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Il sabato sera e la domenica non succede nulla. Mantovani non telefona, non incontra nessuno di sospetto, sta un po’ in albergo, va in giro per Torino, prende un gelato da Fiorio. Nella serata di domenica ha una cena ufficiale con alcuni studiosi, tra cui il Gando, che ha curato la sezione egizia della mostra. O non ha niente da nascondere, o sospetta di essere sorvegliato.

      Si può metterlo sotto torchio, ma non c’è assolutamente nulla contro di lui e purtroppo la tortura per costringerlo a confessare non è praticabile. Ferraris mugugna, ma tanto per lui è abituale.

Domenica sera Ferraris fa il punto della situazione con Michele. Il suo agente preferito sta decisamente bene, domani riprende servizio e, se non ci sono altre urgenze, lavorerà anche lui all’inchiesta. Elencare tutti gli elementi emersi e cercare di formulare ipotesi dovrebbe chiarire le idee, ma Ferraris non vede proprio nessuno spiraglio di luce. Mantovani, che a quest’ora è a cena con gli studiosi, non si è tradito in nessun modo.

- E dove cazzo possiamo trovare un altro filo per sbrogliare la matassa? Per il culo di Satana, non caviamo un ragno dal buco!

- Tu dici che ci dev’essere qualcuno al museo che è complice e mi sembra probabile. Bisogna trovarlo. Quali sono i sospetti?

- Il Sannarcoti, in primo luogo. Ha una funzione importante, organizza il lavoro dei custodi.

- Ma perché allora non ha messo Bertenghi di turno, quella notte? Non può averlo fatto per allontanare da sé i sospetti: se tutto fosse filato liscio, nessuno avrebbe sospettato irregolarità.

- Questo è possibile, però può aver deciso che era meglio premunirsi nel caso qualche cosa andasse storto.

- Sì, non possiamo escludere del tutto questa possibilità. Poi?

- C’è il responsabile dell’allestimento della mostra, Dadotto.

- Uno studioso? Mi sembra strano.

- No, non è un esperto di vecchiume, quello. Cura la parte, come dire, artistica: come si mettono i pezzi, come si illuminano ed altre cazzate del genere. Ci sono poi gli esperti, ma quelli mi sembrano fuori gioco, non hanno nessun potere, non si occupano di aprire le casse, non me li vedo. Dadotto potrebbe benissimo essere un complice.

- Altri?

- Volendo Strillacci, il responsabile della squadra che si occupa del montaggio, lavora agli ordini di Dadotto. Lui manovra le casse, nel caso per qualche motivo non fosse stato possibile sostituire la cocaina con la segatura, lui aveva un margine per intervenire.

- Quindi questi tre sono i principali sospetti.

- Sì, senza uno straccio di indizio, neppure la certezza che ci sia davvero un complice in quel cazzo di museo.

Ferraris è di cattivo umore, ma si consola andando a letto (non a dormire) con Michele. I due provano una scena per un film a luci rosse e rimangono soddisfatti del risultato, tanto che decidono di provarne altre.

Sono quasi le tre quando si mettono a dormire, un po’ tardi, è vero, ma non di solo sonno vive l’uomo.

     

Sono le sei del mattino quando il telefono squilla. Il futuro commissario grugnisce e solleva la cornetta, maledicendo Bell e Meucci, il mondo e soprattutto quel fottuto figlio di buona donna che ha chiamato.

      La voce è quella di Diotallevi ed anche se Ferraris ha molta stima di lui, il poveretto viene (mentalmente) inviato a farsi fottere ed a gettarsi in mare, possibilmente con una pietra al collo, per garantire che l’effetto desiderato venga raggiunto rapidamente, senza inutili sofferenze (la morte per polmonite è più lunga e dolorosa di quella per annegamento, in fondo Ferraris è misericordioso).

      - Ispettore, hanno ammazzato il Mantovani, lo abbiamo trovato al Valentino. Se vuole venire…

      La notizia è una doccia fredda, che sveglia completamente l’ispettore.

- Ma come cazzo è possibile? Era sotto sorveglianza!

      - Dopo la cena si è dileguato, i due agenti lo hanno perso di vista. Mezz’ora fa hanno telefonato che c’era un cadavere alla fontana dei Mesi e siamo andati a vedere. È lui.

      - Per il culo di Satana, lasciate che uno sotto sorveglianza se la svigni e si faccia pure ammazzare! Siete una manica di incapaci! Alla fontana dei Mesi, hai detto? Vengo subito.

      Ferraris riattacca senza aspettare una risposta. È completamente fuori dai fogli.    In un batter d’occhio si scaraventa giù dal letto.

      Michele ha seguito la telefonata e quando vede Ferraris alzarsi, gli chiede:

      - Che è successo?

- Hanno ammazzato Mantovani. Vado subito. Tu cerca di dormire ancora un po’.

      Ferraris si veste. Anche Michele si alza ed incomincia a vestirsi.

      - Che cazzo fai?

      - Vengo anch’io. Tanto oggi riprendo a lavorare e se devo occuparmi di questa inchiesta, è meglio che sia presente. Due ore prima o dopo, che differenza fa?

      Le differenze ci sono, eccome. Se Ferraris arriva con Michele, tutti avranno una conferma di quello che comunque già sanno, perché come indirizzo per il periodo di convalescenza Michele ha dato l’abitazione di Ferraris. L’ispettore non ha nessuna intenzione di nascondere la loro relazione, però… però… Non saprebbe spiegare la sua incertezza, ma non si sente del tutto a proprio agio.

      Michele lo guarda, coglie il suo imbarazzo e gli sorride (una mossa sleale, questa, che priva Ferraris della lucidità necessaria). Poi ritorna serio e gli dice:

      - Se preferisci che io non venga perché non ci vedano arrivare insieme, rimango qui. Se non è questo il motivo, vengo con te.

      Ferraris lo guarda, annuisce e brontola:

      - Muoviti a vestirti, per il culo di Satana, non farmi perdere tempo.

      In auto, mentre Michele guida, Ferraris lo guarda e d’improvviso si sente felice, assurdamente felice, come gli sembra di non essere stato mai. Gli mette una mano sulla patta e se non stesse guidando, lo bacerebbe sulla bocca.

 

217

 

      Arrivano all’estremità meridionale del Valentino, dove si trova la fontana dei Mesi. Michele parcheggia sulla strada, dove già ci sono due auto della polizia, e scendono a raggiungere i colleghi.

      Mantovani giace dietro ad un cespuglio. Il sangue sulla camicia ed i fori dei proiettili non lasciano molto spazio a dubbi. Non si tratta di una sincope, né di un ictus. Siamo a tre morti ammazzati. Tre persone che avrebbero avuto un sacco di cose da dire e che non parleranno mai più, a meno di rivolgersi ad un medium.

      Ferraris recupera l’incazzatura che nel tragitto in auto sembrava svanita. L’ispettore è bravissimo in questo: talvolta gli sfugge un assassino, ma l’incazzatura non se la lascia mai scappare.

      - Come cazzo ha fatto ad eludere la sorveglianza, me lo spieghi?

      Il povero Diotallevi non ha nessuna responsabilità nella faccenda, non spettava a lui pedinare Mantovani. Comunque è informato e spiega:

      - Sono andati a cena al ristorante Casa Martìn, in via Sant’Agostino, poi sono usciti. Erano in cinque. Il dottor Gando abita proprio lì dietro, in via Bonelli, e li ha invitati a casa sua. Sono entrati e non li hanno più visti uscire.

      - Che cazzo dici? Mica sono ancora lì!

      Considerando che Mantovani è a due metri di distanza, l’osservazione di Ferraris è pleonastica.

      - No, i due agenti non lo sapevano, ma quell’isolato ha i box sotterranei, con l’uscita dalla piazza Emanuele Filiberto, sull’altro lato. Così quando il dottor Gando ha preso l’auto per accompagnare i suoi ospiti alle loro abitazioni, non li hanno visti uscire. Però quando è ritornato, gli agenti lo hanno visto, nel momento in cui è sceso per aprire il portone, e si sono avvicinati. Hanno chiesto informazioni ed hanno scoperto che Mantovani si è fatto lasciare a Porta Susa, dicendo che aveva voglia di fare due passi.

      - E perché non mi avete avvisato subito, per il culo di Satana?

      - Perché non avevamo nessun elemento, ispettore. I due agenti sono andati all’albergo, ma Mantovani non era rientrato. Deve essere venuto subito qui.

      Interviene Michele.

      - Deve aver contattato qualcuno, che gli ha dato un appuntamento qui, probabilmente già con l’idea di ammazzarlo.

- E perché?

- Perché era l’unico che poteva ancora portarci all’assassino, ispettore. E quella è gente per cui un cadavere in più o in meno non fa nessuna differenza. Non pensa anche lei?

Come sempre, sul lavoro Michele gli dà del lei. Gli viene con una naturalezza che stupisce Ferraris.

L’ispettore annuisce. Sì, un cadavere in più o uno in meno non fa differenza ed oggi la notizia dell’omicidio sarà data in tutti i telegiornali; domani i giornali faranno il resto!

C’è poco da fare, a parte tirare giù dal letto Gando e gli altri tre studiosi. Ed informarsi  presso gli alberghi in cui alloggiano Dadotto e Strillacci a che ora sono rientrati.

 

Il dottor Alessandro Gando riceve l’ispettore ed il suo agente preferito (dell’ispettore, non di Gando) alle sette del mattino, in vestaglia e con un’espressione non precisamente entusiasta. Chissà perché in questa inchiesta si incontra tanta gente poco soddisfatta. Devono aver ragione le statistiche che dicono che gli italiani sono meno felici di un tempo…

Il dottor Gando è comunque cortesissimo, dev’essere un vero gentleman.

A Ferraris sembra molto giovane, per essere un grande esperto di cose così vecchie come l’antico Egitto: lui gli egittologi se li immagina come vecchi bacucchi noiosi, invece questo è sui trenta (anche se è un po’ stempiato) ed ha una faccia simpatica. Comunque lui di egittologi non si intende, di egittologia neppure. In compenso però sta imparando a conoscere il Museo Egizio di Torino come le sue tasche.

Ferraris non comunica a Gando che Mantovani è stato assassinato. Si limita a dirgli che ha bisogno di informazioni sulla serata precedente. Il dottor Gando li fa accomodare in salotto.

- Sono a sua completa disposizione, ispettore. Ma… è successo qualche cosa?

Ferraris dribbla la domanda e passa direttamente all’attacco.

- Come mai ha invitato il dottor Mantovani a cena?

Il dottor Gando sorride. Ha un sorriso molto cordiale.

- I funzionari ministeriali che accompagnano i reperti, come misura di sicurezza, seguono il montaggio della mostra e ritornano a casa solo dopo l’inaugurazione. Rimangono lontano dalle loro case per parecchie settimane, a volte per mesi. Si trovano da soli in un paese straniero, di cui spesso non conoscono nemmeno la lingua. Non è certo il caso del dottor Mantovani, che parla perfettamente e vorrei dire anche in modo forbito l’italiano. Comunque i funzionari vengono sempre invitati a cena, da parte dei direttori dei musei e degli altri studiosi: è un gesto di cortesia.

- Chi c’era con Mantovani?

- C’erano tre studiosi di fama internazionale, che certamente lei conoscerà di nome: il dottor Vella, insigne egittologo che ha lavorato a lungo a Berlino, presso l’Ägyptisches Museum; il dottor Wellington, del British Museum; il dottor Wilkinson, dell’università di Oxford. I dottori Vella e Wellington sono a Torino per un convegno sulla mummificazione, che si terrà in contemporanea all’apertura della mostra; Wilkinson invece si trova a Torino per studiare il papiro di Artemidoro.

Ferraris non ha mai sentito nominare nessuno dei tre, non è molto interessato agli studiosi, ancora meno al convegno e men che meno al papiro di Artemidoro. Perciò preme per ritornare a Mantovani.

- Un funzionario ministeriale non è uno studioso. Che cosa aveva in comune con questi Vella, Wellinson e Willington?

- Wellington, Wilkinson. Il dottor Mantovani è una persona squisita, molto colta. Abbiamo discusso insieme dei problemi legati ai finanziamenti dei musei, ai criteri espositivi, ai falsi…

Ferraris non è interessato neppure agli argomenti discussi (in effetti, ha interessi alquanto limitati, specialmente durante le indagini), ma Gando prosegue.

- È raro trovare qualcuno così dotto. Immagini che è un latinista. È stato davvero un piacere conoscerlo, spero di avere ancora occasione di intrattenermi con lui.

Il dottor Gando ovviamente non avrà più nessuna occasione di stare con Mantovani, a meno che non ne accompagni la bara nel viaggio di ritorno verso la Colombia, cosa altamente improbabile, ma per il momento la notizia di questo assassinio non è stata divulgata.

- Chi ha scelto il ristorante?

- I signori erano miei ospiti, per cui ho scelto io il locale. Casa Martìn ha una cucina molto curata, che di solito i miei ospiti apprezzano. Essendo dietro l’angolo, posso invitare gli ospiti a casa mia, dopo cena, oppure a prendere un aperitivo, prima di cena.

- E ieri sera?

- Ieri sera siamo venuti qui dopo cena.

- A che ora?

- Verso le dieci, no, un po’ dopo, forse.

- Subito dopo essere usciti dal ristorante?

- Sì, ma…

- E poi?

- Abbiamo conversato circa un’ora qui, in salotto. Il dottor Mantovani è davvero una persona squisita. Poi ho accompagnato gli ospiti alle loro abitazioni. Il dottor Mantovani ha insistito per essere lasciato a Porta Susa, dicendo che preferiva fare due passi. Sa, è alloggiato all’Ambasciatori, non lontano dalla stazione.

Interviene Michele:

- Nel corso della serata Mantovani ha fatto una telefonata, che lei sappia?

Gando annuisce.

- Certo, me lo ricordo benissimo. Ad un certo punto si è alzato, scusandosi con noi, ed ha detto che doveva fare una telefonata. Ha messo la mano in tasca e si è accorto di aver dimenticato il cellulare. Allora il dottor Vella gli ha prestato il suo.

Ferraris e Michele si guardano. Tutti e due stanno pensando la stessa cosa: Mantovani non ha dimenticato il cellulare, non voleva telefonare dal proprio, perché temeva che fosse sorvegliato. Mantovani era astuto, ma questo non gli ha giovato.

- Come le è sembrato Mantovani? Era teso, preoccupato?

- No, era perfettamente a suo agio.

Ancora alcune domande, ma non viene fuori nulla di significativo. L’unico elemento importante emerso è la telefonata.

Ferraris e Michele passano quindi dal dottor Vella, che alloggia in un albergo del centro. C’è poco da sapere da lui, ma controllando il suo telefonino, ottengono il numero chiamato da Mantovani: si tratta di un altro cellulare, com’era prevedibile.

 

 

 

Un caso facile facile
Due mummie per un ispettore

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