro è un poliziotto, sa cogliere certi indizi. Non ne parla, ha imparato a tacere. Ma ogni piccolo indizio allarga la frattura. E dentro di sé Mauro sa benissimo che è un sentimento che si spegne, anche se non vuole riconoscerlo.

 

*

 

Andrea è stordito. Non ha avuto la nausea, ma il mare mosso gli ha dato una sensazione di stanchezza.

- Vuoi che ci fermiamo qui, Andrea? Se non stai bene, possiamo passare un’altra notte a Doolin, magari andare di nuovo a sentire un po’ di musica.

Andrea scuote la testa. Mauro è sempre premuroso, anche ora che si separano. Non è il tipo che porta rancore, che accusa, uno di quelli per cui la fine di una storia è sempre colpa dell’altro. Mauro si farà un esame di coscienza e si prenderà buona parte della responsabilità, più di quella che ha, di sicuro. Mauro è fatto così. Perché non ha funzionato?

- No, Mauro, preferisco andare a Dublino. Dormirò un po’ in auto.

Raggiungono il parcheggio dove hanno lasciato l’automobile.

- Vuoi che guardi la carta?

Di solito Mauro sta al volante e Andrea fa da seconda guida.

- No, no, per Dublino ci sono tutte le indicazioni. Cerca di dormire, se ti serve per rimetterti in sesto.

Andrea si siede, si mette la cintura (guai se non lo facesse: su questo Mauro è rigidissimo) e chiude gli occhi. Non dorme. Mauro non dice più una parola: rispetta il suo sonno, vero o finto che sia. Guida, concentrato sulla strada. Ci sono tutte le indicazioni per Dublino e non c’è rischio di perdersi. 

Andrea non vede l’ora di arrivare a Dublino, per stendersi su un letto e crogiolarsi un po’ nella malinconia. A Dublino si separeranno e via, ognuno per la sua strada. Si ritroveranno all’aeroporto, il giorno della partenza, come due estranei.

Andrea sprofonda in un torpore viscoso che lo stordisce. Mauro ha acceso il riscaldamento dell’auto. Il riscaldamento, ad agosto! Ma sa che Andrea non ama il freddo e l’ha fatto per lui. C’è un gradevole tepore nell’auto.

È stato bene con Mauro, non troverà più nessuno come lui, lo sa. Sa anche che la separazione è l’unica cosa sensata, che la loro storia non può continuare, ma adesso c’è solo rimpianto. Il periodo più felice del loro rapporto è stato il primo, come succede sempre, ma ancora qualche mese fa, a maggio, quei tre giorni alle Cinque Terre… Faceva caldo, sembrava estate allora, non come adesso, che pare autunno.

 

*

 

- Non mi becchi più, disgraziato! Meno male che era una passeggiata! Una passeggiata per le capre.

Mauro ride. Andrea non ha proprio l’abitudine a camminare.

- Non puoi venire alle Cinque Terre e non camminare almeno un po’. Questo tratto, da Monterosso a Vernazza, è splendido, e anche quello dopo, tra Vernazza e Corniglia.

- Quello dopo? Scordatelo che prosegua. Alla prima stazione prendo il treno e torno a Levanto.

Andrea si lamenta, ma ride anche lui. Sono allegri, questi tre giorni di vacanza ci volevano proprio, il tempo è dalla loro parte e la natura splendida. A Mauro pare di respirare più leggero. Il peso che ha spesso avvertito nell’ultimo anno, quella sensazione di crisi incombente, sembra dissiparsi al sole di maggio.

- Allora facciamo il sentiero che passa in alto, così non trovi un paese fino a Portovenere. In otto-dieci ore ci arriviamo.

- Tu mi vuoi morto, disgraziato!

Ridono. Mauro afferra Andrea e, d’impeto, lo bacia, in mezzo al sentiero.

Andrea si guarda attorno, smarrito. Non c’è nessuno, per fortuna.

- Ma sei impazzito? Potevano vederci!

Mauro scuote la testa. Andrea ha sempre l’ossessione di essere visto. Persino ad Amsterdam, che era piena di locali gay, non voleva che Mauro gli mettesse una mano sulla spalla.

- Facciamo l’amore qui, Andrea?

- Mauro!

- Ci appartiamo nella macchia…

- Passa un sacco di gente, qui!

Mauro si guarda intorno, poi appoggia una mano su un’area strategica. Andrea sembra avere di colpo difficoltà a respirare.

Scivolano tra i cespugli, allontanandosi dal sentiero.

 

*

 

- Andrea!

Andrea si riscuote. Si era addormentato.

- Dimmi, Mauro.

- Guarda sulla Lonely Planet che albergo vuoi. Tra poco siamo a Dublino.

- Puoi lasciarmi alla fermata di un autobus.

- Con il bagaglio e ancora intontito dal viaggio in mare? Neanche per idea.

Questo è Mauro: disposto a guidare in una città caotica, che conosce appena, con la guida a sinistra, per non mollarlo alla fermata dell’autobus, dopo che si sono appena lasciati. Un altro l’avrebbe accompagnato alla stazione del treno in qualche paese sperduto del cazzo, altro che a Dublino e pure all’albergo. Perché? Cazzo! Perché?

- Perdi un sacco di tempo a girare per Dublino.

- Tu scegli l’albergo, telefoni per vedere se c’è posto e poi ti ci porto.

Andrea non ha voglia di cercare, confrontare prezzi, studiare la posizione.

- Va bene quello dell’andata.

- Ma non dicevi che era un po’ caro?

- No, va bene. Così sai dov’è.

- Meglio che telefoni per controllare se c’è posto.

Andrea prende la guida, trova l’albergo e compone il numero. La camera singola è piuttosto cara, ma non importa: domani può cercarsi un altro posto. Adesso vuole solo arrivare.

Mauro riesce a raggiungere l’albergo: come abbia fatto a ritrovarlo, Andrea non saprebbe proprio dire, ma Mauro ha un senso dell’orientamento fenomenale.

È giunto il momento.

Andrea scende, apre il bagagliaio e prende il suo borsone. Mauro gli dice:

- Non dimenticare il tuo acquisto.

Andrea guarda la busta, che ha appoggiato accanto al borsone di Mauro. Scuote la testa. Gli sembra che la voce gli esca roca.

- Quello l’ho comprato per te, alle isole Aran.

Mauro lo guarda, interdetto.

- Ma

Andrea non dà spiegazioni. Non saprebbe che cosa dire.

- Io vado, Mauro. Ci vediamo in aeroporto, tra una settimana.

Mauro annuisce.

- Grazie, allora.

Andrea non dice nulla. Entra con il suo bagaglio, senza nemmeno voltarsi. Non vuole che Mauro si accorga che ha le lacrime agli occhi.

Mormora tra sé, quando ormai nessuno può sentirlo, se non forse il ragazzo al bancone:

- Addio, Mauro.

 

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