II

 

           

  8

 

Il giorno dopo, un rapido salto all’edicola, prima di raggiungere il commissariato, conferma quanto Ferraris già si aspettava: la notizia della scomparsa di Enea Burzio è trapelata e i giornali dedicano ampio spazio alla faccenda. Niente di strano, considerando chi sono i Burzio. Nella cronaca torinese della Stampa e della Repubblica c’è un bello spazio e sulla Stampa c’è anche la foto di Burzio: ottimo, così magari qualcuno lo riconosce e viene a raccontarlo.

Ferraris sa benissimo che saranno in cento a riconoscere nella foto l’uomo che hanno visto il giorno prima. Spera che almeno uno di quelli non si sbagli: uno su cento sarebbe già un buon risultato.

Ferraris ci conta davvero, perché per il momento di indizi in mano non ne ha proprio. Spera che salti fuori qualche cosa, se non altro per evitare lo stress del commissario, che vorrebbe la soluzione del caso bell’e pronta.

E infatti appena arriva il commissario lo convoca nel suo ufficio per sapere se ci sono novità. È arrivato presto e ha letto il rapporto (prima di Ferraris, che non l’ha ancora visto), ma spera che Ferraris ne sappia qualche cosa di più, abbia magari un’idea, una di quelle intuizioni che in passato gli hanno permesso di risolvere brillantemente casi difficili. Sospetti e intuizioni che non si scrivono in un rapporto ufficiale, non si confidano nemmeno all’agente che ti accompagna, ma magari fanno vedere uno spiraglio di luce.

Il commissario è molto deluso quando scopre che l’ispettore non ha assolutamente nulla da offrire e a Ferraris viene voglia di prenderlo a calci: deve procedere con i guanti ed essere fine, deve risolvere il caso in fretta, deve, deve, ma che vada a prenderselo in culo da Satana!

Questo non lo dice, si limita a grugnire, sperando che la giaculatoria si concluda, ma il commissario si lamenta ancora un pezzo: ormai la stampa (quella con la minuscola e quella con la maiuscola, ma in particolare la seconda) lo assedia, la signora Burzio ha telefonato di nuovo e la faccenda non promette bene.

Il commissario sta sui carboni ardenti, è evidente: un personaggio come Enea Burzio che scompare non è una faccenda simpatica, non è mica un travet qualsiasi.

Ferraris grugnisce di nuovo, ma il commissario non demorde e gli chiede:

- Che cosa conta di fare?

La risposta mentale di Ferraris è irripetibile, quella formulata ad alta voce va un po’ meglio:

- Per il culo di Satana, commissario. Conto di tornare dalla signora Burzio e di trattarla con un po’ meno finezza – il commissario apre la bocca per protestare, ma si ferma – e di tornare in fabbrica a mettere le mani sul computer personale di Burzio. Secondo me occorre metterlo sotto sequestro. E mettere il telefono di casa Burzio sotto controllo.

Il commissario apre nuovamente la bocca per parlare, poi la storce e la richiude. Infine la riapre, per rispondere:

- Faccia quanto ritiene opportuno, ma attenzione, Ferraris. Non voglio altre lamentele da parte della signora Burzio.

“Altre” è un indizio più che sufficiente per incriminare la signora Burzio per comportamento scorretto e antipatia profonda, ma i due reati non sono previsti dal codice penale e, mugugnando per le carenze del codice, Ferraris ringhia un – Non ce ne saranno – che suona molto più una minaccia che una rassicurazione e infatti è evidente che il commissario non si sente per nulla rassicurato. Come dargli torto?

Volturno gli farà da autista, ovviamente, in base alle istruzioni del dirigente. Ferraris potrebbe richiedere di farsi accompagnare da un altro, ma non c’è motivo. E lo diverte l’idea di vedere come reagisce quello stronzo.

Volturno sta lavorando su qualche carta. Ferraris lo guarda un attimo, mentre ancora l’agente non si è accorto della sua presenza. Per il culo di Satana, se è bello! Stronzo, ma bello.

- Volturno.

Volturno alza gli occhi e Ferraris cerca di leggere nella sua faccia, ma non trapela nulla.

- Mi dica, ispettore.

- Prendi l’auto. Siamo di nuovo in ballo.

- Arrivo.

Volturno mette via le carte e si alza. Nessun segno di risentimento, nessuna freddezza ostentata. Sa incassare bene, di questo bisogna dargli atto.

 

  9

 

Questa volta deve saltare fuori qualche cosa di interessante. Quella vecchia gallina spennata dovrà fornire qualche indizio, con le buone o con le cattive.

Mentre l’auto si arrampica lungo la strada che porta a villa Burzio, Volturno rimane silenzioso, ma se Ferraris dice qualche cosa, risponde a tono. Senza dilungarsi, ma a tono. Appena appena un filo asciutto, ma non scostante. Non gli tiene il broncio: buon per lui, perché i bambini piccoli Ferraris non li sopporta.

Se qualcun altro fosse in auto con loro, non noterebbe niente di strano. Penserebbe che Volturno è uno che parla poco e in fondo non è sbagliato: anche ieri Volturno non ha parlato molto; è socievole, fa volentieri qualche battuta, ma non è un chiacchierone. Questo a Ferraris piace.         

Barbara Burzio li accoglie con scarso calore, ma questo non turba eccessivamente Ferraris: non essere apprezzato da madama Burzio è l’ultima delle sue preoccupazioni.

La donna appare piuttosto tesa e stanca, ma non sconvolta. Deve aver dormito male, ma non ha passato la notte in bianco. Non deve essere follemente innamorata del caro marito.

Chiede subito:

- Avete scoperto qualche cosa?

- No. Se vogliamo scoprire che cosa è successo, abbiamo bisogno di maggiori informazioni su suo marito e solo lei può darcele.

La frase gli è venuta proprio bene, quasi raffinata. Forse il tono non è così umile come la signora Burzio pretenderebbe da un individuo di specie inferiore come l’ispettore, ma questa vecchia befana rifatta farebbe meglio a non andare tanto per il sottile. La pazienza di Ferraris è già in riserva di prima mattina, come sempre, d’altronde. Non si ricorda mai di fare il pieno.

- Ispettore, sono a sua disposizione. Non posso continuare così. Questa attesa mi uccide. Ho passato tutta la notte accanto al telefono. Ho dovuto prendere un Tavor per dormire.

Ferraris annuisce, più per dovere d’ufficio che per solidarietà umana.

- Non ha telefonato nessuno?

- Ieri no. Questa mattina sì, diverse persone, quando hanno letto la notizia sui giornali.

- Nessuno che abbia fornito una traccia, anche leggera, un indizio?

- No, niente.

Va bene, da quella parte niente. A questo punto bisogna sondare l’ipotesi fuga volontaria.    

- Suo marito ha un passaporto, suppongo.

- Certo.

- Sa dove suo marito lo tiene?

- In cassaforte, naturalmente.

Ovvio, dov’altro si tiene un passaporto? Chi è che non ha una cassaforte in casa?

- Bene, può controllare se c’è ancora e portarmelo?

La signora Burzio si alza, perplessa, e Ferraris si dice che sta procedendo egregiamente: non l’ha ancora maltrattata, né insultata e neppure indispettita e sono già cinque minuti che lui è lì!

La signora torna con il passaporto. Ferraris lo sfoglia. guarda i visti d’ingresso: ce ne sono diversi. Il signor Burzio ama viaggiare.

- L’ultimo viaggio all’estero che hanno fatto insieme?

- Questa primavera, in Canada. Ah, no, c’è stata anche la settimana a New York, a settembre.

- Suo marito ha fatto qualche viaggio da solo, in tempi recenti?

- No, le solite cose, per lavoro, due volte a Londra, è stato qualche volta a Parigi, una puntata a Berlino la settimana scorsa, ma solo due giorni, anche nelle altre occasioni non è mai stato via più di due o tre giorni.

Ferraris è sinceramente dispiaciuto per il povero Burzio, costretto a fare le solite cose. Da quello che è saltato fuori in fabbrica, Ferraris si dice che i viaggi di lavoro devono essere più che altro scuse per prendere una boccata d’aria. Ferraris capisce perfettamente il poveretto. Al suo posto anche lui prenderebbe una boccata d’aria. Guardando la signora Burzio, Ferraris si chiede se non possa trattarsi di un suicidio... Il passaporto c’è, ma questo non vuole dire molto: Enea Burzio può essere scomparso con un altro passaporto e un’altra identità, se voleva; per uno con i suoi mezzi, procurarsi un nuovo nome e nuovi documenti è uno scherzo. E in gran parte dell’Europa non ha nemmeno bisogno del passaporto.

- Suo marito ha un computer qui a casa?

- Ha il suo personal.

- Avrei bisogno di controllarlo, forse troviamo qualche elemento che ci può aiutare a svelare il mistero.

Il personal ha una password, per cui non è possibile entrarvi. Ferraris chiede alla signora se può prenderlo: in commissariato sapranno metterci le mani.

La signora non ne è evidentemente entusiasta, ma non oppone resistenza.

- Lei conosce tutti i conti bancari di suo marito?

La signora Burzio non nasconde il suo fastidio a quella domanda. Poco fine, Ferraris lo sa, ma lui fa lo sbirro, non l’estetista. E i soldi sono spesso la chiave per arrivare alla soluzione di un caso.

- Non capisco che cosa vuole dire.

Ferraris spiega, con una pazienza di cui lui stesso si stupisce:      

- Ho bisogno di sapere se sono state prelevate grosse somme in tempi recenti o se sono stati fatti pagamenti anomali. Per capire se suo marito può aver deciso di scomparire volontariamente o se magari era sotto ricatto o c’era qualche altro problema.

Ferraris non ha neanche detto: “se ha deciso di raccogliere tutto quanto poteva per scapparsene via”. Quanto a finezza, sta facendo miracoli! Conclude:        

- Può effettuare questo controllo?

- Certamente, ma escludo che mio marito sia scomparso di sua spontanea volontà.

- Le credo, lo penso anch’io, ma è necessario che controlli.

Ferraris ha detto “Lo penso anch’io” e si rende conto di pensarlo veramente. Come altre volte gli capita, non saprebbe dire perché. Ma quando il suo cervello arriva a una conclusione senza dirgli come c’è arrivato, non si sbaglia, praticamente mai.

- Insomma, verifichi se ci sono stati prelievi o movimenti insoliti, poi mi faccia sapere.

La donna annuisce. Appare ancora più stanca, come se il colloquio l’avesse svuotata.

- Farò come mi chiede.         

     

  10

     

Dopo villa Burzio, è il turno della fabbrica. Il custode apre senza dire una parola: l’ispettore non era atteso e non ha il permesso di parcheggiare all’interno, ma la sbarra viene immediatamente alzata. Ferraris raggiunge l’ufficio del direttore, senza che la segretaria abbia da obiettare. Tutto ciò dimostra che la gente impara dall’esperienza.

In primo luogo Ferraris pone qualche domanda al direttore:

- Nell’ultimo periodo il signor Burzio è stato in viaggio di lavoro a Berlino, Londra, Parigi. Che cosa è andato a fare?

Il direttore annaspa:

- Il cavaliere non mi informa dei risultati dei suoi viaggi…

- Non sono viaggi di lavoro, quindi!

- Ma, io non potrei dire… Certo che il cavaliere ha i suoi progetti…

- Di cui comunque lei non è informato.

Il direttore arranca ancora un po’. Ferraris si dice che Burzio va in viaggio per lavoro come lui va in sauna per le indagini.

Non dovrebbe parlare (pensare) così in fretta. Non si può mai dire.

- Ha un’idea dei motivi di questi viaggi o non ne sa nulla?

- No, il cavaliere non mi racconta niente. Mi dice solo che si assenterà per due o tre giorni.

 

È poi il turno della segretaria di Burzio, che vorrebbe dimostrarsi offesa per gli strapazzamenti subiti nella visita precedente, ma teme, se si mostra troppo risentita, di subirne altri. Ha ragione a temere.

- Chi si occupa di prenotare voli e alberghi per il signor Burzio quando parte in viaggio?

- Io, naturalmente. Il cavaliere mi affida…

Ferraris la interrompe subito.

- Il signor Burzio le dà il nome dell’albergo o lascia che lo scelga lei?

- Il cavaliere mi dice solo le date e gli orari e io provvedo alle prenotazioni. Prenoto nei soliti alberghi, quelli in cui il cavaliere si trova bene. Ma se per qualche motivo non è possibile, ne scelgo altri, equivalenti. Il cavaliere ha piena…

- Il cavaliere le fa prenotare anche altro? Ristoranti, spettacoli?

- Qualche volta uno spettacolo all’opera. Il cavaliere ama molto l’opera.

Di nuovo il sorriso soddisfatto di chi sa di aver fornito un elemento importante, che sicuramente faciliterà la soluzione del caso. Lo sguardo di Ferraris ferisce profondamente la segretaria, già duramente provata dalla scomparsa del suo principale.

 

Appurato che i viaggi di Burzio servono solo per permettergli di divertirsi, senza avere la moglie tra i coglioni (e come dargli torto? – si dice Ferraris), l’ispettore chiede di esaminare il personal che Burzio usa nel suo ufficio. “Chiede” forse non è il termine esatto. Anche se non ha ancora il mandato, il direttore viene convinto dalla squisita cortesia di Ferraris ad affidargli il computer del cavaliere.

Per la posta elettronica ci vuole una parola d’ordine e la segretaria non l’ha, ovviamente, ma Ferraris non si preoccupa di questo: manderà due ragazzi del commissariato a verificare. Ce ne sono di quelli capaci di rivoltare un pc come un guanto e tirar fuori anche quello che aveva in testa l’operaio addetto alla verniciatura delle tastiere.

Ferraris cerca la cronologia di Internet. Scopre subito che Burzio non ha l’abitudine di cancellarla. Meno male, questo gli rende il lavoro più semplice.

Non proprio più semplice, perché evidentemente Burzio passa le giornate in ufficio a girare in Internet e le pagine visitate sembrano essere diverse migliaia. Ma quella testa di cazzo non cancella proprio mai la cronologia?

Ferraris si mette a scorrere gli indirizzi. Alcuni sono relativi a viaggi. Berlino, qualche giorno prima del viaggio di cui ha parlato la signora. Ferraris prende gli indirizzi, controlla. Il sito dell’opera di Berlino, la Staatsoper Unten den Linten. Va bene, Enea Burzio ama l’opera. Questo si sapeva già. Anche a Ferraris piace. Hanno una cosa in comune.

Hanno più di una cosa in comune, si direbbe, perché tra gli indirizzi di Berlino c’è quello di una sauna che non sembra proprio per sportivi. A meno che non si voglia definire la caccia all’uccello uno sport. Il sito di un massaggiatore sembra andare nella stessa direzione: non sono massaggi decontratturanti quelli che vengono proposti. La sauna e il massaggiatore di Berlino hanno tariffe che selezionano molto la clientela, come c’è da aspettarsi dal cavaliere, che di certo non ama mescolarsi al popolo. Il viaggio d’affari a Berlino probabilmente comprendeva una o due tappe di cui la signora Burzio e la segretaria non sospettano l’esistenza. Un’altra tappa dello stesso viaggio potrebbe essere stato uno dei tre locali con spettacoli gay sui cui siti Burzio ha girato un po’. 

Continuando a scorrere gli indirizzi appaiono diversi siti italiani e qui non ci sono più dubbi: Enea Burzio naviga spesso e volentieri tra i siti gay. Facendo altrettanto, anche se con una maggiore moderazione (in commissariato gli tocca lavorare, non può passare il tempo a girare tra i siti porno), Ferraris non ha difficoltà a riconoscere alcuni indirizzi che gli sono ben noti, non per motivi di lavoro.

Ferraris controlla che cosa Enea Burzio ha visto in tempi recenti su quei siti (interesse del tutto professionale). Scopre che su una pagina di racconti erotici ci sono tre nuovi testi di un autore che gli piace parecchio e decide che a casa se li leggerà, ma questa è un’altra faccenda.

Quindi Burzio è gay o almeno è interessato al mondo gay. Probabilmente i suoi viaggi per lavoro non gli permettono solo di divertirsi lontano dalla moglie, ma anche di realizzare i suoi desideri senza troppe preoccupazioni. Enea Burzio non ci tiene a dare nell’occhio e nella sua posizione è comprensibile: sarebbe facilmente ricattabile, visto che ha una moglie ed è un personaggio famoso.

Tutto questo c’entra qualche cosa con la sua scomparsa? Per poter rispondere alla domanda, Ferraris sarebbe disposto a pagare, ma per il momento non ci sono molti elementi. Burzio è stato a Berlino la settimana scorsa. Prima di partire ha girato sul sito della Staatsoper, su quello di una sauna gay, di un massaggiatore e di alcuni locali con spettacoli non precisamente culturali. Ma Enea Burzio è scomparso a Torino, non a Berlino.

Per il momento non c’è molto altro da fare. I tecnici faranno una lista completa delle e-mail ricevute e dei siti visitati. Sarà un lavoro lungo, ma magari verrà fuori qualche cosa di interessante per Ferraris, anche se non necessariamente utile per le indagini.

     

In commissariato Ferraris affida il personal di Burzio ai tecnici e dà le istruzioni necessarie perché controllino anche quello dell’ufficio. Poi si mette seduto nel suo studio e rimugina. Che Enea Burzio sia gay (o, più probabilmente, bisex) gli dà un po’ fastidio, in primo luogo perché da quel poco che ne sa, non è un personaggio proprio simpaticissimo e poi perché non gli va di occuparsi di inchieste in cui c’entrano i gay. Che tutti sappiano che lui è gay, va benissimo. Di diventare quello a cui si affidano i casi gay (espressione priva di senso, ma come cazzo dire?) non ha proprio nessuna voglia.

Il problema comunque è un altro: la sessualità di Burzio ha a che fare con la sua scomparsa? Qualcuno può averlo scoperto e avere cercato di ricattarlo? Questo non spiegherebbe la scomparsa di Burzio, a meno che il ricatto non lo abbia spinto a realizzare un progetto di fuga che già covava. Un’aggressione subita durante un incontro occasionale? Difficile che Burzio sia disposto a correre rischi, chi glielo fa fare di frequentare luoghi d’incontro in cui qualcuno può spaccargli la faccia?

Forse questa faccenda non c’entra niente con le indagini. Forse.

     

  11

 

Nel pomeriggio c’è una spiacevole riunione con il commissario, sempre più nervoso: madama Burzio e i giornalisti lo tengono sotto pressione e l’assenza di una qualunque pista da seguire non dà molte speranze.

Dopo l’incontro, Ferraris decide di ritornare nella palestra frequentata da Burzio. Adesso che ha alcune informazioni in più sui gusti di Burzio, forse vale la pena di mettere sotto pressione il bel Rodolfo. Potrebbe farlo venire in commissariato, ma tutto sommato è meglio vederlo nell’ambiente di lavoro. Lascia Volturno in auto ad aspettarlo. Preferisce parlare con Rodolfo da solo: in presenza di un’altra persona, il personal trainer potrebbe essere più reticente.

Rodolfo è in servizio, di questo l’ispettore si è accertato prima. Quando Ferraris entra, tiene un braccio intorno alla vita di una bionda, forse anche lei un’istruttrice, ma vedendo l’ispettore la lascia andare subito.

Ferraris non perde tempo:

- Dove possiamo parlare con tranquillità?

Rodolfo sorride, mentre risponde:

- Credo che i salottini sopra siano occupati. Possiamo metterci nella saletta del pronto soccorso.

La saletta è un locale piccolo, con un lettino, una sedia e un armadio le cui ante di vetro lasciano vedere disinfettanti, cotone, garze, bende e alcuni medicinali,

Ferraris si accomoda sull’unica sedia. Rodolfo si siede sul lettino. Ferraris è sicuro che quell’incontro non porterà a nulla, ma aveva bisogno di uscire dal commissariato, altrimenti rischiava di strangolare il suo capo.

- Due domande, strettamente personali, che sei pregato di non andare a riferire in giro.

Rodolfo si è fatto serio, annuisce. Non è un coglione, ha l’aria di uno che sa stare zitto.

- Che cosa ne sai dei gusti di Burzio?

- Dei gusti… intende…

Rodolfo ha capito benissimo, ma ha bisogno di una conferma. Ferraris annuisce, senza dire nulla: Rodolfo è in grado di capire che non si tratta delle preferenze relative ai gelati o al cinema.

- Non ne so nulla. Il cavaliere (“Anche lui con ‘sto cavaliere del cazzo” – pensa Ferraris) non parla mai di sé… di avventure o di conquiste. È piuttosto riservato.         

- Ci ha mai provato con te?

La domanda è molto diretta e spiazza Rodolfo.

- No… no.

C’è un’esitazione di troppo.

- Cioè sì.

Rodolfo ride. Ha una gran bella risata.

- No, davvero, anche se… Sono solo impressioni…

- Fuori le impressioni.

- Il lunedì io incomincio quando arriva lui. Mi cambio anch’io nello spogliatoio: le prime volte lui si prendeva un armadietto qualsiasi, poi quando ha capito dove mi cambio io… magari non è quello, ma prende sempre un armadietto vicino.

- E oltre a lustrarsi gli occhi, non fa altro?

Rodolfo sorride.

- No, lui non fa altro.

- Neanche con qualcun altro?

- Non credo proprio, non è un posto adatto. L’unico locale in cui si può essere sicuri di non essere interrotti è questo, ma qui i clienti non entrano, solo noi istruttori…

Rodolfo lo guarda sorridendo e Ferraris ha la precisa sensazione che se lui ora dicesse: “Quindi se io e te adesso combiniamo qualche cosa, nessuno viene a romperci i coglioni”, Rodolfo non si tirerebbe indietro. Rodolfo è uno di quelli a cui la natura ha regalato una faccia d’angelo (come Ferraris ha già avuto modo di notare la prima volta) e un bel corpo (qui però non è solo la natura, conta molto la palestra) e che non vede perché dovrebbe rinunciare ai numerosi vantaggi che questo comporta: se qualcuno gli piace, età, sesso, stato civile e altre cazzate del genere sono irrilevanti. E Ferraris, sarà perché fa parte della polizia, sarà perché ha un fisico forse non apollineo, ma comunque possente, probabilmente a Rodolfo piace. Il sorriso e la mano che, come casualmente, l’istruttore si posa sulla patta, stringendo leggermente la stoffa e quello che c’è sotto, non lasciano molti dubbi.

L’idea solletica l’amor proprio dell’ispettore, ma gli fa girare i coglioni ai 100 all’ora, perché in due giorni è la seconda volta che ha a portata di mano un bocconcino prelibato e deve rimanere a stecchetto.

Ferraris grugnisce e si alza.

- Per oggi è tutto.

- Sempre a sua disposizione, ispettore.

Ferraris si dice che magari, a inchiesta conclusa, potrebbe passare a trovare il bel Rodolfo. Ma la prospettiva non basta a migliorare il suo umore.

Il risultato è che Ferraris esce con un pugno di mosche e le palle in giostra. Volturno lo aspetta in auto e l’ispettore decide di divertirsi un po’. Vuole vedere se questo stronzo ci riprova. Probabilmente no, ha preso una bella nasata, formato famiglia, il giorno prima, e non è stupido. Magari però lo convince. È curioso di vedere come risponde, se ci casca di nuovo.

Appena salito in auto, dice, simulando indifferenza:

- Portami a casa.

Volturno guida la macchina fin sotto casa di Ferraris, che gli indica un posto miracolosamente libero (non è facile trovarne uno, di solito).

- Parcheggia lì.

Volturno esegue la manovra, ma non spegne il motore.

- Bene, spegni e saliamo.

Volturno non spegne.  

- No, grazie.

Volturno guarda avanti, come se guidasse, ma davanti c’è solo un’altra auto parcheggiata.

- Perché no?

- Perché non fa parte del mio lavoro.

Ferraris ghigna.

- Ahah, ieri non mi sembravi così rigido sulla divisione lavoro… non lavoro.

- No, ma ieri avevo in mente altro.

- Altro?

Volturno ripete, continuando a guardare fisso davanti a sé:

- Altro.

Se vuole tirargli fuori qualche cosa, deve provocarlo.

- Che cos’altro?

- Qualche cosa più di mio gusto che una scena master/slave. E anche un altro tipo di uomo, magari scorbutico, ma sostanzialmente non cafone. Mi sbagliavo. Se vuole scendere, riporto la macchina alla stazione, come orario ho finito.

Bravo il ragazzo, di questo deve dargli atto. Stronzo, ma bravo. Ha messo i puntini sulle i per bene.

- Come vuoi, non sai quello che ti perdi.

Lo dice tanto per dire, sa benissimo che non avrà nessun effetto. E che Volturno non gli risponderà nemmeno.

Così è.

Riflessa nella porta a vetri Ferraris vede l’auto ripartire. Come dice il capo, triplo O.K., nessuno più gli romperà i coglioni sul lavoro. E Volturno può andare a fare un pompino a Satana.

 

  12

 

“Mannaggia ’a capa toia!”

Michele vorrebbe aggiungere tutti gli altri accidenti che il napoletano offre in abbondanza e di cui lui è riuscito almeno in parte a conservare la memoria, ma lo scoraggiamento ha la meglio sulla rabbia. Il ceffone del giorno prima, in qualche modo se l’è meritato e non può lamentarsi. Per quanto gli abbia lasciato un bel segno, sa benissimo di aver fatto il passo più lungo della gamba. Avrebbe dovuto misurarsi le palle, prima di parlare, come si dice dalle sue parti, ma è stato presuntuoso. La lezione l’ha imparata.

Questo nuovo schiaffo non ha fatto proprio niente per meritarselo e, come sempre gli succede, sono proprio le punizioni ingiustificate ad avvilirlo.

È stato proprio uno stupido, ma Ferraris, chi crede di essere? Nu Padreterno?

E dire che a lui Ferraris piace, è piaciuto subito. Fisicamente, in primo luogo, perché Michele ha un debole per gli uomini robusti, un po’ grossi e con un viso duro, irregolare. Insomma, George Clooney o Brad Pitt avrebbero poche possibilità con lui (l’autore è molto spiacente per loro, davvero ci perdono).

Ma gli piace anche quella scorza ruvida, perché gli uomini gli piacciono rudi, non sdolcinati, anche se lui sa benissimo di avere una gran voglia di tenerezza, non ne ha certo avuta molta nella sua vita. In fondo il suo sogno è un uomo di quelli bruschi, con un cuore d’oro. Quindi può togliersi di testa Ferraris: la scorza ruvida dell’ispettore non nasconde certamente un cuore d’oro, al massimo un grosso pesce, quello che gli gonfiava i pantaloni ieri sera.

Non che sia una bestia, Ferraris, Michele lo sa. Perde le staffe facile facile, ma non lo ha mai sentito prendersela con qualcuno senza un motivo. È molto esigente. Ma non è ingiusto. E poi…

E poi Michele non saprebbe dire, ma gli sembra di annusare qualche cosa, in Ferraris, qualche cosa di indefinibile, ma che risveglia in lui … Che cosa? Bah, davvero non sa. Insomma, non ha proprio le idee chiare, ma Ferraris lo attira, come se sotto, sotto… Stronzate. Ferraris è un cafone e lui, Michele Volturno, un coglione. Fanno davvero una bella coppia.

Ma lui non ha nessuna intenzione di continuare a fare coppia, se solo può evitarlo. Non vede perché deve continuare a prendersi ceffoni su ceffoni per un’unica cazzata.

 

  13

 

E così oggi, che Ferraris è già incazzato come una iena perché lavora anche il sabato (e lui non era di turno, ma sono tre giorni che Burzio è scomparso), dopo aver parlato a lungo dei progressi nel caso Burzio (praticamente nulli, ma, come scrivono i quotidiani, “gli investigatori stanno seguendo una pista… è attesa una svolta nelle indagini a breve… sono emersi alcuni elementi significativi”), il commissario si rivolge a Ferraris e gli dice:

- Come lavora Volturno? Sempre bene?

- Eccellente.

- E come sono i vostri rapporti?

Per il culo di Satana, per i coglioni di Belzebù e per il cazzo di Lucifero, questo che cazzo (scusate i francesismi e la ripetizione) c’entra?

- Non capisco la domanda.

- Voglio dire, collaborate bene?

- Benissimo.

Vorrebbe aggiungere qualche cosa del tipo: “Mi sembra che i risultati lo dimostrino”, ma la coscienza che non c’è proprio nessun risultato lo dissuade.

- Pensa di continuare con lui?

- Questo non spetta a me deciderlo.

- Glielo chiedo perché Volturno mi ha chiesto di essere spostato a un’altra inchiesta.

Per tutta la merda e il piscio di Satana, quello stronzo si è permesso… Ferraris sta fumando e se Volturno fosse davanti a lui in questo momento, rischierebbe di essere sbranato. Ma se c’è una cosa di cui Ferraris sa dare prova, le rarissime volte in cui decide che vuole farlo, è l’autocontrollo. Con voce neutra, risponde:

- È compito suo decidere, commissario.

- Sì, ma vorrei sentire che cosa ne pensa lei.

Non gliela dà vinta, a quello stronzetto.

- Preferisco continuare a lavorare con lui, visto che l’inchiesta è avviata. E poi io mi trovo molto bene.

- Triplo O.K., allora continuiamo così.

Bene, Volturno è sistemato. E se non gli va a genio, che vada a farselo mettere in culo da Satana!

Intanto i tecnici sono riusciti a entrare nella posta elettronica di Burzio e Ferraris ne esamina i contenuti. Spera di trovare qualche indizio, ma le mail non offrono molto. La prenotazione di un massaggio a Berlino (400 euro) nei giorni dell’ultima visita è una conferma di quanto già Ferraris sapeva. Ci sono altre prenotazioni dello stesso genere per i soggiorni precedenti a Londra, Parigi, Milano, ma nulla che riguardi Torino. L’ispettore esamina con cura tutto ciò che concerne Milano, ma l’ultima prenotazione, di un escort (senza apostrofo e di lusso, ovviamente), risale a tre settimane prima della scomparsa. Ferraris controlla il sito del tizio, per capire che servizi offre. Niente di particolare, ma è un bel maschio, alquanto ben dotato. Ferraris scorre tutte le foto: nelle indagini non bisogna tralasciare nulla.

In ogni caso è difficile che la soluzione del caso si trovi a Milano: tra l’ora in cui Burzio esce dalla fabbrica il mercoledì e quella in cui rientra a casa, passa troppo poco tempo. A Milano farebbe anche in tempo ad arrivare, ma dovrebbe ripartire poco dopo e il cavaliere non sembra il tipo che cambia città per una rapida scopata nei cessi della stazione.

Ferraris è alquanto deluso e altrettanto incazzato.

Sulla scrivania lo aspetta il tabulato delle telefonate di casa Burzio nella giornata di mercoledì. Sette telefonate in uscita e quattro in ingresso.

La signora Burzio ha telefonato due volte ai Morello, in serata, evidentemente quando si è resa conto che il marito non arrivava, e i Morello hanno telefonato più tardi, di certo per sapere se Enea Burzio era rientrato. C’è stata una telefonata alla fabbrica, anche quella dopo le sette, probabilmente per verificare se Burzio era ancora in ufficio. Una telefonata in mattinata è l’unica che sembra essere stata fatta prima della scomparsa di Burzio. Ce n’è anche un’altra, delle sei, a casa dei genitori della signora. La chiamata alla polizia, ore otto, e la seconda, ore undici, quando un agente ha fatto la prima visita. L’unico punto su cui richiedere chiarimenti è la telefonata del mattino, ma visto l’indirizzo, viale Thovez, è probabilmente qualche amica: è un quartiere di lusso.

Le chiamate in arrivo sono quelle dello studio del dottor Righetti, un dentista, di un certo Pontillo, falegname, verso le sei, dei Morello e della segretaria del dottor Burzio, che ha telefonato in serata: probabilmente la signora Burzio ha detto al custode di rintracciarla e di farle telefonare.

Non sembra esserci niente di interessante, ma ci saranno da fare due domande alla signora Burzio sul traffico telefonico della giornata. Di recarsi ancora dalla signora Burzio, Ferraris non ha nessuna intenzione, per cui decide che le domande sulle telefonate si possono fare anche al telefono. In effetti la signora ha sentito un’amica e, dopo aver ricevuto dal falegname la notizia che un mobile per i suoi genitori era pronto, ha telefonato alla madre per avvisarla. Altro non c’è da dire, se non che la signora non sembra molto soddisfatta del fatto che il suo traffico telefonico sia stato controllato. Ciò turba profondamente Ferraris, che potrebbe non dormire questa notte.

 

Fuori dal commissariato Ferraris becca un giornalista. Tra tutto ciò che può rovinargli decisamente il sabato e peggiorare ulteriormente un umore già alquanto compromesso, un giornalista è al primo posto. E se, come in questo caso, è accompagnato da un fotografo, è proprio il massimo. Per i giornalisti ci sono svariati contatti con il commissariato e le conferenze stampa. Che cos’altro vogliono quei porci sempre in fregola, che sbavano per avere qualche lerciume da sbattere in prima pagina? Come si evince, Ferraris non prova una profonda simpatia per i giornalisti, anche se in fondo ce n’è qualcuno che non crocifiggerebbe a testa in giù sulla pubblica piazza. Solo qualcuno e quello che ha davanti (ormai di lato, perché Ferraris l’ha già scartato) non rientra certo in quella ristretta cerchia.

- Buongiorno, ispettore. Lei si occupa dell’inchiesta sulla scomparsa del cavalier Burzio, vero?

Scambiare il grugnito di Ferraris per una risposta affermativa richiede una certa fantasia, ma i giornalisti ne hanno tantissima, per cui, mentre Ferraris si infila nell’auto (ma perché cazzo è venuto in auto oggi e soprattutto perché l’ha lasciata fuori, oggi, invece di metterla nel cortile? Il perché lo sa benissimo, è venuto in auto perché era in ritardo e non aveva voglia di fare la solita camminata mattutina; ha lasciato l’auto fuori perché dentro è sempre un casino fare manovra e fuori c’era un bel posto invitante), il giornalista passa alla domanda successiva.

- Come procede l’inchiesta?

Poiché non bisogna maltrattare i giornalisti (il capo insiste molto su questo punto, a Ferraris lo avrà detto un centinaio di volte, chissà perché proprio a lui), soprattutto quando ci sono faccende delicate, Ferraris è tanto cortese da rispondere (si può pretendere di più da lui?):

- Procede.

È la verità. L’inchiesta procede. Senza arrivare da nessuna parte, senza fare nessun passo avanti, ma procede. In tondo, ma procede.

L’auto parte e il giornalista può andare a inventarsi un’intervista con l’ispettore, tanto è il suo mestiere. Quelli sono peggio dei romanzieri.

 

Ferraris arriva a casa, mette nel lettore uno dei tre CD di Maria Callas che ha appena comprato e mentre sente “Un bel dì vedremo”, riflette. L’inchiesta procede, ha detto. E i suoi pensieri procedono allo stesso modo, mordendosi la coda. Ferraris non trova il bandolo della matassa ed è sempre più di cattivo umore. Ormai Ferraris è talmente furente, che mordendosi la coda rischierebbe di trasmettersi la rabbia.

Come si può scomparire a Torino, in pieno giorno, senza lasciare nessuna traccia? Si può, si può benissimo, un sacco di gente lo fa, ogni giorno. Qualcuno che scappa da una situazione invivibile. Una villa in collina, sia pure con una moglie che non è il massimo; un mare di denaro; un cazzo da fare: tutto ciò rientra nella categoria “invivibile”? Per quel poco che sa, Burzio non gli sembra il tipo da drammi esistenziali. Qualcuno viene rapito, ma una richiesta di riscatto non c’è stata, per il momento, almeno. Qualcuno viene ucciso e magari il cadavere non ricompare più. Questo è già successo, anche se con un tizio come Burzio è più difficile. Non è una ragazza o un bambino vittima di un maniaco, non è un delinquente di piccolo calibro che ha fatto il passo più lungo della gamba.

Siamo ormai a “Vissi d’arte, vissi d’amore”, ultimo brano del primo CD e Ferraris è esattamente al punto di partenza. Anche lui ha girato in tondo, come un disco, ma non ha prodotto niente.

L’umore non migliora certo il giorno dopo, quando la sua foto appare sul giornale. È accompagnata da un breve articolo da cui risulta che la polizia ha molti indizi in mano e presto ci saranno rivelazioni fondamentali. Neanche l’opinione che Ferraris ha dei giornalisti migliora. E dire che ci vorrebbe così poco…

 

  14

 

Alzandosi il lunedì mattino, mentre mangia pane e marmellata (di marroni, produzione di sua madre, una squisitezza), Ferraris cerca di nuovo di fare il punto della situazione. Si sa, la notte porta consiglio, dopo aver riposato i neuroni sono più attivi, le sinapsi sfrigolano, ecc., ecc.

Ferraris esamina le diverse ipotesi.

Ipotesi 1: Burzio ha scelto di scomparire.

Ipotesi 2: Burzio si è ucciso. Si può considerare una variante dell’ipotesi 1, ma in questo caso ci deve essere un cadavere, da qualche parte. Se uno si uccide, non è facile che faccia poi sparire il proprio cadavere. Potrebbe essersi lanciato nel Po e non essere stato ancora ripescato, ma a Ferraris non sembra probabile.

Ipotesi 3: Burzio è stato rapito per chiedere un riscatto. La richiesta però non è ancora arrivata e questo è strano.

Ipotesi 4: Burzio è stato ammazzato. Per il momento, non si sa per quale motivo (né dove, da chi, perché).

Conclusione: la marmellata di marroni non è sufficiente a frenare il malumore dilagante e i marroni girano, oh, se girano!

Ferraris spera proprio che la giornata porti qualche novità.

Ferraris viene accontentato. Alla grande.

     

La novità è una lettera anonima, spedita da Torino con posta prioritaria venerdì e arrivata in commissariato lunedì (per le poste italiane non è male!): nella busta ci sono la chiave di una cassetta per bagagli alla stazione di Porta Nuova e un foglio con poche righe:

Se vi interessa Enea Burzio, c’è un pacco per voi a Porta Nuova.

 

Nessuna impronta digitale sul foglio, sulla busta e sulla chiave.

L’ispettore Orsini pensa a un possibile attentato terroristico: magari quando apriranno la cassetta, l’intera stazione di Porta Nuova salterà in aria; Burzio potrebbe essere stato rapito da Al Qaeda.

Ferraris non dice nulla, si limita a guardare Orsini con un’espressione di compatimento. Si è sempre chiesto come ha fatto il suo collega a diventare ispettore e quando pensa che prende il suo stesso stipendio, gli viene un travaso di bile.

Piuttosto potrebbe essere uno scherzo: è una possibilità che non va esclusa. Si apre la cassetta e dentro c’è un numero di Topolino o magari un topo morto o un pupazzo a molla o una foto di Enea Burzio. Ma Ferraris è convinto che le indagini siano a una svolta e che adesso si incomincerà a fare sul serio.

Prima di aprire la cassetta, la polizia fa allontanare tutti, mettendo le transenne e provocando inevitabilmente un assembramento di curiosi, che è difficile tenere a distanza. Ferraris si dice che se fosse venuto da solo, avrebbe potuto svolgere tutta l’operazione senza nessuna difficoltà e senza creare allarme. Di sicuro non c’è una bomba in quella fottuta cassetta. E in ogni caso non ci sono impronte digitali.

Alla fine la cassetta viene aperta, senza che si verifichino esplosioni, e ne viene estratta una borsa, da cui emana un pessimo odore. Ferraris lo conosce bene, ha già avuto a che fare con cadaveri non più freschi. Sì, le indagini sono davvero a una svolta.  

L’ispettore non si sbaglia: in commissariato dalla borsa emerge una prima risposta ai dubbi che tutti avevano. Una risposta chiara, assolutamente inequivocabile: la testa di Enea Burzio.

     

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Ora tutto cambia, in culo al commissario e alla sua finezza. Qui c’è poco da scherzare.

Alla riunione, che si tiene subito, il clima non è dei migliori. Il ritrovamento della testa permette di escludere definitivamente il suicidio, la scomparsa volontaria e probabilmente anche il rapimento per ottenere il riscatto: in questo caso, se Burzio fosse rimasto ucciso durante il sequestro, non avrebbero avuto motivo di mandare la sua testa; al massimo avrebbero potuto cercare di estorcere comunque del denaro, mandando un capo di vestiario e facendo credere che il rapito era ancora in vita.

La testa tagliata fa pensare a una vendetta, nel qual caso magari da qualche parte si arriva, o a un maniaco, e allora sono cazzi, perché quelli non si scovano facilmente.

Il delitto risale almeno a venerdì, data della lettera, ma è molto probabile che Burzio sia stato assassinato già mercoledì, il giorno della sua scomparsa. Lo dirà il medico legale esaminando la testa.

Parlano a lungo, cercando di formulare ipotesi e di vagliare le direzioni in cui proseguire le indagini. Tra le diverse persone che si sono presentate o hanno telefonato dicendo di aver visto Enea Burzio (che entrava in un ristorante; in coda al check-in a Caselle; in un locale notturno; alla guida di una Punto – Burzio, questa è proprio bella!), nessuna si è rivelata attendibile. Della Cayenne di Burzio non c’è traccia: l’auto non è stata vista da nessuna parte e tutto fa pensare che l’assassino l’abbia fatta scomparire insieme al cadavere (testa esclusa) della sua vittima.

L’inchiesta rimane affidata a Ferraris, questo è ovvio: in primo luogo perché è il migliore ispettore, in secondo perché ha già avviato lui le indagini. Ma a questo punto saranno coinvolti un po’ tutti, nel senso che Ferraris potrà utilizzare tutti gli agenti che gli servono e affidare una parte delle indagini ad altri ispettori, a esempio in questo momento è disponibile Orsini (Dio mio, no!).    

 

Ferraris si dice che forse è ora di mettere un po’ alle strette la gentile signora Burzio, no, la gentile vedova Burzio. Ovviamente, andandola a trovare a casa. Finezza, come ha detto il commissario!

A Ferraris la faccenda non va molto, non solo per la sua notoria simpatia per la signora, ma perché costei ha appena ricevuto l’annuncio di essere rimasta vedova e non è il momento migliore. Ferraris si sente sempre un po’ a disagio in questi casi, gli sembra di fare l’avvoltoio che fiuta il cadavere. Il cadavere, almeno la parte che si poteva fiutare, non era più tanto fresco, ma la signora l’ha saputo solo qualche ora fa.

Volturno fa buon viso a cattivo gioco. Nessuno dei due fa riferimento a quello che è successo. Ferraris coglie in Volturno una certa rigidità, ma nulla di più: non è a suo agio, ma non mostra risentimento, nervosismo. Sa incassare bene, di questo deve dargli atto, l’aveva già notato, ma il suo comportamento è un’ulteriore conferma.

In casa della signora Burzio è incominciata la visita di parenti e amici. Il commissario porge le sue condoglianze, si scusa con la signora se la disturba in questo momento, ma ha assoluto bisogno di parlare con lei. Occorre trovare l’assassino.

La signora annuisce. Appare provata, un po’ intontita, ma chiaramente non disperata.

Si mettono in un salottino: come c’era da aspettarsi, la casa non ha solo un salone di ricevimento, ma anche qualche salotto più intimo. Una conversazione intima con Barbara Burzio è l’ultima cosa al mondo che l’ispettore possa desiderare, ma questo gli tocca.

Ferraris e la signora si accomodano su due poltrone, Volturno sul divano.

Ferraris incomincia con le domande classiche.

- Suo marito aveva dei nemici, che lei sappia?

- No, assolutamente.

- Nei rapporti personali, pensi agli amici, ai conoscenti, ci sono mai stati screzi, litigi, invidie?

- Nulla che possa spiegare, no… qualcuno con cui mio marito non era in sintonia, ma nessun litigio, nessuna antipatia violenta, no.

- Giovedì le avevo chiesto se suo marito negli ultimi giorni le era apparso preoccupato, teso. Lei mi ha detto di no. Ripensandoci, è sicura di questo? Suo marito appariva tranquillo come al solito?

- Sì, non ho notato nulla di particolare.

- Non le ha detto niente di insolito?

- No, le assicuro…

La signora è stanca, ma Ferraris non demorde. È già venuto a casa sua, senza convocarla in commissariato, e, considerando che è appena rimasta vedova, le risparmierà alcune domande, per il momento, ma lei non può sottrarsi a quelle che lui ha in testa di porle.

- Suo marito si confidava con lei? Le raccontava le cose che gli succedevano in fabbrica, nei suoi viaggi di lavoro?

- Certo, tra me e mio marito c’era molta confidenza. Abbiamo trascorso una vita insieme.

Ferraris si dice che Burzio è stato proprio sfortunato, ma si tiene il commento per sé. Con la coda dell’occhio nota che Volturno si sta spostando sul divano e la cosa lo colpisce. Non ha motivo per muoversi e negli incontri precedenti è sempre rimasto al suo posto, tanto immobile da far dimenticare la sua presenza. Ferraris registra il fatto e procede:

- Incomprensioni, litigi?

- No, non c’è mai stato nessuno screzio. Io e mio marito non abbiamo mai avuto motivo per litigare.

Nessun litigio in tanti anni di matrimonio è davvero un po’ troppo per essere credibile, ma è inutile insistere.

- Non le risulta che suo marito potesse avere… una relazione?

La signora Burzio è chiaramente infastidita.

- No, tra noi c’è sempre stata un’intesa perfetta.

Volturno si sposta di nuovo, non di molto, ma è la seconda volta: che ha quello, il ballo di san Vito?

Ferraris continua a sondare il terreno:

- Suo marito aveva altri parenti stretti?

- No, solo una sorella.

Questa Ferraris non la sapeva. Parenti, serpenti e poi l’esperienza insegna che nessuno è pericoloso come i parenti stretti: è molto più probabile finire ammazzati da mogli/mariti, fratelli/sorelle, genitori/figli che da un qualsiasi criminale.

- La vedeva spesso?

- No, mai. Aveva rotto con lei molti anni fa. È una…

La vedova Burzio alza le spalle, evidentemente non trova le parole, ma il suo disprezzo è evidente e per un momento Ferraris pensa che la sorella di Enea Burzio batta. Non è molto probabile, i Burzio sono ricchi da generazioni e anche se alla morte del padre la sorella avesse avuto solo la legittima, doveva essere più che sufficiente a vivere da nababbi. Magari si buca o comunque ha uno stile di vita non consono al nome di famiglia.

- Conosce il suo indirizzo?

- Credo che stia vicino a Reaglie, ma non so esattamente dove.

Ferraris si fa dare il nome e le informazioni per rintracciare la donna, poi si congeda.

In auto riflette un po’. Poi si volta verso Volturno e gli dice:

- Qual è la tua impressione?

Non che si aspetti molto, ma è curioso di sentire se Volturno ha qualche cosa da dire.

- La signora conta un sacco di storie.

- E come fai a dirlo?

- Bastava guardare la faccia della cameriera mentre lei parlava.

Ferraris cade dalle nuvole. Non c’era nessun altro nel salottino. Che cazzo c’entra la cameriera? Come faceva Volturno a vederla in faccia?

- La cameriera?

- Sì, era alla porta, alle vostre spalle, e io mi sono messo in modo da tenerla d’occhio nello specchio. Ho visto la sua faccia quando la Burzio ha detto che lei e suo marito andavano perfettamente d’accordo.

- Per il culo di Satana, per quello continuavi a spostarti?

- Sì, la cameriera faceva una specie di scenetta comica, accompagnando le espressioni della faccia con gesti della mano e in tutto quel teatrino si muoveva. Io cercavo di non perderla d’occhio, senza farmi notare.

- Per il culo di Satana, ragazzo, sei in gamba!

Volturno sorride: il complimento gli ha fatto piacere e la gioia di quel sorriso è disarmante. È davvero in gamba, Volturno, e gli si può anche perdonare un eccesso di presunzione.

 

  16

 

In commissariato non ci mettono molto a scovare l’indirizzo di Franca Burzio, la sorella di Enea. Vive in collina anche lei, ma nella parte bassa, in una stradina secondaria.

Sbagliano strada, perché non vedono la diramazione, nascosta dietro una curva, e proseguono, salendo fin quasi a Reaglie, ma quando ridiscendono la trovano senza difficoltà. Prendono la viuzza che si arrampica lungo la collina. Per fortuna non c’è più la nebbia di domenica, perché non vedrebbero nemmeno la casa, un po’ arretrata.

È una vecchia costruzione che, per quanto abbastanza grande, non ha niente a che vedere con la villa di Enea Burzio. C’è un po’ di terreno intorno, in buona parte adibito a orto e recintato, probabilmente per evitare incursioni dei cinghiali.

Una donna è al lavoro nell’orto. Vedendoli arrivare si alza e viene loro incontro. Per un attimo Ferraris pensa a una domestica, ma nel viso della donna c’è un’inequivocabile somiglianza con Enea Burzio (a giudicare dalle foto e dalla testa del morto che Ferraris ha visto dal vivo... se così si può dire).

All’ispettore basta un’occhiata per capire il motivo del disprezzo profondo della signora Burzio. La donna non batte e sicuramente non si fa neanche, ma il vecchio maglione che indossa, la gonna sgualcita, le mani sporche di terra, tutto rivela un modo di vivere che è agli antipodi di quello di Burzio.

A Ferraris la donna sta subito simpatica.

- Buongiorno, la signora Franca Burzio?

- Sì, sono io.

La donna li guarda, aspettando una spiegazione.

- Sono l’ispettore Ferraris. Mi scusi se la disturbiamo in un momento come questo, ma avremmo bisogno di parlarle.

- Ma certo, vengano pure dentro. Anche se purtroppo non credo di poterle dare informazioni utili per ritrovare mio fratello.

Ferraris sbianca. Non l’hanno ancora avvisata?! Quella stronza della signora Burzio non ha detto a sua cognata che Enea Burzio è morto e di lui rimane solo la testa (probabilmente da qualche parte c’è anche il resto, ma non si sa dove).

- Che c’è, ispettore?

Ferraris è a corto di parole, sa benissimo di non essere tagliato per il ruolo del messaggero di sventura. Detesta comunicare le brutte notizie. È l’unico caso in cui davvero vorrebbe avere un po’ più di tatto.

Per sua fortuna Volturno prende l’iniziativa.

- Purtroppo, signora, abbiamo una brutta notizia da darle.

Franca Burzio rimane un momento ferma, poi dice, piano, quasi avesse paura del suono della propria voce:

- È morto?

Volturno annuisce.

- Sì, è stato ucciso.

La donna china il capo. Poi si volta e si dirige verso casa, dicendo:

- Venite dentro.

Si lascia andare su una sedia. Guarda Volturno e dice:

- Erano tre anni che non vedevo mio fratello, da molto tempo avevamo pochissimi rapporti, solo per telefono, ma…

Volturno annuisce.

- Sì, si rimane legati, anche se ci si è persi di vista. Ma lo si capisce solo quando ormai è troppo tardi.

Ferraris guarda Volturno, alquanto perplesso. Il ragazzo si sta rivelando davvero bravo.

I due parlano ancora qualche minuto, come se Ferraris non ci fosse, e a Ferraris va bene così: Volturno è in grado di gestire la situazione molto meglio di lui, aiutando la donna a riprendersi.

Poi c’è una pausa e Volturno dice:

- L’ispettore vorrebbe rivolgerle qualche domanda.

Non c’è nulla da tirar fuori da Franca Burzio ed è evidente che la donna è del tutto estranea all’omicidio. Ferraris si fa raccontare brevemente i motivi per cui lei e il fratello si sono allontanati. Franca ha sempre rifiutato una posizione sociale che non corrispondeva ai suoi ideali di vita e questo ha portato a rapporti sempre più distaccati con il fratello, non per volontà di Franca, ma di Enea e soprattutto della moglie.

La donna non ha nessuna idea di chi possa aver ucciso il fratello, che non le risulta aver mai avuto nemici. Nelle rare volte in cui si sentivano, non le ha mai parlato di problemi o di pericoli.

 

Scendono in città. Volturno è pensieroso, ma è evidente che a preoccuparlo non sono i due schiaffi che gli ha dato Ferraris nei giorni scorsi. A questo punto all’ispettore spiace un po’ averlo trattato male. Deve riconoscere che nella giornata Volturno si è dimostrato all’altezza della situazione, in due occasioni molto diverse.

 

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È il momento di interrogare la servitù, in commissariato, anche per evitare orecchie indiscrete. La cameriera personale di madama Burzio verrà sentita per quarta, anche se è quella che interessa di più a Ferraris. Tiene a lungo anche gli altri, perché non si noti niente di strano se la donna sarà trattenuta per un certo tempo.

Dai primi interrogatori non emerge nulla di particolare: Ferraris ha messo prima i domestici che lavorano all’esterno, come il giardiniere, o che comunque suppone abbiano avuto meno occasioni di vedere spesso i due coniugi. Tutti ci tengono al posto e non si lasciano sfuggire niente di significativo.

Ferraris conferma la propria impressione che i coniugi Burzio non sono esattamente il tipo di persone che lui amerebbe frequentare. Con Enea Burzio ormai il rischio non lo corre. La signora Burzio, invece, in questo periodo la vede più di sua madre (a proposito, sua madre dovrebbe aver preparato la marmellata di mele, Ferraris deve telefonarle, gli toccherà prendersi una lavata di capo perché è almeno una settimana che non si fa vivo, ma la colpa non è tutta sua).

Con la cameriera Ferraris non perde tempo:

- Allora, ci racconti dei litigi a cui ha assistito tra i coniugi Burzio.

La cameriera rimane un po’ disorientata da un approccio così diretto. Non se lo aspettava.

- Ma io, veramente…

- Non ci faccia perdere tempo. Tutti ci hanno confermato che tra i due i rapporti non erano quel che si dice idilliaci, quindi ci racconti quello che sa.

Ovviamente nessuno ha detto niente, ma il trucchetto funziona. La cameriera annaspa, poi si rassegna:

- Ogni tanto litigavano, soprattutto negli ultimi tempi. Lui si era stufato. La rimproverava spesso, non gli andava mai bene niente di quello che lei faceva.

La cameriera continua, senza bisogno di domande. Ferraris ha l’impressione di aver tolto il tappo del lavandino, le parole scorrono e chi le ferma più?

- Una volta lui le ha detto che era stufo, che voleva un po’ di carne fresca e che con tutti i suoi liftìngg – la cameriera pronuncia la parola con accento sull’ultima i e lunga g finale, deve averlo letto su qualche giornale – rimaneva una vecchia quaglia infrollita.

Bene, Ferraris si dice che quanto a finezza, Enea Burzio era capace di batterlo. O almeno di competere.

- E poi un’altra volta le ha detto che per quello che lo riguardava, poteva anche andare a battere, bastava solo che lo lasciava in pace, che ne aveva i…

Esita un attimo, poi evidentemente pensa che sta testimoniando e che deve dire la verità, tutta la verità, e prosegue:

- …coglioni pieni di una stronza come lei.

La cameriera prosegue con una tale serie di maldicenze e di indecenze, che Ferraris si chiede se non proporre il suo nome a qualche giornale o, meglio ancora, a una rete televisiva: la ragazza ha un avvenire davanti, se solo la scoprono!

- Lui poi non sopportava i cagnolini di lei, quei due bichon frisé: li chiamava pisciòn frisé.

La cameriera ride.

- Quando gli si avvicinavano e la signora non c’era, gli mollava un calcio. Una volta la signora è entrata proprio mentre lui ne colpiva uno e c’è stata una litigata tremenda. Dopo un po’ le due bestie hanno imparato a girare al largo.

Ferraris si scopre ad apprezzare Enea Burzio, almeno per alcuni aspetti. Non doveva essere un tipo simpatico, però dei lati positivi li aveva.

 

Alla fine la testimonianza della cameriera si rivela alquanto più lunga delle altre, ma è difficile farla stare zitta. Il succo della faccenda è che i coniugi Burzio non andavano molto d’accordo e che lui aveva anche minacciato di divorziare. La cameriera però non si limita all’essenziale, ma fornisce dovizia di particolari. Forse più che in un talk show, il suo posto sarebbe stato nella Stasi. Certo che poi la lettura dei dossier avrebbe richiesto secoli…

Alcuni dei testimoni successivi, opportunamente stimolati, talvolta anche con maniere rudi (povero Ferraris, uno delicato come lui, lo costringono anche a strapazzare la gente!), confermano che i rapporti tra i coniugi Burzio non erano ottimali e che da parte di Enea Burzio c’erano state in più occasioni intemperanze verbali. La signora di solito non litiga. Si ritira offesa nei suoi appartamenti.

 

Su incarico di Ferraris, l’agente Diotallevi ha indagato sul passato della signora Burzio e ora viene a riferire.

- Allora, dimmi un po’.

- Il suo nome da sposare è Musso. La sua è una famiglia… diciamo della media borghesia, padre direttore di un ufficio postale e madre insegnante di francese. Ha due fratelli, uno maggiore e uno minore.

Ferraris annuisce. Lo stupisce che la signora non provenga da una famiglia alto-borghese: di solito i super-ricchi si sposano tra di loro. L’agente prosegue:

- Si sono conosciuti a una festa di compleanno, i 21 anni di Federico Gallo.

Il nome Gallo non è sconosciuto a Ferraris. Una famiglia Gallo è proprietaria di un’industria dolciaria importante.

- I Gallo dei biscotti?

- Esattamente.

- E come faceva la Musso a conoscere i Gallo?

- Federico Gallo era nella squadra di pallanuoto del fratello maggiore di Barbara Musso, Enrico. Erano amici e lui aveva già incontrata più volte la Musso. Così ha invitato alla festa sia Enrico, suo coetaneo, sia Barbara, che aveva 19 anni.

Considerando che Barbara Musso in Burzio ha attualmente 52 anni (e non i 35 che le aveva assegnato un ispettore poco interessato alle donne), si sta parlando della metà degli anni ’70. Roberto Ferraris era ancora all’asilo.

Diotallevi prosegue:

- Insomma, pare che sia stato amore a prima vista. La famiglia non era d’accordo, i Burzio, intendo, ma lui si è incaponito e alla fine l’ha spuntata. I Burzio alla fine hanno fatto buon viso a cattivo gioco e un anno dopo i due si sono sposati, lei ventenne, lui con sei anni in più. 

- Quindi la signora non è ricca di suo.

- No. È una famiglia benestante, ma non molto ricca. I genitori sono ancora vivi, come pure i due fratelli.

- Valuteremo se parlare anche con loro, ma dubito che ne valga la pena.

Ferraris riflette un momento.

- Se il marito avesse chiesto il divorzio, a lei non sarebbe stato facile mantenere il tenore di vita attuale.

Diotallevi sorride e risponde:

- No, certo, ma credo che in caso di divorzio avrebbe seguito il consiglio di Ivana Trump, che se ricordo bene suonava così: “Non prendete la porta, prendetegli tutto”.

Ferraris ride (quasi un miracolo).

- Sì, credo anch’io.

 

Nei due giorni seguenti Ferraris continua ad andare di qua e di là, senza grandi risultati, è vero, ma conservando la speranza che qualche cosa venga fuori.

Tornano in fabbrica, per sentire il direttore e la segretaria, sia sui viaggi di Burzio, sia su possibili rivalità che potrebbero essere sfociate in un omicidio. Dei viaggi il direttore non sa nulla. Ora che il principale è morto, non ha più remore ad ammettere che Burzio in fabbrica non faceva un cazzo, a parte qualche colloquio amichevole con qualche pezzo grosso in visita: le decisioni, per quanto formalmente avvallate dal padrone, le prendeva il direttore. I viaggi non avevano nessun rapporto con l’’attività della fabbrica. In questa situazione non potevano sorgere rivalità personali.

Con il mandato necessario Ferraris e Volturno fanno anche un giro delle banche. Come la signora ha detto, non risultano movimenti sospetti, ma questo significa poco: i conti dei Burzio non sono solo in Italia: come risulta dal computer di Enea Burzio, c’è quello di Montecarlo, dove i Burzio peraltro possiedono anche una casa, e ce n’è un altro a Lugano. E in entrambi i casi ottenere le informazioni sarà molto più complesso, sempre che la vedova Burzio non abbia già provveduto a svuotarli. 

Occorrerà anche fare un’altra visita da madama Burzio, che ormai non si muove più da casa.

Così Ferraris e Volturno sono spesso insieme in auto, ma l’atmosfera è rilassata, l’incidente diplomatico è chiuso e ormai l’ispettore si trova benissimo con l’agente: il ragazzo è pronto a capire che cosa c’è da fare, sa stare al suo posto e quando fa un’osservazione, è sempre pertinente. A parte il fatto che guardarlo è sempre piacevole e si sa, l’occhio vuole la sua parte.

 

 

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Una falsa partenza

 

 

 

                  

                                              

                           

 

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