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Quando torna in centrale, Ferraris chiama Martino, che si occupa dell’agenda telefonica di Messinese.

I numeri di telefono non sono molti e diversi corrispondono a locali notturni di Torino e della Valle d’Aosta: due agenti faranno un giro per raccogliere informazioni. Sono certamente quelli in cui sono state scattate le fotografie. Forse qualcuno sarà in grado di fornire elementi interessanti per l’indagine, ma Ferraris non è molto convinto. Gli sembra più significativa l’altra traccia, quella del materiale rubato al museo: Messinese è stato ucciso lì, non in un locale notturno o a casa sua.

Tra i numeri scritti dalla vittima, c’è quello di Gino detto lo Svelto, già condannato diverse volte per furto. Il recapito però non è aggiornato e Ferraris è abbastanza sicuro che lo Svelto non c’entra con il delitto, perché è in carcere da sei mesi. C’è anche il numero di un certo Giovanni Consigli, antiquario. Un custode di museo non ha molte occasioni per frequentare un antiquario. Consigli è incensurato, ma è altamente probabile che abbia un ruolo nel traffico di reperti rubati al Museo Egizio.

Il tizio saprà di sicuro che Messinese è morto: la notizia è sulla prima pagina di diversi quotidiani, oggi, della mostra di Torino si parla in mezza Italia, il public relations manager Lamberti si dà molto da fare, che Dio lo strafulmini (augurio di Ferraris).

Ferraris decide che vale la pena di fare una visita all’antiquario, che ha il negozio in pieno centro, in via Carlo Alberto. Lo accompagna Martino e per strada i due si mettono d’accordo.

Ferraris entra nel negozio con un’aria poco rassicurante, Martino ostenta un fiero cipiglio. L’antiquario saluta, ossequioso, è un ometto basso, con una pelata che il mezzo inchino mette bene in vista (anche in questo caso, un’occhiata è più che sufficiente per una valutazione). Il tizio vorrebbe far finta di niente, ma è evidente che non si tratta di due clienti qualunque: Martino è in divisa e nessuno dei due ha la faccia dell’estimatore dell’arredamento Biedermeier. Ferraris si rende conto che il tipo è nervoso, in qualche modo temeva la loro visita, e questo significa che la preda è pronta a farsi impallinare. Se si aspetta la grazia dall’ispettore, ha sbagliato i conti, alla grande. La grazia no, ma il colpo di grazia, sì.

Ferraris esordisce con durezza.

- Chiuda il negozio, non voglio interruzioni.

- Ma… io, commissario…

Il povero Consigli ha già commesso il primo errore, mostrando di aver riconosciuto Ferraris. Non deve essersi perso un telegiornale, ieri sera, dopo aver saputo della morte di Messinese.

- Muoviti.

Ferraris è già passato al tu. Si siede su una sedia Luigi XV, mentre Consigli sprofonda in un pantano di paura e non trova neanche il coraggio di dire al futuro commissario che non dovrebbe sedersi lì, perché quel pezzo vale molto di più dello stipendio dell’ispettore.

Martino rimane in piedi, l’aria sempre più corrucciata. Indica con un cenno del capo la porta e Consigli corre a chiuderla, ormai in preda al panico. Martino è una pasta d’uomo, non farebbe male ad una mosca, ma per recitare la parte del duro è perfetto. L’antiquario, quando gli passa vicino per andarsi a sedere (in piedi non regge, è sul punto di svenire), lo guarda sgomento. È talmente agitato che anche lui si siede su una sedia Luigi XV, passandosi un fazzoletto sulla fronte.

Ferraris riprende.

- Lei è nei guai, Consigli, guai grossi.

Consigli agita le mani, vorrebbe parlare, apre la bocca tre volte, ma non esce suono.

- Farebbe bene a dirmi tutta la verità su Messinese. Un omicidio non è uno scherzo, Consigli.

Consigli strabuzza gli occhi.

- Ma… io… io… io non so nulla.

Le ultime parole sono state quasi gridate, con una voce sempre più acuta.

- Messinese era in contatto con lei. Abbiamo le prove. Le vendeva reperti rubati al Museo. E poi…

L’ispettore tace, come se sapesse benissimo che cosa è successo dopo. La pausa di Ferraris è il colpo di grazia. Ogni volontà di resistenza (ma quale? Consigli aveva calato le brache prima ancora di aprire bocca) svanisce.

- Commissario… io… lo conoscevo appena. Non sapevo che quei pezzi… io credevo…

- … che li aveva portati la Befana. Per il culo di Satana, piantala con queste stronzate.

Consigli scoppierebbe a piangere.

- Sì… no, lui, aveva questi pezzi… Gli affari non vanno molto… L’affitto di questo locale, sa quanto pago d’affitto?…

A Ferraris non potrebbe fregare di meno di quanto Consigli paga d’affitto ed il verso che emette è più eloquente di un discorso circostanziato, completo di sillogismo e deduzione.

- Mi portava quei pezzi, io gli avevo detto che non li volevo…

Nuovo verso animalesco di Ferraris, con una sfumatura di incazzo quanto mai convincente, perché Consigli sussulta e si riprende.

- Commissario, ho venduto quei pochi pezzi…

Ferraris si chiede se Consigli ha paura perché è implicato nell’omicidio o se è tanto coniglio, da essere sul punto di svenire solo perché la polizia ha scoperto che vende reperti rubati. L’ispettore vorrebbe con tutto il cuore che la risposta giusta fosse la prima, ma incomincia a temere che sia invece la seconda. Nel qual caso, c’è poco da ricavare per l’indagine.

- Dov’eri ieri notte?

- Ieri notte?

- Sì, quando hanno ammazzato il tuo complice.

Consigli sobbalza.

- Il mio complice!? Commissario, io… io…

- Per il culo di Satana, ti ho fatto una domanda: rispondimi!

La voce era già piuttosto stridula. Adesso è un gesso che graffia la lavagna.

- Io ero a casa. Dormivo. Non ne so nulla. Io… commissario… io… non penserà… io…

- Chiudi il negozio e vieni con noi in commissariato.

Consigli è sul punto di mettersi a piangere. Ferraris è sempre più in dubbio, ma in ogni caso questa pista va battuta fino in fondo. Perché altre, per il momento, non ce ne sono.

 

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In commissariato Consigli rilascia la sua deposizione. Messinese gli aveva fornito alcuni pezzi da vendere, poca roba, qualche volta, quanti, esattamente non sa, forse una decina. Ne aveva promessi altri, ma Consigli non voleva prenderli, Messinese aveva insistito, Consigli non sapeva bene che fare, non voleva più… Aveva venduto qualche pezzo direttamente, a famiglie della Torino bene, suoi clienti a cui aveva proposto un affare. Qualche altro pezzo lo aveva passato ad un amico antiquario a Milano, ma…

Ferraris è sempre più cupo. Sì, è chiaro che Messinese rubava dal museo i reperti per venderli. Prendeva dai magazzini oggetti di piccole dimensioni, se li infilava in tasca e li passava all’antiquario. Con quei soldi si pagava il casinò ed i locali notturni, le puttane e lo spumante di terz’ordine spacciato per champagne francese. Probabilmente è stato ucciso proprio mentre andava a rubare.

Il problema è capire chi può averlo ammazzato e perché. Un complice? Magari Messinese aveva deciso di rubare pezzi di maggiore valore oppure era il suo compare che intendeva farlo, magari c’è stato un diverbio tra i due. Consigli non sa nulla di un complice.

Ferraris non si vede Consigli come assassino. È un coniglio ed i conigli uccidono solo se non hanno via d’uscita. È possibile che sia entrato nel Museo, d’accordo con il Messinese, per scegliere i pezzi da prendere? Poi un diverbio... Difficile, Consigli è piccolino e Ferraris proprio non se lo immagina che spacca il cranio ad uno con una pietra. Improbabile. Altamente improbabile. Merda!

Doveva esserci qualcun altro.

Se c’era un altro complice, chi poteva essere? Ovviamente c’è Busini, che era amico di Messinese. Però quella notte non era al museo. Almeno non era di turno, era in malattia. Ma poteva essere entrato in qualche modo.

Consigli è trattenuto in commissariato. Non è ancora in arresto, ma intanto perquisiscono il negozio e casa sua e lo tengono un po’ a bagno Maria. Magari si ricorda qualche cosa che si era dimenticato.

Nel tardo pomeriggio Ferraris telefona al museo. Stanno facendo il controllo. Gli passano Daniele Sannarcoti, che se ne occupa.

- Ci vorrà parecchio tempo, ma abbiamo trovato due casse manomesse, da cui sono spariti diversi pezzi, almeno una trentina.

- Oggetti di grande valore?

- No, tutti reperti di valore limitato e di piccole dimensioni, tra cui sicuramente due di quelli che lei ha ritrovato. Ah, commissario, c’è un’altra cosa…

- Mi dica.

- Abbiamo trovato alcuni pezzi fuori dalla cassa, avvolti in uno straccio.

- Cosa?

- Sì, qualcuno deve aver preso i pezzi dalla cassa ed averli nascosti. Nella stanza a fianco di quella in cui è stato ritrovato il cadavere.

- Che tipo di pezzi?

- Reperti come gli altri che sono stati trafugati. Piccoli, poco ingombranti. Li teniamo a sua disposizione.

Ferraris posa il ricevitore, medita un momento, poi fa chiamare Consigli nel suo ufficio.

- Bene, bene, alla faccia di pochi pezzi, per il culo di Satana! Sono almeno sessanta quelli che hai smerciato. Ed altri te ne dovevano arrivare.

Se tra i trenta mancanti ci sono solo due dei quattro che hanno ritrovato a casa di Messinese, allora i pezzi sono almeno sessanta: la matematica non è un’opinione, la statistica per Ferraris sì, ma non ha importanza, lui si occupa di delitti, non lavora mica per l’ISTAT.

Le ore trascorse in commissariato non hanno aiutato Consigli a recuperare la serenità perduta. Di rado hanno questo effetto.

Consigli era crollato nel suo negozio, peggio che le torri gemelle. È già a Ground Zero, adesso che cosa gli resta da fare? Non sa nemmeno lui quanti sono i pezzi, ma fornisce i nomi. Davanti a Ferraris sfila un pezzo della Torino bene, di quella stessa di cui si è occupato per il caso delle teste tagliate.

Altro non c’è. Della morte di Messinese Consigli non sa un cazzo, che Satana lo sprofondi a Malebolge (Ferraris è un estimatore di Dante), dopo avergli fatto altre cose che è meglio non ripetere, essendo il linguaggio in questo romanzo già abbastanza indecoroso, ma la colpa è del protagonista, l’autore declina ogni responsabilità.

 

Bene, in meno di due giorni Ferraris ha scoperto il responsabile di piccoli furti che avvenivano all’Egizio, ha arrestato un ricettatore, ha recuperato persino otto reperti (quattro a casa di Messinese, quattro dal Consigli, per non parlare di quelli trovati avvolti nello straccio e di quelli che si recupereranno dai compratori), ha scoperto un giro di acquirenti di oggetti rubati nella Torino bene. Che cosa vuole di più?

Certo, avrebbe dovuto scoprire un assassino, ma non si può dire che non abbia fatto niente, in quarantott’ore qualche risultato l’ha ottenuto.

Ferraris fuma dalla rabbia, ma è chiaro che l’inchiesta è arrivata ad un punto morto e che bisogna ripartire in un’altra direzione. Quale? Questo è il problema.

 

Quando l’ispettore, già di pessimo umore, torna a casa, Michele è al computer, su Internet. Da quando Ferraris gli ha detto di avere un abbonamento tutto compreso, Michele non si pone limiti. Gira spesso, frequenta MySpace e chatta su Messenger. Tutte cose che Ferraris ha sempre fatto e proprio per quello gli girano i coglioni all’idea che anche Michele lo faccia.

Perché fin che Michele parla con qualche donna, va bene, anche se Ferraris non capisce che cosa ci trovi a comunicare con LaraCroft o Ilenia. Lui ha sempre cercato interlocutori dotati di altri attributi.

Ma quando chatta con quel porco di Alex ed insieme immaginano scene hard, a Ferraris va meno bene. E che Michele con Alex sviluppi storie a luci rosse, Ferraris lo sa per certo, perché lui l’ha fatto un sacco di volte, proprio con quel maiale.

 

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A tavola Ferraris parla con Michele degli ultimi sviluppi dell’inchiesta.

- Questa faccenda dei pezzi nascosti in uno straccio non mi quadra.

- Non è possibile che siano quelli che Messinese stava prendendo?

- Sì, l’ho pensato anch’io. Ma perché non erano nelle tasche di Messinese?

- Vediamo un po’. Io faccio le ipotesi, tu le vagli. Ipotesi n.1: l’assassino li ha tolti perché non capissimo.

- No, non ha senso. Se era così, se li portava via. Messi in un angolo, prima o poi saltavano fuori di sicuro.

- Ipotesi n.2: è stato Messinese a nasconderli.

Ferraris guarda Michele, che sta meditando.

- Si spieghi, agente. Articoli la sua ipotesi, la sviluppi, la illustri e dimostri di avere un po’ di sale in quella zucca che porta sopra il collo come ornamento.

Peraltro un ornamento di gran buon gusto, ma questo Ferraris evita di dirlo, anche se lo pensa.

Michele sorride.

- Vediamo un po’, signor Poirot. Messinese ha deciso di rubare alcuni pezzi. Non può riempirsi le tasche più di tanto, qualcuno potrebbe notare il rigonfio e sospettare. Apre le casse, prende quello che serve, si mette in tasca quello che riesce a nascondere e lascia il resto a portata di mano per la prossima volta.

- Messinese non aveva in tasca niente, a parte il fazzoletto ed il portafogli, mio caro Hastings.

- Sì, perché appena è sceso, proprio per ritirare proprio quei pezzi che aveva lasciato la volta prima, lo hanno fatto secco, ipotesi n.2A. Oppure…

- Oppure?

- Oppure c’è l’ipotesi 2B: ha tirato fuori i pezzi che contava di prendere, ma in quel momento ha sentito dei rumori. Ha nascosto quello che aveva rubato ed è andato a vedere. Ha visto quello che non doveva e lo hanno eliminato.

Ferraris annuisce. Sì, probabilmente è andata così. Non che questo cambi molto. Prenderanno le impronte dal cadavere di Messinese e controlleranno se le stesse impronte si trovano su quei pezzi. Non che questo sia di grande aiuto, ma deve essere così.

Adesso il problema è, semplicemente: che cazzo succedeva nei sotterranei, quando Messinese è sceso? È ora di ricontrollare i turni di sorveglianza e mettere sotto torchio i custodi. Il patito dell’egittologia però no, quello lo interroga Martino. Ferraris non intende sorbirsi un’altra lezione.

 

L’umore dell’ispettore non migliora il giorno dopo, alla lettura dei giornali. La stampa si è già impadronita dei primi sviluppi del caso. Il furto ed il traffico di reperti egizi hanno assunto dimensioni epiche, manco Messinese avesse rubato le tre piramidi di Giza (e la Sfinge in sovrappiù) e Consigli avesse venduto il tesoro di Tutankhamon al Berlusca.

Ferraris non sa se deve ringraziare Lamberti (come vorrebbe che Satana inculasse il public relations manager!) o il solito anonimo del commissariato. Ma in fondo di che si lamenta? Fa la figura del super-eroe, che al solo comparire sulla scena ha già sgominato una banda. Dategli un po’ di tempo e Ferraris-Superman risolverà ogni problema, anche quello della monnezza a Napoli. Certo, per la questione palestinese gli ci vorrà un po’ più di tempo, ma se lo lasciate fare, se non gli remate contro…

 

Ferraris arriva in commissariato con tre diavoli (virgola cinque, per essere precisi) per capello (totale impressionante, perché Ferraris i capelli non li perde, beato lui).

Prende in mano i foglietti con i turni dei custodi e decide di fare un altro salto al museo.

Il dottor Sannarcoti sorride gentilmente a Ferraris e lo invita a sedersi. Davanti a quel gigante, l’ispettore ha sempre l’impressione di essere seduto su una sedia troppo bassa, ma la sedia di Sannarcoti è uguale alla sua.

Il dottore rispiega nuovamente, paziente e preciso, forse anche un po’ pignolo, come funziona il sistema. Aggiunge qualche dettaglio.

- Ogni due ore cambia il custode addetto alla videosorveglianza. Dalla sala sono visibili tutti i locali del museo e gli ingressi. Se occorre, si possono attivare le riprese.

- Nella notte tra lunedì e martedì sono state attivate?

- No. Di solito si fa solo quando c’è qualche cosa di anomalo o quando il custode di turno lascia la sala.

- Mi ha detto che dalla sala si controllano anche le porte d’ingresso, no?

- Sì, è possibile attivare e disattivare l’allarme, aprire le porte.

- Ed intanto si possono vedere anche i custodi in servizio e sapere se uno di loro è vicino ad una porta.

Il dottor Sannarcoti annuisce.

- Sì… certo.

- Ed anche vedere se un custode scende nei sotterranei.

Il dottore riflette un momento.

- Sì, cioè, dipende… forse

Ferraris aggrotta la fronte. Daniele Sannarcoti si alza. Dio mio, vederlo in piedi è impressionante. Giocherà a basket?

- Venga con me, le faccio vedere.

Nella sala di videocontrollo, le telecamere sono accese e due custodi sono in servizio.

- Non mi aveva detto che c’era un solo custode di turno?

- La notte sì, di giorno sono due, ci sono i visitatori e serve un controllo in più.

Poi indica un monitor.

- Vede, quella è la telecamera che riprende il corridoio dove c’è la porta da cui si scende nei sotterranei. Non è un corridoio accessibile al pubblico, ma ne abbiamo messa una anche lì, non si sa mai. Però, vede, il lato sinistro non è visibile, uno può arrivare alla porta senza che dalla sala di controllo se ne accorgano.

- Quindi chiunque può introdursi nei sotterranei senza essere visto.

- Non direi. Deve essere già entrato nel museo e questo non può avvenire senza che dalla sala controllo lo vedano: gli ingressi sono tutti videosorvegliati, oltre che allarmati. Inoltre deve sapere dove si trova la telecamera e che cosa riprende. Difficile rendersene conto se uno non è mai stato qui dentro.

- Messinese però qui non è mai entrato.

Daniele Sannarcoti alza le spalle.

- Come potrei dirlo? Non è mai stato messo di turno, ma magari può essere passato per fare due chiacchiere. O con la scusa di farle…

          Già, altamente probabile.

 

 

 

Due mummie per un ispettore

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